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Categoria: "Crescita spirituale"

L'INSEGNANTE

L’INSEGNANTE

 

YOGI BHAJAN

 

Attraverso la Tua grazia tu vorrai il bene di tutti.

Lo scopo della vita è essere buoni con tutti - compresi i vostri nemici.

Perché non ci sono nemici; ci sono solo delle sfide. 

 

Cosi’ insegnante continua il tuo compito…..

E……..Noi insegniamo ed insegniamo ed insegniamo perché questo è l’unico modo che

conosciamo per raggiungere, raggiungere e raggiungere la vostra anima interiore.

 

Insegnare è raggiungere l’anima degli altri perché quando l’anima viene illuminata, Dio trionfa.

Insegnare è un dono di Dio.

 

Ma come insegnanti potete deludere voi stessi ed i vostri studenti. 

Io ho la mia personale attitudine di fronte a questo.

Io non piaccio alla maggioranza degli studenti. 

Un insegnante non è molto amorevole, non ha una personalità piacevole.

 

Perché la colazione dell’insegnante è l’ego del suo studente,

il pranzo è la personalità dello studente

e la sua tisana serale sta nel mettere lo studente così nei guai

che non riesce più ad uscirne.

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La sua cena sta nel porlo faccia a faccia con la morte e vedere

se possa uscirne o meno.

 

Ora, queste sono quattro responsabilità di un insegnante.

Come potete cosi’ essere popolari?

 

Dov’è la vostra popolarità?  Da nessuna parte.

 

Dovete rendere i vostri studenti più forti di voi, migliori di voi e dieci volte più grandi di voi!

 

Il vostro completo investimento è il vostro studente.

 

Se al termine del vostro insegnamento il vostro studente non è più elevato di voi, siete incasinati,

 

avete commesso un errore.

 

Cosi’ Elevate i vostri studenti

Affinche un giorno siano piu’ grandi di voi!!!!!!!!!!

E lasciate andare gli altri……

.

Yogi Bhajan

www.yogibhajan.com

 

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Deviazioni della Chiesa Cattolica dal Cristianesimo Antico

Deviazioni della Chiesa Cattolica dal Cristianesimo Antico 


Se si dimostrasse che la Terra è rotonda, tutto il cattolicesimo cadrebbe in errore.

Sant'Agostino

375 - Mentre i primi cristiani veneravano solo Dio (Gesù stesso rifiutò di essere considerato oggetto di Culto) la Chiesa introdusse il culto dei santi e degli angeli per compiacere le tendenze pagane del popolo. 

431 - Il Concilio di Efeso, sulla base di forti pressioni popolari che reclamavano per l'assenza di "divinità femminili" nel Cristianesimo, proclamò Maria Madre di Dio. Tale rassicurante e superstiziosa venerazione colmava il vuoto lasciato dalle dee della religione pagana. Maria prese dunque il posto, nella devozione popolare, di Diana, Iside, Artemide, e varie altre dee.

Molti elementi del culto della Madonna risalgono a divinità femminili precristiane. L'iconografia della Vergine con in braccio il bambino, è ispirata al culto di Iside (ivi comprese le "grotte" come tipico luogo di "apparizioni"). Lo stesso racconto della verginità di Maria e della nascita "miracolosa" di Gesù fu aggiunto ai Vangeli posteriormente, per facilitare la diffusione del Cristianesimo fra i pagani che già erano "abituati" ai racconti riguardanti esseri "semidivini" figli di un dio e di una donna vergine (Eracle, Mithra, Horus, ecc.) 

593 - Il vescovo di Roma Gregorio Magno inventa il Purgatorio. Questa leggenda permetterà alla Chiesa per molti secoli fino a tutt'oggi di vendere suffragi, indulgenze, promozioni in paradiso, per inculcare nella mentalità della gente che il potere della chiesa arriva fino ... all'aldilà!

 

610 - Per la prima volta un vescovo di Roma viene chiamato "papa."
L'idea fu dell'imperatore Foca, che prese il potere facendo assassinare il predecessore. Per tale atto criminale, il vescovo Ciriaco di Costantinopoli lo scomunicò, ma Foca, per ritorsione, proclamò "papa" (ossia capo di tutti i vescovi) il vescovo di Roma, ossia Gregorio I, il quale, bontà sua, rifiutò un simile titolo, fedele alla tradizione episcopale della chiesa cristiana dell'epoca.
Tuttavia, il vescovo di Roma successivo, cioè Bonifacio III, accettò di avvalersi del titolo di "papa". 

Il Cristianesimo antico era nettamente contrario ai capi spirituali. 

La Autorità era esercitata più o meno democraticamente per mezzo di concili. Ma il messaggio originale di Gesù era ben più radicale:

Ma voi non vi fate chiamare 'Maestro'; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli.

Matteo 23:8-10 

788 - La Chiesa Cattolica adotta ufficialmente l'adorazione della croce, delle immagini e delle reliquie dei santi.
Ovviamente si tratta di pratiche superstiziose, adatte a sottomettere psicologicamente il popolo e a mantenerlo in una suggestionabile ignoranza.

I primi cristiani, come gli ebrei, consideravano idolatria ogni pratica di questo tipo.
Poiché il secondo dei Dieci Comandamenti di Mosè proibiva il culto delle immagini, e ciò poteva turbare i sinceri devoti, la chiesa modificò addirittura la lista dei Dieci Comandamenti, censurando il secondo e dividendo in due l'ultimo.

 

A tutt'oggi nelle Bibbie cattoliche la lista dei comandamenti è riportata fedelmente, mentre il catechismo cattolico continua ad alterare la lista. Una contraddizione evidente che non suscita scandalo solo perché la stragrande maggioranza dei cattolici sono pressoché indifferenti nei confronti delle questioni spirituali. 

Ma ecco la lista dei Dieci Comandamenti di Mosé come è riportata nel libro dello Esodo, al capitolo 20: 

I "VERI" 10 COMANDAMENTI DELLA BIBBIA 

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, in schiavitù:

1. Non avrai altri dèi all'infuori di me.

2. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. 

3. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.

4. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.

5. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.

6. Non uccidere.

7. Non commettere adulterio.

8. Non rubare.

9. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

10. Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

 

Si noti anche la sostituzione del comandamento "non commettere adulterio" diventato nel Catechismo cattolico "non fornicare" oppure "non commettere atti impuri".

 

995 - Giovanni XIV introduce la "canonizzazione dei santi".


Nel Nuovo Testamento il termine "santi" si riferisce a tutti i membri della comunità. Paolo conclude le sue lettere con la tipica espressione "un saluto a tutti i santi". 

Si potrebbero fare molti altri esempi. 

L'idea che essere "santo" sia una condizione pressoché irraggiungibile per le persone comuni ha una precisa funzione politica, in quanto avvalora l'idea Si potrebbero fare molti altri esempi. 

L'idea che essere "santo" sia una condizione pressoché irraggiungibile per le persone comuni ha una precisa funzione politica, in quanto avvalora l'idea di una società gerarchica dove i poveri, i semplici e gli umili possono soltanto sottomettersi ai "potenti" (sia del Cielo che della ... Terra!) ed invocare la loro misericordia piuttosto che reclamare giustizia!

 

1079 - Gregorio VII introduce il celibato dei preti.

Nel Nuovo Testamento si dice l'esatto contrario,...bisogna che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?

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1090 - Viene introdotto il rosario
Ciò costituisce l'ennesimo capovolgimento dell'insegnamento di Gesù, che disse:

 

E nel pregare non usate inutili dicerie come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole... Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, e serratone l'uscio fai orazione al Padre tuo che è nel segreto...

Matteo 6:5-8

 

1184 - Il Concilio di Verona istituisce la inquisizione per gli eretici. Di tutte le invenzioni della Chiesa Cattolica, questa è quella più immensamente lontana sia dallo spirito e dalla lettera del vangelo sia da ogni minimo spirito umanitario.

 

Da questa data per oltre cinque secoli la storia della Chiesa Cattolica sarà una storia criminale, fatta di ossessiva ricerca di potere, intrighi politici ed economici, stermini, torture, roghi, repressione di ogni atteggiamento di pur vaga opposizione. Ma soprattutto, la religione sarà usata per sfruttare le istintive paure dell'uomo e sottomettere la gente semplice ed umile.

 

1190 - Inizia la "vendita di indulgenze". Che il denaro possa far acquisire meriti spirituali, oltre ad essere un concetto del tutto opposto allo spirito del Cristianesimo primitivo, rappresenta una notevole degenerazione morale sia per la chiesa che per la gente comune. 

