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Categoria: "Notizie scottanti"

IL DNA SPAZZATURA E' UN'ANTENNA DI BIOFOTONI

Una scoperta semplice ma rivoluzionaria :le nostre cellule contengono ed emettono luce. Gli studi pionieristici del Prof.F.A.Popp i suoi successivi sviluppi ci hanno permesso di capire come ogni essere vivente emetta costantemente una radiazione ultra debole chiamata biofotone, così debole da essere equiparata alla visione della fiamma di una candela posta a 20 km di distanza.

Ancora più rivoluzionaria è la scoperta che questa emissione ultra debole origina nel DNA .Il DNA è stato sempre esclusivamente considerato come la molecola che contiene le informazioni genetiche necessarie per la sintesi delle proteine ,gli elementi che sono alla base dell'identità degli organismi viventi. Queste funzioni vengono svolte in realtà solo dal 5% del DNA esistente , mentre il restante 95% veniva definito DNA spazzatura proprio perché non se ne conosceva l'utilità. I nuovi studi e le ricerche più recenti hanno conferito invece dignità biologica a questa porzione, assegnandole un ruolo fondamentale nel funzionamento dei sistemi viventi, come guida per tutti i processi cellulari .Si è visto che questa parte del DNA agisce come un'antenna ricevendo ed emettendo segnali luminoso trattenendo ed emettendo fotoni, i quali garantiscono una serie di fondamentali funzioni biologiche ;in essi sono contenute e veicolate le informazioni che servono per regolare le attività fisiologiche e i processi cellulari, le reazioni biochimiche, la conduzione degli impulsi nervosi, la regolazione del sistema immunitario, l'alternarsi dei ritmi biologici, in buona sostanza il mantenimento in vita degli esseri viventi. Vita che deriva dalla luce ed è da essa sostenuta grazie a informazioni energetiche ben precise , che non lasciano spazio alla casualità. L'uomo è un sistema aperto in grado di comunicare con l'ambiente che lo circonda e di ricevere informazioni da esso, in grado di ricevere energia tramite i biofotoni ,mediatori di informazione ad alto grado di coerenza e stabilità. Questi si diffondono ,si "dissipano" ,simultaneamente in tutto il sistema in maniera ordinata e coerente ,inducono nei vari organi vibrazioni ordinate e coerenti ad essi analoghe e di conseguenza reazioni biochimiche organiche ordinate e coerenti ad essi affini. Questo consente all'uomo di adattarsi all'ambiente stesso ,di ricevere sempre nuove e stimolanti informazioni , di mantenersi lontano dall'equilibrio termodinamico e quindi vicino alla vita. Solo i fotoni possono svolgere un ruolo di coordinamento delle funzioni biologiche viventi in maniera così ordinata, iperveloce ed olografica ;solo essi possono garantire un campo di vibrazione cellulare coerente che abbassi il livello di entropia e renda il sistema meno caotico ,condizione alla base del mantenimento della salute. Un campo di vibrazione cellulare coerente permette una miglior capacità di trasmettere informazioni a tutto il sistema , senza che queste vadano perse , e proteggendole da altre informazioni poco coerenti , per esempio batteri o sostanze tossiche ,che potrebbero alterare l'armonia di vibrazione esistente e quindi ripercuotersi sulla salute.

Se lo scopo ultimo dell'essere è l'evoluzione, il costante miglioramento ,come potrebbe avvenire questo se non ricevessimo sempre  e nuove stimolanti informazioni dall'esterno? Ci ammaliamo quando non abbiamo più voglia di ricevere nuove informazioni , quando non abbiamo più stimoli per crescere e andare avanti : è allora che ci rinchiudiamo in noi stessi ,smettiamo di evolvere e diventiamo un sistema chiuso che tende all'equilibrio elettrodinamico, alla stasi e quindi alla morte.

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Parole e pensieri negativi ,paure e preoccupazioni ,altro non sono che vibrazioni contenenti informazioni negative ben precise ,disarmoniche e incoerenti. E' la mente umana ,attraverso l'atto del pensare ,che genera fotoni : essi vengono poi trasferiti in tutto l'organismo grazie a piccole strutture cerebrali dette micro tubuli che , vibrando in coerenza di fase ,influiscono sulla funzione d'onda del campo quantico e la portano al collasso. Il collasso della funzione d'onda determina la conseguente materializzazione della probabilità, fra le tante presenti nel vuoto quantico , più in risonanza con l'informazione contenuta in quei fotoni-pensieri. Questa informazione prodotta dalla nostra mente , dai nostri pensieri e dalle nostre emozioni si manifesta nei micro tubuli in fase di coerenza quantica e viene trasferita simultaneamente in "entanglement" alla particella correlata ; essa a sua volta genera forme di interferenza d'onda che interferiscono collegandosi con altre particelle e diffondendo l'informazione in tutto il sistema vivente. A livello cellulare l'informazione viene recepita dal DNA di scarto -in un processo detto di ipercomunicazione- e smistata al DNA codificante ,che produrrà le proteine ,cioè i mattoni della materia che sarà. Nel DNA sono presenti una serie di programmi preimpostati di default che attivano diverse funzioni organiche a seconda dell'informazione che ricevono dall'ambiente. L'interazione tra ambiente e DNA è garantita da micro tuboli che sanno già dove indirizzare il biofotone e quindi quale programma attivare. L'informazione essendo non locale ,conosce cioè l'obiettivo che vuole e deve essere raggiunto e guida i micro tuboli ad attivare programmi del DNA specifici volti a raggiungere l'obiettivo stesso. L'atto di coscienza-pensiero altro non è che un'espressione quantistica non locale che influenzando il campo quantico ne determina manifestazione ed evidenza materiale :ciò che pensiamo diventa realtà. La realtà quotidiana che viviamo riceverà la forma dei nostri pensieri ,siamo noi ,letteralmente , a creare il mondo che percepiamo attraverso il filtro delle nostre credenze- Dr.V.Primitivo

luisa gavioli

https://www.linkedin.com/pulse/il-dna-spazzatura-e-unantenna-di-biofotoni-luisa-gavioli/

