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Categoria: "Notizie scottanti"

CANCRO - Scienziati affermano che eliminare zuccheri e carboidrati raffinati puo' giovare moltissimo

Diversi studi scientifici, insieme alla comprensione del meccanismo di funzionamento dello sviluppo delle cellule tumorali, mostrano come cibi ad alto indice glicemico siano il nutrimento migliore per il cancro

 

I medici ormai non hanno più scuse: devo informarsi ed aggiornarsi agli studi scientifici degli ultimi anni che mostrano una connessione chiara e netta tra alimentazione e cancro. Come afferma lo stesso Franco Berrino, Direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto per lo Studio e la Cura dei Tumori, “ai nostri pazienti negli ospedali diamo il peggio del peggio”. Su Dionidream ormai sono centinaia gli articoli che mostrano l’impatto enorme del cibo sulla salute, e ancora di più sono i commenti e le testimonianze degli utenti che cambiando piccole e grandi abitudini di vita hanno risolto problemi che si portavano dietro da anni che le cure farmacologiche non erano riuscite a curare.
Abbassare la glicemia nei pasti “fa morire di fame” il cancro

Le cellule tumorali metabolizzano il glucosio a ritmi elevati ed hanno una maggiore sensibilità alla riduzione del glucosio. Tuttavia, i meccanismi molecolari precisi che portano a diverse risposte a glucosio restrizione tra cellule normali e tumorali cominciano ad essere pienamente compresi solo da poco tempo.


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In realtà già nel 1931, il premio Nobel per la medicina, il tedesco Otto Warburg, Ph.D.,ha scoperto che le cellule tumorali hanno un metabolismo energetico fondamentalmente diverso rispetto alle cellule sane. Il punto cruciale della sua scoperta era che i tumori maligni spesso mostrano un aumento della glicolisi anaerobica – un processo in cui viene utilizzato il glucosio come combustibile dalle cellule tumorali con l’acido lattico come sottoprodotto anaerobico – rispetto ai tessuti normali. Le cellule sane hanno un assoluto bisogno di ossigeno mentre le cellule tumorali possono vivere perfettamente senza grazie al solo glucosio. La grande quantità di acido lattico prodotto da questa fermentazione del glucosio da cellule tumorali viene quindi trasportato al fegato. Questa conversione del glucosio a lattato genera un, pH più basso, più acido nei tessuti cancerosi così da causare affaticamento fisico generale da acido lattico. Proprio per questo in campo medico si parla sempre di più di alcalinizzazione dei tessuti e dieta alcalina.

Nel 2010 i ricercatori del Center for Aging e del Comprehensive Cancer Center dell’Università dell’Alabama hanno pubblicato uno studio scientifico su FASEB Journal in cui hanno analizzato la risposta al glucosio di cellule polmonari umane normali e precancerose (ovvero in uno stadio che precede di poco la trasformazione tumorale vera e propria). Entrambi i tipi cellulari sono stati fatti crescere in vari terreni di coltura, ricevendo quantità di glucosio normali o ridotte nel corso di alcune settimane per vedere come e quanto si moltiplicavano e per registrarne la sopravvivenza. I risultati parlano chiaro: se lo zucchero a disposizione scarseggiava, le cellule normali vivevano più a lungo, quelle pre-tumorali morivano. Inoltre valutando l’espressione e l’attività di alcuni geni i ricercatori hanno visto che la dieta a basso contenuto di glucosio stimolava un aumento dei livelli di telomerasi, l’enzima che «mantiene giovani» e ostacolava un gene che ne riduce l’attività. Infatti i telomeri sono le strutture terminali dei cromosomi che si accorciano man mano che si invecchia).


Nel 2012 gli scienziati dell’Università Rey Juan Carlos di Madrid hanno scoperto un altro meccanismo chiave che collega il cancro agli alti livelli di zucchero. Lo studio pubblicato sulla rivista Cell dimostra che elevate quantità di glucosio nel sangue, come quando consumiamo un pasto ricco di zuccheri e farine, stimolano una proteina chiamata β-catenina che era già nota essere un fattore importante nello sviluppo di molti tumori specialmente nei primi stadi della progressione del cancro. Lo studio ha quindi dimostrato che un alto livello di zucchero induce un accumulo nucleare di β-catenina che porta alla proliferazione del cancro.
Lo zucchero crea le cellule tumorali

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Ma non finisce qui. Nel 2014 i ricercatori della University of California hanno pubblicato uno studio straordinario sul Journal of Clinical Investigation. Gli autori affermano: “Vi è una notevole rinascita di interesse per il ruolo della glicolisi nel cancro. Tuttavia, l’aumento della glicolisi è visto spesso come conseguenza di eventi oncogenici che guidano la crescita delle cellule maligne e la loro sopravvivenza. Qui forniamo la prova che l’aumento di attivazione della sola glicolisi può essere un evento oncogenico in un modello di coltura 3D fisiologicamente rilevanti.” Essi dimostrano infatti che l’aumento del glucosio nel corpo porta alle prime fasi di creazione delle cellule tumorali, mentre la cessazione di assunzione del glucosio inverte le cellule cancerogene in cellule normali.