 

Che Dio stesso si lasci "corrompere" dal denaro rappresenterà uno "schema mentale" che avrà delle conseguenza catastrofiche sull'etica dominante dei paesi cattolici.

 

1215 - Papa Innocenzo III proclama il "dogma" della transustanzazione. Ovvero, il pane dell'eucarestia (in seguito ostia) cessa di essere un semplice simbolo della comunione per diventare "vero corpo e vero sangue" di Gesù. 

Dopo aver rinnegato in mille modi lo spirito dell'insegnamento di Gesù, fondato sull'amore, sull'interiorità e sulla libertà, ora la chiesa riduce il povero Nazareno a una piccola particella farinacea da far mangiare ai fedeli! 

Anche in questo la chiesa ha sapientemente manipolato la psicologia dei fedeli: se i preti hanno il potere di trasformare particelle di pane nel "vero" corpo (e sangue) di Gesù, evidentemente occorre sottomettersi a loro con timore.

 

1215 - Nello stesso anno Innocenzo III rende obbligatoria la cosiddetta "confessione auricolare" ovvero quella fatta all'orecchio del prete. I primi cristiani offrivano solo a Dio il loro pentimento, nella loro interiorità.

 

1229 - La Chiesa Cattolica, ormai abissalmente lontana dal Cristianesimo delle origini, per prudenza e per evitare contestazioni, decide di mettere la Bibbia (compresi i Vangeli) nell'indice dei libri proibiti. 

Un fedele che avesse "osato" leggere il Vangelo, rischiava dunque la pena di morte come sospetto eretico!

 

Evidentemente sono provvedimenti che "lasciano il segno" anche nel dna, perché a tutt'oggi la maggioranza dei cattolici ignora che il contenuto dei Vangeli e della Bibbia è in aperto contrasto con la chiesa cattolica e non sospetta minimamente che esistano punti di vista diversi da quelli che sono stati loro inculcati sin dalla primissima infanzia.

 

1311 - Anno in cui il battesimo per aspersione dei fanciulli viene reso legale dal Concilio di Ravenna. I primi cristiani battezzavano solo gli adulti, in quanto il battesimo rappresentava un semplice rito simbolico di rinascita, adatto a sottolineare la "iniziazione" dei convertiti. 

Gesù non invitava le persone a compiere riti religiosi, ma a cambiare vita, a scoprire il Regno di Dio nel proprio cuore, non nelle cerimonie o nei formalismi.

 

1439 - Il Concilio di Firenze trasforma in "dogma" di fede la leggenda popolare del Purgatorio. Non c'è assolutamente nulla nelle scritture cristiane che alluda ad un simile "luogo" metafisico. Tale credenza viene incoraggiata dalla chiesa cattolica con il solo scopo di spaventare i fedeli e, al tempo stesso, per renderli più dipendenti dalle interessate indulgenze della Chiesa.

 

1854 - Pio IX proclama il nuovo dogma della cosiddetta Immacolata Concezione. Prosegue dunque il processo di "divinizzazione" di Maria, perché la Chiesa Cattolica, abile manipolatrice di menti e di popoli, sa molto bene che più si accentua il ruolo delle divinità "materne" e più la gente regredisce a livello infantile, diventando così ancora più sottomessa all'autorità della Chiesa (che guarda caso, anch'essa si autodefinisce come "santa madre"). 

 

Il concetto di "concezione immacolata" non ha alcun senso rispetto all'insegnamento di Gesù, bensì deriva dalla metafisica greca e dal paganesimo. 

1870 - Pio IX impone un assurdo privilegio che nessun papa aveva osato mai reclamare: quello della infallibilità del Papa. Guarda caso, ciò accade nello stesso anno in cui la Chiesa, con la presa di Roma, perde definitivamente il potere temporale. Una pretesa che è quasi una "rivincita" dunque.

Che un uomo possa considerarsi una "autorità religiosa" oltretutto "infallibile" è uno dei massimi stravolgimenti della antica fede cristiana e dello insegnamento di Gesù.

 1950 - Pio XII proclama che il corpo di Maria sia "volato via", in cielo (dogma della assunzione).

 

Perché la Chiesa Cattolica impone come "verità" queste leggende pagane? Perchè sa benissimo che così facendo, la gente si "abitua" ad obbedire passivamente. 

Più sono assurdi i dogmi da credere, più sottomesso e servile sarà l'atteggiamento mentale del fedele. E' una tecnica ben conosciuta anche dai capi militari, che a volte impongono comandi illogici proprio per "addestrare" ad una cieca obbedienza.


Articolo pubblicato sul sito Cristianesimo.it
Link diretto:
http://www.cristianesimo.it/lista.htm


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Due o Tre Cose che Non Sappiamo della Bibbia

Due o Tre Cose che Non Sappiamo della Bibbia

di M. Mazzucco

Noi genericamente definiamo "Bibbia" quel librone di oltre mille pagine che troviamo un pò dappertutto, in chiesa come a casa nostra, come nei motel dei film americani.

Ma quel libro in realtà contiene sia il "Vecchio" che il "Nuovo" Testamento, ovvero la Bibbia originale degli ebrei - detta Tanach, che risale al 600-1200 A.C - più i Vangeli cristiani "canonici", scritti invece dopo Cristo.

 

Il "cristianesimo" quindi è, in un certo senso, una "libera interpretazione" della Bibbia originale ebraica, rivista, tramite l'aggiunta dei Vangeli, alla luce della predicazione di Gesù. La differenza fondamentale fra le due religioni sta proprio nel fatto che l'ebraismo non riconosce nella fìgura di Gesù il "Messia" annunciato dalle profezie bibliche, mentre il cristianesimo sì.


In questa sede, comunque, per "Bibbia" intendiamo esclusivamente il testo sacro, o Tanach, composto dei 39 singoli libri originali (Isaia, Ezechiele, Genesi, Esodo...ecc.) del canone ebraico. (Lista che, per la precisione, differisce per alcuni libri da quella adottata dal nostro "Vecchio Testamento").

 

I PARTE - BREVE STORIA DELLA BIBBIA

 

ORIGINE E CONTENUTO

 

Va detto innanzitutto che la Bibbia non è affatto un testo unitario, ma piuttosto un intricato compendio di tradizione orale, di fonti storiche, di miti e leggende popolari, sia locali che importate, di scritti dei vari profeti, di leggi e regole per l'igiene e la nutrizione, di poesie, canti e proverbi di ogni tipo. In altre parole, una summa cumulativa di tutto il sapere contemporaneo di quella regione, che cominciò a prendere forma definitiva, e ad essere considerata "Legge di Dio", soltanto intorno all'ottavo secolo avanti Cristo. Più avanti parleremo dell'effettiva stesura dei testi, che iniziò in quel periodo, per mano di scribi che non erano in nessun modo gli autori del testo originale.

 

IL TESTO ORIGINALE

I testi biblici erano scritti - in ebraico antico ovviamente, eccetto per brevi segmenti in aramaico - su lunghi rotoli di pelle, o di pergamena.

Ben lungi dall'essere leggibili a prima vista, però, questi rotoli apparivano al lettore come una sequenza interminabile di lettere, dalla prima all'ultima riga.

(In realtà, come si vede dalla foto accanto, ogni tanto ci sono delle spaziature multiple, che indicano però delle pause "emotive", e non hanno nulla a che vedere con la composizione delle singola parole).

 

P r a t i c a m e n t e l a b i b b i a a p p a r i v a s c r i t t a c o s ì

 

Non sono indicate le parole vere e proprie, ma devi trovartele tu, separando i gruppi di lettere al punto giusto. E siccome in realtà gli ebrei non scrivevano nemmeno le vocali, l'equivalente per noi sarebbe stato questo:

 

P r t c m n t l b b b p p r v s c r t t c s

 

Moltiplicate questo rebus per circa 2 milioni e mezzo di lettere consecutive, ed avrete davanti la Bibbia originale.

 

INTERPRETABILITA'

 

Il problema dell'"interpretabilità" della Bibbia è quindi a strati multipli, poichè bisogna prima di tutto mettersi d'accordo su quello che c'è effettivamente scritto sopra. Soltanto dopo si potrà affrontare una eventuale lettura allegorica, o simbolica, del testo, e casomai, in ultimo, quella ancor più complessa ed arcana detta esoterica, o "cabalistica".

 

In un testo cosi lungo si verificano, per pura legge statistica, migliaia di casi in cui certe lettere possono essere attribuite sia alla parola precedente che a quella seguente, dando comunque un senso compiuto. L'udito, oppure lu dito? (Per un sardo, il problema potrebbe anche porsi).