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Le piante che filtrano l'inquinamento

Secondo la Nasa le migliori piante che dovremmo tenere in casa e in ufficio sono:

·         1. Palma da datteri nana

·         2. Felce di Boston

·         3. Nephrolepis obliterata

·         4. Falangio

·         5. Aglaonema

·         6. Palma di bambù

·         7. Fico beniamino

·         8. Potos

·         9. Anthurium andraeanum

·         10. Liriope

·         11. Rhapis excelsa

·         12. Gerbera jamesonii

·         13. Tronchetto della felicità

·         14. Edera comune

·         15. Sansevieria trifasciata

·         16. Dracena marginata

·         17. Spatafillo

·         18. Chrysanthemum morifolium

Avete almeno una di queste piante in casa?

Francesca Biagioli

 

Le piante da appartamento ci aiutano a purificare l’aria delle stanze in cui viviamo. Ma come possiamo fare per scegliere le piante migliori? Da anni i ricercatori si stanno occupando di questo argomento che è stato approfondito anche dalla Nasa. Ora un nuovo studio contribuisce a darci nuovi suggerimenti.

Dalla State University di New York arriva un nuovo studio che indica le piante migliori per purificare l’aria di casa. Secondo gli esperti l’inquinamento dell’aria di casa è una minaccia ambientale da non sottovalutare per la salute umana. A parere dei ricercatori, circondarci di piante che purificano l’aria può diventare un aiuto prezioso.

I ricercatori hanno scoperto che alcune piante sono migliori di altre nel rimuovere la categoria principale degli inquinanti domestici, cioè i composti organici volatili (VOC). Con le piante giuste, insomma, l’aria di casa diventa più pulita e sicura.

Gli edifici, sia vecchi che nuovi, secondo gli esperti possono presentare al proprio interno dei livelli elevati di VOC, a volte così alti che è possibile sentirne l’odore. Tra questi composti troviamo l’acetone, il benzene e la formaldeide, che sono nocivi per la salute quando li respiriamo. A lungo andare queste sostanze possono provocare asma e allergie.

Secondo gli autori dello studio, uno dei metodi migliori per rimuovere il VOC dalle nostre case è scegliere le piante giuste. I ricercatori hanno misurato le diverse concentrazioni di VOC in alcune stanze dopo aver inserito differenti tipologie di piante.

I ricercatori hanno testato 5 tra le più comuni piante da appartamento e 8 tra i VOC più diffusi. Si sono resi conto che alcune piante assorbono determinate sostanze meglio di altre.

Ecco le piante utilizzate durante lo studio:

1) Crassula argentea

2) Chlorophytum comosum

3) Guzmania lingulata

4) Consolea falcata

5) Dracaena fragrans

Tutte le piante si sono dimostrate in grado di assorbire i VOC testati dai ricercatori e la Guzmania lingulata si è rivelata la migliore.Tra le piante da appartamento che depurano l’aria di casa (e dell'ufficio) troviamo inoltre il ficus, il bambù, il filodendro e la gerbera. Avete già qualcuna di queste piante in casa vostra? 

Marta Albè 

 

Sono belle, colorate e arredano la nostra casa donandole spesso anche un tocco esotico. Ma se vi dicessimo che le piante da interni sono anche in grado di migliorare la qualità dell’aria che respiriamo e limitare l'inquinamento domestico?

Verso la fine degli anni ‘80 la NASA condusse uno studio approfondito sulla capacità delle piante da appartamento di purificare l’aria. Dalla ricerca emerse un risultato molto interessante: le piante non solo sono in grado attraverso la fotosintesi clorofilliana di assorbire anidride carbonica e di rilasciare ossigeno, ma molte di esse riescono a neutralizzare sostanze organiche volatili (VOC) spesso presenti nelle nostre abitazioni grazie a degli enzimi detti metilotrofi.

Ma vediamo in dettaglio quali sono le 15 piante maggiormente indicate a purificare l’aria di casa nostra.

1. Lingua di Suocera (Sansevieria trifasciata 'Laure ntii')

Nota anche come lingua di suocera, questa pianta da interni è una delle più efficaci nel depurare l’aria. È in grado di filtrare e rendere inoffensiva la formaldeide spesso presente nei prodotti per la pulizia, nella carta igienica o nei tessuti per la cura personale. Sistematene una in bagno: saprà prosperare anche in condizioni di luce scarsa.

2. Ficus (Ficus benjamina)

Questa pianta molto diffusa può aiutarci a filtrare molti agenti inquinanti come la formaldeide, contenuta nei tappeti e nei mobili di casa, ma anche il tricloroetilene ed il benzene. Il ficus non è una pianta facilissima, ma se scegliete una posizione in casa dove c'è la giusta esposizione solare ed effettuate un’annaffiatura regolare, sarà molto longeva.

3. Crisantemo (Chrysantheium morifolium)

I coloratissimi fiori del crisantemo oltre a donare una nota di vivacità alla vostra casa o al vostro ufficio, vi aiuteranno a filtrare il benzene, normalmente presente nei collanti, nelle vernici, nelle plastiche e nei detersivi. Ricordatevi di collocarlo in un punto dove possa godere della luce intensa del sole che farà germogliare i suoi fiori.