In sintesi: I cibi ad alto indice glicemico sono cancerogeni e alimentano le cellule tumorali già esistenti.
Come impedire eccessive quantità di glucosio nel sangue

Il glucosio è un nutrimento per tutte le cellule sane, tuttavia come ogni cosa, quando è in eccesso crea danni. Questa problematica è molto grave negli ultimi anni a causa del cambiamento repentino di alimentazione che in sole due generazione è avvenuto negli esseri umani. La raffinazione di farine e cereali insieme alla commercializzazione su larga scala di zucchero, miele e dolcificanti vari, ha portato al consumo di cibi ad alto indice glicemico.

L’indice glicemico è una misura di quanto un determinato alimento influisce sulla glicemia. Cibi ad alto indice glicemico innalzano molto e velocemente la glicemia e questi cibi sono: tutti gli zuccheri (raffinato, grezzo, canna), miele, dolcificanti, farine bianche, riso bianco, pasta, pane, pizza.

I cibi ad alto indice glicemico entrano nel flusso sanguigno molto rapidamente ed è il modo più efficace per alimentare le cellule tumorali esattamente ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere. Così, ogni volta che una persona con il cancro o con cellule pre-cancerose mangia questi cibi in qualsiasi forma (zucchero da tavola bianco, dolci, biscotti, caramelle, o di alimenti trasformati con aggiunta di zucchero), è come se sta gettando benzina sul fuoco!.

Quindi le terapie per il cancro dovrebbero comprendere la regolazione dei livelli di glucosio nel sangue attraverso la dieta. E’ importante accompagnare ogni pasto con una abbondante porzione di verdure crude e/o cotte che permettono di abbassare l’indice glicemico del pasto. Le verdure amidacee invece, come le patate, devono essere consumate in piccole quantità, così come la frutta dolce (banane, cachi, ecc..) che ha un elevato contenuto di fruttosio. Consumare pesce, carne bianca, uova biologiche e grassi sani che non hanno alcun impatto negativo sulla glicemia e anzi svolgono la funzione di stimolare una dieta chetogenica ad alto valore terapeutico (se consumati senza carboidrati).

Consiglio. Proprio qualche giorno fa abbiamo spiegato come l’aceto di mele permetta di abbassare la glicemia, oltre a migliorare la digestione, il metabolismo e il sonno. Come fare: bevi un bicchiere d’acqua a cui aggiungi un cucchiaio di aceto di mele 10 minuti prima dei pasti principali.

https://www.dionidream.com/glicemia-cancro/

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Camminare lentamente, assaporando il gusto del ritmo cadenzato dei passi sulla terra, viaggiando con lo sguardo fino all’orizzonte, dove il cielo si mischia con il mare e la terra.

Un viaggio a piedi porta con se emozioni difficilmente descrivibili, un patrimonio di sensazioni e percezioni difficili da comprendere da divano di casa. Le vedute e i panorami che si aprono al ritmo cadenzato dei passi, gli incontri furtivi con gli abitanti del bosco, i profumi della montagna sono elementi che difficilmente trovano la loro collocazione fuori dal momento in cui li sentiamo.

Via Francigena – Ph. www.viefrancigene.org
Ogni camminatore è sempre alla ricerca di una dimensione interiore che si manifesta in una situazione, in un incontro con una particolare natura che non è solamente una visione, un monte – una valle, ma un qualcosa di più che finisce per coinvolgere anche il dominio dello spirito.

L’Emilia Romagna è da sempre terra di passaggio. Posizionata in modo orizzontale rispetto allo stivale è stata tappa obbligata per viandanti, merci e pellegrini diretti nelle più disparate regioni d’Europe e del Mediterraneo. Ma l’Emilia Romagna è anche una terra ricca di antiche testimonianze di fede racchiuse nella sua cultura, nei luoghi di preghiera e nelle vie che un tempo correvano tra abbazie e conventi, tra cattedrali e antichi luoghi di culto. Per i pellegrini tutti questi itineari erano fonte di sicurezza in quanto attraversavano luoghi puri, di spirito e rappresentavano il segno stesso della cultura dell’accoglienza attraverso le tante stazioni di sosta presenti lungo le valli dell’Appennino.

