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Categoria: "Crescita spirituale"

le fortune e le sfortune:sono tutte benedizioni sotto mentite spoglie….

 

Le fortune e le sfortune:sono tutte benedizioni sotto mentite spoglie…. 

le fortune e le sfortune:sono tutte benedizioni sotto mentite spoglie….

dal maestro OSHO….

. Il solo problema con la tristezza, la disperazione, la rabbia, l’impotenza, l’ansia, l’angoscia, la miseria e l’infelicità, è che te ne vuoi liberare. Questo è l’unico ostacolo.

 Dovrai convivere con queste cose, non puoi solo pensare di sfuggirle.

Proprio queste sono situazioni in cui la vita si deve integrare e crescere. Queste sono le sfide della vita.

 Accettale: sono benedizioni sotto mentite spoglie!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

. Un uomo aveva un bellissimo cavallo, era così raro che perfino gli imperatori gli avevano chiesto di comprarlo – a qualsiasi prezzo – ma lui aveva rifiutato. Poi, un mattino, l’uomo scoprì che gli era stato rubato.

 L’intero villaggio accorse per consolarlo: “Che sfortuna! Avresti potuto ricavarne ricchezze, ma tu sei stato testardo e stupido.

 E ora il cavallo ti è stato rubato”. Ma il vecchio rise e disse: “Non dite assurdità! Dite solo che il cavallo non è più nella stalla. Lasciamo che sia il futuro a decidere… stiamo a vedere!”.

E accadde: quindici giorni dopo il cavallo tornò, e non era solo – portò con sé una dozzina di cavalli selvaggi. Di nuovo il villaggio si riunì e tutti commentarono: “Il vecchio aveva ragione! Il cavallo è tornato insieme a dodici altri, tutti bellissimi.

 Ora potrà guadagnare una fortuna!” Tornarono dal vecchio e dissero: “Scusaci.

Non siamo in grado di prevedere il futuro e le vie del Signore, ma tu sei incredibile! Sapevi cosa sarebbe accaduto; devi avere intuizioni sul futuro”.

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Lui rispose: “Assurdità! Tutto ciò che so è che adesso il cavallo è tornato con altri dodici stalloni – nessuno può sapere ciò che accadrà domani”. E il giorno successivo accadde questo: l’unico figlio di quel vecchio contadino, tentando di domare uno dei nuovi stalloni cadde malamente e si ruppe le gambe.

 Ancora una volta l’intero villaggio accorse e commentò: “Non si può mai dire – avevi ragione; si è rivelata una vera maledizione. Forse era meglio che quel cavallo non tornasse. Adesso tuo figlio rimarrà storpio per tutta la vita”.

Il vecchio disse: “Non saltate a conclusioni! Aspettiamo e vediamo cosa accadrà. Dite solo che mio figlio si è rotto le gambe, tutto qui”.

Quindici giorni dopo accadde che tutti i giovani del villaggio venissero arruolati a forza dallo stato, perché il paese era sceso in guerra. Solo il figlio del vecchio fu risparmiato, perché inutile.

Tutti si riunirono e dissero: “I nostri figli sono perduti! Per lo meno il tuo è rimasto.

Storpio, ma vivo! I nostri figli sono in guerra e il nemico è molto forte; di certo verranno uccisi.

 Nella nostra vecchiaia non avremo nessuno che si prenda cura di noi, tu perlomeno hai un figlio, e forse guarirà”.

Ma il vecchio disse: “Dite solo questo: i vostri figli sono stati arruolati dallo stato. Il mio è stato risparmiato, ma non tirate conclusioni”.

Quell’uomo afferma semplicemente l’evidenza dei fatti! Non pensare a qualcosa come a una benedizione e all’altra come a una maledizione.

Non interpretare, e all’improvviso vedrai che ogni cosa è meravigliosa.

OSHO

www.oshomiasto.com

 

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Le quattro qualita' fondamentali del guerriero

IL GUERRIERO E LE QUATTRO QUALITA'  

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Le quattro qualità fondamentali del guerriero sono l’umiltà, la determinazione, la dignità e la gratitudine.

L’umiltà è la capacità di osservare se stesso sinceramente, nei pregi e nei difetti, senza inorgoglirsi dei pregi che sono dei doni che gli servono per compiere la sua azione nella vita, e senza mortificarsi dei difetti che sono lo stimolo continuo alla sua trasformazione. L’umiltà non deve condurre alla svalutazione.