4. Aloe (Aloe vera)

Questa pianta, appartenente alla famiglia delle succulente, è molto semplice da coltivare e può dimostrarsi un fidato alleato contro la formaldeide e il benzene. Un buon posto per collocarla potrebbe essere una finestra ben illuminata in cucina. Oltre alle sue proprietà purificanti dell'aria dal suo estratto si ottengono delle ottime creme lenitive per la pelle.

5. Dracena (Dracaena marginata)

Grazie alle sue bordature di un rosso intenso, la dracena aggiunge sicuramente un tocco di colore ai nostri ambienti ed il suo arbusto può crescere per diversi metri. È l'ideale per combattere sostanze come lo xilene, il tricloroetilene e la formaldeide, che come abbiamo già detto possono essere presenti in lacche o vernici.

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6. Dracena (Dracaena deremensis Warneckii)

Può combattere gli agenti inquinanti contenuti in oli e vernici. Cresce in modo rigoglioso anche in presenza di scarsa luce. Il suo fusto sottile è sovrastato da una chioma di foglie allungate e può raggiungere un’altezza sorprendente.

7. Azalea (Rhododendron simsii)

Questo fantastico arbusto fiorito è perfetto per combattere la formaldeide presente nel compensato e nelle schiume isolanti. La loro capacità filtrante sembra essere maggiore se esposte in un luogo fresco, l'importante che sia ben illuminato.

8. Pothos (Scindapsus aures)

Un'altra fedele alleata nella lotta alla formaldeide. Vi consigliamo di posizionarne qualche vaso nel vostro garage, dove a causa dei gas di scarico ricchi di formaldeide l'aria non sarà delle migliori, È una pianta molto robusta e spartana ed è in grado di crescere anche con scarsa luce.

9. Gerbera (Gerbera jamesonii)
La gerbera è una pianta da fiore ideale per rimuovere la trielina, spesso presente nei capi d’abbigliamento lavati a secco. Ponetela nella vostra lavanderia o in stanza da letto ma fate attenzione: ha bisogno di molta luce. Di notte meglio rimuoverla dalle stanze in cui dormite.

10. Edera Comune (Hedera helix)

L'edera è ottima per inibire la formaldeide presente in molti prodotti per la pulizia della casa. Inoltre sembra che sia in grado di ridurre la diffusione di particelle inquinanti trasmesse con le feci degli animali domestici.

11. Filodendro (Philodendron oxycardium)

Questa pianta rampicante non è indicata in quelle famiglie dove ci sono bimbi piccoli o animali domestici, poiché risulta estremamente tossica se ingerita. In compenso è ottima nel filtraggio delle sostanze inquinanti volatili in particolare con la formaldeide.

12. Palma di bamboo (Chamaedorea sefritzii)

Questa piccola palma cresce bene in zone d'ombra e spesso produce fiori e piccoli frutti. È uno dei migliori filtri naturali contro il benzene e il tricloroetilene ma è anche capace di neutralizzare la formaldeide.

13. Spatifillo (Spathiphyllum Mauna Loa)

Questo giglio richiede una esposizione in penombra ed una annaffiatura regolare una volta la settimana per poter produrre i suoi candidi fiori bianchi. È imbattibile nella lotta dei più comuni composti organici volatili, quali il benzene, la formaldeide e il tricloroetilene ma risulta efficace anche con toluene e xilene.

14. Aglaonema (Aglaonema Crispum Deborah)

L'Aglaonema cresce anche in condizioni di scarsa luce e produce fiori e frutti rossi. È in grado di filtrare diversi inquinanti atmosferici.

15. Falangio (Chlorophytum comosum)

Se non avete un pollice verde invidiabile la il falangio è la pianta che fa per voi. Molto resistente, poco soggetta a malattie, facile da allevare necessita solo di molta luce. Grazie al suo fitto fogliame e ai fiori bianchi la pianta è in grado di filtrare benzene, ossido di carbonio, formaldeide e xilene.

La natura, ancora una volta, ci dimostra di avere sempre soluzioni efficaci ad impatto e costo zero.

Lorenzo De Ritis

Quali sono i migliori alberi anti inquinamento? In Italia e altrove nel mondo sono in corso degli studi molto interessanti con l’obiettivo di individuare quali siano gli alberi in grado di aiutarci a ridurre l’inquinamento.

Gli studi ora in corso sono condotti dal CNR-Ibimet di Bologna e dall’Università di Southampton, nel Regno Unito. Le ricerche, pubblicate sulla rivista scientifica Landscape and Urban Plan ning, si sono occupate della situazione della città di Londra e hanno verificato che gli alberi in città rimuovono tra le 850 e le 2100 tonnellate di Pm10 all’anno.

Non dobbiamo però tenere conto soltanto del ben noto Pm10. Infatti, a parere degli esperti, a preoccuparci dovrebbe essere soprattutto il Pm2,5, un particolato molto fine che contiene sostanze derivanti dalle attività umane, come nitrati e solfiti.

Secondo gli studi condotti dall’American Forestry Association, un albero di circa 20 metri di altezza può assorbire ogni anno circa 1000 grammi di particolato. Ecco allora che è facile comprendere quanto gli alberi siano importanti per preservare la nostra salute e per ridurre l’inquinamento.

Scopriamo quali sono 10 tra i migliori alberi che possono aiutarci a ridurre l’inquinamento, con le immagini del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio (Conalpa).