Oggi tutti questi percorsi sono sentieri su una mappa che conduce all’anima slow del territorio, mete di turismo naturalistico e religioso attorno alle quali ruotano mondi riconducibili all’arte, all’esperienza sostenibile e alla tradizione di una parte dell’Emilia-Romagna ancora da scoprire.

Mappa dei Cammini in Emilia Romagna

 

SCOPRI LE MAPPE INTERATTIVE DEI CAMMINI DELL'EMILIA ROMAGNA
 


L’Emilia-Romagna offre oggi la possibilità di percorrere 14 di queste antiche vie di pellegrinaggio su  tracciati pedonali e ciclabili, caratterizzati da una forte valenza spirituale, storica e naturalistica e che rientrano all’interno delle mete del turismo religioso-culturale. Questi Cammini tutti mappati e in gran parte segnalati con indicazioni specifiche e sono: la Via Francigena, riconosciuta oggi dal Concilio Europeo come itinerario culturale; la Via Romea Germanica, la Via Romea Nonantolana e Romea Longobarda, antichi itinerari europei di pellegrinaggio verso Roma; la Via degli Abati, che ripercorre i percorsi seguiti dagli Abati per attraversare gli Appennini; il Cammino di Sant’Antonio, il Cammino di Assisi, il Cammino di San Vicinio, il Cammino di San Francesco, legati ai luoghi caratterizzati dalla vita di San Francesco e Sant’Antonio; la Via degli Dei, che collega Bologna a Firenze; il Sentiero di Matilde di Canossa che unisce l’appennino reggiano alla Toscana; la Piccola Cassia, uno dei tanti sentieri che portava a Roma congiungendosi con la Via Francigena; la Via di Linari, in territorio parmense; il Cammino di Dante, che collega Ravenna a Firenze.


VIA DEGLI ABATI
Tappe in Emilia-Romagna: 6
Lunghezza in Emilia-Romagna: 127 Km

Aperta dai monaci di Bobbio che la percorrevano come via sicura nei collegamenti tra le città di Pavia e Roma; la via era strettamente collegata con i monasteri di Gravago, Corte Torresana e San Giovanni in Pontremoli – Bobbio – e consentiva un controllo completo sia dei viandanti che delle carovane da e per Roma attraverso l’Appennino settentrionale. Il percorso era utilizzato anche dai pellegrini irlandesi che nel cammino verso Roma includevano una sosta a Bobbio per pregare sul sepolcro di San Colombano, abate irlandese fondatore della locale Abbazia.


VIA FRANCIGENA
Tappe in Emilia-Romagna: 6
Lunghezza in Emilia-Romagna: 143 Km

La Via Francigena è un lungo itinerario a carattere Europeo che partendo da Canterbury arriva alla tomba di San Pietro a Roma, attraversando 4 paesi e tredici regioni europee.
Nasce come minuzioso resoconto di viaggio del X secolo d.c. redatto dal Vescovo Sigerico e, come tutte le grandi arterie di comunicazione, ha visto nei secoli un flusso constante di pellegrini, fatto che l’ha resa sia un luogo privilegiato di comunicazione delle diverse culture europee, sia la fucina culturale, artistica ed economica dell’Europa Moderna.
Nel tratto emiliano romagnolo la Via Francigena attraversa alcuni borghi storici di grande valore storico e spirituale come Berceto.


VIA DI LINARI
Tappe in Emilia-Romagna: 7
Lunghezza in Emilia-Romagna: 110 Km

La Via di Linari nasce anticamente come deviazione sicura dal tragitto della Via Francigena attraverso il Passo del Lagastrello, e prendeva il nome dall’omonima Abbazia posta sul crinale di Confine tra la Toscana e l’Emilia Romagna.


VIA MATILDICA DEL VOLTO SANTO
Tappe in Emilia-Romagna: 9
Lunghezza in Emilia-Romagna: 140 Km

La Via Matildica del Volto Santo è un tracciato che oggi permette di ripercorrere l’antica rete di itinerari che attraversavano in senso longitudinale il nord Italia all’interno dei territori della  Contessa Matilde di Canossa. In queste terre ancora oggi si leggono i segni lasciati da Matilde e dai suoi avi, di Sant’Anselmo da Lucca, vescovo itinerante con Matilde che da Lucca si  è spostato a Reggio Emilia e poi a Mantova (di cui è ancora Santo Patrono), e di San Pellegrino il principe scozzese che sulle orme di San Colombano ha ripercorso lo stesso cammino dal Nord Europa.
Il tracciato della Via faceva parte della più ampia rete stradale europea che connetteva il Soglio Pontificio romano ai Regni germanici e del Nord del continente.