La determinazione è la costante spinta del suo anelito verso l’armonia e non deve essere confusa con la caparbietà.

La dignità è la percezione del suo valore di essere umano, a prescindere dalle sue attitudini e dalle sue fragilità, perché reca in sè la scintilla divina di cui ogni suo aspetto è espressione. La dignità non ha niente a che fare con l’orgoglio.

La gratitudine è la conseguenza della sua percezione di far parte di un disegno più vasto che lo sostiene e di cui incarna un aspetto. Il divino risponde al suo anelito sincero con la Grazia.

m.sassone

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Siddharta Gautama il BUDDHA

 

Siddharta Gautama il BUDDHA, fu un principe che rinunciò al suo trono per andare alla ricerca della verità.

Visse 80 anni, la storia dell’umanità racconta che è uno degli avvenimenti più notevoli sulla terra. Tutto nella sua vita è un esempio da seguire per colui che cerca il cammino che libera dalle sofferenze, e vuole scoprire la forza della creazione. Tutta la sua vita ha un profondo significato. Il suo nome, BUDDHA significa: «illuminato, sveglio».

Nacque nel quinto secolo a.C., contemporaneo di Confucio, Socrate e Deutero Isaìas, grandi influenti dell’ultimo cristianesimo. La presenza di questi grandi uomini, indica il livello elevato di spiritualità di quell’epoca.

Le antiche tradizioni parlano di un Buddha che ogni 2500 anni viene alla creazione per far girare la RUOTA del DHARMA o della Legge, Siddharta Gautama era atteso, così gli uomini, cercatori della verità, ebbero l’opportunità di percorrere il cammino della liberazione.

La simbologia della nascita del Buddha e del Gran Kabir Gesù il Maestro dei Maestri, è simile.

Racconta la leggenda che sua madre Maya, (che significa «illusione,» «o universo», in sanscrito); trascorreva un periodo di astinenza e castità nel palazzo del regno di Kapilavastu, nel nord dell’India.

Quando una mattina, una strana sonnolenza l’avvolse, si sdraiò sul letto reale della sua camera, cadde in un sonno molto speciale:

sognò che i quattro Re Celestiali, i Signori dei quattro punti cardinali del Mondo della Sfacchinata, la terra della felicità, la trasportavano innalzandola con il suo letto, al di sopra delle catene dell’Himalaya, arrivati oltre le cime altissime, l’adagiarono presso un albero, che si mise da un lato rispettosamente. Arrivarono le mogli dei quattro re, la lavarono accuratamente, purificandola da ogni macchia umana, l’adagiarono in un letto divino, rivolto a est.

All’orizzonte una stella brillò intensamente, e discese dirigendosi verso Maya, quando toccò terra, si trasformò in un elefante bianco, colse con la sua proboscide un fiore di loto, lo depose al suo fianco, dove lei giaceva, e il fiore scomparve penetrando nel suo utero.

In quell’istante il Bodhisatva di compassione entrò nel grembo di sua madre.
Concezione Immacolata, Spirito Santo, per gli Indù è rappresentato dall’elefante Bianco..
Ogni Avatara nasce nei mondi interni dallo Spirito Santo, e Buddha non fu un’eccezione.

La regina, al suo risveglio, molto turbata, raccontò il suo sogno al Re Suddodhana, a sua volta il Re interrogò i Bramini per avere il loro parere sul presagio, buono o cattivo.

I Sacerdoti annunciarono che un grande Essere sarebbe venuto nella sua famiglia, un RE o un Buddha.

Dobbiamo dire che il regno di Kapilavastu era piccolo, e militarmente debole, e un regno più potente lo minacciava continuamente desiderando conquistarlo. Per questo motivo, si prese cura della sua educazione militare e degli affari del palazzo reale, con la speranza che si fortificasse ed espandesse il suo regno.

Alla sua nascita dopo sette giorni, sua madre Maya morì.

I Bramini danno varie spiegazioni su questo, una di esse è che le madri dei BUDDHA muoiono, dopo aver fatto nascere figli illustri, perché il ventre che ha concepito un Boddhisatva è come il santuario di un tempio, e non può servire per altri figli.

