IL PENSIERO PUO' FARCI AMMALARE O GUARIRE
Giu 8th
Il pensiero: timone di malattia e guarigione. Il professor Enzo Soresi, 70 anni, tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello.
"Vi racconto come il pensiero può farvi ammalare o guarire".
Dopo una vita passata a dissezionare cadaveri, a curare tumori polmonari, a combattere tubercolosi, bronchiti croniche, asme, danni da fumo, il professor Enzo Soresi, 70 anni, tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello. Negli ultimi dieci anni, cioè da quando ha lasciato l’ospedale per dedicarsi alla libera professione e tuffarsi con l’entusiasmo del neofita negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche.
C’era già arrivato per intuizione il filosofo ateniese Antifonte, avversario di Socrate, nel V secolo avanti Cristo: «In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto». Soresi c’è arrivato dopo aver visto gente ammalarsi o guarire con la sola forza del pensiero. Primo caso: «Ho in cura una signora di Milano il cui marito, integerrimo commercialista, la sera andava a bucare le gomme delle auto. Per il dispiacere s’è ammalata di tubercolosi. Io lo chiamo danno biologico primario». Secondo caso: «Un agricoltore sessantenne con melanoma metastatico incontrò Madre Teresa di Calcutta, ricevette in dono un’immaginetta sacra e guarì. Io lo chiamo shock carismatico». Il professore ha dato una spiegazione scientifica al miracolo: «Il melanoma è un tumore che viene identificato dagli anticorpi dell’organismo, tant’è vero che si sta studiando da 30 anni un vaccino specifico. Non riusciamo a controllarlo solo perché l’antigene tumorale è talmente aggressivo da paralizzare il sistema immunitario. Nel caso del contadino ha funzionato una combinazione di fattori: aspettativa fideistica, strutture cerebrali arcaiche, Madre Teresa, consegna del santino. Risultato: il suo organismo ha sprigionato fiumi di interferoni e interleuchine che hanno attivato gli anticorpi e fatto fuori il cancro».
Come Soresi illustra nel libro Il cervello anarchico (Utet), già ristampato quattro volte, la nostra salute dipende da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. «Il secondo ci difende e ci organizza la vita. Di più: ci tollera. L’organo-mito è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. Abbiamo 40 miliardi di linfociti. Quando si attivano, producono ormoni cerebrali. Questa si chiama Pnei, psiconeuroendocrinoimmunologia, una nuova grande scienza, trascurata dalla medicina perché nessuno è in grado di quantificare quanti neurotrasmettitori vengano liberati da un’emozione. Io e lei siamo due esperimenti biologici che datano 4 miliardi di anni. Io sono più riuscito di lei. Perciò nego la vecchiaia. Non c’è limite alla plasticità cerebrale, non c’è limite alla neurogenesi. Esiste un flusso continuo di cellule staminali prodotte dal cervello: chi non le utilizza, le perde. Le premesse della longevità sono due: camminare 40 minuti tre volte la settimana - altrimenti si blocca il ricambio delle cellule e non si libera un fattore di accrescimento, il Bdnf, che nutre il cervello - e studiare».
Secondo il medico-scrittore, è questa la strada per allungare la vita di 10 anni. «Quando ci impegniamo a leggere o a compilare le parole crociate, le staminali vengono catturate dalla zona dell’encefalo interessata a queste attività. Se io oggi sottopongo la sua testa a una scintigrafia e poi lei si mette a studiare il cinese, fra tre anni in un’altra scintigrafia vedrò le nuove mappe cerebrali che si sono create per immagazzinare questa lingua. Prenda i tassisti di Londra: hanno un ippocampo più grande perché mettono in memoria la carta topografica di una città che si estende per 6 miglia».
Il professor Soresi è cresciuto in mezzo alle lastre: suo padre Gino, tisiologo, combatteva la Tbc nel sanatorio Vialba di Milano, oggi ospedale Sacco. Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma. «È un tumore polmonare che ha la caratteristica di esordire con sindromi paraneoplastiche, cioè con malattie che non c’entrano nulla col cancro: artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, sclerodermia, reumatismo articolare. È una neoplasia che nel 100% dei casi scompare con quattro cicli di chemioterapia. Eppure uccide lo stesso nel giro di sei mesi. Era diventato la mia ossessione: non riuscire a guarire una cosa che sparisce».
Com’è possibile?
«Ci ho scritto 100 lavori scientifici e ci ho messo 30 anni a capirlo: perché il microcitoma ha una struttura neuroendocrina. La massa nel polmone scompare, ma si espande con metastasi ovunque. Ne ho concluso che la medicina non è una vera scienza. Tuttalpiù una scienza in progress».
Diciamo una scienza inesatta.
«L’ho provato sulla mia pelle nel 1950. Ero basso di statura, come adesso, e mio padre si preoccupava. Eppure le premesse genetiche c’erano tutte: lui piccolo, mia madre piccola. Mi portò dal mitico professor Nicola Pende, endocrinologo che aveva pubblicato sei volumi sul timo come organo chiave dell’accrescimento. Pende mi visitò, mi palpò i testicoli e concluse: “Questo bambino ha il timo iperplastico, troppo grosso. Bisogna irradiarlo”. Se mio padre avesse seguito quel consiglio, sarei morto. Questa è la medicina, ragazzi, non illudiamoci».
Torniamo al cervello.
