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La fonte dell'invecchiamento nascosta nel cervello

E' l'infiammazione dell'ipotalamo a determinare quando si invecchia

La fonte dell'invecchiamento è nascosta in un'area del cervello già nota per il ruolo fondamentale svolto nella crecsita, nello sviluppo, nella riproduzione e nel metabolismo: l'ipotalamo. Ad indentificarla sono stati i ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University (New York) in uno studio condotto sui topi e pubblicato su Nature. “Ciò che è entusiasmante – ha sottolineato Dongsheng Cai, responsabile della ricerca – è che è possibile, almeno nei topi, alterare i segnali all'interno dell'ipotalamo per rallentare il processo si invecchiamento e aumentare la longevità”.

 

La scoperta si è basata sull'osservazione che durante l'invecchiamento dei tessuti si sviluppano fenomeni infiammatori e che uno dei principali regolatori di questa infiammazione è la proteina NF-kB. Cai e colleghi hanno dimostrato che nei topi l'attivazione di questa proteina nell'ipotalamo accelera significativamente i processi di invecchiamento, riducendo, ad esempio, la forza muscolare, lo spessore dell'epidermide e le capacità cognitive e accorciando la vita. Viceversa, bloccare NF-kB rallenta l'invecchiamento e aumenta l'aspettativa di vita del 20% circa.

 

Le scoperte dei ricercatori vanno però oltre questi dettagli e hanno svelato che l'attivazione di NF-kB nell'ipotalamo riduce i livelli dell'ormone GnRH, importante per la riproduzione, mentre l'iniezione di questo ormone nell'ipotalamo di topi anziani li protegge dalla difficoltà di produrre neuroni tipica dell'invecchiamento e dal declino cognitivo ad essa associato.

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Secondo Cai prevenire l'infiammazione a livello dell'ipotalamo e aumentare la produzione di ormoni tramite iniezioni di GnRH rappresentano due potenziali strategie per aumentare l'apsettativa di vita e trattare disturbi associati all'invecchiamento.

di Silvia Soligon

http://salute24.ilsole24ore.com/articles/15488-la-fonte-dell-invecchiamento-e-nascosta-nel-cervello

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La legge del Tre che regola la creazione e la Legge del Sette che regola ogni processo di cambiamento

Il sistema di Gurdjieff inizia con l’osservazione scientifica neutrale di se stessi – con l’esame

del proprio corpo in modo scientifico: inizialmente, basandosi sul centro fisico; più tardi facendo osservazioni sul centro mentale e sul centro emotivo…<

 

”Il corpo è l’unico strumento col quale lavorare. Fatene un buono strumento. Non tollerate che sia esso a controllarvi….. I nostri corpi sono dei ‘fertilizzanti’ per l’anima”. <

 

Come in ogni tradizione, anche nell’insegnamento di Gurdjieff, com’è stato già detto, l’idea di base è quella dell’identità fra il microcosmo ed il macrocosmo: l’uomo è l’immagine dell’universo e segue le stesse leggi. A fondamento della manifestazione vi sono due leggi cosmiche universali: la Legge del Tre (Triade) e la Legge del Sette (Ottava). La prima legge postula come ogni fenomeno risulti dall’incontro di tre differenti forze: il pensiero scientifico osserva invece solo la presenza di due forze (positivo e negativo magnetici; cellula maschio e femmina, ecc.), ma è ignaro della terza.

Gurdjieff chiama queste forze:

 

Santa-Affermazione

Santa-Negazione

Santa-Riconciliazione,

oppure

Forza attiva o positiva

Forza passiva o negativa

Forza neutralizzante.

Le tre forze sono osservabili all’esterno ed all’interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza. In termini più ordinari si potrebbe parlare anche d’impulso, resistenza e conciliazione. Le triadi si succedono in catene in cui

“il maggiore si fonde con il minore per realizzare il medio e così diviene o maggiore per il precedente minore o minore per il successivo maggiore”.

 

La Legge del Sette, invece, fornisce la sistematizzazione del corso dei movimenti di una forza nello svolgere il processo di completamento di un qualsiasi fenomeno: lo sviluppo della frequenza delle vibrazioni, ascendente o discendente, della forza passa attraverso sette

gradi, fasi o “note” disposte lungo una scala armonica, con due prevedibili punti di stallo (proprio dove mancano i semitoni tra mi-fa-si-do nella scala maggiore mi, re, do, si, la, sol, fa, mi).

Questa legge si può chiamare “legge della discontinuità delle vibrazioni”.

Nell’universo tutto è vibrazione, ma in ogni scala di trasmissione di queste, ci sono sempre due punti dove le vibrazioni rallentano e richiedono uno shock esterno per continuare nella stessa direzione.

 

Senza shock esterno il percorso deraglia e cambia traiettoria: questo accade all’inizio (mi-fa) ed alla fine (si-do) dell’ottava. In tal modo si spiegano, per esempio, il rilassamento dello sforzo e le deviazioni dallo scopo originale in ogni impresa umana: una stessa perversa

transizione porta dal Sermone della Montagna all’Inquisizione – dalla ‘libertà, fratellanza ed uguaglianza’ rivoluzionarie, a Napoleone e a Stalin ed ancora dallo sbarco degli alleati anglo-americani e francesi (marocchini) del 1944 ad Anzio, agli stupri efferati perpetrati da

quest’ultimi ai danni della popolazione della Ciociaria.

 

Se “ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, anche questa legge si applica sia all’esterno che all’interno di noi: sul piano cosmico l’ottava discendente del cosiddetto “Raggio di Creazione”, che dall’Assoluto porta allo sviluppo progressivo dei mondi, colma il primo intervallo do-si con il’Fiat’ divino ed il secondo, fa-mi con la funzione della vita organica sulla Terra, vero e proprio organo di percezione del pianeta; analogamente sul piano della realizzazione umana, l’ottava ascendente che conduce l’uomo dal sonno meccanico all’essere reale, colma i due intervalli con lo sforzo consapevole e la sofferenza volontaria proposti dal Lavoro.

 

Nello spazio compreso fra queste due ottave è racchiuso il destino dell’uomo: essere una pedina nell’ottava discendente, svolgere passivamente il proprio ruolo di trasformatore d’energia, con tutte le creature viventi ed essere riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato come parte dell’ecologia cosmica; oppure entrare di forza nell’ottava ascendente, partecipare ad un compito più alto, essere attivo.

 

“Nell’universo tutto è materiale e per questo motivo la Grande conoscenza è più materialista del materialismo…..”.

 

In questo modo il cerchio si chiude, niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un’esistenza semiconscia e

generando un grado d’energie rudimentali che sono usate dal cosmo ad un solo livello; o invece, cercare di “essere”, di evolversi consapevolmente e, applicando il principio “alchemico” della separazione dello ‘spesso dal sottile’, muoversi verso la capacità di

ricevere e generare energie più raffinate, svolgendo un servizio più alto per le forze della creazione.

In entrambi i casi niente è sprecato: tutto in natura è “cibo” per qualcosa; tutto è utilizzato.

 

Georges Ivanovič Gurdjieff.

 

Fonte: Claudio Naranjo

 

Legge del sette: applicazioni pratiche

 

Quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento possiamo prepararci al meglio, dosando il nostro impegno in coerenza con la fase del cambiamento in cui ci troviamo.

 

Quando i nostri obiettivi o le nuove abitudini che vogliamo instaurare ci richiedono uno sforzo prolungato, dobbiamo diventare consapevoli dei vuoti e degli intervalli: una volta individuati dobbiamo introdurre uno “shock addizionale“, ovvero un’ulteriore spinta a proseguire il linea retta. Purtroppo, di solito non ci rendiamo conto di questi salti, oppure siamo così pigri ed abitudinari che preferiamo scivolare lungo la linea di minor fatica. Per superare gli inevitabili momenti di crisi, di “deviazione”, gli interventi più importanti sono il ricordo (la consapevolezza) e la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive.

 

In pratica cosa devo fare quando sento che la vita sta prendendo il sopravvento sui miei buoni propositi?!

 

Ecco alcuni esempi pratici di “shock addizionali“:

 

Tieni un diario personale. Registrare quotidianamente i tuoi pensieri, i tuoi obiettivi, i traguardi raggiunti e gli ostacoli incontrati ti aiuta a mantenere il focus sui tuoi obiettivi, mantenendo elevata la consapevolezza delle tue scelte quotidiane.

Visualizza i tuoi obiettivi. Dedicare 5 minuti al giorno per visualizzare chi vogliamo diventare, dove vogliamo arrivare e come vogliamo sentirci è a mio avviso una delle migliori abitudini che puoi instaurare. Pensare vividamente alle motivazioni che ti hanno spinto a perseguire le tue mete può essere fonte di enorme motivazione.

Applica la regola dell’1. Visualizzare i propri obiettivi è importante, ma agire quotidianamente per realizzarli lo è ancor di più. Non c’è “shock addizionale” più potente per i nostri traguardi del guardarsi alle spalle e vedere tante piccole azioni positive compiute quotidianamente.