Un’altra spiegazione, molto più profonda e che lei si ritira nell’universo Manifestato o Maya.

Il principe Siddharta, racconta la leggenda, che con gli anni, oltre a imparare tutte le arti di un futuro Re, si compiaceva nella meditazione e nella solitudine, con pensieri sempre più profondi.

Il Re Suddhodana, desiderando che suo figlio diventi il suo degno successore, fece in modo di distrarlo da tutte le questioni esistenziali profonde :

In India, come in tutto il mondo Orientale in generale, avevano antiche usanze; quando gli uomini compivano l’età in cui si ritiravano dal lavoro, (come la pensione nei nostri giorni) si ritiravano nel bosco per meditare sulla loro vita: il periodo dell’apprendimento, la famiglia, il lavoro.

Generalmente il primo periodo era lo studio, iniziava a sette anni e finiva a vent’anni, poi iniziava una seconda fase, la più lunga, che durava trent’anni, dedicata alla famiglia, ai figli, al commercio, svolgendo tutto questo come un buon capofamiglia.

Compiuti i doveri familiari, e generato un erede suo successore, era libero di ritirarsi e vivere nel bosco, per riflettere sui cinquant’anni trascorsi, raggiungendo così piena maturità filosofica.

Al termine del periodo ascetico e pratica religiosa, usciva dal bosco, e passava l’ultimo periodo della sua vita spostandosi da un posto all’altro, mendicando, sussistendo unicamente di elemosina, da cui dipendeva totalmente.

La storia racconta che Sakyamuni passò rapidamente quelle quattro tappe, tanto era grande il suo anelito di trovare la sorgente, l’origine dell’universo.

A sedici anni si sposò con Yosodhara, ebbe un figlio a cui diede il nome di Rahula, che significa «Impedimento».

Questo avvenimento fu di grande importanza, Siddharta aveva un’erede per la sua successione al trono, e per fortuna era libero di rinunciare ai suoi diritti, e abbracciare la vita religiosa.

LA GRANDE PARTENZA

La leggenda racconta che quattro incontri determinarono il Principe Siddharta ad abbandonare il suo palazzo per dedicarsi alla vita religiosa, egli trascorreva tutto il tempo tra le mura del palazzo reale, protetto da suo padre, che gli nascondeva la realtà, e le disgrazie della vita. Ma per quattro volte varcò la soglia del palazzo accompagnato dal suo fedele domestico.

Una volta vide davanti al suo carro, un anziano, un’altra volta un malato, la terza volta un cadavere . Poi, lo fece riflettere un uomo con la testa calva e gli occhi sereni, era un asceta che dedicava la sua vita alla religione.

Allora, Siddharta Sakyamuni profondamente commosso, decise di abbandonare il suo palazzo, per vivere la stessa vita di quell’uomo, con il proposito di scoprire le cause della sofferenza, la malattia, la vecchiaia e la morte.

La leggenda ci dice che le quattro uscite dal palazzo, sono simboliche, e relazionate con il risveglio delle quattro verità sacre, daremmo la loro spiegazione più in là.

E così Sakyamuni aveva scoperto il dolore, e la sofferenza del suo regno. E, cosciente che la forza militare non offre mai una soluzione duratura alle sofferenze umane, iniziò il cammino per la strada che egli sperava l’avrebbe condotto alla vera liberazione.

Prima di trasformarsi in un Re che esercita potere politico in un mondo temporaneo, decise di trasformarsi in un Re filosofo nel regno metafisico, e risolvere la causa di ogni sofferenza.

Così dopo le quattro tappe, Sakyamuni seguendo le usanze della sua epoca, iniziò il cammino spirituale, per obbedire al suo Intimo Profondo, il suo ESSERE.

Una notte accompagnato dal suo servo uscì dal palazzo, quando fu abbastanza lontano disse addio al suo domestico e amico, gli diede il suo cavallo. Si racconta che il suo cavallo si lasciò morire di pena a causa della separazione da Gautama. Siddharta scambiò i suoi lussuosi abiti con altri più umili, tagliò i suoi capelli, e iniziò il suo cammino verso il bosco, alla ricerca della verità.

LA VITA RELIGIOSA NEL BOSCO

In quei giorni era molto discusso il brahamanismo, e molte erano le scuole e Sette di ogni sorta, che insegnavano ognuna il suo modo per liberarsi dal dolore di questo mondo.