«Sto aspettando di diventare nonno. Il tubo neurale della mia nipotina ha cominciato a svilupparsi dal secondo mese di gravidanza. Alla nascita il cervello non sarà ancora programmato, bensì in fase evolutiva. L’interazione con l’ambiente lo strutturerà. Ora facciamo l’ipotesi che un neonato abbia la cataratta: se non viene operato entro tre mesi, i neuroni specifici della vista non si attivano e quel bimbo non vedrà bene per il resto della vita. Oppure poniamo che la madre sia ansiosa e stressata, il padre ubriacone e manesco: lei capisce bene che i segnali ricevuti dal neonato sono ben diversi da quelli che sarebbero auspicabili. E questo vale fino al terzo anno di vita, quando nasce il linguaggio, che attiva la coscienza del sé, e la persona assume una sua identità. Di questi primi tre anni d’inconsapevolezza non sappiamo nulla, è una memoria implicita, un mondo sommerso al quale nessuno ha accesso, neanche l’interessato, neppure con la psicoanalisi. Ma sono i tre anni che ci fanno muovere».
Allora non è vero che si può «entrare» nel cervello.
«Ai tempi in cui facevo le autopsie, aprivo il cranio e manco sapevo a che cosa servissero i lobi frontali. Li chiamavamo lobi silenti, proprio perché ne ignoravamo la funzione. Molti anni dopo s’è scoperto che sono la sede dell’etica, i direttori d’orchestra di ogni nostra azione».
E graziaddio avete smesso con le lobotomie.
«A quel punto sono addirittura arrivato a fare le diagnosi a distanza. Se mi telefonavano dalla clinica dicendo che un paziente con un tumore polmonare s’era messo d’improvviso a urlare frasi sconce o aveva tentato di violentare la caposala, capivo, dalla perdita del senso etico, che era subentrata una metastasi al lobo frontale destro».
Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria.
«Aveva còlto la funzione secretiva di un organo endocrino che non produce solo i neurotrasmettitori cerebrali - la serotonina, la dopamina, le endorfine - ma anche le citochine, cioè la chiave di volta dei tre sistemi che formano il network della vita. Lei sa che cosa sono le citochine?».
Sì e no.
«Sono 4 interferoni, che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica. Se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine flogogene, che producono processi infiammatori. Ecco perché il futuro della medicina è tutto nel cervello. Le faccio un esempio di come il cervello da solo può curare una patologia?».
La ascolto.
«Avevo un paziente affetto da asma, ossessivo nel riferire i sintomi. Più gli davo terapie, più peggiorava. Torna dopo tre mesi: “Sono guarito”. Gli dico: senta, non abbassi la guardia, perché dall’asma non si guarisce. “No, no”, risponde lui, “avevo il malocchio e una fattucchiera del mio paese me l’ha tolto infilandomi gli spilloni nel materasso”. La manderei da un esperto in malocchi, replico io. E riesco a spedirlo dallo psichiatra Tullio Gasperoni. Il quale accerta che il paziente era in delirio psicotico. Conclusione: da delirante stava bene, da presunto normale gli tornava l’asma».
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Effetto placebo degli spilloni.
«Paragonabile a quello dei finti farmaci. L’effetto placebo arriva a rispondere fino al 60% nel far scomparire un sintomo. Noi medici non possiamo sfruttarlo, altrimenti diventerebbe un inganno. Ma esiste anche l’effetto nocebo».
Esemplifichi.
«Donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito, un imprenditore fratello di un noto politico, la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie. Almeno morì contenta, sei mesi dopo. Vuole un altro esempio? Una cara amica con bronchiettasie bilaterali. Antibiotici su antibiotici. Qual era il movente? Non andava più d’accordo col marito. Per due anni non la vedo. La cerco al telefono: “Enzo, mi sono separata, vado in chiesa tutte le mattine, sto bene”. L’assetto psichico stabilizzato le ha consentito di ritrovare la salute. Continuo?».
Prego.
«Colf di 55 anni, origine salernitana, tradizionalista. Mai un giorno di malattia. La figlia le dice: “Vado in Inghilterra a fare la cameriera”. Stress di 10 giorni, ginocchio gonfio così. La lastra evidenzia un’artrosi della tibia: non s’era mai attivata, ma al momento del disagio mentale è esplosa. C’è voluto un intervento chirurgico».
Nel libro Il cervello anarchico lei riferisce di sogni premonitori.
«Sì. Viene da me uno psichiatra milanese, forte fumatore, con dolori scheletrici bestiali. Mi racconta d’aver sognato la sua tomba con la data della morte sulla lapide. Lastra e Tac negative. Era un tumore polmonare occulto, con metastasi ossee diffuse. Morì esattamente nel giorno che aveva sognato. Del resto lo psicoanalista Carl Gustav Jung mentre dormiva avvertì un forte colpo alla nuca, dopodiché gli apparve in sogno un amico che gli disse: “Mi sono sparato. Ho lasciato il testamento nel secondo scaffale della libreria”. L’indomani andò a casa dell’amico: s’era suicidato e la busta era nel posto indicato».
I miracoli secondo lei che cosa sono? Eventi soprannaturali o costruzioni del cervello?