Smettila di procrastinare. Quando continui a rimandare un’attività importante stai pur certo che ti trovi in uno di quei famosi intervalli di cui parla Gurdjieff. In questi casi, il miglior “shock addizionale” che puoi dare alla tua vita è quello di smettere di procrastinare: il piccolo sforzo richiesto ti pagherà enormi interessi.

Beh, cosa aspetti? La tua vita ha bisogno di uno “shock addizionale”!

 

Fonte: www.efficacemente.com

http://www.visionealchemica.com/la-legge-del-tre-e-la-legge-del-sette/

 

 

 

La legge del sette

La legge del sette, anche nota come la legge delle ottave di Gurdjieff, è la legge, che secondo il mistico armeno, regola ogni processo di cambiamento.

 

Secondo Gurdjieff (e molti fisici moderni) tutto l’universo è costituito da vibrazioni: luce, materia, calore, suoni, non sono altro che diverse forme di vibrazione. Queste vibrazioni cambiano continuamente di stato, seguendo fasi di crescita e decrescita. Queste fasi ascendenti e discendenti non si realizzano mai in modo lineare, ma sempre attraverso un movimento a gradini.

 

Sai bene cosa penso delle vibrazioni cosmiche e della Legge di Attrazione in generale; tuttavia la legge del sette di Gurdjieff può avere interessanti applicazioni pratiche quando si tratta di realizzare importanti cambiamenti nella propria vita: diamogli un’altra chance, che ne dici? Ok, continuiamo.

 

Secondo Gurdjieff quindi, ogni processo di cambiamento segue un percorso non lineare simile alla scala musicale dei 7 toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA (all’inizio della scala) ed il SI ed il DO (alla fina della scala), non esistono semitoni, ma vi sono dei vuoti, degli intervalli, che determinano dei rallentamenti.

 

Questa legge spiega quindi come mai nulla in natura si sviluppi in linea retta.

 

Questo vale anche per i comportamenti umani: quando definiamo un nuovo obiettivo la nostra motivazione è alle stelle, nulla può fermarci! Ad un certo punto però, i nostri buoni propositi perdono il loro “slancio” iniziale ed entriamo in una fase di rallentamento, in cui non riusciamo a fare progressi (ti suona familiare?). Proprio durante questi intervalli molti obiettivi ambiziosi vengono abbandonati e le buone abitudini rimangono tra i buoni propositi non realizzati del nuovo anno.

 

Vediamo allora come la conoscenza della legge del sette può esserci di aiuto per portare a compimento i nostri desideri di cambiamento.

 

Legge del sette: applicazioni pratiche della

Quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento possiamo prepararci al meglio, dosando il nostro impegno in coerenza con la fase del cambiamento in cui ci troviamo.

 

Quando i nostri obiettivi o le nuove abitudini che vogliamo instaurare ci richiedono uno sforzo prolungato, dobbiamo diventare consapevoli dei vuoti e degli intervalli: una volta individuati dobbiamo introdurre uno “shock addizionale“, ovvero un’ulteriore spinta a proseguire il linea retta. Purtroppo, di solito non ci rendiamo conto di questi salti, oppure siamo così pigri ed abitudinari che preferiamo scivolare lungo la linea di minor fatica. Per superare gli inevitabili momenti di crisi, di “deviazione”, gli interventi più importanti sono il ricordo (la cosapevolezza) e la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive.

 

Uhm… fico… mah?! In pratica cosa devo fare quando sento che la vita sta prendendo il sopravvento sui miei buoni propositi?!

 

Ecco alcuni esempi pratici di “shock addizionali“:

 

Tieni un diario personale. Registrare quotidianamente i tuoi pensieri, i tuoi obiettivi, i traguardi raggiunti e gli ostacoli incontrati ti aiuta a mantenere il focus sui tuoi obiettivi, mantenendo elevata la consapevolezza delle tue scelte quotidiane.

Visualizza i tuoi obiettivi. Dedicare 5 minuti al giorno per visualizzare chi vogliamo diventare, dove vogliamo arrivare e come vogliamo sentirci è a mio avviso una delle migliori abitudini che puoi instaurare. Pensare vividamente alle motivazioni che ti hanno spinto a perseguire le tue mete può essere fonte di enorme motivazione.

Applica la regola dell’1. Visualizzare i propri obiettivi è importante, ma agire quotidianamente per realizzarli lo è ancor di più. Non c’è “shock addizionale” più potente per i nostri traguardi del guardarsi alle spalle e vedere tante piccole azioni positive compiute quotidianamente.

Smettila di procrastinare. Quando continui a rimandare un’attività importante stai pur certo che ti trovi in uno di quei famosi intervalli di cui parla Gurdjieff. In questi casi, il miglior “shock addizionale” che puoi dare alla tua vita è quello di smettere di procrastinare: il piccolo sforzo richiesto ti pagherà enormi interessi.

Beh, cosa aspetti? La tua vita ha bisogno di uno “shock addizionale”!

http://www.efficacemente.com/2010/12/gurdjieff-e-la-legge-del-7/

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Proviamo a ricordare quante volte, nella vita, abbiamo fatto sforzi incredibili per raggiungere qualcosa che ci stava particolarmente a cuore.

 

E, tornando indietro a quei ricordi, sicuramente ci sovverrà l’atmosfera di meraviglia che, aureolata, circondava ogni gesto, ogni parola…ogni sensazione ed emozione.

 

Chi di noi non ha fatto un lungo viaggio per appagare un desiderio, rinunciato a dormire o vissuto momenti d’attesa sotto la pioggia; oppure sopportato il caldo, il freddo e la fatica per raggiungere un obiettivo, per un amore…per un “contatto”.

 

Sempre, dietro l’esperienza del Meraviglioso, vi è il nostro “sforzo” per raggiungere l’oggetto desiderato, poi tutto diventa magia.

 

Pensiamo, al contrario, a quanti momenti, giornate, forse mesi, abbiamo vissuto nell’apatia e nel grigiore.

 

A qualcuno sembrerà strano ma…dietro tutto questo c’è la Legge del Tre e del Sette.

 

Finché non portiamo a compimento un’Ottava, saltando gli intervalli, e fin quando non passiamo da un’Ottava all’altra, siamo costretti a “rimasticare il masticato”: pena la ripetitività e la noia. Niente freschezza, niente meraviglia.

 

Ma quando grazie ad un intenso sforzo, animati dal “fuoco della passione”, siamo riusciti a non fermarci davanti a nessun ostacolo, allora, anche se stanchi, sudati, coi muscoli doloranti o col cervello che ci scoppia, l’atmosfera attorno a noi cambia di colpo, rivelandoci tutto il suo splendore.

 

Allora una musica, un sorriso, un tramonto…ma anche il semplice respirare, guardare le proprie mani, ascoltare la propria o l’altrui voce…tutto, insomma, si trasforma nell’esperienza del Meraviglioso.

 

Non è che prima “lui” non c’era: eravamo noi che non c’eravamo.

 

Il Meraviglioso è sempre lì, che attende un nostro “risveglio”.

http://www.francescoamato.com/blog/tag/legge-del-sette/

 

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Georgi Ivanovic Gurdjieff

Incontro con un uomo straordinario

di Walter Catalano

 

Nell'agosto del 1944 un vecchio signore dall'aspetto vagamente orientale uscì dal suo appartamento al numero 6 di Rue des Colonels-Renard ed attraversò le vie concitate di una Parigi in cui gli occupanti tedeschi si preparavano a fare i bagagli. Era diretto alla camera d'ospedale dove un giovane di poco più di trent'anni stava morendo per le conseguenze dell'infezione ad una ferita procuratagli da un bombardamento americano.

Il giovane si chiamava Luc Dietrich, aveva scritto due romanzi1 ed era indubbiamente un allievo molto dotato; il vecchio signore si chiamava Georgi Ivanovic Gurdjieff e sotto molti aspetti lo si sarebbe potuto dire un maestro.

Maestro e allievo si guardarono senza parlare: non c'era molto da dire. Poi il maestro depose nelle mani tremanti dell'agonizzante il dono che aveva portato con sé: un'arancia.

Molti uomini intelligenti, come lo scrittore, utopista e filosofo Lanza del Vasto, amico di Dietrich, che si autoinvestì del ruolo di testimone dell'incontro, volendo troppo capire non compresero un gesto semplice e riferirono scandalizzati dell'atteggiamento meschino ed insensibile che quel gesto esprimeva. In realtà un gesto è uno specchio: sugli specchi Gurdjieff aveva costruito il suo apostolato.

 

«Per via della sua reputazione -ha scritto Fritz Peters2- le persone raramente venivano a contatto con un individuo chiamato Gurdjieff; esse incontravano piuttosto, l'immagine che si erano precedentemente create nella loro mente».

 

E perché questa immagine infrangesse sempre e comunque le aspettative più ovvie, perché l'incauto postulante non si trovasse di fronte un cliché ma un essere autentico, capace di dare o di togliere ma soprattutto di disseminare conoscenza, Gurdjieff fu costretto ad indossare spesso una maschera di apparente fraudolenza per percorrere una via aspra e difficile, quella che i sufi chiamano la "via di malamat": la via del biasimo.