La Via Matildica oggi unisce Mantova, città UNESCO e forse luogo di nascita della stessa Contessa, a Lucca, dove è ospitato il Volto Santo attraversando i borghi di Guastalla e Gualtieri, antica capitale della famiglia Bentivoglio oggi inserita nella lista dei Borghi più Belli d’Italia, per arrivare alla città di Reggio Emiliae continuare verso il Castello di Canossa,  San Pellegrino in Alpe e gli eremi spirituali del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, oggi riserva Mab Unesco.
Il sentiero ridiscende poi verso le colline toscane della Garfagnana, per raggiungere infine la città toscana di Lucca.


VIA ROMEA NONANTOLANA
Tappe in Emilia-Romagna: 6
Lunghezza in Emilia-Romagna: 207 Km

Di origine Longobarda, la Via Romea Nonantolana deve il suo nome all’Abbazia di Nonantola, punto di partenza del Cammino, e fa oggi parte del progetto Cammini d’Europa: una rete europea di storia, cultura e turismo.
Particolarità del Cammino Nonantolano è quello di dividersi in due percorsi distinti: il percorso occidentale, che si sviluppa lungo la sponda sinistra del fiume Panaro, e il percorso orientale, che ne percorre, invece, la sponda destra.
Entrambi i tracciati partono da Nonantola e si ricongiungono a Fanano per poi proseguire verso il crinale appenninico e valicarlo al passo di Croce Arcana.
Il tracciato della Via Romea Nonantolana si innesta (limitatamente al tratto emiliano romagnolo), sulla via Romea Strata, che dal nord est dell’Italia va verso Roma, congiungendosi inoltre, presso la località di Fucecchio in toscana, con l’itinerario della Via Francigena, in direzione Roma.

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VIA ROMEA STRATA LONGOBARDA
Tappe in Emilia-Romagna: 12
Lunghezza in Emilia-Romagna: 186 Km

Il nome Via Romea Strata indicava un tempo una serie di antichi itinerari che dall’Europa Centro Orientale arrivavano ai confini della penisola italiana.
Essendo il tragitto composto da più tracciati, veniva solitamente diviso in sette piccoli differenti percorsi  che, una volta attraversato il fiume Po, confluivano in Emilia Romagna all’altezza di Badia Polesine.
Nel tratto che attraversa l’Emilia-Romagna oggi la Via Romea Strata è definita Romea Longobarda -Nonantolana, in quanto si innesta per un lungo tratto sulla Via Romea Nonantolana, attraversando alcuni centri storicamente nevralgici di pellegrinaggio come il Duomo di Modena, l’Abbazia di Nonantola e l’Ostello dei pellegrini di Fanano.
Attraversato il crinale appenninico la Via Romea Longobarda ridiscende nuovamente verso Pistoia e San Miniato, dove prosegue verso sud ricongiungendosi con il tragitto della Via Francigena.


 
Cammino di San Vicinio – Verghereto,
Ph. Associazione Cammino San Vicinio
 
Portico di Romagna – Ponte della Maestà, Ph. Giordano Picchi
 
Cammino di Dante – La Foresta di Brisighella, Ph. Associazione Cammino Dante
 
Codigoro – Abbazia di S. Maria di Pomposa, Ph. Massimo Baraldi
 
Via Francigena – Passo Cisa, Ph. AEVF
 
Tra San Martino in Pedriolo e Borgo Tossignano – Ph. Associazione Cammino Sant’Antonio
 
Via degli Dei – Ciotolato della Strada Romana, Ph. ArchivioAppenninoSlow
 
Val di Gorgo – Lungo il crinale da sinistra a destra si riconoscono il passo della Calanca il monte Cupolino il lago Scaffaiolo e il passo dell’Ancisa o Calanchetta – Ph. Matteo Gualmini
 
Via degli Abati – Bobbio Panorama, Ph. AlessandroVecchi
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PICCOLA CASSIA
Tappe in Emilia-Romagna: 9
Lunghezza in Emilia-Romagna: 113 Km

La Piccola Cassia è un’antica strada di origine romana che continuava verso Nord, l’itinerario della più famosa Via Cassia attraversando il territorio montano tra Modena e Bologna.
Il suo utilizzo nel tempo fu molto ampio, le sue origini risalgono infatti ai tempi della conquista ed espansione romana in Pianura Padana con la conseguente fondazione di nuove colonie e riorganizzazione del sistema viario preesistente.
L’itinerario della Piccola Cassia, rimasto invariato, nasce dalla porta Sud della città di Modena e prosegue lungo il crinale tra la valle del Panaro e quella del Samoggia in direzione dei borghi di Zocca e Castel d’Aiano, dove si immette nella Valle del fiume Reno.
Attraversati gli Appennini il percorso del Cammino ridiscende in territorio toscano e, attraverso la Valle dell’Ombrone, giunge finalmente a Pistoia, dove si ricongiunge con la Via Cassia in direzione di Roma.


