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Categoria: "Notizie scottanti"

Cancro: dal Regno Unito il metodo che fa morire di fame le cellule tumorali

Un gruppo di ricercatori dell'università di Southampton (Regno Unito) ha messo a punto un nuovo metodo per il trattamento dei tumori, basato sul far letteralmente "morire di fame" le cellule cancerogene. Ciò che rende la ricerca, pubblicata su Cell, di particolare interesse è il fatto che l'applicazione di questa terapia permetterebbe di intervenire senza danneggiare le cellule sane nel corpo del paziente, cosa che invece avviene con i metodi tradizionali come ad esempio la radio o la chemioterapia.

 

"Le cellule cancerose - spiega Chris Proud, professore di regolazione cellulare della facoltà di scienze biologiche dell'università inglese - crescono e si dividono molto più rapidamente di quelle normali, il che significa che hanno una richiesta molto maggiore di elementi nutritivi ed ossigeno, che spesso gli vengono a mancare. Abbiamo scoperto che un componente cellulare, eEF2K (eukaryotic elongation factor 2 kinase, ndr), recita un ruolo fondamentale nel permettere alle cellule cancerose di sopravvivere alla mancanza di sostanze nutritive, mentre le cellule normali e sane normalmente non hanno bisogno dell'eEF2K per sopravvivere. Di conseguenza, bloccando le funzioni di questo componente, dovremmo essere in grado di uccidere le cellule cancerose, senza danneggiare quelle sane nel processo".

Nel corpo umano, quasi tutte le cellule hanno gli stessi componenti di base, ed attaccare uno di loro in una cellula malata porta inevitabilmente a danneggiare anche quelle sane. Ciò che rende rivoluzionario questo metodo è proprio il fatto che, attaccando un componente non necessario alla sopravvivenza delle cellule sane, non provoca danni nel paziente; inoltre il trattamento potrebbe essere utilizzato su diversi tipi di cancro.

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La scoperta del team inglese potrebbe quindi rappresentare un autentico punto di svolta nel campo della ricerca sul trattamento dei tumori, ed è per questo che al momento il gruppo del professor Proud sta lavorando con altri laboratori, ed anche con alcune case farmaceutiche, per cercare di sviluppare un farmaco in grado di bloccare l'eEF2K, che potrebbe rappresentare la base per le future cure contro il cancro.

 

Read more: http://it.ibtimes.com/52741/20130713/cancro-tumore-terapia-cura-metodo-cellule-chemio-radio-ricerca.htm#ixzz2p4DiN41D

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Norma Uni 11491 Naturopatia : a quando un VERO riconoscimento ??? (Professioni non Regolamentate)

Cari Amici, mi chiamo Emanuel Celano, sono vicepresidente dell'Associazione Culturale "Spazio Sacro" di Bologna, e promotore della proposta di legge sulle discipline bio-naturali ed il riconoscimento della figura del naturopata in Italia (http://www.unaleggeperledisciplinebionaturali.it).

Il percorso per il riconoscimento delle discipline bio-naturali ha seguito sino ad oggi un lungo iter parlamentare, senza giungere ancora alla creazione di un quadro normativo nazionale.
Attualmente in Italia non è ancora giuridicamente riconosciuta la figura professionale del Naturopata e dell'operatore delle Discipline Bio-Naturali.
Per questo motivo diversi anni fa è nato un Progetto Popolare : "Una Legge POPOLARE per il riconoscimento delle Discipline Bio-Naturali e della Naturopatia in Italia". Occorrono 50.000 firme e attualmente ne sono state già raggiunte 24.500.

Siamo tutti informati sul fatto che le Professioni Non Regolamentate oggi hanno una visibilità giuridica, grazie alla Legge numero 04 del 2013.

Molti hanno creduto o credono ancora che questa sia la Legge che riconosce la figura del naturopata in Italia, o, quantomeno che essa abbia aperto una porta in questa direzione. E' doveroso, invece, ricordare come tale certificazione non rappresenta un riconoscimento istituzionale della professione del naturopata, prerogativa esclusiva del Legislatore, ma solo un'opinabile valorizzazione di terzi, circa i requisiti di conoscenza, abilità e competenza per esercitare un'attività ancora non regolamentata con una legge dello stato, come quella del naturopata.