 

«Per esempio - testimonia Henri Tracol3 - non ha mai esitato a far sorgere dubbi su se stesso con il tipo di linguaggio che usava, con le sue contraddizioni calcolate e col suo comportamento, ad un punto tale che la gente intorno a lui, in particolare chi aveva la tendenza ad idolatrarlo ciecamente, fosse finalmente costretta ad aprire gli occhi sul caos delle sue reazioni».

 

Da qui la necessità di confondere le acque, di camuffarsi, di barare su tutto quello che riguardava la sua identità personale: quasi a ricordare che quel che davvero contava non era la sua persona, ma l'insegnamento di cui era portatore. Dice un motto zen: «se qualcuno vi indica la luna dovete guardare la luna, non il dito puntato ad indicarla».

 

Chiunque sia stato quindi quest'uomo certamente straordinario, che molti hanno cercato di classificare in qualche categoria, ma che ad ogni categoria è sfuggito: autore di libri senza essere scrittore, di musiche senza essere musicista, 'maestro di danza' per vocazione, cuoco raffinato, attore situazionista se mai ve ne fu uno, esseno, tantrista, sufi o «incrocio fra uno gnostico ed un dadaista» - come disse di lui Henry Miller - poco importa. Esiste un insegnamento, preciso e raggiungibile, e questo è un dato di fatto.

«Gli uomini non sono uomini», dice in sostanza Gurdjieff, e quando si riferisce all'uomo "così com'è" mette sempre la parola fra virgolette. Il problema essenziale si riduce a questo: uscire dalle virgolette.

Il primo ostacolo, quello fondamentale, è la nostra stessa illusione: illusione di essere, di avere un io unico, di poter fare.

 

«Tutto accade. Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui, tutto questo accade. [...] L'uomo è una macchina. Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori [...] movimenti popolari, guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi, tutto accade. [...] L'uomo non ama, non desidera, non odia -tutto accade.»4

 

Per poter fare bisogna prima essere, e per poter essere bisogna prima aver preso coscienza della propria fondamentale inesistenza. La dichiarazione può suonare sostanzialmente scandalosa ad un orecchio occidentale, ed ecco sollevarsi comode accuse, da parte di molti, a denunciare una dottrina inumana e crudele, laddove si dovrebbe parlare piuttosto di "obbiettiva imparzialità".

In Gurdjieff il concetto di benevolenza e di misericordia non si associa con quello di dolcezza: qualcuno giustamente lo disse «uomo di spietata compassione». Un altro uomo venuto a portare non la pace, ma una spada. D'altronde l'unica cosa simile ad una definizione che Gurdjieff abbia mai dato di sé, oltre a "maestro di danza", è stata quella di "esoterista cristiano"; ma prontamente aggiungeva: «Il Cristianesimo dice esattamente questo, amare tutti gli uomini. Impossibile. Allo stesso tempo è assolutamente vero che è necessario amare. Ma prima bisogna essere, solo dopo si può amare. Sfortunatamente, col passare del tempo, i moderni Cristiani hanno adottato la seconda metà, amare, ed hanno perso di vista la prima, la religione che avrebbe dovuto precederla. Sarebbe stupido da parte di Dio chiedere all'uomo ciò che questi non può dare.»5

 

La nostra vita, così com'è, è solo reazione meccanica a stimoli esterni: quello che chiamiamo io è un groviglio confuso di piccoli io in perenne conflitto fra loro. Non c'è unità in noi: «l'uomo è plurale. Il nome dell'uomo è legione»6. Da qui la necessità di costruirsi un Centro di Gravità, o Centro Magnetico, costituito dall'Insegnamento, intorno al quale agglutinare un certo numero di io e procedere dalla molteplicità verso l'unità. La via è data dallo sforzo cosciente e dalla sofferenza volontaria. Lo sforzo cosciente è attenzione, presenza, ricordo di sé; la sofferenza volontaria è invece l'abbandono delle proprie certezze, delle proprie opinioni, della propria affermazione meccanica di se stessi, del desiderio di rassicurazione, del conforto intellettuale del proprio senso di sé con le sue pretese di importanza e di onniscienza. Lo sforzo consiste anche nello smascheramento delle emozioni negative - ansia, rabbia, autocommiserazione, vanità, amor proprio, ecc. - dell'"immaginazione", cioè il credersi ciò che non si è, e dell'"identificazione", concetto non dissimile da quello che i Buddhisti chiamano 'attaccamento'. I fini di questo sforzo non sono morali o moralistici: si può parlare con freddezza ed efficacia di controllo della dispersione energetica nel contesto generale della "macchina" umana.

Viene dichiarata interiormente quella che René Daumal chiama la Guerra Santa: la nostra "essenza" -ciò che è innato e 'naturale' in noi - cresce nutrendosi della "personalità" - ciò che è indotto, acquisito dall'esterno- che normalmente la soffoca. In questa guerra - e non si può non pensare a Krishna ritto sul cocchio accanto ad Arjuna - sono abbattute spietatamente tutte le illusioni: prima fra queste, l'assai poco utile convinzione di avere "in dono" un'anima. Niente è in dono, tutto si paga: se una tale possibilità esiste, anche questa va pagata ed il prezzo è alto.

 

«Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico. [...] Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere.»

 

La condizione umana reale e consapevole è il riconoscimento di quello che Gurdjieff chiama «l'orrore della situazione», ma la maggioranza degli uomini preferisce essere blandita e proseguire indisturbata il suo sonno. Frasi come «beato chi ha un'anima, beato chi non l'ha, ma sventura e dolore a chi ne ha solo l'embrione»8 raggelano i facili entusiasmi degli apologeti del New Age, disturbano i dispensatori di balsami consolatori ed i confezionatori di manuali su "come ottenere l'Illuminazione in 20 lezioni". Così come suona sgradevole al sentimentalismo del tipico uomo religioso, il concetto che «Per essere capaci di aiutare gli altri, occorre innanzi tutto imparare ad aiutare se stessi. [...] Quando un uomo si vede realmente quale è, non gli viene in mente di aiutare gli altri -si vergognerebbe di questo pensiero. [...] Soltanto un egoista cosciente può aiutare gli altri.»9 Né il sentimentalismo, né il moralismo appartengono all'insegnamento:

 

«Ciò che è necessario è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Alla gente non piace sentirselo dire. Dicono che non abbiamo amore, solo perché non incoraggiamo la debolezza e l'ipocrisia ma, al contrario, rimuoviamo tutte le maschere. Chi desidera la verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano."10 La via di Gurdjieff è una via religiosa nel senso più propriamente etimologico del termine: re-ligare, cioè riconnettersi, ricollegarsi. Negli ambienti gurdjieffiani l'applicazione dell'insegnamento viene chiamata "il Lavoro". La scelta del nome chiarisce la natura del processo che si vuole mettere in atto.

Ouspensky, il divulgatore più noto delle idee di Gurdjieff, chiama questo percorso "Quarta Via", contrapposta alla via del "fakiro", che lavora solo sul corpo; del "monaco", che lavora solo sulle emozioni; e dello "yogi", che lavora solo sulla mente. Queste vie sbilanciate possono produrre solo "stupidi santi" (che sono in grado di fare tutto ma non sanno cosa fare) o "deboli yogi" (che sanno cosa fare ma non possono farlo).

La Quarta Via invece è la «Via dell'Uomo Astuto», quella che equilibra il lavoro delle prime tre, sviluppando armonicamente tutti gli aspetti dell'essere e permettendo al praticante di non abbandonare la sua vita ordinaria per rinchiudersi in un monastero, ma, come dicono i sufi, di «essere nel mondo ma non del mondo». Negli scritti di Gurdjieff in realtà non viene mai menzionata una Quarta Via, si parla piuttosto, nei Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, di antiche vie basate su "fede", "speranza" e "amore", impulsi di origine divina ma ormai talmente distorti e sviliti dall'uomo attuale, da essere inservibili. L'immaginario profeta Ashiata Shiemash scopre una nuova via basata sulla "coscienza morale obbiettiva", anch'essa di origine divina ma così rara nel mondo da essersi preservata incorrotta ed essere quindi ancora 'attiva': tale coscienza è divenuta inconscia e deve quindi essere risvegliata.

 

L'uomo è un essere tricentrico o "tricerebrale"; i tre centri o "cervelli" devono funzionare in modo armonico e non sbilanciato come di norma. Stomaco (e tutto quel che si trova al di sotto di questo), cuore e testa o, se si preferisce, corpo, emozioni e intelletto, devono equilibrare le loro funzioni e non interferire fra loro. Non bisogna quindi sacrificare o mortificare nessuna delle parti dell'uomo, ma bilanciarle e restituirle alla sfera appropriata: «Meriterà il nome di uomo e potrà contare su ciò che è stato preparato per lui dall'Alto, solo colui che avrà saputo acquisire i dati necessari per conservare indenni sia il lupo sia l'agnello che gli sono stati affidati.»11

Se tipi diversi di uomini, guidati solo da uno dei loro centri - l'intellettuale, l'emozionale, il sensitivo -motore - sono imprigionati in uno schema prestabilito, il quarto tipo di uomo, che ha equilibrato i tre centri, può cominciare ad assaporare i primi barlumi di libertà.