 

Vi sono poi altrettanti casi in cui la variazione delle semplici vocali può dare adito a letture completamente diverse. Una cosa è dire "ti amo tanto", ben altra è dire "tu mi tenti", anche se le consonanti - t m t n t - rimangono le stesse. (Per non parlare poi di "temo i tonti", o di "Tom è tinto").

 

Naturalmente, nel corso del tempo le varie generazioni di rabbini sono giunte ad un consenso di massima sul significato di ogni frase, che è rispecchiato dalla moderna versione ebraica della Bibbia. Già che c'erano hanno pensato bene di aggiungere anche le vocali, e di staccare le parole. Anche l'occhio vuole la sua parte.

 

AUTENTICITA'

 

Come facciamo a sapere che questa versione "ufficiale" corrisponde davvero all'antico originale? In fondo, abbiamo visto come i Vangeli canonici siano stati martoriati, nel corso dei primi secoli, da correzioni, tagli e interpolazioni di ogni genere, volute dai padri della chiesa per adattare il credo, originariamente nato in Palestina, al mondo e alla mentalità dei gentili.

 

Per quel che riguarda la Bibbia, diciamo innanzitutto che per "originale" si intende, in realtà, la versione redatta nel 539 a.C. dal profeta Ezra, sulla via del ritorno da Babilonia, andando completamente a memoria. I "veri" testi antichi, infatti, erano stati tutti distrutti nel rogo del Primo Tempio, dai soldati di Nabuccodonosor.

Fortunatamente sono stati ritrovati, nello ultimo dopoguerra, i cosiddetti Rotoli del Mar Morto, dei libri sacri che la comunità sacerdotale degli Esseni aveva nascoto nelle inaccessibili grotte di Qumran (v. foto), e che così sono sfuggiti anche alla distruzione del Secondo Tempio, ad opera dei Romani, nel 70 d.C.

 

Fra questi rotoli si è ritrovato un libro quasi completo di Isaia (foto sotto), che antedatava l'esodo di Babilonia, e che risultò essere identico, lettera per lettera, alla versione tramandataci a memoria da Ezra.

 

Questa fu messa definitivamente per iscritto nel secondo secolo a.C., nella versione cosiddetta "masoretica", della quale però nessun originale riuscì a superare intatto le intemperie della storia. Il più antico testo completo della Bibbia ebraica disponibile oggi è il Codex Leningradensis, che è una copia del masoretico che fu redatta "soltanto" nel 1008 dopo Cristo.

 

Nonostante questo, grazie ad una serie di complicatissimi riscontri incrociati fra tutti i reperti biblici ritrovati finora - dal completo Isaia di Qumran, al più microscopico frammento di testo sacro - è stato possibile affermare con relativa certezza che la Bibbia ebraica contemporanea, cioè la versione masoretica, corrisponda fedelmente al testo originale del tempo dei profeti.

 

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Ma vediamo adesso che cosa dice questo testo originale, nella sua traduzione letterale.

 

II PARTE - IL CONFRONTO CON L'ORIGINALE 

 

IL PENTATEUCO

 

La tradizione vuole che i primi 5 libri della Bibbia, che noi chiamiamo Pentateuco, e gli ebrei Torah, siano stati scritti direttamente da Mosè, intorno al 1200 a.C.  Fra questi sicuramente il piu importante è il primo, che noi chiamiamo Genesi, e gli ebrei chiamano Behreshit ("l'inizio"). In esso si descrivono sia la cosmogenesi che l'antropogenesi, cioè la nascita del mondo materiale, e quella dell'Uomo e delle altre forme viventi.

 

LA GENESI

 

Se ora noi confrontassimo il testo originale della Behreshit con quello della nostra Genesi, rimarremmo di stucco.

Che dire, ad esempio, di fronte alla scoperta che il mondo non sarebbe stato creato da "Dio" (singolare maschile), ma da una allegra combriccola di "Dei"? 

Il termine Elohim infatti, che nella nostra Genesi è tradotto con "Dio", in ebraico è solo plurale, ed è sia maschile che femminile. (Qualcuno ricorda la frase "infelice" di Papa Luciani, che prima di morire volle farci sapere a tutti i costi che "Dio è uomo, ma anche donna"?).

 

Oppure, cosa dire di fronte al fatto che non fu l'uomo ad essere fatto "a sua immagine e somiglianza", ma è l'umanità che fu fatta "ricalcando i loro contorni"? Cioè, proiettando dei loro "parametri" astratti, ideali, nel mondo concreto della materia.
Una cosa è lo "stampino" della ceralacca - che fra l'altro ci ha condannato a visualizzare l'uomo barbuto che ci perseguita da millenni col bastone alzato - ben altra è pensare ad una "cristallizzazione" nel mondo denso della materia di un progetto ideale, tanto puro quanto assoluto.

Nello stesso modo, in un certo senso, in cui un regista "sogna" il proprio film, e poi gli dà una forma concreta usando attori, pellicola e cineprese. (Curioso come gli Aborigeni d'Australia, il più antico popolo vivente sulla terra, chiamino la nostra dimensione terrena "dreamworld", il mondo dei sogni).

 

ELOHIM O JAVEH?

 

A chi si ritrovasse ora confuso sul "nome di Dio" originale, ricordiamo che è la Bibbia stessa a mescolare le carte, poichè a volte presenta il Creatore come Elohim, altre volte lo chiama Javeh, o Jehovah (Giavè, Geova), e più raramente Adonài (Signore, Padrone).

Elohim però, come detto, è soltanto plurale, maschile e femminile insieme (significa letteralmente "coloro che sono in alto", "i signori di sopra"), mentre sia Javeh che Adonài sono al singolare maschile (in realtà Javeh è neutro, ma non pone comunque una questione di pluralità).

 

Ma perchè allora, viene da domandarsi, "Dio" nella nostra Bibbia è stato tradotto al singolare? Qui non sta certo a noi rispondere, e possiamo al massimo avanzare un'ipotesi: già ai tempi dell'ebraismo, una delle chiavi unificatrici, a livello popolare, fu proprio l'introduzione del monoteismo (quante volte insiste a ricordarcelo, lo Javeh della Bibbia, che "non avrai altro Dio all'infuori di me"?).
Un' altra cosa che contribuì a rinforzare l'impatto della nuova religione fu l'abolizione dell'idolatria. Fu quindi chiaro alla classe sacerdotale, già da allora, che meno "dispersione" simbolica c'è, nella mente del credente, più facile è per lui recepire il messaggio complessivo di quella religione.

 

Non stupisce quindi che i rabbini non amino troppo sentirsi chiedere "che cosa significa esattamente Elohim?", poichè dovrebbero introdurre una dimensione spirituale molto più complessa e delicata di quella del semplice "Dio" Javeh. Figuriamoci quindi gli stessi padri della chiesa cristiana, che già avevano mille problemi a mettersi d'accordo sui Vangeli canonici, che voglia avevano di rispettare anche questa distinzione, quando traducendo (in greco) tutto con "Dio", almeno quel problema non si poneva nemmeno.

Accadde così che a loro volta gli anglosassoni, che tradussero dal greco - in inglese, con Erasmo da Rotterdam, ed in tedesco, con Martin Lutero - la loro versione della Bibbia, si ritrovarono come noi con un semplice "God" al singolare.

 

Ma perchè esiste, da dove origina, e cosa significa questo doppio presenza di Elohim e Javeh nella Bibbia originale? Questa è una domanda che assilla gli studiosi sin dai tempi dell'università di Tubinga, che agli inizi dell'800 dedicò un'intero ramo dei suoi studi all'esegesi biblica.

Noi qui possiamo soltanto cercare di riassumere la tesi oggi generalmente più accettata, in cui tutto il materiale biblico sarebbe stato unificato, e messo per iscritto, da almeno quattro mani diverse, che sono riconoscibili dai diversi stili riscontrabili nell'arco della lettura. Questi stili però non si presentano in blocchi distinti e separati, ma si alternano ed accavallano in continuazione, a volte anche per pochi paragrafi, creando spesso una notevole confusione.

 

LE "CONTRADDIZIONI" NEL TESTO BIBLICO

 

Si potrebbero peraltro spiegare, in questo modo, certe contraddizioni plateali nel testo biblico, che dovrebbero saltare all'occhio anche del lettore meno attento. Nella Genesi, ad esempio, la stessa  creazione viene raccontata non una ma due volte, a distanza di pochissime pagine, e in ordine capovolto una rispetto all'altra.