VIA DEGLI DEI
Tappe in Emilia-Romagna: 3
Lunghezza in Emilia-Romagna: 67 Km

Tracciata originariamente intorno al VII-IV secolo A.C., la Via degli Dei deve la sua sistemazione definitiva si deve all’opera dell’ingegneria Romana.
Con la caduta dell’Impero Romano la strada perse parte della pavimentazione originaria riducendosi ad un piccolo sentiero. Con l’avvento delle moderne vie carrabili perse definitivamente la sua funzione e la sua riscoperta fu opera di un gruppo di appassionati escursionisti che negli anni ’80 del 1900 recuperò l’antico tracciato che deve il suo nome ai suggestivi toponimi montani che attraversati : Monte Adone, Monte Venere, Monte Giunone.
Oggi la Via degli Dei è uno straordinario percorso attrezzato che si snoda tra i paesaggi più suggestivi dell’Appennino Tosco-Emiliano; una esperienza accessibile anche ai non esperti e con una ripartizione a tappe di media difficoltà.


CAMMINO DI S.ANTONIO
Tappe in Emilia-Romagna: 15
Lunghezza in Emilia-Romagna: 258 Km

Il Cammino di Sant’Antonio si sviluppa tra Veneto, Emilia Romagna e Toscana lungo un percorso che ripercorre i luoghi che agli inizi del XII secolo videro la presenza di uno dei più amati e venerati santi di tutta la cristianità.
Partendo da Camposampiero/Padova, l’itinerario del Cammino si snoda in direzione Sud per più di 400 km, entrando in Emilia-Romagna attraverso il guado sul Po di Ferrara e raggiungendo il Santuario di San Luca a Bologna.
Il Cammino attraversa poi alcuni piccoli borghi come Dozza, la città dipinta sede dell’Enoteca Regionale, prima di entrare nel Parco delle Foreste Casentinesiriserva Mab Unesco.
Il tracciato conduce quindi all’Eremo di Montepaolo, importante santuario antoniano in Emilia Romagna e prima residenza italiana – 1221 e 1222 – del Santo, che qui visse dopo aver incontrato ad Assisi San Francesco.


VIA ROMEA GERMANICA
Tappe in Emilia-Romagna: 18
Lunghezza in Emilia-Romagna: 260 Km

La Via Romea Germanica nasce nel XIII secolo come trascrizione dell’itinerario che il Monaco Alberto di Stade percorse nel 1236 per raggiugnere la città di Roma e rappresentava una delle “Peregrinationes Majiores” con cui pellegrini, Re e Imperatori del Nord Europa attraversavano il continente per raggiungere la città Santa.
Il percorso attraversa tutt’ora alcune località simbolo della cristianità. Da Ausburg, dove fu definito lo scisma del 1517 passando per Trento, città della Controriforma, e Padova; entra in Emilia Romagna all’altezza del territorio Ferrarese, dove è possibile percorrere alcune varianti, e arriva alla Ravenna Bizantina.
Una volta arrivata ai rilievi appenninici, il percorso Romeo sale verso Bagno di Romagna e il passo Serra, da cui ridiscende poi verso la Toscana, per finire a Roma, sede del Soglio Pontificio.


CAMMINO DI DANTE
Tappe in Emilia-Romagna: 13
Lunghezza in Emilia-Romagna: 194 Km

Il Cammino di Dante è un itinerario ad anello tra la Romagna e il Casentino che ripercorre l’ideale percorso che Dante Alighieri compì agli inizi del XII secolo tra le città di Ravenna e Firenze e il cui tracciato si sviluppa lontano dalla strada asfaltata e lungo antichi sentieri “in cresta” di origine etrusco-romana.
Il Cammino ha come estremi del percorso la Tomba di Dante a Ravenna, punto d’inizio del percorso, e il Museo Casa di Dante a Firenze e attraversa in gran parte i luoghi dell’esilio dantesco e che il poeta ha raccontato in molti dei passi della Divina Commedia.


CAMMINO DI ASSISI
Tappe in Emilia-Romagna: 4
Lunghezza in Emilia-Romagna: 72 Km

Il Cammino di Assisi è il risultato dell’unione di molti piccoli itinerari di pellegrinaggio vecchi di secoli, uniti ora in un unico grande percorso che pone al centro le figure di Sant’Antonio e di San Francesco. Un unico grande tragitto che da Dovadola si snoda sino ad Assisi e che rappresenta un’autentica immersione nella dimensione storico naturalistica dell’Appennino Romagnolo.
L’intero Cammino è stato concepito su dei punti inderogabili, legati all’essenza del pellegrinaggio stesso e alla presenza dei due Santi protagonisti del Cammino: si attraversano quindi luoghi noti come Assisi, La Verna (il sacro monte delle stigmate), Gubbio, Montecasale insieme ad altri centri francescani d’indubbio rilievo religioso come l’eremo della Casella, e l’eremo millenario di Camaldoli, fondato da S. Romualdo di Ravenna.
Lungo il percorso il Cammino permette di accedere al Parco delle Foreste Casentinesi, oggi patrimonio Unesco dell’Umanità