Un'idea fondamentale collegata con questa è la differenza fra conoscenza e comprensione: la prima è fondata su un solo centro, abitualmente il centro intellettuale; la seconda è tricentrica, passa cioè per tutte le facoltà. Ciò che è compreso, cioè contemporaneamente capito, sentito e percepito, ci appartiene davvero; la semplice conoscenza è invece del tutto strumentale e aleatoria. Da qui la scarsa considerazione di Gurdjieff per l'uso puramente intellettuale, teorico delle idee dell'Insegnamento: senza la comprensione e quindi la pratica, non si può che fraintendere.

Per tentare di controllare la macchina però, bisogna prima studiarne il funzionamento. Tutto comincia da un'osservazione "obbiettivamente imparziale" di se stessi. Per usare le parole di Margaret Anderson:

 

«I primi passi verso la libertà sono l'autosservazione ed il 'conosci te stesso'. Il sistema di Gurdjieff inizia con l'osservazione scientifica neutrale di se stessi -con l'esame del proprio corpo in modo scientifico: inizialmente, basandosi sul centro fisico; più tardi, facendo osservazioni sul centro mentale e sul centro emotivo. [...] Il corpo è l'unico strumento col quale lavorare. Fatene un buono strumento. Non tollerate che sia esso a controllarvi. [...] I nostri corpi sono dei 'fertilizzanti' per l'anima.»12

 

Come in ogni disciplina tradizionale, anche nell'insegnamento di Gurdjieff, l'idea di base è quella dell'identità fra il microcosmo ed il macrocosmo: l'uomo è l'immagine dell'universo e segue le stesse leggi. Alla complessa psicologia, la sola aperta alle nostre possibilità esplorative, che abbiamo appena tratteggiato, si connette una ancor più complessa cosmologia. Uno storico delle religioni, in termini tecnici, la etichetterebbe probabilmente come "emanazionista" e "gnostica".

A fondamento della manifestazione vi sono due leggi cosmiche universali: la Legge del Tre (Triade) e la Legge del Sette (Ottava).

La prima legge postula come ogni fenomeno risulti dall'incontro di tre differenti forze: il pensiero scientifico osserva invece solo la presenza di due forze (positivo e negativo magnetici; cellula maschio e femmina, ecc.), ma è ignaro della terza.

Gurdjieff chiama queste forze:

1 Santa-Affermazione

2 Santa-Negazione

3 Santa-Riconciliazione, oppure

 

1 forza attiva o positiva

2 forza passiva o negativa

3 forza neutralizzante

 

Le tre forze sono osservabili all'esterno ed all'interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza. In termini più ordinari si potrebbe parlare anche di impulso, resistenza e conciliazione. Le triadi si succedono in 'catene' in cui «il maggiore si fonde con il minore per realizzare il medio e così diviene o maggiore per il precedente minore o minore per il successivo maggiore"13.

 

Inutile dilungarsi sulle analogie con altre tradizioni: la Trinità cristiana di Padre, Figlio e Spirito Santo in cui, non a caso, quest'ultimo è il "Paracleto", l'intercessore; la Trimurti indù di Brahma, Shiva e Vishnu; i tre Gunas del Sankhya, Rajas il principio dinamico, Tamas il principio statico e Sattva l'equilibrio; il Sale, Zolfo e Mercurio dell'Alchimia; lo Yin e lo Yang unificati nel Tao; i Tre Triangoli della Quabbalah; ecc.

La legge del Sette, invece, fornisce la sistematizzazione del corso dei movimenti di una forza nello svolgere il processo di completamento di un qualsiasi fenomeno: lo sviluppo della frequenza delle vibrazioni, ascendente o discendente, della forza passa attraverso sette gradi, fasi o "note" disposte lungo una scala armonica, con due prevedibili punti di stallo (proprio dove mancano i semitoni tra mi-fa si-do nella scala maggiore mi, re, do, si, la, sol, fa, mi).

Questa legge si può chiamare «legge della discontinuità delle vibrazioni». Nell'universo tutto è vibrazione, ma in ogni scala di trasmissione di queste, ci sono sempre due punti dove le vibrazioni rallentano e richiedono uno shock esterno per poter continuare nella stessa direzione. Senza shock esterno il percorso deraglia e cambia traiettoria: questo accade all'inizio (mi-fa) ed alla fine (si-do) dell'ottava. In tal modo si spiegano, per esempio, il rilassamento dello sforzo e le deviazioni dallo scopo originale in ogni impresa umana: una stessa perversa transizione porta dal Sermone della Montagna all'Inquisizione o dalla 'libertà, fratellanza ed uguaglianza' rivoluzionarie a Napoleone e a Stalin.

Se "ciò che è in alto è come ciò che è in basso", anche questa legge si applica sia all'esterno che all'interno di noi: sul piano cosmico l'ottava discendente del cosiddetto "Raggio di Creazione", che dall'Assoluto porta allo sviluppo progressivo dei mondi, colma il primo intervallo do-si con il 'Fiat' divino ed il secondo fa-mi con la funzione della vita organica sulla Terra, vero e proprio organo di percezione del pianeta; analogamente sul piano della realizzazione umana, l'ottava ascendente che porta l'uomo dal sonno meccanico all'essere reale, colma i due intervalli con lo sforzo consapevole e la sofferenza volontaria proposti dal Lavoro.

Nello spazio compreso fra queste due ottave è racchiuso il destino dell'uomo: essere una pedina nell'ottava discendente, svolgere passivamente il proprio ruolo di trasformatore di energia, con tutte le creature viventi, e venire riassorbito a suo tempo nel substrato indifferenziato come parte dell'ecologia cosmica; oppure entrare di forza nell'ottava ascendente, partecipare di un compito più alto, essere attivo.

 

«Nell'universo tutto è materiale e per questo motivo la Grande Conoscenza è più materialista del materialismo....». In questo modo il cerchio si chiude, niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un'esistenza semiconscia e generando un grado di energie rudimentali che vengono usate dal cosmo ad un solo livello; o invece cercare di "essere", di evolversi consapevolmente, e, applicando il principio "alchemico" della separazione dello 'spesso dal sottile', muoversi verso la capacità di ricevere e generare energie più raffinate, svolgendo un servizio più alto per le forze della creazione. In entrambi i casi niente viene sprecato: tutto in natura è "cibo" per qualcosa; tutto viene utilizzato.

L'azione universale e coordinata delle due leggi è esemplificata dal simbolo dell'Enneagramma: un cerchio che include un triangolo equilatero intrecciato con un'altra figura a sei lati. Dei nove lati che lo compongono, sei sono ottenuti da 1 diviso per 7 (che produce un numero infinito in cui non compare mai il 3, il 6 e il 9), gli altri da 1 diviso per 3 (che produce una serie infinita di 3, di 6 e di 9). I punti in cui i lati toccano il cerchio sono numerati da uno a nove. Il cerchio simbolizza lo zero, il serpente ermetico che si morde la coda: in realtà non si tratta di un cerchio ma di una spirale, perché il simbolo non è statico ma dinamico. L'Enneagramma rappresenta ogni processo che si mantiene da solo per autorinnovamento: per esempio la vita. Per questo, secondo Gurdjieff, è «il moto perpetuo ed anche la pietra filosofale degli alchimisti».

Tutto questo una volta detto lo si può anche dimenticare: si tratta adesso di riscoprirlo, non perché ci viene spiegato o lo leggiamo da qualche parte, ma perché lo verifichiamo con la nostra esperienza. L'insegnamento in realtà è soltanto pratico e viene trasmesso esclusivamente per via orale o tramite esempi diretti che evitano anche la parola. Tutto ciò che Gurdjieff ha scritto è terribilmente preciso, ma così analogico che solo la personale comprensione, nata dall'esperienza, può condurre il cercatore al cuore dell'insegnamento. Chi si limita ai libri otterrà ben poco. «Se non sei dotato di uno spirito critico, la tua presenza qui è inutile», in altre parole dobbiamo trovare il modo di esercitare il nostro buon senso nell'attrito effettivo con la vita e non riferendoci a schemi e concetti astratti.