 

Nella prima versione viene creato prima l'Uomo, e poi tutti gli altri animali. Nella seconda, che appare a prima vista una semplice ripetizione, pochi paragrafi più sotto, vengono invece creati prima gli animali, e poi l'Uomo. Parimenti, all'inizio Uomo e Donna vengono creati insieme, poco più avanti l'Uomo precede la Donna, che viene creata dopo di lui.

In realtà la lista di contraddizioni - che di certo sono tali, se si legge il testo in maniera letterale - è abbastanza lunga da impegnare in discussioni che non terminerebbero mai.

A queste andrebbero poi aggiunte le varie "imprecisioni scientifiche", come l'età della Terra fissata in circa seimila anni, oppure che la Terra sia "immobile al centro dello universo, ben piantata sul suo piedestallo", che fu argomento del contendere sin dal tempo di Galileo.

Tutto cambia, ovviamente, se si affronta la Bibbia come un testo a diversi livelli di lettura, ma questo ci porterebbe su un territorio che non siamo assolutamente preparati ad affrontare, e che esula comunque dal nostro intento.

 

Diciamo soltanto una cosa sull'apparente incompatibiltà fra Elohim e monoteismo. E' evidente che la "versione originale", con gli Elohim, ci propone non una molteplicità dispersiva di divinità, tutte in competizione una con l'altra, ma piuttostio una precisa gerarchia, armonica e ordinata, in cui Javeh starebbe molto più in alto di loro stessi.

Nelle religioni orientali si trova una corrispondenza molto precisa, ad esempio, nei Cohan del buddhismo tibetano, che sono detti anche "i creatori della materia". Essi stessi sottostanno, gerarchicamente parlando, all'Uno Assoluto, esattamente come le mille divinità del pantheon indù rispondono obbedienti all'Ordine Assoluto del Brahma, o Uno Cosmico Universale. Nel Corano invece sono gli Arcangeli, ereditati dalla Bibbia ebraica, ad occuparsi del mondo materiale, sotto lo sguardo attento di Allah, e la stessa Bibbia nostrana ci parla ripetutamente di Angeli e Arcangeli, confermando quindi l'esistenza di una gerarchia superiore, funzionale ed omogenea, ma tutt'altro che dispersiva in senso politeistico.

 

TANTO RUMORE PER NULLA

 

Un'altra realizzazione, che potrebbe congelare in un solo istante le più accanite discussioni fra "evoluzionistì" e "creazionisti" (fra atei e credenti, alla fin dei conti) è che in realtà essi si accapigliano per nulla, poichè la Bibbia è un testo provvisorio, che va comunque sostituito da un'altro, che ancora non conosciamo. Purtroppo noi non la leggiamo quasi mai con attenzione critica, attivamente, ma ce la beviamo passivamente, "così com'è", e accade spesso di non cogliere dettagli importanti come questo.

 

Chi non ha mai letto, almeno una volta, la discesa dal Monte di Mosè, dopo che ha ricevuto da Javeh le Tavole della Legge? Ebbene, quando Mosè si accorge che il suo popolo non ha saputo aspettare, e si è messo ad adorare il vitello d'oro, dalla rabbia spezza le tavole di una legge che non meritano, e le scaglia sotto il monte. E in seguito darà loro delle leggi molto più infantili, semplici e grossolane, in attesa che il suo popolo maturi e sia pronto a ricevere quelle vere.

 

Il problema è che Mosè poi è morto, Javeh è bel pò che non si fa più sentire, e a noi sono rimaste sul gobbo delle leggi crude, violente ed obsolete, scritte 3000 anni fa per un branco di nomadi ignoranti e adulatori.

Volendo obbedire letteralmente alla Bibbia, ad esempio, se per caso nostro fratello morisse dopo il matrimonio, e noi invece non fossimo sposati, ci toccherebbe sposare per forza la cognata rimasta vedova, e fare subito un figlio con lei - anche se ha i baffi lunghi un metro.

E se non lo facessimo, lei avrà il diritto di sputarci in faccia, davanti a tutta la famiglia riunita. (Chissà perchè certi cristiani si ricordano di citare la Bibbia solo quando gli serve contro gli omosessuali, o per giustificare schiavitù e pena di morte, ma poi si dimenticano completamente di osservare i mille obblighi come questo?)

 

A questo punto sorge però un dubbio: non sarà che questo Javeh è sparito apposta, perchè si aspetta magari che ci accorgiamo da soli di tutte queste incongruenze ridicole? Perchè non smettiamo per un attimo di seguire pedantemente la Bibbia come "parola di Dio", e proviamo invece a considerarla, alla pari di molti altri suoi equivalenti sulla Terra, come un prezioso documento storico, il cui valore spirituale - indipendentemente da chi sia stato a scriverla - va ricercato in profondità, in maniera attiva, cosciente e selettiva, e non soltanto "letto" in superficie, in maniera meccanica e passiva? 

 


Articolo pubblicato sul sito Luogo Comune
Link diretto all'articolo:
http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=4

 

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Cosa Succede Dopo la Morte

Le informazioni qui riportate possono venir lette, in forme più o meno differenti, in numerosi testi di esoterismo.

 

Data la natura stessa dell'argomento, tali nozioni circa il percorso umano dopo la morte fisica possono venir trasmesse solo in maniera molto imperfetta; la loro importanza è tuttavia eccezionale, poiché una concezione di quanto l'uomo è destinato a compiere una volta abbandonato il corpo fisico, che sia chiara e purgata di pregiudizi moderni, serve a inserire il momento del suo passaggio nell'aldilà in un più giusto contesto e a privarlo della tragicità di cui è attualmente intriso.

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L'esistenza di chi è costretto a vivere paventando la morte è in fondo un'esistenza meschina, l'ombra di ciò che potrebbe essere l'esistenza di chi si sente - si percepisce interiormente - un essere immortale.

 

Non saranno certo alcune elementari nozioni a permettere il verificarsi di questo sentire nel lettore; per arrivare a ciò è infatti necessario un accurato lavoro su di se, ma tale lavoro ha inizio proprio da qui, cioè dalla rimozione del velo di ignoranza riguardo tutto ciò che non ricade immediatamente sotto i sensi.

 

Non si vuole quindi convincere di nulla, ma solo seminare un differente ordine di pensiero nella mente di chi ascolta, trasmettere una vibrazione più elevata, una forma pensiero meno banale di quelle a cui siamo fin troppo avvezzi.

 

Ogni sapere intorno agli argomenti che travalicano le cose ordinarie porta in se particolari vibrazioni che mettono in moto le vibrazioni corrispondenti nell'anima di chi riceve tale sapere, l'anima infatti tutto già conosce circa il suo mondo e deve solo essere aiutata dall'esterno a ricordare coscientemente ciò che sa già.

 

In chi si presta a ricevere il nuovo con una buone dose di lucido spirito critico, ma in maniera esente da preconcetti, tali vibrazioni compiono un buon lavoro e si creano le basi perché il sapere diventi poi comprensione interiore. Tali sono i primi irrinunciabili passi sulla strada dell'apertura della coscienza.

 

L'ignoranza circa la morte.

 

 

Si immagini di essere stati a una festa in maschera e che ci si sia fatto prestare sul posto un travestimento da Martin Lutero da indossare per tutta la durata della festa. Si è impersonato Lutero per diverse ore, ci si è divertiti molto, e si è anche sentito un certo disagio (misto a stupore) quando si è incrociato qualcuno travestito da papa Leone X.

 

Non si crede però possibile che un uomo sano di mente, al termine dei festeggiamenti, decida di non restituire il vestito che gli era stato prestato e di andare via continuando a impersonare Martin Lutero anche al di fuori della festa.

 

L'anima (l'uomo) a un certo punto del suo percorso vitale deve fare la stessa cosa con i suoi tre involucri (corpo fisico, corpo emotivo e corpo mentale): deve uscirne e restituirli ai rispettivi tre corpi della Terra. In altre parole gli atomi che al momento della nascita l'anima aveva addensato intorno a se per costruirsi i tre corpi, non essendo più tenuti insieme, si disuniscono e tornano a vagare liberamente nei rispettivi ambienti: il corpo fisico, il corpo emotivo e il corpo mentale del pianeta Terra.

 

In tutti gli scritti esoterici si afferma che non solo la morte esiste, ma ne esistono ben tre: una per ogni corpo che l'uomo deve abbandonare.

La prima è universalmente accettata dall'uomo ordinario e riguarda il degenerare del corpo fisico fino al punto in cui questo diviene incapace di svolgere le funzioni per cui è stato costruito e viene abbandonato dall'anima. Le limitate idee comuni sostengono che dopo la morte del corpo fisico "tutto è finito", cioè che la coscienza del Se, l'anima, si perda non si sa bene dove (non potendo qualcosa semplicemente sparire dall'esistenza!) per il solo fatto di aver abbandonato un guscio fisico ormai inservibile.