«Io sono per un pensiero laico. Credo nella forza della parola. Se noi due ci parliamo, piano piano modifichiamo il nostro assetto biologico, perché la parola è un farmaco, la relazione è un farmaco. Di sicuro credere fa bene. Un gioielliere milanese mi portò la madre, colpita da metastasi epatiche. Potei prescriverle soltanto la morfina per attenuare il dolore. La compagna brasiliana di quest’uomo si chiama Maria di Lourdes e ha una sorella monaca in una congregazione religiosa che nella foresta amazzonica prega a distanza per le guarigioni. Maria di Lourdes telefonò al suo uomo dal Brasile: “Di’ alla mamma che le suore pregheranno per lei all’ora X del giorno X”. Da quel preciso istante la paziente oncologica, che prima urlava per il dolore, non soffrì più».
Come si mantiene in buona salute il cervello?
«Ho un cugino architetto, mio coetaneo, che sembrava un rottame. S’è iscritto all’università della terza età, ha preso passione per la lingua egiziana, tutti i giorni sta cinque ore davanti al computer, ha già tradotto quattro libri in italiano dall’egiziano. È ringiovanito, ha cambiato faccia».
Sappiamo tutto del cervello?
«Nooo! Sul piano anatomico e biologico sappiamo intorno al 70%. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo. Lei calcoli che ogni anno vengono pubblicati 25.000 lavori scientifici di neurobiologia».
Allora come fa una legge dello Stato a dichiarare morto un organo che per il 30% ci è ignoto e della cui coscienza sappiamo poco, forse nulla?
«Siccome si muove per stimoli elettrici, nel momento in cui l’elettroencefalogramma risulta muto significa che il cervello non è più attivo».
Ma lei che cosa pensa della morte cerebrale?
«Mi fermo... Però ha ragione, ha ragione lei a essere così attento alla dichiarazione di morte. Nello stesso tempo c’è un momento in cui comunque bisogna dichiarare la morte di un individuo dal punto di vista biologico».
Prima del 1975 dichiaravate la morte quando il cuore si fermava, l’alito non appannava più lo specchio, il corpo s’irrigidiva.
«Eh, lo so... La morte cerebrale consente di recuperare gli organi per i trapianti».
Ha mai sperimentato su di sé disagi psichici che hanno influenzato il suo stato di salute?
«Nel 1971 ho sofferto moltissimo per la morte di mia moglie Marisa, uccisa da un linfogranuloma a 33 anni. Devo tutto a lei. Era una pittrice figurativa che andò a studiare negli Stati Uniti appena sedicenne e indossava i jeans quando a Milano non si sapeva manco che esistessero. La malattia cambiò la sua arte. Cominciò a dipingere corpi sfilacciati, cuori gettati sopra le montagne. Fu irradiata in maniera scorretta da un grande radioterapista dell’epoca, per cui nell’ultimo anno di vita rimase paralizzata. Nostro figlio Nicolò, nato nel 1968, l’ho cresciuto io. Marisa mi ha lasciato un modello perfetto: un bambino che riesce a sopportare persino la perdita più straziante solo perché la mamma ha saputo far sviluppare armonicamente il suo cervello nei primi tre anni di vita».
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C'e' un secondo cervello nella pancia : e' cosi' che si spiega lo stretto rapporto tra i disturbi psichiatrici e quelli digestivi
Giu 8th
Due occhi, due braccia, due gambe e due cervelli, uno pulsante in testa e l’altro attivissimo nella pancia: questo è l’essere umano secondo Michael Gershon.
Sentire con la pancia
C’è un secondo cervello
Nascosto tra le viscere
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“E’ così Che si spiega lo stretto rapporto
Tra i disturbi psichiatrici e quelli digestivi”
La prova? Eccola: ci sono disturbi e malattie, come l’ansia, la depressione, l’ulcera, l’irritabilità intestinale e il Parkinson, che si manifestano tanto nel primo che nel secondo cervello, nella scatola cranica e nelle viscere, appunto. Sintomi e danni si riflettono l’uno nell’altro, come in un sconcertante gioco di specchi che non smette mai di mescolare anomalie psichiatriche e anomalie digestive. Il professore è una celebrità mondiale: responsabile del dipartimento di anatomia e biologia cellulare della Columbia University, a New York, è considerato uno dei padri di una specializzazione emergente, la neurogastroenterologia, e sta trasformando il modo di concepire l’uomo. In apparenza non sarebbe così: chi non conosce l’ “effetto farfalle” nello stomaco quando si deve affrontare un esame? Oppure le imbarazzanti fitte al ventre non appena lo stress sale di tono? In realtà, se i mistici (e tanta opinione corrente) hanno sempre sottolineato la rigida dualità mente-corpo, Gershon smentisce tutti, rivelando invece una bizzarria: il cervello 1 e il cervello 2 sono entità autonome e che tuttavia si parlano in continuazione. Due è meglio di uno. Un decennio dopo il vitatissimo saggio “The Second Brain” le sue ultime scoperte – raccontate in anteprima sul “New York Times” confermano che il sistema nervoso enterico non è la serie ottusa di gangli e fibre agli ordini del sistema nervoso centrale della vecchia tradizione medica, ma un network sofisticato in grado di elaborare processi intelligenti in modo autonomo (è sorprendente infatti, che i circuiti interstiziali continuino a funzionare anche se si recidono le connessioni con il cervello e il midolli spinale). Così, il cervello numero 2 gestisce da solo ogni aspetto