1) Orniello

 

2) Olmo comune

 

3) Gelso nero

 

4) Frassino maggiore

 

5) Leccio 

 

6) Gingko

 

7) Acero campestre 

 

8) Biancospino

 

9) Bagolaro

 

10) Tiglio

 

Marta Albè

www.greenme.it

 

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BUDDHA - insegnamenti sulla rabbia

Una lezione di BUDDHA  a chi gli aveva sputato in faccia … perche’ disse:

Grazie. Con il tuo gesto mi hai permesso di vedere che la rabbia mi ha abbandonato. Ti sono estremamente grato

 

Di Jennifer Delgado Suárez

I rapporti interpersonali sono una fonte enorme di soddisfazione e felicità, ma sono anche la principale causa d’insoddisfazione e infelicità. Non dovremmo sorprenderci dal momento che tutti i fenomeni e le situazioni hanno due facce, di solito contrapposte. Quindi, una delle chiavi per la felicità consiste nell’imparare a ignorare parole, atteggiamenti e comportamenti di molte persone.

 

Infatti, ci sono momenti in cui ignorare è una questione di salute mentale, perché ci sono atteggiamenti che possono destabilizzarci oppure ostacolarci al punto di impedirci di andare avanti e raggiungere il nostro potenziale. Renderci conto che stiamo alimentando rapporti tossici, nei quali noi stessi siamo le principali vittime, è il primo passo per liberarci dalla rete in cui siamo caduti.

 

Si dice che una volta, un uomo si avvicinò a Buddha e, senza dire una parola, gli sputò in faccia. I suoi discepoli si arrabbiarono. Ignorare è un’arte

Ananda, il discepolo più vicino, chiese a Buddha:

Dammi il permesso di dare a quest’uomo ciò che merita!

Buddha si asciugò con calma e rispose ad Ananda:

No. Io parlerò con lui.

E unendo i palmi delle mani in segno di riverenza, disse all’uomo:

Grazie. Con il tuo gesto mi hai permesso di vedere che la rabbia mi ha abbandonato. Ti sono estremamente grato. Il tuo gesto ha anche dimostrato che Ananda e gli altri discepoli possono essere ancora assaliti dalla rabbia. Grazie! Ti siamo molto grati!

Ovviamente, l’uomo non credette a ciò che udì, si sentì commosso e angosciato.

 

Questo racconto ci mostra che cosa significa esattamente ignorare, una parola che spesso ha un significato negativo e può farci sentire “cattive persone” per ignorare gli altri.

Ignorare significa semplicemente non permettere che parole, atteggiamenti e comportamenti dannosi di altri possano intaccare il nostro equilibrio interiore. Non è necessario ricorrere alla violenza velata o all’aggressività, è sufficiente creare un involucro protettivo intorno a noi.

Si tratta di imparare a ignorare certe persone in certi momenti, e non è neppure necessario allontanarsi da loro, perché, dopo tutto, tutti abbiamo luci e ombre. Ignorare non è una forma di vendetta o un modo per far sentire inferiore l’altro, è solo un modo per proteggerci.

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3 situazioni che devi imparare a ignorare:

 

1. Le critiche distruttive. Quando le critiche non sono destinate ad aiutarci a migliorare, ma solo a scoraggiarci e farci sentire inferiori, le dovremmo ignorare. Non lasciare che gli altri ti giudichino senza essersi prima messi nei tuoi panni, e non permettere che le loro critiche ti danneggino.

 

2. Le cattive azioni. Se una persona si comporta male con te non permettere che il suo comportamento alteri il tuo equilibrio psicologico, perché allora avrà raggiunto il suo obiettivo. Ricorda che può danneggiarti solo ciò a cui permetti di farlo. Se noti una cattiva azione, rivedi le tue aspettative relative a quella persona e vai avanti.

 

3. Le manipolazioni. Alcune persone cercheranno di controllarti attraverso la manipolazione emotiva. È importante che tu ne sia consapevole e impari a evitare i commenti che fanno leva sul tuo senso di responsabilità, il senso di colpa o anche l’affetto, per farti prendere decisioni che altrimenti non avresti preso. Quando impari a ignorare tali commenti diventi veramente libero di decidere ogni passo nella tua vita.

 

Costruisci il tuo scudo con la “Accettazione Radicale”

Siamo così abituati a reagire che ci arrabbiamo spontaneamente quando qualcuno si comporta male, o ci rattristiamo quando veniamo criticati. In realtà, queste reazioni sono normali, non dobbiamo pretendere di essere come il Buddha della storia, il problema è quando durano più a lungo di quanto dovrebbero e finiscono per danneggiarci.

Imparare a ignorare è un processo che richiede molta preparazione e un profondo cambiamento di atteggiamento. Anche se può sembrare un controsenso, ignorare efficacemente non significa chiudersi in sé, ma tutto il contrario: aprirsi completamente al mondo.

Una tecnica molto semplice e potente per farlo è “l’accettazione radicale”.

Questa tecnica fa parte della Terapia Dialettico-Comportamentale, sviluppata dalla psicologa Marsha M. Linehan dell’Università di Washington, e si concentra nella regolazione emozionale potenziando abilità come la tolleranza all’angoscia e la piena coscienza, quindi affonda le sue radici nella filosofia buddista.

Accettazione Radicale significa accettare completamente qualcosa, senza giudicare. In pratica, molte delle cose che dicono o fanno gli altri ci danno fastidio perché non corrispondono alle nostre aspettative, in qualche modo rifiutiamo di accettare quelle parole, atteggiamenti o comportamenti. Questo rifiuto è la fiamma che alimenta la frustrazione, il risentimento, l’odio o la tristezza.

Quando si pratica l’accettazione radicale si assume semplicemente ciò che è accaduto, senza entrare in giudizi di valore. Assumendo una distanza psicologica si crea uno scudo intorno a noi che ci offre la possibilità di reagire a questa situazione così da non esserne emotivamente danneggiati.