Alcuni nuovi pensatori, insegnavano pratiche religiose di differenti filosofie, ripudiando apertamente le tradizioni, erano pratiche ascetiche estreme, come: stare seduti nudi in pieno sole, mangiare solo erbe selvatiche, ecc.

. Erano i rivoluzionari dell’epoca, contestatori, come il movimento Hippie, solo che questi erano più drastici.

Siddharta imparò presto che il mondo era colmo di un’infinità di religioni.
Alcuni religiosi si tormentavano con l’idea di prendere del karma.
Altri pregavano un Dio che li liberasse dalle conseguenze dei loro peccati e permettesse loro di rinascere in un mondo celestiale.
Altri cercavano l’emancipazione mediante la disciplina mentale, le buone opere e l’attenzione per i riti cerimoniali.
Quale di questi metodi di salvezza, dovesse essercene uno, era il più efficace?

In quei tempi esistevano due eremiti Bramini ai piedi di un monte, e Sakyamuni decise di seguire i loro insegnamenti.

I saggi eremiti orientali venivano considerati persone di grande saggezza e potere. Capaci di volare in aria a gran velocità, camminare sulle acque e tante altre cose straordinarie.

Erano considerati grandi autorità nel campo religioso e metafisico. Per questo Sakyamuni li scelse come maestri.

Inizia qui la pratica dello yoga che, caratterizza la terza fase della vita di ogni orientale, acquisire la concentrazione mentale, introspezione nel proprio Essere Intimo Profondo, l’emancipazione del corpo fisico attraverso il controllo psichico.

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Lo Yoga in quel periodo era considerato un mezzo per liberarsi dalle sofferenze legate alla condizione umana.

I Maestri Eremiti insegnarono a Siddharta le discipline della meditazione, queste rimasero poi integrate nelle pratiche del Buddismo.
Queste tecniche si chiamano: «la sfera del nulla» e «spazio al di là del pensiero».

Come dicevamo, queste discipline rimasero scritte nelle pratiche Buddiste, di meditazione e disciplina, ma nelle dieci tappe che portano a Buddha, sono considerate minori, perché queste meditazioni non eliminano le passioni, non ne diminuiscono gli effetti, non risvegliano la coscienza, non portano alla liberazione totale, ma solo fanno sperimentare «il NULLA».

La ricerca di Sakyamuni era orientata verso l’illuminazione che libera l’umanità dalla sofferenza dell’eterno ciclo di nascita e morte.

Comprese che quelle pratiche, non lo avrebbero condotto verso la meta a cui aspirava, le abbandonò, e si dedicò alle pratiche ascetiche.

LE PRATICHE ASCETICHE

Come abbiamo raccontato Sakyamuni aspirava all’illuminazione, e rendendosi conto che i due maestri asceti e le loro pratiche, non gli avrebbero permesso questo, racconta la leggenda che si dedicò da sei a dieci anni alla pratica nel più puro asceticismo. La stessa fonte, racconta, che fuggì nel bosco vicino al villaggio di Senna, dove si riunivano Bramini che avevano abbandonato le loro famiglie, e praticavano l’austerità.

Questa pratica era simile alla meditazione Yoga e, praticata come metodo per progredire spiritualmente, molti ricorrevano ad essa.

Si aveva la convinzione che, sottomettendo il corpo a diversi metodi di mortificazione e imparando a sopportare il dolore, lo spirito si liberava totalmente.

Queste discipline sono classificate in varie categorie, il controllo della mente, sospensione del respiro, dieta drastica e digiuno totale.

Sospendere il respiro, questo esercizio era considerato uno dei più difficili, ci si concentrava per ostacolare l’entrata e l’uscita dell’aria dal naso e dalla bocca. Per logica uno dovrebbe soffocarsi, ma quando si sospende l’entrata e l’uscita dell’aria dal naso e dalla bocca, uno inizia a respirare dall’apparato uditivo. Si dice che questo provoca un forte ronzio all’interno dell’orecchie, e i dolori sono insopportabili. Riguardo il digiuno totale, spesso questi disincarnano durante la pratica.

Anche Sakiamuni pensava che se non sperimentava queste dolorosissime pratiche, non avrebbe raggiunto il vero progresso spirituale.