Per quanto abbia spesso interpretato con divertimento e con innegabile immedesimazione, specialmente nel suo iniziale periodo russo, il ruolo del 'mago' e dello 'sciamano', Gurdjieff ha sempre manifestato una certa annoiata diffidenza verso gli occultisti e «gli iniziati di nuova emissione», come li apostrofava beffardamente; la 'magia' non gli interessava: il vero problema è svegliarsi, non rendere più confortevole il sonno. La sua posizione ricorda piuttosto lo spoglio rigore e la ruvida purezza di certi insegnamenti zen. A questo proposito Fritz Peters ricorda:

 

«Molti anni fa, Aleister Crowley, che si era fatto un nome in Inghilterra come "mago" e che si vantava, tra le altre cose, di aver appeso per i pollici la moglie gravida nel tentativo di generare un essere mostruoso, si presentò a Fontainebleau senza essere invitato. Crowley era visibilmente convinto che Gurdjieff fosse un "mago nero" e lo scopo manifesto della sua visita era di sfidarlo in una specie di duello di magia. L'incontro si rivelò una delusione poiché Gurdjieff, sebbene non negasse di conoscere certi poteri che potevano essere definiti "magici", si rifiutò di fare qualsiasi dimostrazione. A sua volta, anche il signor Crowley si rifiutò di "rivelare" i suoi poteri; perciò, con grande disappunto dei presenti, non si poté assistere a nessuna impresa soprannaturale. Per giunta, il signor Crowley se ne andò con l'impressione che Gurdjieff fosse un ciarlatano o uno stregone di mezza tacca.» Non si cerca quindi niente di arcano, ma piuttosto una diversa attenzione per ciò che, ad uno sguardo superficiale, può apparire banale: «Io insegno che quando piove i marciapiedi si bagnano», ripeteva sempre il maestro e, con la stessa tipica ironia, «Ho dell'ottimo cuoio da vendere a quelli che vogliono farsi delle scarpe».

 

Per di più, secondo Gurdjieff, la ricerca individuale non era fruttuosa. Il marchio distintivo del suo metodo fu 'il gruppo': «Un uomo da solo non può fare nulla. [...] Siete in prigione. tutto quello che desiderate, se siete intelligenti, è fuggire. Ma come fuggire? È necessario scavare un tunnel sotto il muro, ma un uomo da solo non può fare nulla; supponiamo però che ci siano dieci o venti uomini: se lavorano a turno e si coprono a vicenda, possono completare il tunnel e scappare».

Per questo il Lavoro si è tramandato attraverso gruppi di allievi che, dalla sintonia e dal conflitto delle proprie diverse personalità, hanno saputo trarre la linfa per far crescere il loro singolo ramo di uno stesso albero.

I gruppi, nella tradizione "ortodossa", che deriva immutata direttamente dagli appuntamenti di Rue des Colonels-Renard, si ritrovano con periodicità regolare. Il conduttore del gruppo assegna gli esercizi interiori della settimana, i membri possono fare domande o riferire sulle loro esperienze dei giorni precedenti e vengono letti e commentati brani dei testi più importanti di Gurdjieff o dei suoi allievi diretti. Generalmente l'incontro inizia con un breve momento di silenzio, chiamato "rappel", cioè richiamo a se stessi, che è la ripetizione collettiva della "meditazione seduta" (svolta con posizione e modalità pressoché analoghe alla classica seduta di Zazen) che ogni membro del gruppo pratica individualmente ogni mattina. Altre attività possono essere costituite dallo studio dei Movimenti o Danze Sacre, dall'ascolto delle composizioni musicali di Gurdjieff e dal lavoro manuale silenzioso, di solito secondo discipline artigianali classiche, come la tessitura, la ceramica, la falegnameria, il giardinaggio, ecc. Alcuni rituali troppo strettamente legati alla figura del maestro, come il "Brindisi agli Idioti", tenuto durante le riunioni conviviali, con abbondanti libagioni alcoliche, sono stati del tutto abbandonati dopo la morte di Gurdjieff.

Per tradizione "ortodossa" intendiamo quella trasmessa dallo stesso Gurdjieff ai suoi allievi, riunitisi, dopo la sua morte, sotto la direzione organizzativa di Madame Jeanne de Salzmann, nella "Fondazione Gurdjieff", che ha le sue sedi principali a Parigi, Londra e New York. Solo questa linea assicura la fedeltà all'insegnamento originario. Le altre, dai seguaci di Ouspensky dopo il suo allontanamento dal maestro, ai fin troppo numerosi gruppuscoli, gurdjieffiani di nome ma non di fatto, hanno distorto le idee in modo sempre più grave, giungendo talvolta a creare dei veri e propri "culti" sul tipo di Scientology, pericolosi per la salute e per il portafoglio dell'incauto cercatore.

Come avvertimento possiamo solo dire che, se si cerca un contatto con un gruppo serio, l'unico modo di entrare è conoscere qualcuno che è già dentro. Nessun gruppo veramente esoterico metterebbe inserzioni sui giornali o segnalibri, stampati in carta molto raffinata, dentro le edizioni gurdjieffiane in commercio. Si pensi sempre a questo dettaglio non secondario, e si ricordi il consiglio degli antichi: caveat emptor!

Per concludere questa breve e necessariamente incompleta introduzione, torniamo alla stessa immagine con cui abbiamo aperto: torniamo alla stanza in cui agonizza Luc Dietrich, in cui due uomini si guardano negli occhi. Se cerchiamo miracoli forse possiamo trovarli a Lourdes, ma non qui. Niente miracoli. Solo una semplice presenza: qualcuno che in silenzio entra nella nostra camera ed in silenzio ci porge un'arancia.

 

Chi volesse avvicinarsi allo studio delle idee gurdjieffiane legga per prima cosa Frammenti di un insegnamento sconosciuto (ed. Astrolabio) di P. D. Ouspensky, testo fondamentale di introduzione e di divulgazione. Poi prosegua con Incontri con uomini straordinari dello stesso Gurdjieff (ed. Adelphi), che sotto l'apparenza di un'avventurosa ed appassionante "autobiografia mitica" cela indicazioni assai preziose pur se velate dal simbolismo; ed infine con Vedute sul mondo reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi (ed. L'Ottava), serie di conferenze e dialoghi molto semplici e chiari.

Per un momento successivo si riserbi invece lo studio di I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote (recentemente riediti da Neri Pozza), la monumentale opera maggiore di Gurdjieff, che richiede una comprensione ed uno sforzo superiori a quelli del lettore ordinario. Lo stesso dicasi dell'ultima opera (incompiuta) del maestro caucasico La vita è reale solo quando 'Io sono', tradotta in modo pessimo ed amputata inspiegabilmente del capitolo introduttivo nell'edizione italiana (ed. Basaia), si consiglia perciò di leggerla, se possibile, nell'edizione originale inglese o francese.

 

Chi fosse interessato all'aspetto storico-biografico ed aneddotico legga invece: G. I. Gurdjieff: Anatomia di un mito di James Moore (ed. Il Punto d'incontro), certo la biografia più documentata ed attendibile; La nostra vita col Signor Gurdjieff di Thomas ed Olga De Hartmann (ed. Astrolabio), racconto della mirabolante fuga di Gurdjieff e dei suoi primi allievi, dalla Russia devastata dalla rivoluzione; La mia fanciullezza con Gurdjieff (ed. Guanda) ed I miei anni con Gurdjieff (ed. Adea) di Fritz Peters, forse le relazioni più affascinanti e rivelatrici sull' "uomo" Gurdjieff. Altri testi importanti sono: L'inconoscibile Gurdjieff di Margaret Anderson (ed. Gremese), testimonianza della pratica quotidiana del Lavoro a fianco del maestro; Idioti a Parigi di John ed Elizabeth Bennett (ed. Mediterranee), diario degli ultimi mesi di vita di Gurdjieff; Monsieur Gurdjieff di Louis Pauwels (ed. Mediterranee), sorta di biografia critica per molti aspetti imprecisa, scandalistica e fuorviante, ma non priva di suggestioni utili e stimolanti.

In ultimo non possiamo non citare le opere di Renè Daumal, Il monte analogo, La gran bevuta e La Guerra Santa (contenuta nel volume La conoscenza di sè), la raccolta di lettere Il lavoro su di sè, tutti pubblicati da Adelphi, forse le testimonianze letterarie più compiute nate dall'Insegnamento.

 

Per quanto riguarda una scelta dell'opera musicale si ascoltino i dischi o CD: G. I. Gurdjieff: Sacred Hymns, esecuzione al pianoforte di Keith Jarrett (ed. ECM); Chercheurs de Verité; Chants et rythmes d'Orient; Rituel d'un ordre Soufi; Chants Religieux (6 voll.), esecuzione al piano di Alain Kremsky (ed. Valois); Music of Gurdjieff/de Hartmann (2 Voll.), esecuzione al piano di Herbert Henck (ed. Wergo); e soprattutto The Music of Gurdjieff/de Hartmann (2 Voll.), eseguita dall'interprete originario e trascrittore/coautore di tutti i motivi di Gurdjieff, Thomas de Hartmann (ed. Triangle Records); recentemente è stata pubblicata da «Il Manifesto» una compilation su CD dal titolo Racconti d'Oriente che ospita, fra l'altro, un brano eseguito all'harmonium portatile dallo stesso Gurdjieff ed una breve conversazione, registrata nello stesso anno della morte del maestro, in cui è possibile ascoltare la sua voce.