della digestione, lungo il percorso dall’esofago allo stomaco, fino all’intestino e al colon, utilizzando gli stessi strumenti della mente “nobile”, vale a dire una rete di circuiti neuronali, di neurotrasmettitori e di proteine. L’evoluzione dimostra il suo acume: invece di costringere la testa a sforzi terribili, a colpi di milioni e milioni di cellule nervose, per riuscire a comunicare con una parte lontana dell’organismo, ha scelto di replicare uno specifico pacchetto di circuiti accanto alla zona da controllare. E, proprio come il primo, il secondo cervello, sostiene Gershon – è una vasta banca dati nella quale milioni di anni di esperimenti hanno immagazzinato tanti programmi comportamentali, pronti a scattare in base alle esigenze del momento, vale a dire a quelle digestive: che si tratti di un panino, di una cena completa, di un cibo inconsueto oppure, ancora, di una rigida dieta l’ “altra” mente sa sempre come reagire, attivando gli enzimi giusti e poi componendo le componenti nutritive per alimentare al meglio l’organismo. L’arma segreta dell’iperlavoro è un neurotrasmettitore ben noto ai non addetti ai lavori, la serotonina, famosa per i ruoli che gioca negli stati di benessere mentale e per essere il bersaglio degli antidepressivi di ultima generazione. A sorpresa si è scoperto che quasi tutta – il 95%- è concentrata nelle viscere, dove agisce con massima efficienza. Il processo digestivo, infatti, comincia solo quando una cellula specializzata (l’enterochromaffin) la irrora sulle pareti dell’intestino, il quale reagisce grazie a sette recettori e ordina alle cellule nervose di liberare gli enzimi e di farli circolare. Ma la serotonina è anche un messaggero (ed ecco spiegato l’interscambio tra cervelli) che tiene aggiornata la testa su quanto avviene nella pancia. Un’altra sorpresa è che le comunicazioni sono al 90% a senso unico. Il viaggio avviene quasi sempre dal basso verso l’alto e di frequente le notizie sono pessime. Avviene per esempio con la diffusa sindrome dell’intestino irritabile (ne soffre una persona su tre). Anche in questo caso, come nella depressione, uno dei motivi scatenanti è l’alterazione della qualità dell’onnipresente neurotrasmettitore. Troppa anziché insufficiente. Colpa della molecola che deve trasformarla, il “sert”: in molte persone non funziona come dovrebbe. Adesso – osserva Gershon- si aprono nuove possibilità terapeutiche, per psichiatri e gastroenterologi: comincia l’era degli antidepressivi speculari, mentali e digestivi?
FONTE :
Gabriele Beccaria
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AVERE UN MAESTRO. ESSERE UN DISCEPOLO
Giu 8th
Avere un Maestro: Il mio messaggio è semplicemente questo: non esiste alcun messaggio! Io non sono qui per trasmettervi un messaggio, perchè qualsiasi messaggio diventerebbe conoscenza. Io sono qui per trasmettere qualcosa del mio essere. Non è un messaggio, è un dono. Non è una teoria, non è una filosofia. Io voglio semplicemente che voi prendiate parte al mio essere. Questo non può essere ridotto a un dogma. Non potrete tornare a casa e dire alla gente cosa avete appreso stando qui, con me: non sarete in grado di farlo. Se avrete imparato qualcosa, non sarete in grado di riferirlo a nessuno, ma il vostro intero essere lo rivelerà. Non sarete in grado di parlarne, potrete solo mostrarlo: i vostri occhi lo riveleranno, il vostro viso risplenderà, la vostra intera energia avrà una vibrazione diversa. In questo posto, io non agisco come un insegnante. Questa non è una comune scuola, io non vi insegno niente. Voglio semplicemente che partecipiate con me, al mistero che in me è accaduto. Armonizzatevi con la mia energia, vibrate, pulsate con me e conoscerete qualcosa che va oltre le parole, e che nessun messaggio potrà mai contenere.
Essere un discepolo: Che bisogno c'è di diventare un discepolo? Perché mai poni questa domanda? Senti che la tua vita non ha senso, e che hai bisogno di un significato? Senti che la tua vita è vuota e vorresti sentirti appagato? Senti di vivere nell'oscurità e vorresti essere luminoso? Tutto dipende da te. Se sei soddisfatto così come sei, se così come sei non ti manca nulla, non è necessario che tu diventi un discepolo. Perchè creare fastidi a un Maestro, e perchè mai mettersi alla ricerca, se ne puoi fare a meno? Ma se ti senti vuoto, insignificante, ansioso, angosciato, confuso, vittima dell'oscurità; se senti che la tua vita non è altro che infelicità, in questo caso diventare un discepolo è una cosa semplicissima. Vuole semplicemente dire: entrare in contatto con qualcuno che sia appagato, a cui non sia rimasto più un solo interrogativo, il cui essere non è altro che una risposta. Il discepolo è un interrogativo. Il Maestro è una risposta.
Espedienti: Una pietra posta lungo il sentiero può essere un ostacolo che frena il cammino, oppure un trampolino di lancio che aiuta a elevarsi lungo il sentiero. La pietra è la stessa, ma la sua funzione dipende dall'uso che ne fai tu. Gautama il Buddha ha definito la verità "ciò che funziona"; strana definizione, ma molto profonda. L'importante non è stabilire se una cosa è una bugia o non lo è; bensì vedere se la bugia è una freccia che indica la verità oppure che allontana dalla verità.
Paura: è il rischio più grande che esista nella vita.