CAMMINO DI SAN VICINIO
Tappe in Emilia-Romagna: 12
Lunghezza in Emilia-Romagna: 210 Km

Il Cammino di San Vicinio è uno dei più antichi cammini storici italiani e si sviluppa su un itinerario circolare che si estende per quasi 350 chilometri tra le provincie di Forlì Cesena, Arezzo e Rimini e che si sovrappone all’antico sistema stradale romano.
Il tracciato prende il nome da San Vicinio,  primo vescovo di Sarsina, che fu figura importante del processo di evangelizzazione della provincia ravennate e si snoda lungo i luoghi della vita del Santo.
Il percorso si ispira all’antica asse Roma-Arezzo-Ravenna e ripercorre ambienti naturali tra i più importanti del Centro Nord Italia come il Parco delle Foreste Casentinesi, permettendo inoltre di visitare alcuni dei grandi centri della spiritualità cristiana come: la Madonna del Monte a Cesena, la Basilica di San Vicinio in Sarsina, il Santurario de La Verna, il “Volto Santo” in Borgo San Sepolcro in Toscana e il polo culturale e spirituale dell’Eremo di Camaldoli.


CAMMINO DI S.FRANCESCO DA RIMINI A LA VERNA
Tappe in Emilia-Romagna: 5
Lunghezza in Emilia-Romagna: 98 Km

Inaugurato nel 2013 il Cammino di San Francesco da Rimini a La Verna ripercorre alcuni luoghi visitati dal Santo nel suo viaggio in Valmarecchia del 1213.
 Caratterizzato da numerosi conventi e insediamenti sacri, tra cui quello delle Clarisse e dei Frati Minori a Sant’Agata Feltria e il convento di Sant’Igne, sorto nel 1244 nel bosco ai piedi della rupe di San Leo, il percorso recupera antichi sistemi viari e si ricongiunge a La Verna con gli articolati cammini del Centro Italia dedicati alla figura del Santo per arrivare sino a Roma.
In Emilia-Romagna il Cammno attraversa la valle del fiume Marecchia nei territori di 10 comuni nelle provincie di Rimini e  Forlì-Cesena.

https://www.travelemiliaromagna.it/cammini-emilia-romagna/

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Sclerosi multipla: una nuova scoperta

Negli ultimi giorni abbiamo parlato della sclerosi multipla, si è discusso infatti di un particolare “videogame”, da molti definito rivoluzionario, sviluppato per i pazienti che seguono le terapie riabilitative proseguendo il lavoro ovviamente nella propria abitazione, tali terapie sono costantemente monitorate dai medici che tengono sempre sotto controllo i pazienti, proprio in queste settimane arriva anche il risultato di una ricerca che potrebbe portare ad un ulteriore passo avanti nella lotta contro la la sclerosi multipla.

Incominciamo col ricordare che la sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale.

 
Nella sclerosi multipla si verificano un danno e una perdita di mielina in più aree (da cui il nome «multipla») del sistema nervoso centrale. Alla base della SM vi è un processo di demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi».

La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia le evidenze scientifiche indicano che la malattia origina da una combinazione di fattori ambientali e fattori genetici, pertanto la SM appartiene al gruppo delle malattie multifattoriali, patologie complesse la cui natura è legata a questa doppia componente.

Un nuovo studio, condotto dai ricercatori dell’università di Verona e pubblicato su gli Annals of Neurology, apre ora un ulteriore scenario nel campo della diagnosi e della prognosi della malattia.

Sclerosi multipla, nuove speranze di cura dalla scoperta di molecole maligne

 
Gli esami diagnostici usati finora non consentono, infatti, nella maggior parte dei casi, di determinarne il grado di gravità.

Il team scaligero ha individuato invece  una combinazione specifica di molecole infiammatorie che quando presenti ad alte concentrazioni nel liquido cerebro-spinale, prelevato normalmente per la diagnosi della malattia, predicono una forma aggressiva di Sclerosi Multipla.

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Nella pratica clinica, la scoperta consentirà al neurologo di scegliere fin dall’inizio la terapia più adeguata per ciascun paziente riservando quelle più energiche solo a chi ne ha veramente bisogno.

La scoperta è frutto del lavoro di un team internazionale coordinato da Massimiliano Calabrese, docente di Neurologia del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, che ha lavorato in collaborazione con Roberta Magliozzi, prima firma della ricerca, e i team dei reparti di Neurologia B e Neuropatologia del Policlinico di Borgo Roma diretti da Salvatore Monaco .