 

Fonte: Robins, C. J. et. Al. (2004) Dialectical behavior therapy: Synthesizing radical acceptance with skillful means. En Mindfulness and acceptance: Expanding the cognitive-behavioral tradition (30-44). Nueva York: Gilford Press.

http://aprilamente.info/un-racconto-buddista-ci-insegna-che-per-essere-felici-dobbiamo-imparare-a-ignorare-molte-persone/

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Non sempre Naturale non e' sinonimo di innocuo

"Primum non nocere", era quanto raccomandava Ippocrate (460-375 a.C., circa) e "Phàrmakon" veniva definita, nei primi poemi omerici, qualunque sostanza che, se introdotta nell'organismo, poteva divenire, in base al suo dosaggio, un rimedio, un medicamento oppure un veleno. E' da questa ambivalenza, da un equilibrio tra "morte" e "vita", tra superstizione e scienza che l'umanità seppe costruire farmaci per contrastare i morbi che la affliggevano.

"L'ingegnosità dell'uomo l'ha portato sempre ad appassionarsi nel cercare di variare forme e combinazioni di medicamenti", affermava William Withering nel 1875, ma già molti secoli prima Crateva, medico e farmacologo di Mitridate, re del Ponto (132-66 a.C.), aveva elaborato un medicamento che si basava sull'equilibrio tra veleni e  contravveleni. Tale medicamento, composto essenzialmente da piante medicinali e da carne di vipera, veniva chiamato "Teriaca" ed è stato utilizzato per circa diciotto secoli ( sì, avete letto bene!), fino quasi alla fine dell'Ottocento.

Si deve proprio a Withering, medico inglese, la prima valutazione clinica con i relativi dosaggi, dellaDigitale, pianta notevolmente tossica ma contenente importanti sostanze che la rendono utilizzabile, ancora oggi, nella terapia della insufficienza cardiaca.

Importante è sapere che non tutte le piante sono innocue, e che non esistono piante buone o cattive, ma che dipende sempre dall'utilizzo che l'uomo ne fa.

La corretta preparazione dei rimedi vegetali è importante per ottenere la massima efficacia e per evitare fenomeni tossici. Fondamentale è anche stabilire il giusto dosaggio di ogni pianta, nelle varie forme farmaceutiche, utilizzato in terapia. Va poi fatto presente che tra le cause di tossicità va considerata la contaminazione ambientale delle zone di raccolta, l'interazione tra diverse piante, lesofistificazioni, ecc... Come si può facilmente intuire, l'utilizzo delle piante medicinali non è poi così semplice come sembra.

Un aiuto notevole ci viene dalle conoscenze e dalle informazioni scientifiche, che consentono di individuare le piante più adatte per una cura medica. Tale somma di conoscenze non solo garantirà l'efficacia del trattamento, ma ridurrà al minimo il rischio di effetti collaterali. Ecco perché bisognarivolgersi a dei professionisti, come i fitoterapeuti, i farmacisti, gli erboristi e non azzardare cure "fai da te" o consigliate dalla vicina di casa, dalla zia, o dai canali di vendita on line o di vendita diretta effettuati da persone che di giorno fan gli impiegati o gli idraulici e poi la sera si travestono da consulenti della salute, con pappe e pappine "naturali" .

Nel nostro Paese c'è una ricchissima tradizione di cultura erboristica e di medicina popolare. Ognuno di noi conosce certamente, almeno per sentito dire, erbe, fiori o semi con azioni benefiche sul nostro organismo: l'infuso di foglie di Malva come emolliente, il decotto di Gramigna per la cistite, l'infuso di foglie di Alloro come digestivo, gli estratti di Ginseng contro la stanchezza e così via. Va tuttavia detto che le proprietà di certe erbe possono essere anche frutto della sola fantasia popolare, diventata tradizione e tramandata di generazione in generazione: basti pensare alla cosiddetta "erba della paura", che in Toscana viene ancora utilizzata per fare dei bagni, in quanto allontanerebbe dalla mente dell'individuo qualsiasi pensiero di paura.

In molti centri universitari ed ospedalieri italiani si fa seria ricerca in questo settore, studiando la composizione chimica delle piante, ricercando i migliori metodi estrattivi, cercando di capire ilmeccanismo d'azione sull'organismo biologico, gli effetti farmacologici e i possibili impieghi terapeuticicorretti. E di questa realtà possiamo davvero andare fieri ed esserne contenti.

Con tutta tranquillità possiamo oggi affermare che la fitoterapia, intesa appunto come cura delle malattie con le piante medicinali e loro derivati, può rappresentare realmente un aspetto anche importante della moderna terapia medica, e non tanto una medicina alternativa, termine ormai troppo carico di significati negativi.

Vi sono piante che pur essendo pericolose, se ingerite, possono fornire alcuni principi di validissimo aiuto per molte e anche gravi patologie. E' il caso, ad esempio, del Tasso (Taxus baccata), conosciuto anche come "albero della morte", che contiene una importante sostanza, il tassolo, sulla quale sono in atto studi antitumorali. L'avvelenamento che si ha ingerendo i semi di questo albero può avere esiti letali. Ovviamente il tasso non va prescritto nelle comuni preparazioni fitoterapiche, ma questo non toglie che ha proprietà terapeutiche molto interessanti.

Altra pianta pericolosa è l'Aconito ( Aconitum napellus), molto tossico: evitate di raccogliere i suoi splendidi fiori azzurro-violacei a forma di elmo, il veleno di questa pianta può penetrare attraverso la pelle. Pericolosa è anche l'Edera ( Hedera helix), un rampicante sempre verde che si attacca a tronchi, muri, fessure di rocce e assai comune... è velenosa tutta la pianta e in particolar modo i frutti, l'uso per via interna è sconsigliato, mentre viene adoperata per uso esterno con ottimi risultati.  Un'altra pianta dotata di notevole tossicità è il Bosso (Buxus sempervirens) che per gli antichi Greci era sacro a Plutone, dio protettore degli alberi sempreverdi. Il Bosso è un arbusto sempreverde proprio del territorio mediterraneo, generalmente coltivato come siepe per il suo aspetto ornamentale. Le sue foglie sono molto tossiche sia per gli uomini che per gli animali, e anche il solo contatto può provocare dermatiti.