Di fatto, questa legge, e andremo a dimostrarlo, ha semplicemente creato un sistema parallelo di associazioni che si riconoscono da sole,  e lo stato ha accettato di delegare ad un organismo di normazione accreditato, la definizione dei criteri per esercitare tutte le professioni non ancora riconosciute.

La Norma UNI 11491 è solo una conseguenza della Legge numero 04 del 2013.

Nel filmato vediamo i punti di debolezza più forti della legge sulle professioni non regolamentate, che a nostro parere, pregiudicano il raggiungimento di un vero riconoscimento delle discipline bio-naturali e della naturopatia in italia.

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Video :



Il testo integrale del filmato è pubblicato qui :http://unaleggeperledisciplinebionaturali.it/notizie/norma-uni-11491-sulla-naturopatia-un-vero-riconoscimento-per-il-naturopata-oppure-uno-strumento-commerciale-e-di-profitto/

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Carta senza cellulosa per salvare gli alberi

L’attore Woody Harrelson ha immesso sul mercato un tipo di carta ottenuta da paglia di grano e non da cellulosa. Il suo sogno? Fermare la deforestazione.

Non di sola cellulosa è fatta la carta. La paglia di grano, come anche di riso e di zucchero di canna, ben si presta come materia prima per produrre la carta. In particolare, nel Nord America la paglia che avanza dalla raccolta di grano, solitamente destinata agli inceneritori, potrebbe essere utilizzata per produrre il fabbisogno nazionale di carta, attualmente ottenuto quasi del tutto da cellulosa, quindi dall’abbattimento degli alberi.

L’attore di Hollywood Woody Harrelson ha fondato 15 anni fa la società canadese Prairie Paperche nel 2012 ha immesso sul mercato la Step Forward Paper, carta ottenuta da paglia di grano e fibre riciclate.

L’obiettivo di Woody è diffondere il più possibile l’utilizzo di questo tipo di carta affinché sostituisca quella normalmente ottenuta da cellulosa. Per portare avanti questa impresa sono necessari fondi per gli investimenti, ai quali il Canada ha già partecipato versando circa 3,4 milioni di dollari.

Nel video qui sotto (in inglese) l’attore spiega che due confezioni di questo tipo di carta salvano un albero. Attualmente l’azienda è già riuscita a salvare 8.681 alberi.

Ce la farà Woody Harrelson a sensibilizzare l’opinione pubblica e il mercato affinché acquisti carta prodotta senza il sacrificio degli alberi e rallentare, così, la deforestazione planetaria?

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http://www.ecoblog.it/post/119365/carta-senza-cellulosa-ci-prova-woody-harrelson-per-fermare-la-deforestazione

Fonti:

ecoblog.it

stepforwardpaper.com

 

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La tecnologia riduce la nostra memoria

Internet. Social network. Smart p h o n e. Così il sovraccarico di informazioni intacca la capacità di ricordare. E l'intelligenza.

Scattare foto e postarle sui social davanti a un panorama mozzafiato. O commentare un film su Twitter mentre lo si guarda. Solo 10 anni fa non avremmo potuto fare tante cose tutte insieme. Ora è un'altra storia. Merito (o colpa?) della valanga di nuovi dispositivi tecnologici che abbiamo a disposizione. Gli stessi che - come effetto collaterale - stanno cambiando il nostro modo di memorizzare informazioni, imparare cose nuove e utilizzare le nostre capacità.

 

RIPERCUSSIONI SULL'INTELLIGENZA. Gli scienziati hanno dimostrato che far lavorare poco la memoria incide sul livello di funzionamento del cervello e sull'intelligenza in generale. «La memoria a lungo termine è il sistema di archiviazione della nostra mente», ha spiegato Nicholas Carr, autore di Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello. «Lasciare che fatti ed esperienze siano dimenticati vuol dire poi non riuscire a formare idee complesse che danno ricchezza al nostro pensiero».

 

LA FRAGILITÀ DELLA MEMORIA A BREVE TERMINE. Nel suo libro Carr spiega che «mentre la nostra memoria a lungo termine ha una capacità pressoché illimitata, nella memoria a breve termine lo spazio è più limitato e il deposito è molto fragile. Una pausa nella nostra attenzione può spazzare i suoi contenuti dalla nostra mente». Ecco cinque modi in cui la tecnologia sta modificando la tua memoria.