 

Se molti uomini sono ignoranti riguardo la vita dopo la morte del corpo fisico, questo non significa che tutti gli uomini soffrano della medesima ignoranza su questo argomento. Il diffuso modo di pensare secondo cui dopo la morte del corpo fisico si interrompa la vita stessa di un uomo risiede principalmente nel fatto che quasi tutti i signori scienziati ritengono sia impossibile conoscere alcunché circa gli stati successivi all'uscita dal corpo fisico.

 

Di norma tutto ciò che loro non possono conoscere pensano che nessuno possa conoscerlo! Credono in effetti che il loro stato di coscienza sia l'unico possibile, e da ciò deducono che se loro sono ignoranti su questo argomento tutti lo siano allo stesso modo... e chi pensa di saperne qualcosa è ritenuto un ciarlatano. Il ridicolo della condizione non è quindi nell'essere ignoranti - tutti in qualche modo lo siamo - ma nel giustificare questa ignoranza ritenendo inconoscibile in generale ciò che loro in particolare non sono riusciti a conoscere con i propri strumenti.

 

In realtà oggi come nei tempi antichi sono sempre vissuti individui capaci di interagire con i mondi sottili dei disincarnati e di farlo talvolta mossi da intenzioni non proprio altruistiche (ciò è conosciuto come Magia Nera). Presso le civiltà più antiche tali conoscenze erano acquisite per visione diretta - grazie alla chiaroveggenza - dai Maestri di Saggezza, e poi diffuse e rese alla portata di tutti attraverso insegnamenti e manifestazioni rituali. Essi avevano il potere di guardare nell'aldilà e di riferire ciò che ritenevano utile. Vera conoscenza può dirsi solo la conoscenza diretta: un percepire interiore per mezzo del Cuore e dei sensi sottili a esso collegati (chiaroveggenza e chiaroudenza).

 

L'uomo moderno invece si ostina a pensare che ciò che non sia stato sperimentato dai suoi strumenti scientifici (conoscenza non diretta) non possa essere preso seriamente. Considera la sua conoscenza la forma più evoluta di conoscenza per il solo fatto che essa è temporalmente successiva a quella degli antichi, e ritiene per questo le civiltà che lo hanno preceduto ingenue, primitive e dedite alla superstizione. Per il fatto di aver inventato il computer l'uomo odierno crede di possedere più conoscenza di un sacerdote precolombiano o di uno sciamano Sioux riguardo gli stati della morte... anzi, il che è ancora più grave, crede che loro si illudessero di conoscere qualcosa che non può essere conosciuto in assoluto!

 

Oltre il corpo fisico.

 

 

 

Abbandonato il corpo fisico l'anima si trova a occupare ancora gli altri due. Quello fisico è infatti il primo involucro a essere lasciato, ma il corpo emotivo (o astrale) e il corpo mentale - potendo vivere indipendentemente dal fisico - permangono ancora per un certo tempo e la coscienza dello individuo si trasferisce quindi in essi al fine di sviluppare i processi che saranno ora spiegati.

 

Innanzitutto si deve precisare che al momento della morte fisica l'uomo perde coscienza e cade in una sorta di sonno profondo che può durare un tempo molto variabile; nel caso di una coscienza avanzata il risveglio nell'aldilà avviene dopo un periodo molto breve.

 

Abbandonato il corpo fisico si diviene coscienti nel corpo astrale - detto "fluidico" o "mercuriale" - pertanto quando si esce da questo primo periodo di incoscienza non si percepisce più il piano fisico, ma si percepisce quello emotivo, meglio conosciuto come mondo astrale, che diventerà il nuovo ambiente dell'uomo disincarnato.

 

Una delle domande poste più frequentemente dai neofiti è: "Ma dopo la morte io conserverò ancora la mia coscienza? Saprò di essere ancora io?".

In effetti questo è l'aspetto che più preme all'essere umano. Egli spesso accetta, anche se con estrema difficoltà, di dover abbandonare i luoghi, gli amici, i parenti, il partner e gli oggetti a cui tanto è attaccato, ma non riesce ad accettare l'idea di poter sparire completamente e non esistere più nemmeno in quanto forma di coscienza.

 

La domanda dovrebbe però essere un'altra: "Prima della morte io ero veramente cosciente? Sono mai stato consapevole di essere io?". La questione fondamentale non è infatti: "C'è coscienza dopo la morte?" bensì: "C'è coscienza dopo la nascita?"

 

Quando esce dal periodo di oblio dovuto alla transizione da un piano all'altro, l'uomo diviene cosciente nel suo corpo astrale solo nella misura in cui lo era già stato durante la vita sul piano fisico. Quindi per sapere quanto sarà cosciente di se in astrale - oppure quanto sarà cosciente di se come anima nel «corpo di gloria» - una volta defunto, è sufficiente che egli si chieda quanto è cosciente già adesso in astrale o come anima!

 

Se durante la sua vita fisica un individuo si è sempre completamente identificato con il suo cervello fisico, perché si è sempre sentito cosciente solo in esso, allora quando tale corpo perirà... lui in una certa misura perirà con esso!

 

Ciò significa che l'anima lascerà il corpo fisico, occuperà comunque il corpo astrale, ma l'individuo, non avendo ancora sviluppato la capacità di essere cosciente nello astrale, si troverà in uno stato di semi-lucidità nel nuovo ambiente. Sarà comunque consapevole di se, ma in una sfera simile a quella del sogno. Quale è infatti il grado di coscienza astrale dell'uomo medio? Lo si può facilmente dedurre dai sogni.

 

Quando l'uomo sogna si trova nel suo corpo astrale, proprio come lo sarà dopo la morte, quindi è sufficiente che osservi quanto è lucida la sua coscienza durante i sogni per ricavare con buona approssimazione quanto sarà lucido dopo la morte. Nel sogno percepisce ciò che accade intorno a lui ma è solo vagamente cosciente di se come individuo. È uno stato di semi-incoscienza difficile da descrivere: l'uomo sa ancora di esistere... ma non perfettamente come potrebbe saperlo sulla Terra fisica.

 

Solitamente la sua percezione dell'ambiente durante i sogni è piuttosto vaga ed egli non è in grado di decidere nulla circa gli avvenimenti, sebbene sia convinto del contrario; in realtà viene letteralmente trasportato dagli eventi circostanti. Non stabilisce i luoghi da visitare, né le persone da incontrare; non può gestire la sua forza, né la sua capacità di spostarsi. Tutto gli accade e lui è un burattino semi-incosciente nelle mani delle sue emozioni e dei suoi istinti, i quali decidono di quale commedia egli diviene protagonista di volta in volta. Un destino simile lo attende da disincarnato.

 

Se invece un uomo lavora su di se già durante l'incarnazione per identificarsi con la sua anima, può sviluppare la coscienza astrale, divenire cosciente allo interno del suo corpo astrale pur rimanendo vivo in quello fisico. Il vero chiaroveggente è colui che può decidere di spostare in ogni momento la sua coscienza dal fisico all'astrale e viceversa, percependo ora un mondo ora l'altro. Tale uomo è capace di sogni lucidi, cioè di sogni nei quali lui si muove nel mondo astrale con la stessa piena coscienza con cui lo fa nel fisico, stabilendo dove andare e quali entità incontrare.

 

Un uomo del genere ha anche ottenuto la continuità di coscienza, per cui al momento del trapasso non attraversa alcun periodo di oblio, ma si limita a uscire in piena coscienza dal corpo fisico.

 

La credenza che dopo la morte nulla cambi nella propria coscienza è quindi altrettanto falsa della credenza che tutto finirà.

 

Un uomo che è sempre vissuto in stato di addormentamento e non si è mai sforzato di svegliarsi, non può pretendere di diventare improvvisamente sveglio dopo la morte. Se era un addormentato nel mondo fisico lo sarà anche nel mondo astrale, nel mondo mentale e in quello dell'anima.

 

Il livello di apertura di coscienza dell'individuo infatti non muterà minimamente rispetto a quando si trovava sul piano fisico. La morte non è una cura per l'ignoranza, né un corso accelerato di illuminazione interiore. Nemmeno una goccia di consapevolezza gli verrà regalata per il solo fatto di aver cambiato piano di esistenza. D'altronde un truffatore non diventa meno truffatore e un santo non diventa meno santo quando entrambi si cambiano d'abito. L'abbandono del corpo fisico è nulla più che un cambio d'abito per l'anima, e dopo il vestito fisico dovrà poi togliersene altri due.