 

Infine fra i contributi cinematografici, possiamo ricordare principalmente due film: Meetings with Remarkable Men, liberamente tratto dall'omonima "autobiografia" di Gurdjieff da Jeanne de Salzmann e diretto da Peter Brook nel 1978 (non esiste un'edizione italiana); e La Montagna Sacra di Alexandro Jodorowsky, film scandalo dei primi anni settanta che, in modo molto libero e personale, attinge ai due romanzi di Daumal.

 

Walter Catalano

da: Applausi per mano sola di Walter Catalano Editore: Clinamen Anno: 1996

 

Walter Catalano, laureato in Lettere all'Università di Firenze, diplomato in Sceneggiatura e Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Ha realizzato alcuni cortometraggi anche per la RAI. Insegna storia e letteratura italiana nella scuola secondaria superiore. Collabora a varie riviste tra cui «Diorama Letterario» e «Il Giornale dei Misteri». Si interessa prevalentemente di esoterismo, simbologia, tradizionalismo e storia delle religioni.

 

Testi presenti su Riflessioni.it

- La Quarta Via

- Stati di Coscienza

- Vedute sul Mondo Reale

- Sulla Guerra

- Padri di Famiglia, vagabondi, lunatici

- Riflessioni sui giornalisti

 

 

 

1 Luc Dietrich (1913-1944), scrittore, poeta, fotografo, amico intimo di René Daumal e di Lanza del Vasto. Dal 1938 partecipò ai gruppi organizzati da Jeanne de Salzmann per conto di Gurdjieff. I suoi due romanzi pubblicati sono: Le Bonheur des tristes e L'Apprentissage de la Ville.

2 Da: Fritz Peters, La mia fanciullezza con Gurdjieff , ed. SE, Milano 1992.

3 Da: Henri Tracol, The Taste for Things That Are True, Element Books Limited, Shaftesbury 1994

4 Da: P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, Roma 1976 (pag. 27 e segg.).

5 Citazione raccolta in: Jacob Needleman, Lost Christianity, Doubelday, N.Y, 1980.

6 Da: P.D: Ouspensky, cit. (pag.69).

7 Da: Ouspensky, cit. (pag. 39).

8 Aforisma n. 29 in: G.I. Gurdjieff, Vedute sul mondo reale: Gurdjieff parla ai suoi allievi, L'Ottava, Milano, 1985 (pag.262).

9 Da: Ouspensky, cit. (pag. 116).

10 Da: Ouspensky, cit. (pag.175).

11 Da: G.I. Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, Adelphi, Milano, 1977 (pag. 30).

12 Da: Margaret Anderson, L'inconoscibile Gurdjieff, Gremese, Roma, 1989 (pag. 39).

13 Da: G.I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, L'Ottava, Milano, 1988.

 

Testo suggerito da Claudio Buffa

 

www.riflessioni.it - Dove il Web Riflette

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Come fare il compost domestico in 5 mosse

Detto anche terricciato, il compost fai-da-te sta diventando una pratica sempre più diffusa. Se volete provarci ma non sapete come iniziare, qui potrete trovare le regole step-by-step per creare un sistema di compostaggio a casa.

 

 

Grazie al terricciato casalingo – ottimo fertilizzante per prati e orticelli – garantirete un’ottima crescita a fiori, piante, frutta e verdura mentre in casa i rifiuti caleranno drasticamente.

 

Cosa state aspettando, allora?

Ecco come fare:

1. Acquista il composter che fa al caso tuo

Per iniziare nel modo giusto acquistate un contenitore adatto alle operazioni di compostaggio. Potrete trovare ciò che fa al caso vostro in vivai e negozi per il giardinaggio. Oppure, provate a informarvi presso il vostro comune, alcuni li forniscono ai residenti applicando uno sconto sulla tariffa di smaltimento dei rifiuti. E, se state progettando un finesettimana da IKEA, l’azienda svedese offre ai clienti un tipo di composter particolarmente adatto a chi non ha molto materiale da compostare.

Una scelta mirata dovrà basarsi su due parametri, il tempo che solitamente dedicate al verde di casa e la quantità di rifiuti mediamente prodotti dal vostro giardino.

Quando parliamo di composter dobbiamo immaginarci una campana in plastica, aperta alla sommità e, possibilmente, su un lato o alla base. La prima apertura servirà a inserire i rifiuti organici, quella laterale, che potrete pensarla come una porticina da aprire e chiudere, servirà per estrarre il compost pronto per l’utilizzo.

Qualsiasi sia la vostra scelta, non dimenticatevi che i composter devono essere: privi di fondo, magari dotati di una rete, per far asciugare i rifiuti umidi favorendo l’areazione, per prevenire anche i cattivi odori. Possibilmente dotati di coperchio o teli di copertura, per evitare sole diretto o piogge troppo forti.

2. Scegli il luogo più adatto

Il posto migliore per il nuovo composter sarà una zona non eccessivamente esposta ai raggi solari e nemmeno troppo umida. Questo, per evitare che il contenuto marcisca.

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Tra le caratteristiche immancabili per il luogo ideale, un terreno asciutto e possibilmente pianeggiante. E, se volete ottimizzare il processo di compostaggio, ricordatevi di spezzettare rametti, bucce, radici, foglie e quant’altro prima di metterli nel contenitore.

3. Cosa compostare e cosa no

Assicuratevi di aver messo le cose giuste nel cestino del compost in modo da produrre un prodotto sano e nutriente per il giardino. Generalmente si pensa che se si decompone allora, può finire nel bidone. Ma non è proprio così.

Per esempio, ci sono dei tipi di frutta che è meglio non compostare, ma esistono anche 15 cose che non avreste mai pensato di poter compostare.

Quindi si a verdura, bustine del tea utilizzate, giornali letti e spezzettati, foglie, erba tagliata e altri rifiuti da giardino. No, invece, per frutta e verdura cotte, carne, latticini, fazzoletti usati e piante malate. Solo così il terriccio sarà sano, privo di ospiti indesiderati e cattivi odori.

E per fare in modo che il processo inizi velocemente, metteteci anche qualche attivatore per il compost.

4. Un po’ di pazienza

Una volta inserito tutto il necessario, potete rilassarvi, magari con una bella attività a impatto zero e aspettare che il processo inizi. Di tanto in tanto assicuratevi che il compost non sia né troppo umido né troppo secco e, per bilanciare la consistenza, aggiungete delle sostanze che asciughino o umidifichino il contenuto.

Ricordatevi di mantenere il compost sempre ben areato e non abbiate fretta, questo processo può necessitare anche di mesi.

5. Inizia a usare il compost

Il compost sarà pronto quando il terreno alla sommità del composter avrà raggiunto una tonalità molto scura, quasi nera. A questo punto mescolatelo con il terriccio per le piante e date libero sfogo al vostro pollice verde tra fiori e ortaggi.

Buon lavoro.

Serena Bianchi

http://www.greenme.it/abitare/eco-fai-da-te/3731-come-fare-il-compost-domestico-in-5-mosse

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Fisica Quantistica e Spiritualita': Intervista a Vittorio Marchi

Il prof. Vittorio Marchi è un insegnante e un ricercatore di fisica, ma da molti anni le sue indagini e i suoi studi sono stati indirizzati verso tematiche normalmente non esplorate dagli scienziati. Studiando le ancora sconosciute potenzialità dell'essere umano, l'energia che permea tutto l'Universo, i misteri della vita e del cosmo, gli archetipi eterni, ha sviluppato uno speciale ambito di ricerca della realtà tra scienza e spiritualità, tra razionalità e misticismo, che rendono la sua vasta conoscenza unica e degna della massima attenzione. L'ho invitato a incontrare il pubblico al prossimo Festival della Letteratura di Cecina (LI) il 30 luglio 2011 e a concedermi la seguente straordinaria intervista che non mancherà di farci riflettere sulla natura di noi stessi e del mondo.

 

Come e quando un grande studioso di fisica come lei è passato dalla "Scienza" alla "Coscienza"?

 

Come? Osservando che la materia, ovvero il fondamento della visione meccanicistica della realtà, che si credeva "solida", densa, compatta ed intangibile, perdendo la sua consistenza materiale, si trasformava sempre di più in un Pensiero.

 

Quando? Considerando che noi fisici, ricercatori di un settore come quello del campo della fisica quantistica, confortati dagli studi delle neuroscienze, abbiamo scoperto al CERN di Ginevra che la "nuova sostanza primordiale", base della formazione dell'Universo, non è la "materia" (di cui si diceva sopra), bensì l'Informazione. Un campo di Coscienza universale, interamente intelligente. Un "Campo Energetico Unificato", come lo definisce oggi la fisica e che un tempo, circa 5000 anni fa, il mistico indicava con il nome di "Akasha".

 

Nel suo percorso quali sono stati i suoi Maestri ed i suoi principali punti di riferimento?

 

Il maestro è stato un libro, a lungo cercato, e poi il suo autore, grande amico di Enrico Fermi, che ha pensato bene di passarmi il "testimone". Il punto di riferimento è stata la "caduta del mito di Dio e della Creazione", determinata dal punto di incontro tra il misticismo orientale e la fisica quantistica. Finché la fisica non è scesa nei meandri del mondo subatomico, non è stato possibile comprendere le Sacre Scritture, ed in particolare quelle dei testi himalayani. Quando invece è discesa nelle profondità dell'invisibile, ho scoperto che tempo e spazio perdevano di significato. La verifica mi è stata data dal fatto che il misticismo orientale ha percorso questa strada, partendo dall'invisibile, mentre la scienza occidentale è partito dal grossolano del mondo materiale o visibile per incontrarsi con essa sul piano del "sottile".