Stando con me, prima o poi perderai te stesso. Questo produce una paura inconscia. Tutte le storie d'amore sono pericolose, in quanto ci si perde. Da lontano sono meravigliose. Gli amanti pensano a un'infinità di cose da dirsi quando incontreranno l'amato. Ma quando poi si incontrano, diventano muti di colpo! La vicinanza da sola provoca il cambiamento: il chiacchierio della mente ammutolisce e si ha paura. Se l'amore è autentico, è inevitabile avere paura. Quando ti avvicini a un Maestro, le cose diventano ancora piu¹ difficili. Stare con un Maestro significa essere pronti a morire; morire per ciò che si è, per rinascere come si dovrebbe essere. Tu non sai cosa sarai dopo morto. Sai ciò che sei, ed è più che naturale che ti ci aggrappi: chi può dire se rinascerai o no? Non esistono garanzie...
Responsabilità: La responsabilità è sempre il primissimo passo dell'essere liberi. Gettare la responsabilità su qualcun altro, significa buttare via un'occasione per essere liberi. Le due cose sono inseparabili. E¹ vero che la responsabilità è tutta del discepolo - il Maestro non è altro che un agente catalitico, una scusa - ma occorre coraggio per accettare quella responsabilità: tutti vogliono essere liberi, nessuno vuole essere responsabile. Il guaio è che le due cose sono inseparabili. Se non vuoi essere responsabile, in un modo o nell'altro sarai schiavo.
Libertà: Pochissima gente ha scelto la libertà. Ma si deve capire una cosa:la libertà porta con sè la responsabilità. Nell'istante in cui scegli di essere libero, sei responsabile di ogni tua azione. Sei responsabile di tutta la tua vita. Sei responsabile della tua infelicità o della tua estasi; del tuo restare addormentato o del tuo svegliarti.
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Gratitudine: La gratitudine del discepolo resta inespressa. È uno di quei misteri che possono essere sperimentati ma non si possono spiegare. Ti sembrerà strano che io dica che più il discepolo si avvicina all'illuminazione, e più difficile diventa per lui esprimere la sua gratitudine, perchè ora tocca un livello mai conosciuto in passato. Per tutto il cammino il discepolo è stato ri-conoscente, ma l'illuminazione, l'esperienza dello schiudersi del proprio essere, è travolgente. Puoi semplicemente piangere oppure danzare, ma sono cose inutili: dimostrano la tua intenzione, non la tua riconoscenza. L'abisso e la vastità della gratitudine sono tali che nessuna parola può esprimerla, nè la può esprimere un'esperienza. Ma in un certo senso, l'illuminazione si avvicina a un segno di gratitudine verso il Maestro: hai appagato il suo sforzo, il suo sforzo privo di sforzo. La sua presenza non e¹ andata sprecata, hai dimostrato di che tempra sei fatto. Meglio sarebbe dire che non sei stato ingrato, non lo hai tradito. Tra alti e bassi, attraverso mille oscure notti dell'anima, hai continuato ad avere fiducia, ad amare, non hai mai dubitato un istante: la tua illuminazione è una prova. Ma non è necessario esprimere gratitudine. La cosa importante è diventare gratitudine; in quel caso non sarà più necessario essere riconoscenti al Maestro. Quando tu stesso diventi gratitudine, sei grato all'intera esistenza. Il Maestro era una semplice porta verso il cielo infinito, e verso tutte le stelle al di là del cielo.
Cambia te stesso: Il mondo è di certo folle, e non è impazzito all'improvviso, è sempre stato pazzo. Io non sono un pessimista, nè sono un ottimista; sono semplicemente realista: so che è impossibile cambiare tutto questo folle mondo. Perfino sperare di poter cambiare la mia gente è già sperare troppo. Per questo, non voglio fare il missionario e cercare di cambiare dei pazzi. Cambia te stesso, e aiuta i tuoi compagni di viaggio che si trovano sullo stesso sentiero, impegnati nella stessa ricerca. Incoraggiali, aiutali in ogni modo. Ci sono momenti di oscurità, momenti di sconforto, momenti in cui si ha la sensazione che non si sarebbe dovuto scegliere questo sentiero perché va contro l'intera follia del mondo. Essere sani in un mondo di pazzi creerà inevitabilmente contrasti. Aiuta la gente che
è in viaggio verso la salute dell'essere, e non chiedere mai l'impossibile. La cosa possibile è cambiare poche migliaia di persone nel mondo. E forse, se alcune migliaia di persone si trasformano, possono creare un magnetismo, una forza gravitazionale tale da attrarre milioni di altre persone. Ma devi iniziare con te stesso. Se riesci a trasformare te stesso, è fin troppo! E se sei in grado di aiutare quanti sono in viaggio sul sentiero, questo e¹ sufficiente alla tua compassione e al tuo amore.