Quando Sakiamuni ricordava quel periodo della sua vita, diceva, ed è scritto nei testi sacri, che nessun bramino passato, presente o futuro, aveva sofferto o soffrirebbe quelle severe auto-torture, che egli si inflisse, e che non gli avevano permesso di guadagnarsi l’illuminazione.

Così Gautama abbandonò quelle pratiche e si risolse alla via dell’equilibrio, senza estremi, comprese il significato della via di MEZZO.

Respinse la via della vita lussuosa del palazzo reale, e la vita di pratiche ascetiche estreme, queste due forme appartengono al dualismo; la via di mezzo dell’equilibrio è quella che conduce sicuramente alla liberazione.

L’ILLUMINAZIONE

Dopo aver praticato tutte quelle severe austerità, esistenti nella sua epoca, senza raggiungere l'illuminazione, Sakyamuni abbandonò quelle pratiche.

Il suo primo passo fu recuperare forza fisica, tanto danneggiate da quelle privazioni.
Sculture buddiste lo rappresentano in quella circostanza magro e scarno.

Racconta la leggenda, che si bagnò nel fiume, per togliersi la sporcizia accumulata nel suo corpo fisico, riprese a nutrirsi, mangiando riso, e migliorando la sua alimentazione, recuperando infine tutte le sue forze.
Abbandonò quel bosco, e i discepoli che lo seguivano, dissero che aveva deviato dal cammino.

Con il fermo proposito di trovare la radice di tutte le sofferenze si sedette all’ombra di un Tipal (l’albero del fico in indù), e decise di non alzarsi fino a trovare la soluzione, a costo di perdere la pelle e la sua carne, e conoscere la realtà di ogni cosa.

LE TENTAZIONI DI MARA

E così Sakyamuni prese posto sotto quell’albero, sedette sul suo tappeto, determinato a raggiungere l’illuminazione.
Assunse la posizione di loto, postura classica della meditazione.
Le scritture raccontano adesso delle tentazioni di Mara. Le tentazioni di Mara hanno un ruolo importante in ogni processo d’iniziazione e di illuminazione.

Mara significa «il travolgente di vita», è l’ego a livello psicologico, elementi inumani che portiamo dentro noi stessi di esistenza in esistenza, Mara si allarmò di fronte alla prospettiva di trionfo, e disse al futuro Buddha:

«sei così magro, pallido sei sull’orlo della morte. Hai solo una possibilità su mille di sopravivere. Dovresti vivere perché solo vivo ti sarà possibile realizzare buone opere…. Ma tutti i tuoi sforzi attuali sono vani, inutili, perché la strada che conduce al vero dharma è inaccessibile, penosa e dura».

Gli parlò in quel tono più volte Mara, volendo scoraggiarlo, ma Gautama rimase impassibile per vincere colui che è chiamato il demone interiore, ego, con le sue intimidazioni e resistenze.

All’alba raggiunse l’illuminazione, l’occhio di saggezza riscosse sublime chiarezza quando la stella del mattino brillò, Sakyamuni sentì che tutta la sua vita esplodeva, in un istante distinse l’ultima realtà di tutte le cose. In quell’istante si trasformò in un Buddha.

Al tramonto, dopo il passaggio per i quattro stati di dhyana o intensa meditazione, raggiunse il primo grado, staccato dai sensi, poi il secondo: la sua caratteristica è la concentrazione perfetta della mente unita a uno stato di allegria. Nel terzo grado s’immerse in uno stato di pace e serenità senza limiti, nel quarto grado, raggiunse uno stato di suprema purezza, al di là di ogni sofferenza, piacere, pena, allegria.

Dopo essere riuscito nel completo dominio dei quattro gradi di dhyani, andò alla ricerca dell’origine di ogni sofferenza.

Si racconta che in quella notte ricordò la sua vita antecedente, poi tutte le altre, migliaia di esistenze in innumerevoli aeoni, rivide tutte le sue morti, il tipo di vita che ebbe, se felice o dolorosa.

Questo lo sperimentò, lo vide grazie al suo occhio di saggezza aperto.

Gli insegnamenti del Buddha parlano dei sei regni che l’anima deve attraversare uno dopo l’altro fino al raggiungimento della liberazione finale...