Anche il Fico (Ficus carica), pur avendo interessanti virtù terapeutiche, contiene nelle sue foglie alcune importanti sostanze dette furocumarine che hanno una azione fotosensibilizzante. Il decotto abbronzante, adoperato sconsideratamente da alcune persone, può risultare estremamente pericoloso e comportare ustioni gravi. Né tanto meno va dimenticata l'altrettanta pericolosità del lattice, che è stato utilizzato per la cura di verruche, spesso con esiti da pronto soccorso.

Ricordate poi che il Bergamotto ( Citrus bergamia risso) contiene furocumarine e i prodotti solari contenenti olio essenziale di bergamotto possono provocare dermatiti bollose. Idem per il sedano, il limone e il pompelmo.

La più magica e misteriosa delle erbe, conosciuta nell'antichità come afrodisiaca, è la Mandragora, che godeva  fama di straordinarie virtù terapeutiche, come ad esempio la cura della sterilità femminile. Entrò a far parte anche della Teriaca di cui abbiam parlato, e venne usata come antidolorifico. Attualmente però si è stabilito che la pianta è assai tossica e ha scarsa importanza farmacologica.

Altra pianta magica è lo Stramonio (Datura stramonium) che era utilizzata già  dagli antichi Greci e dagli Arabi come inebriante nei riti magici e sacri. La pianta è molto tossica ed è meglio starne alla larga.

Usata nel XVI secolo dalle donne veneziane per ravvivare la luminosità dello sguardo e dilatare le pupille è la Belladonna (Atropa belladonna). Anticamente serviva per preparare la "pomata della strega", uno dei primi anestetici locali. La pianta è molto tossica e le sue bacche nere, se ingerite, possono essere mortali. La Belladonna però contiene atropina, utilizzata in medicina per la sua azione antispasmodica, antiasmatica e midriatica (provoca dilatazione della pupilla).

Altra pianta molto conosciuta è l'Agrifoglio (Ilex aquifolium) arbusto o piccolo albero sempreverde molto longevo, diffusissimo in Italia e simbolo della tradizione natalizia. Le sue bacche rosse sono in grado, se ingerite, di provocare uno stato infiammatorio di notevole gravità all'apparato gastrointestinale oltre a fenomeni convulsivi.

Sempre famosa nel periodo natalizio c'è anche la pianta del Vischio (Viscum album), dai frutti bianchi, perlacei e con polpa gelatinosa. E' una pianta tossica che va usata con molta cautela; la sua principale indicazione terapeutica è come ipotensivo e diuretico. L'intossicazione si manifesta con diarrea sanguinolenta, vomito ed estrema sete che porta ad un quadro di rallentamento del battito cardiaco e a shock.

E non possiamo non citare la "Stella di Natale" ( Euphorbia pulcherrima) che non ha alcuna indicazione terapeutica ma è una pianta notevolmente tossica.Le foglie, se ingerite, possono essere mortali.Anche il lattice del frutto al contatto con la pelle o con le mucose provoca fenomeni infiammatori.

Veniamo ora alla Canfora (Cinnamomum camphora), albero della Cina e del Giappone, diffuso anche in India e coltivato anche nelle zone miti dell'Europa. Distillando il legno dell'albero si ottiene la canfora, che viene impiegata come antitarme in tavolette allo stato solido o in soluzione oleosa o alcolica al 10% per frizioni e massaggi muscolari. La canfora, però, è anche notevolmente tossica e l'ingestione di circa un grammo può dare avvelenamento mortale in  un bambino.

Altra pianta particolare è l'Assenzio (Artemisia absinthium), pianta molto aromatica dal sapore amarissimo che presenta foglie dotate di una peluria biancastra che le dona un caratteristico colore argenteo. Dioscoride tramanda che l'assenzio era usato contro le tarme, le cimici, le pulci e i topi, mentre nel 1900 lo si riteneva utile contro le febbri intermittenti e come antielmintico. Caratteristica dell'assenzio è quella di contenere una sostanza molto tossica, il thujone (presente anche in altre piante) e intossicazioni molto gravi si sono avute in seguito all'ingestione di decotti molto concentrati di questa pianta, utilizzata a scopo abortivo.

Dr. Angelo Carli

http://www.farmalem.it/index.php/pagine/2-contenuti/705

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La storia di Julia - una ragazza che ha vissuto per 2 anni sulla cima di una sequoia

La storia di Julia e una sequoia

 

Nel dicembre 1997,a 23 anni, Julia “Butterfly” Hill si è arrampicata in cima a una sequoia,

battezzata Luna, per protestare contro l’abbattimento di una foresta di alberi millenari nel nord della

California da parte della Pacific Lumber, una società nel settore della raccolta del legname.

Solo dopo 2 anni ne è discesa, avendo raggiunto con la Pacific Lumber un accordo di grande

valenza simbolica, per la conservazione di Luna e degli alberi circostanti. Durante tutto questo periodo ha vissuto su una piccola e traballante piattaforma a circa sessanta metri di altezza, in balia delle tempeste, degli elicotteri della Pacific Lumber e dei suoi agenti di sicurezza che impedivano il passaggio dei

rifornimenti. Ha raccontato la sua storia nel libro ‘Una ragazza sull’albero’.

 

GRAZIE JULIA PER ESSERE UN COSI’ LUMINOSO ESEMPIO!