 

1. Il sovraccarico di informazioni rende più difficile ricordare le cose

 

Anche utilizzare per pochi minuti internet può rendere difficile archiviare informazioni. La maggior parte di noi infatti non è in grado di gestire efficacemente il sovraccarico di dati e notizie da cui siamo bombardati. L'americano Tony Schwartz ha paragonato la memoria di lavoro, quella che contiene informazioni che vengono tenute in mente per uno scopo, a un bicchiere. «È come continuare ad aggiungere acqua, tutto quello che è già dentro viene spinto fuori. Perdiamo costantemente informazioni che arrivano e che sono continuamente sostituite e non c'è posto per mettere quelle appena giunte».

 

FATTI SENZA CONNESSIONE. Per Schwartz «si tratta di un'esperienza s uperficiale perché riusciamo a tenere qualciosa a mente solo per un momento. È dura metabolizzare e dare un senso alle informazioni perché ne arrivano troppe». Ecco allora che si finisce per sentirsi sopraffatti dalle informazioni. «Quello che hai è una quantità infinita di fatti senza un modo di collegarli in una storia significativa», ha spiegato Schwartz.

 

 

2. Internet sta diventando il disco esterno del nostro cervello

 

 

I ricercatori hanno scoperto che, con uno strumento digitale in grado di immagazzinare delle informazioni al posto nostro, noi siamo sempre meno propensi a utilizzare la nostra memoria. In un recente articolo la rivista Scientific American ha paragonato internet all'hard disk esterno del cervello spiegando che l'aspetto sociale del ricordo è stato sostituito da nuovi strumenti digitali.

 

 

 

IL PROCESSO SOCIALE TRADITO. «Ricordare è, storicamente, un processo sociale», si legge sulla rivista, «ricordiamo certe cose e le condividiamo con gli altri che, a loro volta fanno affidamento su altri per colmare le cose che abbiamo dimenticato. In una certa misura, deleghiamo compiti mentali come il ricordare ad altre persone del nostro gruppo sociale». Ora internet fa questo lavoro per noi: quando abbiamo bisogno di controllare qualcosa apriamo Google piuttosto che chiedere a un amico.

 

 

 

3. La memoria collettiva 'svuota' quella individuale

 

 

L'attenzione è la chiave per formare dei ricordi che durino nel tempo. Ma quando commentiamo su Twitter un film o scattiamo una foto non siamo più in grado di ricordare i dettagli della storia o del panorama. Condividendo con altri le nostre esperienze, costruiamo una memoria collettiva che però va a scapito della nostra.

 

 

CARENZA DI ATTENZIONE. «Il fatto che dimentichiamo le cose è un segno di quanto siamo occupati», ha detto Zaldy S. Tan, direttore della Clinica dei distrurbi della memoria del Beth Israel medical Center di New York. «Quando non stiamo prestando bene attenzione a quello che facciamo, i ricordi che formiamo non sono molto robusti e più tardi avremo il problema di recuperare le informazioni».

 

 

 

4. La conoscenza perde il suo valore personale

 

 

Quando ci affidiamo troppo alle tecnologie tendiamo a isolare parti delle informazioni che abbiamo senza collegarle a uno schema più ampio. «Spesso riduciamo la conoscenza in pezzi che non sono inquadrati in uno schema concettuale più ampio», è stata la spiegazione di John Edward Huth, professore di Fisica ad Harvard, «quando questo accade la conoscenza perde il suo valore personale».

 

 

 

I DETTAGLI PERDUTI. Ma abbiamo bisogno di una storia più grande per aiutare noi stessi ricordare i dettagli più piccoli. Abbiamo bisogno di un contesto più ampio per agganciare i dettagli nella nostra mente.

 

 

 

5. I ricordi dei nativi digitali degenerano rapidamente

 

 

 

Secondo una ricerca americana del 2013 i cosiddetti millennials, cioè coloro che sono nati tra gli Anni 80 e i primi Anni 2000 e ora hanno tra i 24 e i 35 anni, dimenticano più spesso che giorno è rispetto a chi ha 55 anni. Si va dal 15% dei giovani al 7% degli adulti. Se poi gli si chiede dove sono state nascoste le chiavi di casa si passa dal 14% dei millennials all'8% di chi è nato prima dell'era della comunicazione.