Un viaggio senza fine: L'illuminazione ha solo un inizio, non finisce mai. Nessuno lo ha mai detto, in precedenza. Tutti hanno detto che essa è perfetta, ma questo implicherebbe che non possa crescere. Una volta accaduta, ogni crescita, ogni evoluzione, si è conclusa. Ma, in base alla mia esperienza, posso dire, in piena autorità, che qualsiasi cosa in cui resti bloccato per sempre, non può restare estatica, non può conservarsi beata. Inizieresti a darla per scontata. L'illuminazione è solo un inizio, l'inizio di un'incredibile evoluzione, che non ha limite alcuno. Solo così puoi continuare a danzare e a cantare. E puoi restare eccitato a ogni istante, perchè non puoi mai sapere cosa ti porterà l'istante successivo: nuove intuizioni, nuove visioni, nuove esperienze. Non esiste limite a tutto questo. Non viene mai il momento in cui puoi dire che il viaggio è finito. Il viaggio inizia soltanto, non finisce mai. Noi viviamo sempre nel mezzo, cresciamo. Si tratta di una crescita eterna, in tutte le dimensioni. L'illuminazione è la stessa cosa.
fonte :
AVERE UN MAESTRO.
ESSERE UN DISCEPOLO
Tratto dai discorsi di un Maestro
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I CAMPI MORFOGENETICI
Giu 8th
Sheldrake ha proposto e sviluppato la sua idea di campo morfogenetico nei suoi libri L’ipotesi della causalità formativa e In The Presence of the Past .
La sua teoria si focalizza su tre punti chiave che costituiscono i Principi base della causalità formativa:
1. I campi morfogenetici sono un nuovo tipo di campo che fin qui non è stato riconosciuto dalla fisica.
2.Così come gli organismi alla cui formazione presiedono, essi stessi si evolvono. Hanno una storia e, grazie a un processo – la risonanza morfica – contengono in sé una memoria.
3. Fanno parte di una famiglia più vasta di campi, detti campi morfici.
Sheldrake suppone che gli organismi autoadattanti, a tuti i livelli di complessità, sono un tutto dipendente da uno specifico campo organizzatore di quel sistema, che è il suo campo morfico. Questo tutto è composto di parti, le quali sono a loro volta un tutto a livello più basso (causalità verso il basso). A ciascun livello, il campo morfico dà a ciascun tutto le proprie caratteristiche e fa sì che esso ammonti a più della somma delle proprie parti.
Connessioni con la fisica quantistica
Sheldrake formula l’ipotesi che la non localizzazione – uno dei principi fondamentali della fisica quantistica – sia essenziale ai campi morfici, in quanto come le parti di un sistema quantico mantengono la loro connessione se sono stati collegati in passato e rimangono sempre unite - con una connessione immediata -da un campo quantico; analogamente avviene per un campo morfico.
L’autore ritiene che quando le parti di un sistema sociale vengono separate queste mantengono un collegamento analogo alla non localizzazione riscontrata nella fisica quantistica.
Sheldrake ritiene possibile una reinterpretazione dei campi morfici alla luce della fisica quantistica, la cui applicazione si estenderebbe fino a coprire l’organizzazione biologica e sociale.
Come sostiene lo stesso Sheldrake, riferendo di una discussione con David Bohm, egli ritiene che la sua teoria è molto simile a quella di Bohm. "C’è una grande similitudine tra l’idea di campo morfico e la teoria dell’‘ordine implicato’ di Bohm, l’ordine ‘avviluppato’ dentro quello ‘esplicato’ cioè svelato, di cui facciamo esperienza. La teoria di Bohm che si fonda sulla non separabilità dei sistemi quantistici, si rivelò straordinariamente affine alle mie proposte".
I Campi Morfici
I campi morfici sono regioni d’influenza all’interno dello spazio-tempo, localizzati dentro e intorno ai sistemi che organizzano. Essi limitano ovvero impongono un ordine all’indeterminismo intrinseco dei sistemi che presiedono.
I campi che presiedono allo sviluppo e al mantenimento della forma corporea si chiamano morfogenetici.
Quelli che si occupano della percezione, del comportamento e dell’attività mentale si chiamano campi percettivi, comportamentali e mentali.
In mineralogia sono definiti cristallini e molecolari.
In sociologia sono detti sociali e culturali. Comprendono in sé, e connettono, le varie parti del sistema che sono preposti ad organizzare.
Così un campo cristallino organizza i modi secondo cui le molecole e atomi si ordinano all’interno di un cristallo.
Il campo di un animale plasma le cellule e i tessuti all’interno di un embrione, ne guida lo sviluppo fino a che esso assuma la caratteristica forma della sua specie.
Un campo sociale organizza e coordina il comportamento degli individui che lo compongono, per esempio il modo in cui ciascun uccello vola all’interno del suo stormo.
Il campo morfico conduce i sistemi a esso sottoposti verso mete o obiettivi specifici (Attrattori).
Per Sheldrake il campo stesso si evolve.
Esso non è fissato una volta per tutte.
La sua struttura dipende da ciò che è accaduto in precedenza. Contiene una sorta di memoria.
Attraverso la ripetizione, i modelli che organizza divengono sempre più probabili, sempre più abituali.
Secondo Sheldrake, il primo campo di un dato tipo, per esempio il campo del primo cristallo d’insulina, o quello di una nuova idea, diciamo la teoria di Darwin sull’evoluzione, comincia a esistere grazie a un salto creativo la cui fonte evolutiva ci è sconosciuta.
Forse si tratta del caso.
Forse si tratta dell’espressione di una creatività intrinseca alla mente e alla natura.
Una volta che questo nuovo campo, questo nuovo modello di organizzazione, ha cominciato a esistere, esso si rafforza attraverso la ripetizione.
E’ sempre più probabile che il modello si riproponga.
I campi divengono una sorta di memoria cumulativa, evolvendosi nel tempo, e sono alla base della formazione delle abitudini.