 

Nel primo periodo dopo l'abbandono del corpo fisico l'essere umano assiste come uno spettatore alla proiezione di tutta la sua esistenza, la quale gli viene trasmessa "all'indietro": dagli ultimi istanti prima di spirare fino all'evento della nascita. Ciò è possibile poiché per la coscienza astrale, che è della quarta dimensione, lo spazio e il tempo si svolgono in maniera differente che per la coscienza ordinaria. Rivedendo la propria vita al contrario si perde la connessione causa/effetto, quindi il comune giudizio circa gli eventi viene sospeso.

 

In quel nuovo stato di coscienza tutto viene riconosciuto come appartenente alla sfera della "normalità", le caratteristiche ambientali sono quelle di una dimensione superiore, ma anche la coscienza che le percepisce si trova in quella dimensione, dunque non risulta semplice avvertire la differenza, e anche quando poi si prende consapevolezza della nuova situazione essa non crea più di tanto scompiglio nello individuo. Questo succede anche a causa del nebuloso stato di semi-incoscienza in cui si trova.

 

Ma il lato più strambo di tutta la vicenda riguarda il fatto che chi è trapassato in verità non si sta ingannando, come a noi potrebbe sembrare, e ha perfettamente ragione nel ritenersi ancora in vita, poichè è effettivamente in vita né più e né meno di quanto lo era prima, e non v'è motivo per cui dovrebbe porsi una domanda tanto assurda circa la propria presunta morte! È come se un individuo svegliandosi una mattina si sentisse molto stordito, come sotto l'effetto di potenti narcotici, e cominciasse a notare delle differenze nelle forme e nello splendore dei colori intorno a lui; gli potrebbe inoltre capitare di incontrare una serie di persone che non si aspettava di rivedere, magari in luoghi che non frequentava da anni. Potrebbe rimanere un pò interdetto e sospettare di essere stato drogato, ma non sorgerebbero mai in lui il dubbio circa la sua esistenza in vita!

 

Vediamo adesso in quale genere di mondo si vive dall'altra parte. Nel primo periodo l'individuo è ancora molto legato al piano fisico della Terra. La disperazione e il desiderio dei congiunti contribuiscono a trattenerlo "in basso", e questo non è bene. Per lui è importante allontanarsi dalle cose terrene e proseguire la serie di esperienze che lo attendono nell'aldilà, e prima lo fa meglio è, mentre i cosiddetti "parenti inconsolabili" con il loro estremo attaccamento al defunto lo legano al piano terreno rendendogli più arduo il compito di abbandonarsi alla nuova dimensione.

 

I pensieri di stima, di amore e di incoraggiamento a procedere nel cammino gli sono di valido aiuto, ma il desiderio di averlo ancora accanto, l'incapacità di accettarne la perdita e la disperazione, gli sono altamente nocivi.

 

Nel piano astrale si incontrano altri defunti, di solito persone alle quali si era molto legati in vita (i nonni, i genitori, ecc.), ma può anche capitare di interagire con anime che hanno il compito di comunicarci informazioni utili, e anche di vedere amici e parenti, ancora vivi sul piano fisico, che temporaneamente si trovano fuori dal corpo durante una determinata fase del sonno.

 

Esattamente come quando ancora occupava un corpo fisico, l'individuo costruiva la propria realtà quotidiana secondo le caratteristiche della sua personalità, cioè l'ambiente in cui viveva era un'esplicitazione materiale delle sue qualità interiori e delle sue paure, ora egli continua a costruire il suo mondo sottile sempre secondo le caratteristiche della sua personalità, la quale però adesso è composta dei soli corpo emotivo (astrale) e corpo mentale.

 

Trovandosi egli sul piano astrale, l'ambiente che vedrà intorno a se sarà un fedele riflesso del suo stato emotivo. E non potrebbe essere altrimenti; sarebbe infatti stato sicuramente illogico che più trapassati facessero esperienza dello stesso ambiente e che esso non fosse interamente creato da ciò che loro stessi sono. Se ogni uomo deve "sgretolare" un suo condizionamento emotivo, che ad esempio lo costringe a provare meccanicamente rabbia ogni qualvolta si verificano determinate circostanze, non può certo farlo in un ambiente uguale per tutti.

 

Ognuno deve creare intorno a sé uno specifico ambiente che si occupi di mettere in luce la sua specifica rabbia, e non esiste modo migliore di farlo che lasciare che la vibrazione emessa dalla rabbia stessa organizzi la materia astrale secondo ciò che essa è, costruendo in tal modo situazioni che portino allo scoperto tale emozione negativa.

 

Allo stesso modo quando alla fine del cammino l'individuo potrà gioire e provare estasi nel paradiso, ciò non sarà possibile in un ambiente comune a tutti, perché gli angeli che suonano l'arpa potrebbero piacere a qualcuno ma irritare fortemente qualcun altro; allora anche qui ognuno vivrà in un luogo costruito - proiettato - dalle sue stesse caratteristiche, che però in questo caso sono già state purificate nel processo di "sgretolamento" avvenuto durante il passaggio nel piano astrale.

 

Come in tale piano ognuno prova sofferenze che sono sofferenze solo per lui, anche nel piano mentale ognuno prova una gioia che è gioia solo per lui e una beatitudine che è beatitudine solo per lui, perché esse possono scorrere attraverso dei "binari" energetici che solo lui possiede.

 

All'inferno.

 

 

La sua permanenza nel mondo astrale è in realtà un viaggio agli inferi. Il corpo emotivo della Terra non la avvolge solo esternamente, ma in una certa misura la compenetra, questo implica che i sottopiani più bassi di questo piano si trovano nel sottosuolo, mentre i piani più sottili, dove si provano emozioni più elevate, risiedono in superficie. Ecco spiegata la tradizione che vuole gli inferi sottoterra, in un ambiente che pare l'interno di un vulcano, e colloca l'ingresso in una caverna.

 

Proprio perché l'ambiente in cui è immerso è solo un'illusione che rispecchia ciò che lui è, il defunto entrerà in risonanza vibratoria con - e quindi si troverà circondato da - ladri se era un ladro, tossicodipendenti se era tale anche lui, iracondi se era propenso alla rabbia, gelosi se era geloso e possessivo; esattamente come accadeva quando era ancora nel corpo fisico, dove ognuno di noi si circonda degli ambienti e degli individui che attrae per risonanza (anche se spesso non lo comprende consciamente e crede sempre di avere il diritto di vivere in un posto migliore!).

 

Inoltre egli sarà coinvolto in eventi - sempre da lui stesso vibratoriamente creati - che, per la legge del contrappasso, lo metteranno di fronte, per somiglianza o per contrasto, alla sua emozione negativa o al suo attaccamento materiale. Sarà cioè ripetutamente confrontato con i vari aspetti della sua personalità che devono essere "disgregati" per consentirgli di proseguire la sua ascesa in quel mondo.

 

Tutto questo non è il parto di una intelligenza sadica, ma costituisce un processo energetico che segue le stesse regole vibratorie del processo di esistenza nella materia fisica e che consente all'individuo di disintegrare i propri condizionamenti emotivi. Lo scopo di questa fase è bruciare le emozioni inferiori e gli attaccamenti accumulati in vita. Questo non significa però "guarire" i condizionamenti interiori, poiché un condizionamento alla rabbia, all'invidia o alla paura nato sul piano materiale, e a causa delle leggi vigenti su questo piano, può essere trasmutato solo in quel luogo e avvalendosi di quelle leggi; dunque i condizionamenti riappariranno uguali quando l'individuo si reincarnerà in un ambiente sostenuto dalle medesime leggi.

 

Tale è anche il motivo per cui il suicidio costituisce un atto privo di senso; il suicida spera di mettere fine a un disagio uscendo dall'ambiente dove vigono quelle leggi con le quali lui non ha saputo convivere, e non si avvede che solo lo "scontro" con le leggi di quell'ambiente, avendolo creato, ha anche il potere di mettere fine al suo disagio esistenziale. Egli si troverà nell'aldilà di fronte allo stesso identico problema esistenziale che aveva in vita, ma senza più i mezzi fisici per risolverlo! Dovrà riaffrontarlo tornando ancora in un ambiente materiale alla prossima incarnazione.

 

Le emozioni negative di cui il corpo emotivo è veicolo devono essere completamente disintegrate prima che l'uomo possa passare in condizioni più elevate. Se un uomo ha coltivato per anni o addirittura decenni un pressante desiderio di fumo, di alcool, di sesso, ecc... tale forte desiderio si trova registrato in questo corpo sottile; e in ugual modo se è stato rabbioso, geloso, codardo o depresso.