Poi, nella seconda fase, la notte, esplorò il mondo, la vita, la morte, l’eterno ritorno di tutte le creature, che nascevano e morivano in base alla legge de Karma, Dharma, cattive o buone azioni. Le creature che avevano vissuto nel peccato passavano un tempo nella sfera della miseria, chi aveva fatto buone azioni, trascorreva un tempo nei tre cieli.

In quell’istante comprese la legge del Karma, che governa tutto l’universo.

Nella terza fase della notte, l’ultima verità: le dodici cause dell’eterno ritorno, vere cause e origine di tutte le sofferenze.

Comprese le quattro Verità Sacre, il modo in cui rimangono tutte le cose transitorie e impermanenti, e di tutte le cose che fanno parte del nobile sentiero ottuplice.

Così Gautama, si era trasformato in Buddha. E tutto il risultato delle esperienze vissute quella notte, furono le basi dell’insegnamento per i suoi discepoli.

Infine, aveva trovato l’origine di tutte le sofferenze, e si propose di divulgarlo a tutte le persone, che cercavano la vera strada della liberazione, persone con inquietudini sincere e avanzati spiritualmente, capaci di raggiungere l’illuminazione momentanea, semplicemente, e ascoltare le sue rivelazioni in una forma semplice e chiara.

A questi insegnamenti si diede il nome: La Ruota Del Dharma o della Legge. Perché chi trascende questa Legge, raggiunge il Padre, và oltre il ciclo di nascita, morte, gioie, sofferenze, senza ego, senza desideri, attaccamenti. Raggiungendo la beatitudine, diventa Buddha.

 

DAL SITO WWW.VOPUS.IT 

 

 

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LAO TZU': filosofo o fanciullo E IL TAOISMO

In lingua cinese LAO è il "VECCHIO MAESTRO" e TZU' filosofo o fanciullo  

Qualifica che indica un personaggio il cui cognome era quasi sicuramente "LI" ed il nome "TAN", detto anche LAO-TAN.  Egli, secondo alcuni studiosi fu contemporaneo del filosofo CONFUCIO (Secolo  VI - V a..C. ): per quanto di qualche decina di anni più anziano. (ma attualmente non conosciamo con precisione né le date esatte della nascita nè della morte) qualcuno asserisce che il filosofo nacque intorno al 14° giorno della IX^ luna del 604 aC, altri riportano che visse nel 2500 a.C: e pare sia vissuto sino ad 84 anni. (questa situazione, con epoche molto discordanti la ritroviamo nella vita di Zoroastro).


Ove nacque LAO-TZU', cioè presso Lu-Yi, fu eretto un tempio in sua memoria. Egli oggi è considerato da alcuni il fondatore, da altri il rinnovatore e predicatore del Taoismo, l'unica corrente filosofica postasi come alternativa totale ed antitetica al confucianesimo che ebbe un'influenza fondamentale, spesso preponderante sul pensiero cinese.
E' da aggiungere che sulla reale esistenza del personaggio si nutrono, molti dubbi e tutta la biografia concernete la sua persona è indubbiamente un'invenzione posteriore dei suoi discepoli che tendevano ad innalzare la loro dottrina a scapito del confucianesimo.

A LAO-TZU' è stata attribuita la paternità del libro chiamato da prima TAO-CI, in seguito TAO--TEH-CHING, cioè "libro della via e della virtù".
Numerosi brani di questo testo lasciano supporre il ricorso a pratiche magico-religiose più antiche , ed in effetti pare proprio che il punto di partenza dei pensatori taoisti non sia filosofico ma religioso