 

I pensieri meno ordinari che lei esprime nei suoi libri e nelle sue conferenze le hanno mai creato problemi in ambito accademico?

 

Inevitabile. La psicoscienza e in particolare la psicofisica hanno scoperto una novità piuttosto dura da digerire. La fisica quantistica sta dimostrando che quel mondo naturale che si credeva così materialmente reale sta svanendo nella "irrealtà" della sua consistenza fisica. E cosa fanno i nostri più illustri leader del conservatorismo scientifico per correre ai ripari? Dicono che la materia solida è qualcosa di stabile e che le regole che si applicano al mondo subatomico non si applicano al mondo macroscopico newtoniano. Che insomma tra il micro e il macro esistono due diverse serie di leggi e di regole. Il che è falso come dimostrano tutti gli esperimenti eseguiti da Anton Zeilinger, professore di fisica all'Università di Vienna. Il quale è un esempio che fa eccezione alla regola. Il fatto è che ciò che ancora le varie accademie del mondo non accettano è che il mondo "spirituale" sia un prolungamento della scienza e ne rappresenti il suo completamento. Di qui l'ostracismo.

 

In che modo le più recenti scoperte della fisica quantistica confermano le visioni mistiche dell' antichità presenti in modo simbolico negli archetipi delle mitologie, dell' alchimia, dell' astrologia, dei Tarocchi...?

 

Il misticismo orientale afferma che Dio non è una entità, ma uno stato di consapevolezza e che uno scienziato unidisciplinare non lo troverà mai, perché viaggia con il paraocchi. Per questo c'è stato un Gesù che con la sua missione storica si è speso molto per osservare che "tutto l' Universo è figlio di una donna sterile". Una metafora per indicare come tutta la Creazione sia... Increata. Ma come fare per spiegare alla mente umana un concetto così impossibile da assimilare? Come fare ad illustrare che l'Universo è "inessente", e che quindi non diviene, nel senso che non viene in essere, ma è? Per cercare una via di uscita al problema il misticismo ha dovuto affidarsi al simbolo e al mito per esprimere un concetto di Assoluto Eterno che eliminasse l' idea dell' origine e della fine, della nascita e della morte delle cose e degli esseri umani. Ma il misticismo, tra archetipi, alchimie, astrologie e altro, mancava di un linguaggio adatto, di una "neolingua", capace di trasferire quanto sperimentato interiormente (spiritualmente) all'esterno. Per questo la scienza (quantistica), pur arrivando in ritardo, ha avuto il grande merito di tradurre in un linguaggio elaborato, ideale e più adatto alla massa qualcosa che ha le dimensioni dell'"infinito", per trasmettere tale "Informazione" alle capacità dell' intelletto umano. E allora, coincidendo con quanto affermato dalla verità mistiche millenarie, anche la fisica quantistica ha finito per concordare con i testi dei Veda e dei Vedanta nel dire che non esiste un "altrove" (relatività), bensì un "ovunque" (assoluto), non un luogo (spazio), ma la non-località. Non un tempo, ma un "hic et nunc" (qui ed ora). Sempre. Ecco perché oggi l'oriente riconosce che: "Scienza e Spiritualità sono come due gambe che consentono all' uomo di avanzare verso la meta".

 

Quale futuro immagina che la scienza possa riservare all' umanità e alla sua evoluzione spirituale?

 

Grandi passi, se i ricercatori del futuro, uscendo dai loro schemi mentali meccanicistici, si orienteranno verso un tipo di ricerca che li vedrà occupati in veste di ricercatori "spirituali" nel campo del "sottile", della coscienza cosmica e del campo unificato. Se riusciranno a superare quel LIMEN, un punto liminale o limite di separazione, causato da una soglia sensoriale, psicofisiologica, che procura all' uomo la illusione ottica di essere Altro dall'essere un unico con il Tutto e di non vedere che Osservatore e Osservato (come asserisce la fisica quantistica) sono UNO. Non per niente il termine "Uomo" deriva dal sanscrito "Manava", a sua volta derivato da "Manas", il "Pensiero" o "Coscienza Empirica". Si tratta quindi di incominciare a riconoscere che esiste una realtà fatta di una certa identità presente tra uomo e cosmo, relazione che si va facendo sempre più stretta, fino ad essere sostenuta oggi dalla stessa PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia). E non è un caso che la stessa Università di Southampton (Regno Unito, altra eccezione) nell'ambito del progetto "Coscienza Umana" abbia lanciato un invito alla collaborazione internazionale per lo studio di "Aware", connesso al processo conosciuto come "Awarness during Resuscitation" .

 

Qual è il ruolo dell' essere umano nell' Universo?

 

Fondamentale. L' uomo è figlio di questo universo e questo universo è figlio dell'uomo. L'uno genera l' altro, come il seme l' albero e viceversa, in un apparente paradosso inesplicabile. Ognuna delle due "singolarità" non ha creata l' altra, altrimenti avrebbe duplicata se stessa, ma si è semplicemente riflessa (disuguaglianza simmetrica). "Tutto, assolutamente Tutto, è indissolubilmente e in continuità nucleo (uomo-particella) e Campo o Spazio Pensante" ("ondi-cella"- Coscienza/Vibrazione) (Schroedinger, 1958). La forma è solo un'area vibrazionale più densa del campo energetico unificato. Pertanto l'Osservato dipende dalla presenza dell'Osservatore. Lo scopo dell' universo del resto è quello di essere osservato. Senza l' osservatore non esiste l' Universo e/o osservato e viceversa. Sono Uno. Altrimenti se per assurdo così non fosse, la vita non sarebbe.

 

In molte occasioni lei ha parlato dell' Unità e dell' unione di ogni essere in un Tutto universale unico. Perché questo concetto è così difficile da accettare?

 

Semplice. Perché da millenni l' umanità è stata educata dalle varie Religioni del mondo, attraverso riti e cerimoniali vari, a credere all'esistenza di un Creatore e di un Creato. A parlare di un Dio Formale (in maniera antropomorfica) anziché di una Divinità Informale, come stato di Coscienza Cosmica. In questo modo la "Teologia morale" ha potuto tenere in scacco l' individuo, parlandogli di Giudizi universali, di condanne e di Peccato Originale, da cui poi egli si è sentito oppresso in maniera punitiva per le sue miserevoli "colpe". Riscattarsene oggi, con un DNA così preformato, è quasi un' impresa disperata. Da sempre il fatto che la materia sia intessuta in un modo così straordinariamente perfetto, fino a manifestare una intelligenza del più alto livello ed in modo così stupefacente, ha finito per implicare nella mente degli uomini la presenza nel mondo di un "Grande Progettista" geniale, di un "Grande Orologiaio" distaccato, di un "Grande Orchestratore" esterno, di un "Grande Architetto" costruttore, di un "Grande Regista", direttore dell'Universo. E ciò ha continuato ad avvenire, nonostante la ricerca abbia ormai dimostrato largamente che tutti i sistemi viventi (dato che neanche un atomo è materia inerte) abbiano mostrato un grado di assemblarsi da soli veramente strabiliante, a seguito di una trasformazione "auto-organizzata" o "auto-arrangiata" che lascia sbalorditi. Il concetto è difficile da accettare perché sfida il programma subdolo di una cultura millenaria che lo ha spacciato per la nozione più eretica e blasfema che si possa immaginare. E poi perché in quella dualità si annida il business dell' intermediazione, il più scandaloso affare di tutti i secoli. Un affare che è la madre di tutte le atrocità compiute dall' umanità, perché toglie dignità a qualsiasi cosa creduta altro da noi stessi e al nostro stesso simile. Quando invece siamo un "Singolo Organismo" o Campo di Coscienza Universale, Un Intatto interamente intelligente. Del resto, ci siamo mai chiesti: ma perché la verità si chiama verità? Non perché il suo contrario sia il falso, ma perché essa è Unica. Vedere ciò è diverso che dire che essa è non-falsa.

 

Ci sono stati o ci sono ancora individui o organizzazioni che in modo cosciente hanno operato affinché l' Uno apparisse come Due e tale apparente separazione fosse percepita come realtà?

 

Di queste ce n'è una miriade, laiche e religiose. Ma ce n'è una di vertice su tutte, cui tutte fanno capo: il "New Global Order". Tuttavia per l' approfondimento e l'analisi di questa enorme e micidiale struttura dominante, per la cui trattazione completa ci vorrebbe uno spazio a parte, è bene rimandare qui alla lettura dei libri La Scienza dell' Uno e Mirjel, il Meraviglioso Uno, entrambi testi del Gruppo Editoriale Macroedizioni, che ne fanno ampio riferimento.