 

Si trova nella situazione in cui prova ancora tutti i desideri, le passioni e le emozioni che provava quando aveva un corpo fisico - e con intensità mille volte maggiore, a causa del fatto che adesso è cosciente direttamente all'interno della sfera emotiva - ma non ha più un corpo in carne e ossa che gli permette di soddisfare ed esprimere tali manifestazioni.

 

Anche il fatto che le anime più basse si radunino intorno a luoghi dove avvengono guerre, omicidi, rivolte di piazza a carattere violento, incontri orgiastici di matrice non iniziatica... e influenzino negativamente gli individui che lì si trovano senza però poter intervenire direttamente esse stesse con un corpo fisico, contribuisce ad acuire il loro dolore e a metterle di fronte alle loro infime passioni.

 

È una situazione di penosa sofferenza, che tali anime devono obbligatoriamente affrontare fino a quando lentamente e per gradi il loro corpo emotivo non si sia logorato, e ciò accade nella stessa maniera in cui le nostre sofferenze fisiche nella carne fanno parte del lento processo di disgregazione del corpo fisico. La sofferenza che si prova in questo luogo è però radicalmente diversa dalla sofferenza di quaggiù, in quanto tutto ciò che ha relazione con le sensazioni fisiche è scomparso, anche lo stesso vedere deve essere immaginato come un vedere di natura più interiore, in quanto oramai indipendente dagli occhi fisici.

 

Per chi durante l'incarnazione è stato eccessivamente indulgente con i propri attaccamenti passionali al mondo della materia, questo nuovo stato gli appare come il fuoco dell'inferno, l'inferno che brucia le sue stesse passioni. Egli non viene punito da un "giudice che sta in alto", in quanto nessuno è colpevole di aver sbagliato in senso assoluto; accade semplicemente che egli sia, per una legge naturale, obbligato a distruggere gli ostacoli che lui stesso si è creato.

 

Non c'è punizione perché non c'è stato errore. La moralità delle azioni è una pericolosa invenzione umana; nella realtà ci sono unicamente processi fisici, cause ed effetti: se abbiamo aggregato della materia emozionale, questa dovrà essere disgregata... e la sofferenza fa parte del processo. Il tempo che trascorrerà in questa fase dipende dalla forza con cui tali emozioni inferiori si sono cristallizzate nel corpo.

 

La sua percezione soggettiva sarà però di una pena eterna a causa dell'intensità atemporale della stessa, e non perché essa sia effettivamente eterna - non potendo esistere una pena infinita per una "colpa" finita. Un evento energetico limitato non può produrre un risultato illimitato, ma sempre solo un risultato proporzionato all'evento stesso. Siamo sempre nell'ambito di leggi fisiche. Non è semplice - ma certo spaventa al solo pensiero - immaginare un patimento così profondo da essere avvertito come atemporale!

 

Non vorrei che il lettore rimanesse atterrito da tale descrizione dell'aldilà; ricordiamo che simile destino di sofferenza attende tutti noi, ma solo nella misura in cui durante l'incarnazione ci siamo identificati con i nostri odi, i nostri attaccamenti alle opinioni e alle cose e le nostre brame di piacere materiale, e nella misura in cui abbiamo sottomesso e sfruttato altri esseri umani pur di raggiungere i nostri scopi, dando cioè più valore alla nostra personale soddisfazione piuttosto che alla vita degli altri, e cristallizzando così nel corpo emotivo energie molto dense e difficili da sciogliere.

 

La progressiva diminuzione dell'intensità di tale infernale sofferenza la rende temporale; a un certo punto l'individuo si accorge che qualcosa sta cambiando e che un'evoluzione della sua situazione nel tempo è quindi possibile. Adesso è più "leggero": "sale" allora sempre di più dentro i sottopiani più alti del piano emotivo, corrispondenti alle sfere che stanno sopra la superficie terrestre: questa è la condizione « purgatoriale », in cui si perde l'illusione dell'eternità della pena.

 

Con il progressivo affrancarsi dagli elementi più grossolani e densi del suo guscio egli "sale" sempre di più, cioè vibra sempre più velocemente ed entra quindi in risonanza con ambienti sempre più sottili, con sottopiani via via più elevati del piano astrale.

 

Nessuno rimane per sempre nello stesso posto, ogni individuo attraversa numerosi sottopiani, all'interno dei quali egli può costruire intorno a se paesaggi illusori sempre meno "pesanti", in relazione al cammino che lo stato in cui si trovava al momento della morte fisica gli impone di percorrere.

 

È importante notare che i vari numerosi sottopiani che compongono i tre piani principali intorno al pianeta, e che noi attraversiamo dopo il decesso, vengono costantemente strutturati dalle forme pensiero create dagli uomini ancora nel piano fisico: un'emozione di odio andrà a costituire la sostanza dei piani astrali infernali, mentre un moto d'amore andrà a rinforzare i piani paradisiaci. Gli attuali comportamenti di ogni individuo sono dunque fondamentali non solo perché creano la sua realtà adesso sul piano fisico, ma anche perché vanno a determinare la qualità della sostanza degli altri piani, quei piani dove un giorno andrà a fabbricare le sua nuova realtà post mortem. A causa dei pensieri di giudizio e delle emozioni basse dell'uomo l'inferno diventa sempre più infernale!

 

Se tutti gli uomini emanano pensieri d'amore ed emozioni elevate i piani che andranno ad abitare dopo la loro dipartita saranno composti di sostanza aurea e la loro nuova realtà non potrà che essere d'oro, ma se essi emanano escrementi emotivi e mentali tutto il giorno la loro futura realtà da disincarnati non potrà che essere una realtà di... L'uomo sta edificando già adesso il suo inferno e il suo paradiso!

 

Inviare preghiere ai defunti risulta per essi estremamente utile, in quanto i pensieri di amore e i pensieri di incoraggiamento agiscono a livello vibratorio su di essi abbreviando notevolmente le loro pene, sia infernali che purgatoriali.

 

In paradiso.

 

 

Morto anche il corpo emotivo tutta la parte inferiore del suo essere è stata bruciata, le forme pensiero legate ai desideri e alle basse emozioni sono scomparse con quel corpo e l'anima può agire adesso all'interno del corpo mentale purificato.

 

L'uomo si trova ad avere come ambiente i più elevati pensieri e aspirazioni nutriti durante la sua vita fisica, secondo una successione: da quelli ancora vicini alla personalità a quelli completamente spirituali. Tutti i pensieri di amore, di amicizia, di tenerezza, di simpatia, di affetto che ha vissuto sono moltiplicati di intensità in un ambiente paradisiaco che corrisponde al suo piano mentale. Essi vengono rivissuti in maniera amplificata.

 

Risulta logico pensare che chi non ha mai coltivato vibrazioni di altruismo e amore o pensieri sottili di filosofia o spiritualità, percepirà un paradiso piuttosto breve e scarno, o addirittura non lo percepirà per niente

 

Mentre l'individuo vive queste situazioni, allo stesso tempo si libera progressivamente del suo guscio formato dai pensieri, fino ad abbandonare anche questo e morire così una terza volta. Nella fase paradisiaca si disgregano gli schemi mentali strutturati durante l'ultima incarnazione, i quali, per quanto elevati, restano comunque impregnati di materialità.

 

Nel piano mentale della Terra, che è più sottile e vibratoriamente più veloce di quello emotivo, non ci sono più forme vere e proprie, ma solo immagini, simboli e, soprattutto, suoni.

 

Nel liberarsi degli ultimi pesi che lo legano alla Terra egli entra nel piano spirituale vero e proprio, il piano dell'anima, dove prova stati di gioia e di beatitudine sempre più alti. Niente più pregiudizi, niente paure, niente sensi di colpa, solo Gioia totale in un crescendo inimmaginabile di profondità.

 

È il mondo degli archetipi - di cui gli oggetti e gli esseri fisici sono solo ombre - i quali non sono astrazioni della ragione umana, ma veri e propri esseri che si manifestano agli occhi dell'anima anche attraverso splendide "melodie celesti". Qui lo stato della coscienza è notevolmente alterato rispetto alla coscienza fisica, tanto da risultare impossibile immaginarlo ora.

 

Nel mondo dell'anima.

 

 

La funzione dell'aldilà non è specificamente evolutiva, l'evoluzione in termini di consapevolezza avviene sulla Terra, nell'ambiente duale; nell'aldilà, come si è visto, prima l'individuo va a ripulire i "binari energetici" dall'identificazione che li fa sembrare pregiudizi e condizionamenti, poi, usa questi stessi "binari energetici" per vivere nel mondo animico, in una forma estatica, tutto ciò che ha acquisito sulla Terra in termini di capacità di provare Amore e cogliere il Bello.