Allo studio hanno, inoltre, collaborato, Stefania Montemezzi e Francesca Pizzini dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata, Chiara Romualdi, Alessandra Bertoldo ed il Marco Castellaro dell’Università di Padova e Ruggero Capra, del centro Sclerosi Multipla di Montichiari. A rendere possibile il lavoro anche la collaborazione con Richard Reynolds dell’Imperial College di Londra e con Owain Howell della Swansea University Medical School che hanno confermato l’ipotesi dei ricercatori veronesi mediante l’analisi di tessuti cerebrali autoptici ottenuti da pazienti affetti da Sclerosi Multipla.

Oggi per diagnosticare a un paziente la sclerosi multipla, afferma Calabrese, «viene prelevato un campione del liquido cefalo rachidiano che circonda e attraversa tutto il sistema nervoso centrale, detto ‘liquor’. Il nostro team ha messo a punto una nuova metodica in grado di determinare in sole 24 ore il profilo liquorale delle forme ‘maligne’ di malattia, quelle cioè con una maggiore componente neurodegenerativa».

«In questo modo – continua Calabrese – possiamo stabilire, già al momento della diagnosi, quindi in una fase molto precoce, se il paziente andrà incontro a un elevato rischio di progressione della malattia e, di conseguenza, individuare la terapia migliore per intervenire efficacemente. Questo nuovo sistema ci consentirà di evitare terapie aggressive non necessarie e quindi inutili rischi per il paziente, ma anche un conseguente notevole risparmio per il sistema sanitario nazionale».

Ricordiamo che la sclerosi multipla colpisce quasi 3 milioni di persone nel mondo (600mila in Europa, 114mila in Italia) con oltre 250 nuovi casi all’anno e nel 2011 il costo medio annuale per persona con sm si aggirava intorno ai 40 mila euro.

https://www.veb.it/sclerosi-multipla-nuove-speranze-di-cura-dalla-scoperta-di-molecole-maligne-67825

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Non incontriamo nessuno per caso e vediamo perche'

In questo mondo nel quale siamo fortunati di vivere, qualsiasi persona incontriamo o con la quale creiamo un rapporto ha uno scopo ben preciso. Niente accade per caso!
A volte entrano a far parte della nostra vita persone che non sono destinate a farne parte per sempre. A volte servono solo a farci imparare qualcosa. Dovremmo perciò essere aperti a imparare dalla vita e anche dalle situazioni più dolorose. Alcuni percorsi che dobbiamo percorrere durante questa vita saranno estremamente duri da superare ma va bene anche questo. Tutto ciò che affrontiamo è fondamentale per il nostro percorso su questa terra. La vita è veramente un magico mistero per tutti noi e se siamo fortunati l’Universo ci aiuterà da dietro le quinte.

Queste sono i 5 tipi di connessioni cosmiche che incontriamo durante la nostra vita :

1. Quelle che devono risvegliarci : A volte le persone o le cose entrano a far parte delle nostre vita con lo scopo di creare un punto di stop totale. Non ci lasceranno andare avanti fino a quando non capiremo che serve un cambiamento nella nostra vita. Niente va secondo i nostri piani ma tutto va secondo i piani che l’universo ha per noi.

2. Quelle che ci ricordano : A volte nella vita, incontriamo persone che hanno lo scopo di ricordarci il percorso che dovremmo seguire. Queste persone sono spesso temporanee ma lasciano un’impronta fondamentale nella nostra anima.

3. Quelle che ci aiutano a crescere : Alcune persone sono destinate a farci crescere come persone. Ci insegnano cose che altrimenti ,da soli, non saremmo mai riusciti ad imparare.

4. Quelle che occupano spazio per niente : Spesso ci sono persone che entrano a far parte delle nostre vita che servono al solo scopo di farci perdere tempo. Parlano tanto e dimostrano niente con i fatti e a volte finiamo anche per scordarci come si chiamano vista la loro poca importanza.

 

5. Quelle che restano : Quando siamo pronti l’universo ci darà una persona che starà per sempre accanto a noi, la persona destinata a noi. Questa persona sarà tutto ciò che hai sempre desiderato e anche più. Devi solo avere pazienza.

Le persone vengono nella tua vita per una ragione, per una stagione o tutta la vita. Quando saprai perché, saprai cosa fare con quella persona. Quando qualcuno è nella tua vita per una RAGIONE, di solito è per soddisfare un bisogno che hai espresso. Sono venuti per assisterti attraverso una difficoltà, per darti consigli e supporto, per aiutarti fisicamente, emotivamente o spiritualmente.