 

New Global Order

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_complotto_del_Nuovo_Ordine_Mondiale#Idee_generali_sulla_finalizzazione_del_Nuovo_Ordine_Mondiale

 

Che cosa è il tempo? Esiste veramente o è una illusione mentale?

 

Con l'osservazione l'onda diventa corpuscolo. L'energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell'energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l'altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre. Tutto è, anche se ciò sembra un ossimoro (paradosso), movimento è quiete – come diceva lo stesso Gesù (primo fisico quantistico ante litteram).

 

Solo ora forse si è incominciato ad intravedere che il "nulla" o il "vuoto" di cui parlavano il "realizzato" himalayano o il sufi islamico non stavano ad indicare il "niente", bensì il "pieno" di uno stato quantico vibrazionale, privo di spazio e di tempo e materia, dal quale, secondo il modello di Vilenkin del 1982 della Tufts University scaturisce il manifesto e ad esso ritorna eternamente in un ciclo senza fine e senza inizio. Il limite del nostro ragionare è che esso è lineare e si snoda in un'unica direzione, secondo un orientamento unidirezionale come il presunto sviluppo del tempo, mentre nella realtà noi non vediamo che esso è "ossidato" dalla nostra incapacità di renderlo circolare. E ciò dipende dal fatto che noi crediamo che il nostro tempo di vita sia inferiore a quello dell'universo, dalla concezione che ci siamo fatti di essere una parte, e "da parte", quindi marginali al Tutto, da cui ci sentiamo strappati, isolati e chiusi.

 

Il giorno però che ci renderemo conto che stiamo ritornando al Tutto (Uno), da cui pensiamo illusoriamente di essere stati tolti (col Due, espresso dal mito della caduta), allora capiremo il perché abbiamo l' impressione che il tempo scorra sempre in avanti, verso il futuro (che non c' è). E allora il tempo cesserà di esistere, perché Tutto ciò che è nell'Universo è già dentro di noi.

 

di Giovanni Pelosini

 

http://alkemica.net/articoli/entry/5-scienza-e-tecnologia/1332-fisica-quantistica-e-spiritualit%C3%A0-intervista-a-vittorio-marchi

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La salute dei nostri figli osservando la loro bocca

Per prima cosa cominciamo a notare ad esempio se tengono abitualmente la bocca aperta o chiusa. In pratica se usano la bocca invece del naso per respirare. In momenti di difficoltà, durante uno sforzo aerobico intenso o semplicemente quando si ha una chiusura momentanea delle vie nasali (raffreddore), questo meccanismo alternativo può essere accettato. Il problema diventa più importante quando respirare con la bocca invece che con il naso e’ una abitudine costante. Esiste un’espressione tipica dei bambini che respirano con la bocca, detta tecnicamente “facies adenoidea”, a sottolineare che spesso sono le adenoidi ingrossate che causano l’impossibilità di respirare correttamente dal naso e quindi obbligano a quell’espressione che i medici attenti riconoscono immediatamente. La bocca è semiaperta con il labbro superiore sollevato, il naso affilato, spesso sono presenti delle occhiaie scure e l’aspetto generale e’ indolente e distratto. Le cause della respirazione orale sono molteplici, tanto da far parlare di una vera e propria “Sindrome da disadattamento psico-neuro -endocrino-immunitario”. In effetti anche a livello dell’attenzione, una minor ossigenazione del sangue, non liberato completamente dall’anidride carbonica e perciò ossigenato poco a causa di una respirazione non corretta, può provocare proprio sonnolenza, rallentamento delle facoltà intellettive, calo dell’attenzione o difficoltà di memorizzazione. Purtroppo respirare in questo modo provoca danni a livello di molti altri distretti, a cominciare dalle labbra, spesso prive di tono e secche, dai muscoli periorali,dalla lingua. Le riniti ricorrenti con o senza patologie tonsillari o adenoidee provocano spesso anche il fenomeno del russamento, altro elemento che ci deve far sospettare qualcosa. Tutti questi fenomeni si trasmettono inesorabilmente con un circolo vizioso al distretto osseo del cranio e alla postura cervicale e del rachide in toto. La deglutizione, della quale abbiamo parlato in un precedente post, diventa per forza di cose “atipica”, con la lingua che si interpone tra le arcate per poter ottenere quel sigillo che labbra e denti non riescono più a garantire, e i denti presentano una mal occlusione tipica detta “morso aperto”.

 

Se poi tutto e’ accompagnato da una suzione prolungata del dito o di un ciuccio,il gioco e’ fatto!!! . In realtà la respirazione orale può essere una causa, una concausa o una conseguenza della deglutizione atipica. Certo e’ che spesso si instaura un circolo vizioso tra le due abitudini, dove una alimenta l’altra e viceversa. Il punto di partenza può essere anche la suzione stessa che a sua volta deforma il palato , provocando un morso aperto anteriore, che può favorire la respirazione orale e la deglutizione atipica, alimentando l’ormai famoso circolo vizioso.

 

Il palato, per potersi espandere in senso trasversale necessita della spinta linguale,che se invece manca favorisce la presenza di un palato stretto e alto. Inoltre, respirare a bocca aperta, rende ipertrofici i muscoli delle guance, che impediscono a loro volta l’espansione fisiologica del palato,concorrendo all’ormai famoso circuito vizioso. Tutto ciò comporta in ultima analisi dei disordini di tipo ortodontico, e i denti dei nostri figli crescono storti in una struttura ossea deformata!!!

 

La permanenza di funzioni motorie orali infantili oltre la giusta età di sviluppo influisce quindi negativamente sulla corretta evoluzione muscolo-scheletrica del massiccio facciale, sulla postura generale e sulle abilità articolatorie del linguaggio. Non bisogna infatti dimenticare i difetti di pronuncia anche importanti che un morso aperto può provocare.

 

Solitamente a questo punto ai genitori viene proposto un intervento di tipo ortodontico, cioe’ un apparecchio fisso o mobile. Raramente, solo i presenza di gravi difetti di pronuncia viene indicato un intervento di logopedia. Oppure addirittura si dice di aspettare alla fine della crescita per “vedere cosa succede”…….

 

Aspettare, lasciando che lo scheletro della faccia non abbia più la plasticità e la capacità di modificarsi che perde quando lo stimolo alla crescita finisce, significa condannare nostro figlio ad interventi ortodontici lunghi e spesso non risolutivi,se non comprendenti addirittura la chirurgia!

 

Anche intervenire precocemente solo sull’effetto di questo circolo vizioso non e’ sensato. Una volta rimosso l’apparecchio,senza aver curato le cause, il quadro dentale e muscolare tornerà inesorabilmente patologico e disfunzionale come prima , con l’aggravante di aver speso tempo, energia e….soldi…

 

Ma allora quale e’ la strategia giusta da seguire? E’ semplicemente quella di cominciare, il più precocemente possibile a ripristinare le funzioni corrette.

 

In testa a tutte la respirazione. Il respiro è la vita. La respirazione avviene dal naso perchè l’aria si umidifica, si purifica ed entra più lentamente e i polmoni si riempiono meglio e anche gli scambi tra gli alveoli avvengono in modo efficiente.

 

La domanda giusta da porsi a questo proposito è: perche’ mio figlio respira con la bocca? Perchè soffre di riniti croniche? Perchè ha le adenoidi e/o le tonsille ingrossate?

 

Ci possono essere numerose risposte, ed e’ da queste che e’ giusto e corretto partire.

 

Spesso le cause risiedono nelle allergie o nelle intolleranze, così diffuse oggi tra i nostri figli. Bisogna in questo caso, appurare quale sia l’allergia o l’intolleranza e curarla. Oppure,se si tratta di una abitudine viziata come il protrarsi del succhiamento di pollice o ciuccio, va preso seriamente in considerazione! Io prediligo la terapia con metodi e presidi naturali, ma a volte può essere necessaria, dopo aver provato interventi più dolci, anche l’intervento chirurgico di eliminazione delle adenoidi! Un otorino esperto e aperto alle diverse opzioni che oggi la medicina ci fornisce, può dare l’indicazione terapeutica più corretta.

 

Una volta liberata la via respiratoria e’ necessario rieducare l’area del naso e della faringe con esercizi appositi. E’ importante motivare figli e genitori all’esecuzione di questi esercizi di riappropriazione delle funzioni fisiologiche, non solo della respirazione, ma anche poi della deglutizione e della fonazione. Si tratta di una generale rieducazione funzionale del cavo orale (RFCO).

 

Ci si può in questa fase avvalere di apparecchi ortodontici mio funzionali o comunque meno invasivi di quelli che si sarebbero usati una volta terminata la crescita ossea!

 

L’atto medico più importante resta il ripristino delle funzioni, che la natura ha peraltro predisposto in modo perfetto affinché il nostro corpo cresca in modo armonioso , naturale ….e bello!

 

A cura della Dott.ssa Veronica Vismara, Odontoiatra, esperta di rieducazione funzionale del cavo orale e di occlusione

http://www2.radio24.ilsole24ore.com/blog/carbone/?p=2976

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