 

L'aldilà è una vacanza dove si prende consapevolezza dei frutti del lavoro svolto in un ambiente materiale, "ricaricandosi" al contempo per il lavoro successivo. Ma ricordiamo che solo quando si torna nella materia - sulla Terra o altrove - si può veramente godere di quanto si è appreso nelle incarnazioni precedenti grazie alle aumentate capacità di cogliere il Vero e di gioire della creazione.

 

Nel mondo dell'anima - esattamente come sulla Terra - la Gioia, la Bellezza e l'Amore possono essere percepiti soltanto se si hanno i "presupposti energetici" per farlo, se si è cioè sviluppato un buon numero di "binari energetici", se si possiedono le memorie di gestione dei corpi necessarie ad afferrare coscientemente qualità come l'Amore e la Gioia.

 

Tutti i piani di esistenza sono stracolmi di Bellezza, sono letteralmente fatti di Gioia, ma ognuno ne percepisce unicamente secondo quelle che sono le sue capacità di gestire lo strumento atto a percepirle, la personalità, cioè secondo lo sviluppo del suo Cuore, l'organo preposto a dominare e utilizzare al meglio tale personalità.

 

Un astronomo può scrutare la bellezza dell'universo tanto meglio quanto più ha imparato a usare bene il suo telescopio; come potrebbe operare bene se fosse invece convinto di essere il suo stesso telescopio?!

 

Quando saremo nel mondo dell'anima godremo della Bellezza e della Gioia solo nella misura in cui ci saremo fabbricati un buon telescopio durante la permanenza sulla Terra.

 

Così come accade in tutti gli altri piani sottili, anche nel mondo dell'anima il nostro grado di coscienza di noi stessi risulterà proporzionato al livello di identificazione con l'anima che già avevamo sulla Terra.

 

Riassumendo: saremo coscienti sul piano astrale nella misura in cui eravamo capaci di governare il nostro mondo emotivo mentre stavamo nel corpo fisico; saremo coscienti sul piano mentale nella misura in cui abbiamo sviluppato la nostra mente attraverso lo studio e la produzione di pensieri elevati e altruistici, siano essi politici, religiosi, sociali o filosofici; saremo coscienti sui piani dell'anima nella misura in cui abbiamo provato emozioni superiori (amore, compassione, tenerezza...) e ci siamo dedicati al pensiero astratto, puro, intuitivo, artistico senza fini materiali.

 

Chi non ha mai avuto pensieri altruistici e non ha mai usato il suo pensiero per pensare veramente, ma si è limitato a usarlo per fare la spesa e parlare delle condizioni atmosferiche o di football con gli amici, non vivrà “il paradiso”. Come potrebbe infatti restare cosciente su quel piano dopo la morte? Non ha fabbricato i "binari energetici" sufficienti ad ancorare la sua coscienza su quel livello. Allo stesso modo, chi non ha mai provato emozioni superiori, non si è mai dedicato all'arte o al pensiero astratto, non ha speranza di restare cosciente sui sottopiani più elevati del piano mentale e poi sui piani dell'anima dopo la morte del corpo mentale.

 

Spesso sui sottopiani più elevati del paradiso incontra quelle entità e quelle forze che la compenetrano e l'aiutano a sviluppare alcune qualità che essa manifesterà poi nell'incarnazione successiva a vantaggio del progresso dell'umanità intera.

 

Infatti, oltre a gioire di quanto di buono ha fatto e ha imparato durante la vita terrena, l'anima in paradiso si istruisce per la sua nuova prossima missione acquisendo nuove capacità e qualità; ma può farlo sempre solo nella misura in cui si è resa in grado di ricevere nuovi insegnamenti lavorando al proprio perfezionamento durante l'ultima incarnazione.

 

Abbandonati i suoi tre involucri esterni, la coscienza del Se, cioè dell'anima, se è sufficientemente «cristallizzata», gode della Bellezza dello spazio cosmico. A un certo punto del suo viaggio nel mondo spirituale essa ha ormai ricevuto tutti gli insegnamenti che è in grado di immagazzinare, ed è arrivata al più alto grado di Beatitudine che le è possibile percepire - che può ancora sopportare con i suoi attuali "binari energetici" - e questa Beatitudine è già milioni di volte più intensa di qualunque momento di felicità terrestre.

 

Tuttavia, proprio quando ha toccato l'apice, accade ancora qualcosa di straordinario: si accorge che di fronte a lei si estende... l'infinito. Un infinito tutto da scoprire di Amore, Gioia e Bellezza. Essa si accorge che la sua capacità di accrescere la Beatitudine è potenzialmente infinita, priva di qualsiasi confine; realizza in un istante che un mare di inconcepibile estasi è lì ad attenderla, un'estasi che per adesso le risulta insopportabile (non-sopportabile), cioè fisicamente non sostenibile dalle insufficienti "memorie di gestione" (i "binari energetici") costruite fino a questo punto della sua evoluzione.

 

Questo rappresenta un momento cruciale per l'anima. Andare avanti significherebbe "perdersi" nella Gioia e "annullarsi" nell'Uno, perché verrebbero a mancare i supporti per rimanere unitariamente cosciente di quanto sta percependo. Procedere implicherebbe il disciogliersi per sempre nella inconsapevolezza del Tutto, ritornare a far parte dell'indistinto Uno. E scegliere questa via dell'oblio completo pare sia effettivamente possibile: è la liberazione finale dalla ruota delle reincarnazioni, dallo spazio-tempo, dal concetto stesso di individuo e di evoluzione.

 

 

Tratto da due articoli pubblicati sul sito: Officina Alkemica

Link diretto: http://officinaalkemica.altervista.org/mondi_spirituali.htm

 

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I miracoli esistono, lo assicura Papa Francesco testimone oculare diretto di un caso:

ha commentato il Papa — i miracoli ci sono.

 

«Ma serve la preghiera! Una preghiera coraggiosa, che lotta per arrivare a quel miracolo, non quelle preghiere per cortesia: Ah, io pregherò per te! Poi un Pater Noster, un’Ave Maria e mi dimentico. No!

 

Ci vuole una preghiera coraggiosa, come quella di Abramo che lottava con il Signore per salvare la città

 

 

I miracoli esistono. Parola di Papa Bergoglio che alla messa celebrata a Santa Marta stamattina ha raccontato ai presenti di essere stato testimone diretto di un evento prodigioso. L’episodio è avvenuto in Argentina, alcuni anni fa: «Mi ricordo una cosa successa nel santuario di Luján» dedicato alla Madonna. Una bambina di sette anni si era ammalata gravemente e i medici non trovavano alcuna soluzione. Anzi, la piccola andava peggiorando sempre di più, sino a quando, una sera, il primario dell’ospedale comunicò ai genitori che purtroppo non c’era più niente da fare e che le rimanevano poche ore di vita.

 

«Il padre, che era un elettricista, un uomo di fede, sembrava diventato come pazzo dal dolore. E sospinto da quella pazzia quella sera prese l’autobus per recarsi al santuario di Luján, due ore e mezzo strada, oltre settanta chilometri di distanza da Buenos Aires», dove arrivò a notte fonda e si trovò tutto chiuso. «E lui ha cominciato a pregare con le mani aggrappate al cancello di ferro. Pregava e piangeva. E’ rimasto così tutta la notte. Pregava e piangeva». Papa Bergoglio nel suo racconto ha spiegato che quell’uomo stava lottando con Dio. «Lottava proprio con Dio per la guarigione della sua bambina». Alle sei di mattina, sfinito, si recò al terminal per riprendere il bus e tornare indietro. «È arrivato all’ospedale alle nove, più o meno. Ha trovato la moglie che piangeva e ha pensato al peggio: cosa è successo? Non capisco. Cosa è successo? Sono venuti i dottori, gli ha risposto la moglie, e mi hanno detto che la febbre è scomparsa, respira bene, non c’è niente. La terranno ancora solo due giorni. Ma non capiscono quello che è successo».

 

Insomma un miracolo. Perché — ha commentato il Papa — i miracoli ci sono. «Ma serve la preghiera! Una preghiera coraggiosa, che lotta per arrivare a quel miracolo, non quelle preghiere per cortesia: Ah, io pregherò per te! Poi un Pater Noster, un’Ave Maria e mi dimentico. No! Ci vuole una preghiera coraggiosa, come quella di Abramo che lottava con il Signore per salvare la città; come quella di Mosè che pregava con le mani in alto e si stancava pregando il Signore; come quella di tanta gente che ha fede e con la fede prega, prega».

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