 

A molti il nome di Julia Butterfly Hill non dirà nulla, ma basta sapere che la sua storia rappresenta un caso senza precedenti di resistenza civile ambientale e che senza la sua eroica impresa molti alberi millenari degli Stati Uniti sarebbero stati abbattuti. Il suo merito però, consiste soprattutto nell’aver permesso che l’opinione pubblica americana e mondiale prendesse coscienza del problema del disboscamento massiccio in corso durante gli anni ’90.


Giovane californiana senza apparenti meriti, Julia divenne in breve tempo un’icona del movimento ambientalista per la salvaguardia delle foreste e degli alberi. Andando indietro a quegli anni, il suo è un caso unico: la sua voce si è scagliata potentissima contro il sistema di sfruttamento ambientale della Pacific Lumber, azienda locale di abbattimento di alberi e lavorazione del legno, colpevole di aver commesso numerose infrazioni ai danni dell’ecosistema di estese zone boschive.

Julia è riuscita a mettere in subbuglio il sistema attraverso un “semplice” atto di resistenza pacifica, ovvero, rimanendo per 738 giorni su una sequoia millenaria, dal dicembre 1997 a quello del 1999.

Stafford è una piccola città del nord-California situata ai piedi di una collina, non particolarmente degna di nota se non per il fatto che in quegli anni stava subendo un disboscamento di massa, al punto da creare una situazione molto pericolosa per chi viveva in quei luoghi: tagliando tronchi degli alberi, le cui radici permettevano all’ecosistema di rimanere stabile, le frequenti piogge tipiche della zona crearono delle frane di fango che investirono e di conseguenza distrussero un gran numero di case, risparmiando le vite al suo interno solo per miracolo. Il responsabile del disboscamento era, neanche a dirlo, la Pacific Lumber.

Coscienti di questi fenomeni, rimasti impuniti a causa di sottili giochi di potere, si organizzarono diversi gruppi di resistenza pacifica tra cui Earth First! con  delle occupazioni sugli alberi, il cosiddetto tree sitting, per impedirne l’abbattimento. Gli alberi diventano “casa” degli attivisti per un periodo di tempo sufficiente a ritardare le operazioni e a creare scompiglio. La verità è che difficilmente le occupazioni, nonostante la durata, andavano a buon fine. Lo strapotere delle aziende come la Pacific Lumber era tale da averla vinta sempre, e, una volta ricacciati gli occupanti, tutto poteva proseguire come deciso.

Ciò che rende la testimonianza di Julia Hill, che per l’occasione adotta il nome di battaglia “Butterfly”, è che la sua è una storia non solo di un’occupazione che non ha pari fino a quel momento, ma il bello è che si conclude positivamente. Nelle sue memorie, raccolte nel libro pubblicato in Italia come La ragazza sull’albero (Corbaccio, 2000), racconta di come a 21 anni sia stata vittima di un grave incidente automobilistico e poi, rimasta paralizzata, abbia dovuto sottoporsi alla riabilitazione per almeno due anni. Figlia di un predicatore e essa stessa dotata di una forte spiritualità, nonché di uno sconfinato amore per la natura, ha poi deciso di intraprendere un’azione in grado di dare un senso alla propria vita, votandola alla difesa di una causa. Venendo a contatto con la realtà di Earth First!, percepisce il profondo richiamo che ha su di sé la causa ambientale e agisce come già qualcuno prima di lei: dà in vendita tutti i suoi averi e parte alla volta della foresta minacciata di Stafford, dove si trova la sequoia secolare chiamata Luna.

Con determinazione riesce a integrarsi alla spedizione di Earth First!, dove impara a scalare un albero di quasi sessanta metri con solo una corda sottilissima e del nastro isolante, e viene in contatto con il mondo di questi ambientalisti, sperimentando un’occupazione di quasi due settimane, dopo la quale si ritroverà fisicamente prostrata. Ma l’imprinting è stato dato e Luna rischia davvero grosso: Julia sa che il suo scopo è di difenderla ad ogni costo. Risale sull’albero dopo qualche tempo, dando il cambio a dei colleghi, e non scenderà da lì per i successivi due anni.

Affronta tempeste e vento polare, uno degli inverni più freddi mai conosciuti, il compagno la abbandona e rimane da sola ad affrontare le provocazioni della Guardia Forestale e della polizia per farla scendere. Subisce l’attacco ravvicinato di elicotteri, notti insonni e razionamento del cibo. Dopo i primi tre mesi, anche i poliziotti abbandonano la posizione, ma il percorso che condurrà alla stipula di un accordo per salvare Luna e tutto l’ecosistema circostante è lunghissimo e al limite del martirio. Si concluderà solo dopo aver trascorso due inverni e minacce da ogni fronte, non solo umane ma anche dalla natura stessa. Un’impresa che a pensarci ha dell’incredibile.

Julia prese poi le distanze dal resto del gruppo, finendo per diventare da sola rappresentante della battaglia in cui si era buttata. Diventata un’icona agli occhi dei media e comunicando con l’esterno attraverso cercapersone e cellulare, prende parte a programmi radiofonici e si scontra direttamente con chi rappresenta il potere nemico: il direttore generale della Pacific Lumber.

Mostrandosi per quello che è, una ragazza qualsiasi, e stravolgendo il luogo comune dell’ambientalista estremista, dimostra al suo paese un esempio meraviglioso di disubbidienza civile e pacifica. Un caso davvero senza precedenti.