Possono sembrare come un dono del cielo e lo sono. Loro sono li per il motivo per cui tu hai bisogno che ci siano. Quindi, senza nessuno sbaglio da parte tua o in un momento meno opportuno, questa persona dirà o farà qualcosa per portare la relazione a una fine. Qualche volta loro muoiono. Qualche volta se ne vanno. Qualche volta si comportano male e ti costringono a prendere una decisione. Ciò che dobbiamo capire è che il nostro bisogno è stato soddisfatto, il nostro desiderio realizzato, il loro lavoro è finito.

La tua preghiera ha avuto una risposta e ora è il momento di andare avanti. Alcune persone vengono nella nostra vita per una STAGIONE, perché è arrivato il tuo momento di condividere, crescere e imparare. Loro ti portano un’esperienza di pace o ti fanno ridere. Possono insegnarti qualcosa che non hai mai fatto. Di solito ti danno un incredibile quantità di gioia. Credici, è vero. Ma solo per una stagione!

Le relazioni che durano TUTTA LA VITA ti insegnano lezioni che durano TUTTA LA VITA, cose che devi costruire al fine di avere delle solide fondamenta emotive. Il tuo lavoro è accettare la lezione, amare la persona e usare ciò che hai imparato in tutte le altre relazioni e aree della tua vita. Si dice che l’amore è cieco ma l’amicizia è chiaroveggente. Grazie per essere una parte della mia vita, che sia una ragione, una stagione o tutta la vita.

via Vabbè

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Universita' di Sassari: uccidere le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane e' una nuova possibilita?

Chemio addio grazie a un’idea sassarese? Ecco il grafene “intelligente”, killer solo delle cellule malate, scoperto da un team internazionale coordinato dalla ricercatrice Lucia Delogu.


Team internazionale coordinato dalla ricercatrice Lucia Delogu scopre grafene “intelligente” killer solo delle cellule malate

SASSARI. Uccidere selettivamente le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane è possibile. Tra gli studi che negli ultimi anni stanno cercando di trovare una soluzione alla carica aggressiva della chemio e della radioterapia, ce n’è anche uno dell’Università di Sassari. Il lavoro è stato pubblicato nella prestigiosa “Angewandte Chemie”, la più importante rivista di chimica. Senior author è Lucia Gemma Delogu, biochimica e ricercatrice del Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’ateneo, che ha coordinato una squadra interdisciplinare e internazionale composta tra gli altri da Ester Vazquez dell’Università di Castilla La Mancha, Alberto Bianco del Cnrs di Strasburgo e Maurizio Prato dell’Università di Trieste.

«Abbiamo scoperto che un particolare tipo di grafene, un nanomateriale dalle straordinarie caratteristiche fisiche e chimiche, è in grado di eliminare in modo selettivo i monociti – spiega Lucia Delogu –. Questa proprietà biologica ci ha spinto a credere che questo materiale fosse in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali di pazienti con leucemia mielomonocitica». Nelle leucemie mielomonocitiche le cellule da uccidere sono proprio i monociti, quindi è importante trovare un farmaco che possa uccidere solo quelli. «Dal confronto con le terapie di uso comune – dice Lucia Delogu –, questo particolare tipo di grafene vien fuori vincente». Infatti, i chemioterapici attuali sono tossici, quindi nel distruggere le cellule tumorali, distruggono anche le cellule sane del sangue con evidenti effetti collaterali per il paziente.

«Il grafene da noi individuato – prosegue Delogu – invece è estremamente specifico solo per le cellule tumorali e non tossico per le cellule sane presenti nel sangue e dell’organismo in generale».

La ricerca è stata effettuata in stretta collaborazione con Claudio Fozza, oncoematologo e ricercatore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale. «Il nostro lavoro potrebbe essere un passo importante nel campo della ricerca contro le leucemie – dice Fozza – e potrebbe aprire interessanti scenari per la messa a punto di nuove terapie. Naturalmente, pur essendo altamente promettenti, i risultati fino ad ora ottenuti in laboratorio dovranno essere confermati in vivo».

Il Laboratorio di Biochimica e Bionanotecnologie dell’Università di Sassari ha come referente il professor Francesco Sgarrella.

La ricerca è stata finanziata dal progetto Europeo G-Immunomics ed è sostenuto dal Miur, dalla call Flagera 2015 e dal Progetto Europeo Graphene Flagship finanziato da Horizon 2020. «Un

ringraziamento particolare – si legge nella nota – all’Ail Sardegna diretto da Marilena Rimini Fiori, che ha sovvenzionato una borsa di dottorato; e alla Fondazione di Sardegna che ha sostenuto l’acquisto della strumentazione necessaria allo svolgimento degli esperimenti di questo lavoro».

fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2017/05/13/news/chemio-addio-grazie-a-un-idea-sassarese-1.15332849?ref=fbfns&refresh_ce

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