Il veicolo attraverso il quale le informazioni vengono trasmesse da un sistema ad un altro viene definito risonanza morfica.
Essa contiene in sé la possibilità che un’entità influisca su di un’altra simile, che modelli di attività influiscano su altri modelli di attività successivi e analoghi.
Questi influssi passano attraverso, e dentro, lo spazio tempo. Quanto maggiore è la somiglianza tanto più potente è la risonanza morfica.
La risonanza morfica è il fondamento di tutta la memoria intrinseca ai campi, a tutti i livelli di complessità.
Qualsiasi sistema morfico, poniamo l’embrione della giraffa, si sintonizza sui sistemi precedenti e simili, in questo caso le giraffe precedentemente sviluppate.
Parlando dell’uomo, questo tipo di memoria collettiva è strettamente affine a quello che lo psicologo C.G. Jung chiamava ‘l’inconscio collettivo’.
La teoria di Sheldrake sostiene che la risonanza morfica si manifesta nella fisica, nella chimica, nella biologia, nella psicologia, e nelle scienze sociali.
Sistemi di antica formazione come gli atomi di idrogeno, i cristalli salini e le molecole di emoglobina sono governati da campi morfici talmente potenti, da abitudini talmente radicate, che è difficile osservarvi il più piccolo cambiamento.
Le ipotesi sui campi morfici formulate da Sheldrake:
1.Sono un tutt’uno autoadattante.
2.Hanno una posizione sia spaziale che temporale e organizzano la trama spazio-temporale dell’attività ritmica o vibratoria.
3.Hanno il potere di attirare i sistemi ai quali presiedono verso forme e attività determinate, alla cui nascita soprintendono e di cui custodiscono l’integrità. Gli obiettivi verso i quali i campi morfici attirano i sistemi ad essi sottoposti sono chiamati attrattori.
4.Mettono in relazione e coordinano le unità morfiche (oloni) al loro interno, le quali a loro volta sono organizzate dai campi morfici. I campi morfici a loro volta contengono in sé altri campi morfici secondo una gerarchia di insiemi a catena, detta olarchia.
5.Sono strutture probabilistiche e la loro attività di organizzazione è probabilistica.
6. Contengono una memoria intrinseca fornita dall’autorisonanza con il passato dell’unità morfica medesima e dalla risonanza morfica con tutti i sistemi precedenti e analoghi. Questa memoria è cumulativa.
Quanto più frequentemente un determinato modello di attività viene ripetuto tanto più abituale diviene.
I Campi Morfogenetici
Sono i campi morfici che presiedono allo sviluppo e al mantenimento della forma corporea. Essi sono quindi un particolare tipo di campi morfici.
L’idea di campo morfogenetico è emersa soprattutto in biologia.
Fin dagli anni ’20 del secolo scorso diversi biologi hanno ipotizzato che un organismo in via di sviluppo venga modellato da un campo, detto appunto morfogenetico (perché genera la forma).
L’idea di campo è quella di una regione di influenza autoadattante, analoga ai campi magnetici e ad altri campi esistenti in natura.
di E. Cogliani
Liberamente tratto dal sito:
http://www.celestiniancenter.com/SHELDRAKE.html Consultate direttamente la home page di R. Shaldrake:
http://www.sheldrake.org/ mailto:pam@telepet.demon.co.uk
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BUCHI NERI E REINCARNAZIONE
Giu 8th
Il grande vantaggio dell'entrare in contatto col vostro sé interiore tramite la meditazione, è che ottenete accesso ad informazioni che sarebbero altrimenti del tutto impossibili da acquisire con la vostra mente conscia o sé esteriore. Il vostro sé esteriore è focalizzato sui cinque sensi fisici, che forniscono informazioni attingendo all'ambiente fisico circostante di terza densità.
Il vostro sé interiore, invece, risiede nella realtà amplificata di quinta densità. Quando entrate in contatto col vostro sé interiore accedete ad ogni conoscenza possibile, non solo quella proveniente dalle incarnazioni fisiche, ma anche dalle “vite di mezzo” trascorse nei regni spirituali e mentali di quarta e quinta densità.
Un modo semplice per esplorare lo spazio
Dopo l'epoca Vittoriana, il naturalista Michael Faraday, deceduto nel 1867, capì come continuare a trasmettere informazioni avvalendosi di un essere umano vivente. Fu tramite quel canale fisico che egli riferì le scoperte derivanti dalle sue spedizioni di ricerca su altri pianeti ! Immaginatevi, un naturalista di era Vittoriana nel suo corpo di spirito, un secolo prima della corsa allo spazio, che visita altri pianeti per metterli a confronto con la vita sulla Terra.
Dopo la morte, le persone occupano dei corpi di spirito (astrali). Proiezione astrale significa proprio questo, proiettare il vostro corpo astrale verso una nuova posizione o luogo. Col vostro corpo di spirito, che occupate ogni notte mentre dormite, potete proiettarvi in meno di un secondo verso qualunque luogo sulla Terra. Proiettarsi verso altri pianeti, invece, necessita di un po' più di pianificazione. C'è un limite a quanto lontano la maggioranza delle persone può proiettarsi nello spazio profondo, verso altri sistemi solari, perciò un buon tour guidato interplanetario prevedrà una serie di “salti” affinché il gruppo di visitatori faccia delle soste e si ri-proietti poi lungo la rotta verso la sua destinazione.