L’avventura di Julie è degna di essere letta e apprezzata non solo per la curiosità intrinseca di conoscere la sua vita quotidiana senza poter mettere piede a terra (come fa ad andare in bagno? dove dorme? com’è sopravvissuta alle intemperie?) ma anche per il valore umano nascosto tra le righe del suo racconto.
Ne emerge un personaggio al limite del fanatismo e della totale incoscienza, che affida sé stessa alla natura tramite preghiere, ma nel complesso una storia di coraggio e di devozione come mai saremmo capaci di sperimentare, ora.
Il paragone con personaggi come Christopher McCandless di Into the wild è pressoché immediato, ma nei libri che narrano le due vicende trapelano due personaggi, ma soprattutto due visioni della natura differenti, se non agli antipodi.
Se Chris era un esploratore, un Alexander Supertramp, devoto alla contemplazione estetica nella natura, un solitario per scelta che scopre infine il valore della condivisione, alla partenza Julia sembra voler annullare la propria essenza in nome di quella dell’albero che la ospita, come si sentisse chiamata per una missione in cui la parvenza della divinità è poco importante, lo scopo del viaggio è di portare a termine una specifica missione di salvezza. Julia si fonde totalmente con la natura e parla con Luna, impara a conoscerla e la interroga per sapere come agire per non ferirla.
Tra i due, coraggiosissimi, viene da pensare che non serva tanto girare in lungo e in largo per riuscire a vedere lontano, quanto l’ostinazione a tenere la propria posizione e arrivarne in fondo. O in cima. Lei ha sperimentato entrambi.

 

Da Una ragazza sull’albero: cosi’ scrive Julia….

 

“Dopo circa mezzo miglio, la bellezza dell’ambiente circostante cominciò a

colpirmi. Più mi inoltravo, più le felci erano grandi sino al punto che tre persone

con le braccia allargate non sarebbero state sufficienti per circondarle. Ovunque

spuntavano licheni e muschi. Ad ogni curva del sentiero c’erano funghi di ogni

forma e dimensione, nelle vivide sfumature dell’arcobaleno. Anche gli alberi

diventavano sempre più grandi. All’inizio sembravano normali, ma ogni volta che

piegavo all’indietro la testa il più possibile, guardavo su verso il cielo e non riuscivo

a vedere le cime. Alti decine di metri, erano più grandi di edifici di quindici,

diciotto, persino venti piani.

 

I tronchi erano talmente larghi che dieci persone,

tenendosi per mano, li avrebbero abbracciati a stento. Alcuni erano cavi, bruciati

dai fulmini, ma ancora in piedi. Questi antenati degli alberi sono stati testimoni

dei giorni dei dinosauri. Avvolti nella nebbia e nell’umidità che serve loro per

crescere, quegli antichi giganti si ergevano primordiali ed eterni.

Ad ogni passo i miei piedi affondavano nella terra umida. Sapevo di camminare

sopra secoli di storia.

 

Mentre mi inoltravo nella foresta non sentivo più né rumore di auto né odore di

scarichi. Respiravo l’aria pura e meravigliosa. Era dolce. Ovunque mi girassi c’era

vita, che la potessi o meno avvertire con la vista, l’odorato, l’udito, il gusto o il

tatto. Per la prima volta capii cosa significa essere vivi, avvertire la connessione

della vita con la sua verità intrinseca - non quella che ci insegnano i cosiddetti

scienziati o politici o altri esseri umani, ma la verità che esiste dentro il Creato.

L’energia mi colpì come un’onda.

 

Afferrata dallo spirito della foresta, caddi in

ginocchio e cominciai a singhiozzare. Affondai le dita nello strato di terra che

aveva un profumo dolce e ricco e pieno di strati di vita, poi chinai la faccia ed

annusai. Circondata da questi antichi ed enormi giganti, sentii dissolversi il filtro

che salvaguardava i miei sensi dallo squilibrio dalla nostra società affrettata e

tecnologicamente dipendente. In questa maestosa cattedrale, potevo sentire il

mio essere intero trasformarsi in nuova vita. A lungo rimasi seduta a piangere.

Alla fine, le lacrime si trasformarono in gioia e la gioia in ilarità, e rimasi seduta a

ridere per la bellezza che mi circondava.

 

Due settimane dopo mi resi conto che, se mi fossi inoltrata un po’ di più, sarei

finita in una zona boscata dalla Pacific/Lumber/Maxxam Corporation dove questi

alberi, che per crescere avevano impiegato migliaia di anni, erano stati abbattuti

con le motoseghe in pochi istanti. Al mondo è stato lasciato meno del tre per

cento di queste meraviglie uniche, il resto è stato trasformato in legname per le

case e per i mobili da giardino.

 

In questo paese il no profit esiste per conservare

le chiese vecchie di centinaia d’anni, ma questi alberi non hanno alcun gruppo

organizzato che salvi le loro vite dall’avidità della Maxxam. Conoscere il diboscamento

mi fece sentire come se una parte di me stessa fosse stata strappata

e violata, proprio come succede alle foreste.

 

Quei maestosi luoghi antichi, i più

sacri tra i templi e che ospitano più spiritualità di qualsiasi chiesa, stavano per

essere trasformati in radure e valanghe di fango. Dovevo fare qualcosa. Non

sapevo cosa, ma era chiaro che non avrei potuto girare le spalle e andarmene.

 

Tratto da: J. Butterfly-Hill “La ragazza sull’albero” - Corbaccio, 2000 - pp. 17-20

 

 

Una considerazione finale di Julia che vale per tutti noi:

 

“La capacità di cambiare il mondo sta nelle nostre mani, nelle nostre menti,

nei cuori, nei corpi e negli spiriti, rivolti all’azione. Non solo possiamo fare la

differenza, la verità è che la facciamo veramente e a noi spetta stabilire quale

tipo di cambiamento operare. Ognuno di noi ha il potere di guarire o ferire, di

essere l’eroe o il distruttore, in ogni momento, a ogni respiro.”

 

Se ami gli alberi visita la pagina sulla DENDROTERAPIA ENERGETICA :

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