 

 

 

DALLO STRESS ALL'OBLIO. Secondo gli studiosi la perdita di memoria dei giovani è dovuta a stress, depressione e scarsa capacità di giudizio. «Questa è una popolazione che è cresciuta usando la tecnologia, ma essere multitasking comporta anche mancanza di sonno e tutto questo si traduce in elevati livelli di oblio».

 

 

Gioia Reffo

 

http://www.sibynews.it/index.php?title=La_tecnologia_riduce_la_nostra_memoria

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Come insegnare ai bambini a non cadere nel rischio droga e alcol

«Insegniamo a godere del piacere senza tormento» e «come rinforzante naturale usiamo la gioia». Chi mai non aderirebbe a un programma del genere? La diffidenza in un giovane nasce, semmai, quando sente parlare anche di scuola e digenitori coinvolti. Il progetto infatti mette insieme le classi di elementari, medie e persino l’asilo con un’associazione dal nome “Genitori attenti” e con gli psichiatri dell’Università di Padova specializzati nel trattamento delle dipendenze.

GENITORI ATTENTI - Per l’alcol, la medicina ha da pochi mesi acquisito una nuova sostanza anti-alcolismo, il Campral o acamprosato ed è «cosa preziosa, molto utile. Però per le dipendenze il farmaco da solo non è la soluzione», sostiene il professor Luigi Gallimberti, che è l’ordinario di psichiatria delle tossicodipendenze, dunque un “medico delle pastiglie” e non uno psicologo. Parla, poi, di questionari e di allenamento psicologico, però tira in ballo le neuroscienze - e precisi meccanismi cerebrali - come sostrato. Anzi, nel caso dei bambini delle elementari(ultime classi) farà “giocare con le neuroscienze”, pare con gran divertimento degli scolari, ma allo scopo di incidere durevolmente sui loro neuroni.

Non sarà troppo presto, come età, per questioni che riguardano il fumo, l’alcol, le doghe, il gioco d’azzardo, la dipendenza da Internet o da certi siti in particolare, tipo quelli p o r n o g r a f i c i? «Ma ai ragazzi non parliamo di questo, ai genitori sì. E se siamo scesi ai 10 anni di età con i nostri programmi di formazione per la prevenzione, contiamo di abbassarci ai 4 anni», dice Gallimberti. I nomi sono già a prova d’età: “Cappuccetto Rosso” e “Pinocchio” fino a “Epicuro per giovani centauri” dedicato ai tredicenni, in attesa del patentino moto.

IL METODO - Per spiegare il metodo dell’Università di Padova occorre fare diverse premesse. Una sta nel ricordare il “Marshmallow test”, importante negli studi di psicologia sociale e della personalità, che lo psicologo austriaco Walter Mischel compì negli anni ’60. A bambini di 4 anni offrì delle caramelle marshmallow spiegando che potevano prenderne una subito o aspettare qualche minuto e prenderne due. Dopo 14 anni Mischel constatò che gli ex bambini che si erano comportati impulsivamente erano diventati dei giovani con bassa autostima e un certo livello di frustrazione mentre quelli che da piccoli avevano saputo aspettare erano adulti socialmente più competenti e con maggior successo negli studi. «Ne deriva la constatazione che sopportare la piccola sofferenza insita nel posporre un piacere, allena i “muscoli” della personalità, oltre a procurare, poi, un piacere maggiore», spiega il professor Gallimberti. Del resto, prosegue, piacere e sofferenza sono i due lati della medaglia, inscindibili. «Adamo ed Eva quando scoprono il piacere, il prezzo è di divenire mortali».

Ma per non pagare un prezzo così alto, ecco l’altra premessa da ricordare, che riguarda Epicuro. L’Associazione “Genitori attenti” ha esordito appena qualche settimana fa su Internet con un sito intitolatowww.genitoriattenti.com (attenzione a non sbagliare il dominio: it al posto di com richiama sul video un’altra associazione omonima). Bene, sotto il logo di un cuore a due teste, di genitore e figlio, compare subito la citazione-proclama del filosofo greco: «Nessun piacere è in sé un male. Sono i mezzi usati per procurarsi certi piaceri che, alla fine, arrecano più tormento che gioia».