E anche per esplorare il tempo
Nella vostra quinta-densità, quella della coscienza del sé interiore (anima), avete ancora più libertà che nella vostra quarta-densità, quella della coscienza astrale. Nella quinta, potete spostarvi attraverso il tempo tanto facilmente quanto potete cambiare di luogo. È nella quinta densità che progettate ogni nuova incarnazione fisica. La vostra prossima vita non necessariamente verrà cronologicamente dopo quella attuale. La vostra prossima esistenza, nella serie di incarnazioni, potrebbe svolgersi in quello che definiamo il passato, o il futuro. Ad esempio, l'autore del libro Journey of Souls [Il Viaggio delle Anime] Michael Newton, una volta riferì il caso di uno dei suoi soggetti di ricerca, cui piaceva leggere la storia dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America.
Era profondamente interessato all'argomento perché stava preparandosi a divenire, nella vita successiva, uno dei padri fondatori – un salto all’indietro nella storia – e voleva essere certo che avrebbe fatto un buon lavoro! In meditazione profonda, avete accesso a tutte le informazioni che il vostro sé interiore possiede, e anche a qualsiasi altra cui possa accedere per voi dietro richiesta. Prendete un argomento come i buchi neri nello spazio, per esempio – un tema su cui sappiamo veramente poco. Non abbiamo certo la capacità, o l'intenzione, di volare dentro ad un buco nero solo per scoprire cosa vi sia dietro.
Una scansione mistica dell'universo
Tuttavia, in uno stato mistico profondo, possiamo studiare i buchi neri e percepirli come parte del Disegno del Creatore dell’universo. Ecco come appaiono i buchi neri da uno stato mistico: L'Universo venne in origine creato a partire da un sole centrale, formato da due vortici di energia controrotanti. All'interno dello spazio d'incontro tra questi due vortici, man mano che le energie controrotanti, di polarità opposte, si incontrano e si fondono, scaturisce un'implosione continuata. Da questa implosione, la reazione automatica che si genera è una costante esplosione energetica.
È questa esplosione di ben ideata energia ad alimentare l'universo con un’elevata forma di energia eterica. L'energia eterica è pre-fisica e perciò invisibile all'occhio umano. Il “big-bang” avvenuto nello storico centro dell'universo, fu in realtà un incontro di energie controrotanti, che formarono il sole centrale. Da allora, l'energia si è sprigionato per l'intero universo, contribuendo alla sua continua espansione e partecipando alla formazione di galassie, soli ed eventuali pianeti man mano che l'universo si è ampliato. Il nostro sole locale agisce da trasduttore, o trasformatore-riduttore di potenza, dell'energia proveniente dal sole centrale dell'universo e passante per il sole centrale della nostra galassia. Irradia energia eterica (vita), energia magnetica (il tessuto dello spazio-tempo) ed energia elettrica (luce fisica).
I mistici riferiscono che il Sole, mentre irradia la sua energia, emette nell’etere un suono sottile. Questo suono non-fisico, dicono, contiene tre sillabe – A U M. Quando le persone intonano il suono del Sole come mantra di meditazione, devono pronunciare o pensare alle sillabe una ad una. Il Sole, tuttavia, crea il suono di tutte tre in modo continuativo.
Il segreto dell'AUM
La “A” è il suono sottile dell'energia eterica, la “U” è il suono dell'energia magnetica, e la “M” è il suono dell’energia elettrica. L'energia magnetica è il mezzo di trasporto delle altre due energie. Il Sole, perciò, irradia energia elettro-magnetica (luce) ed energia eterico-magnetica (vita). Prima o poi, tutte queste energie diminuiscono di potenza. Così come, analogamente, una cascata d’acqua perde l'energia potenziale della sua cima man mano che si riversa giù. L'universo usa energia come propellente per mettere in moto ciò che rende possibile la vita.
Tutta quell'enorme apporto di energia in arrivo dal sole centrale dell'universo, si fa strada attraverso il sole centrale di ogni singola galassia, attraverso i soli locali, attraverso i pianeti, per poi scivolare via, consumata nel suo potenziale e pronta ad essere riciclata. L'atto di riciclaggio si manifesta ovunque in natura. Quando l'acqua, rovesciandosi giù da una cascata, perde tutto il suo potenziale massimo, finisce in un lago o in un oceano. Poi il Sole la fa evaporare e trasformare in nubi di pioggia, da cui può ricominciare a ricadere giù nuovamente.
La Bellezza del Creato
L'energia consumata dell'universo scompare dentro ai buchi neri; dei giganteschi aspirapolvere del cosmo che assorbono ogni energia e materia che si trovino sul loro cammino. I buchi neri sono i “tubi di scarico” dell'impianto idraulico dell’universo. Alcune stelle e i loro pianeti scelgono di scomparire giù per un tubo di scarico universale, così che possano tornare a nuova vita, come atto di dono supremo per l'universo. Si reincarnano come energia ad alta frequenza proveniente dal sole centrale, pronta per risplendere ancora e fornire importante potenza a tutta la vita dell'universo.
Tale è la bellezza del Creato.
Data articolo: maggio 2007
Questo articolo è stato scritto da Owen Waters, autore de "The Shift: The Revolution in Human Consciousness"
Traduzione di Daniela Brassi
Fonte: http://www.infinitebeing.com/0410/blackholes.htm
riportato da : http://www.liberamenteservo.it
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