SPOSTARE IL PIACERE - «E’ ai genitori - dice lo psichiatra padovano - che insegniamo a sottoporre i propri figli ad una “palestra psichica” allenandoli a spostare in avanti il premio e a darlo sempre e solo quando l’abbiano guadagnato con un lavoro. «Invece oggi i genitori danno e danno sempre di più, altro che una o due caramelle - continua il professore - danno l’intero pacchetto con la raccomandazione “fai il bravo”». Dopo le marshmallow danno la bici, poi la moto, a seguire la macchina. «In questo modo fregano i loro figli. Non gli fanno crescere i muscoli per il piacere ed ecco che i ragazzi non godono a fondo di quanto ricevono perché non c’è stata prima la ‘sofferenza’ del desiderio e la gratificazione poi del premio per un impegno assolto. Annoiati, incapaci di godere senza i rinforzanti naturali, vanno a cercare rinforzanti non naturali, stimolazioni più forti, come sono appunto droghealcol, il gioco. Sono i mezzi bollati da Epicuro, che poi danno tormento».

Tutta l’evoluzione poggia su questi principi. Da milioni di anni la gratificazione è servita a orientare i comportamenti che vanno selezionati per salvare l’individuo e la specie. “Vince” la possibilità più piacevole, più premiante. «Certe specie si sarebbero già estinte se la natura si comportasse come tanti genitori di oggi», ironizza Luigi Gallimberti. «Il piacere nasce già nei protozooi, prima delle cellule, perché vi sono molecole simili alla morfina che aiutano a sopportare la ‘sofferenza’, il distress necessario per lo sviluppo della vita nel pianeta».

SUSCITARE EMOZIONI - L’affascinante viaggio indietro nel tempo atterra, nel nostro cervello, tra amigdala e ippocampo. «La prima, colma di dopamina, neurotrasmettitore che trasmette il piacere, viene attivata per un fatto emotivo e agisce sull’ippocampo, che è la sede della memoria a lungo termine, fissando lì il ricordo. E’ questo il meccanismo che sollecitiamo con i bambini e ragazzi dei nostri corsi: suscitando emozioni abbastanza intense tendiamo alla interiorizzazione dei ricordi».

Quali emozioni? Gli aspiranti motociclisti, per esempio, con un gioco di simulazione sul computer devono guidare una moto cercando di tenere la strada. Da sobri ci riescono, ma se la simulazione finge che il guidatore abbia bevuto 2-3 bicchieri di birra il ragazzo constata che anziché frenare in 13 metri, ce ne mette ben 26 (l’alcol rallenta i riflessi) mentre se la finzione riguarda il consumo di uno spinello non sa più calcolare la distanza di un ostacolo.

CERVELLO IN COSTRUZIONE - «Ci impegniamo su 1.000-2.000 alunni alla volta così da poter avere una rappresentatività statistica - continua il professor Gallimberti -. Alla fine, nel paragone con i gruppi di controllo non sottoposti a esperimento, abbiamo visto nel gruppo trattato: 1) una riduzione significativa del primo uso di sigarette,spinelli e, poi, di alcolici; 2) l’attrazione per l’uso di sostanze non ancora provata è scesa da un valore iniziale di 8 a 4. Questi risultati li abbiamo ottenuti attivando appunto l’amigdala e l’ippocampo con informazioni-emozioni».

Il fatto è che il nostro cervello è “in costruzione” fino ai 25 anni, per questo è tanto importante prevenire il precoce ricorso a sostanze eccitanti, in quanto creano danni permanenti. «Se metto una droga in circuiti cerebrali non ancora formati è come dare una scossa elettrica che fa saltare i collegamenti tra i neuroni e incide sulla mielina che li sta avvolgendo. Diverso l’impatto se una persona esordisce con la droga da adulto. Anche se le dipendenze da alcol e sostanze restano – e sono sempre più chiaramente - malattie neurologiche».
Tutto si gioca sui due tasti gioia e dolore. E come si intitolerà il prossimo libro di Luigi Gallimberti che uscirà dopo l’estate sulle dipendenze? Morire di piacere.

Serena Zoli

https://www.fondazioneveronesi.it/articoli/neuroscienze/come-insegnare-ai-bambini-non-cadere-nel-rischio-droga-e-alcol

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