La salvezza di ciascuno e di tutti risiede non nell'azione collettiva con finalità, ma nel ritiro e nelle pratiche di comportamento che permettono di astrarsi dal mondo e dominarlo.
La biografia contenuta nelle "memorie storiche" di Sss-ma ts'ien riferisce che egli aveva il soprannome di "TAN" da cui LAO-TAN.
Il Profeta racconta che Confucio andò a visitarlo nella scuola che egli aveva fondato nella città di P'ei, a sud dell'attuale Shan-tung, dopo essere stato archivista nella capitale del regno di Chou.
La sua biografia leggendaria si andò accrescendo di particolari fino ad indicare la data esatta del giorno della nascita 14° giorno della IX^ luna del 604 a.C.
Qualche studioso asserisce che egli abbia viaggiato verso l'occidente , anche se non sussiste alcuna conferma storica.
Un taoista del IV° secolo dopo Cristo in un libro sulla conversione dei barbari (HUA HU CIHNG) fa profetizzare a Lao-Tzù una sua futura reincarnazione nel fondatore del manicheismo. Si racconta che egli abbia vissuto circa 84 anni.
Così come nella religione cristiana l'arcangelo comunicò a Maria la futura nascita del Messia , così nella religione Taoista.
Si racconta che la madre di Lao-Tzù rimase gravita del figlio generato da un raggio di l sole, per 81 anni, prima di partorirlo dall'ascella sinistra, sotto un susino nello stato di chu IV° o V° secolo a.C.. fu presto orfano di padre e fu allora chiamato "er" o "erl", cui poi venne aggiunto "LI", termine che designa l'albero sotto il quale venne alla luce.

LI ER (o LAO DAN secondo altre fonti sarebbe il nome di questo pensatore, sebbene il suo nome più noto resti "Vecchio Maestro", cioè Lao-tzù. Divenuto archivista nella città di Luoyi (770 - 246 a.C.) Lao-Tzù avrebbe incontrato Confucio ivi recatosi per la ricerca di testi antichi, anch'egli preoccupato per la grave crisi politica e morale che la cina stava attraversando.
Diversamente da Confucio, lo stato di decadenza della società cinese condusse Lao-tzù a disconoscere il mondo contemporaneo e a spingerlo al raccoglimento e alla meditazione.

Lao-tzù scelse di allontanarsi completamente dal consorzio umano: rinunciò al suo lavoro di archivista e lasciò la città per dirigersi verso ovest. Sempre secondo la leggenda , giunto al confine di Hangu a dorso di bufalo, Lao-Tzù venne pregato dalla guardia del passo di lasciare almeno una testimonianza del suo insegnamento prima di abbandonare per sempre la sua terra Lao-Tzù , andando verso occidente verso "il Regno del riposo dell'anima" Ivi ottenne la "vita eterna" per questo motivo molti autori non fanno cenno alla data della morte, ma solo a quella della presunta nascita, altri studiosi sostengono che Lao-Tzù fosse andato verso ovesT per diffondere verso i popoli barbari (cioè non cinesi) il suo insegnamento: da ciò nacque la convinzione che il BUDDHA altro non fosse che Lao-Tzù stesso. Il quale aveva adottato la sua dottrina alla mentalità indiana.
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Le Opere di   Lao-Tzu'

E' ancora incerto se Lao_tzù sia stato il fondatore del Taoismo. Viene riportato che Egli scrisse una breve opera di di poco più di 5000 caratteri ideografici, il "Daodejing" e lo affidò ad una guardia, poi si allontanò e scomparve per sempre alla vista degli uomini. Per la tradizione Taoista Il pensiero contenuto nel "Daodejing" (Libro del Principio) "DAO" e della sua virtù "DE", s'impernia sul concetto dsi DAO e di DE. Il DAO o TAO è un principio assolutamente indefinibile: esso quando è chiamato DAO , non è l'eterno DAO/TAO Se il suo nome è pronunciato non è l'eterno nome . Ciò che è senza nome è il principio del Cielo e della Terra" (il TAO) 

La parola Tao, in cinese "VIA" (suprema virtù) (anche se in tale lingua ha più significati che va dall'agopuntura, alle arti marziali derivati dal Taoismo. Esso rappresenta come nella religione cristiana "Via, la verità e la vita"
Il DAO o TAO sta alla base di tutti i fenomeni del mondo: esso solo persiste e non muta, ed è il centro di ogni cosa: "La misura dell'uomo è la terra, la misura della Terra è il Cielo, la misura del Cielo è il TAO o DAO, la misura del TAO o DAO è se stesso"
Tutto è originato dal DAO o TAO che può essere considerato "la Madre del Mondo" Esso genera le diecimila creature o esseri, la sua forza li nutre la sua essenza li plasma e la sua azione li completa.
Il TAO o DAO non è soltanto il principio di tutto ciò che esiste, ma è anche l'unità fondamentale nella quale si possono risolvere tutte le contraddizioni e le differenze degli esseri: il traguardo da raggiungere; per il saggio è dunque l'adeguamento del comportamento umano al DAO o TAO.
L'attività del DAO o TAO nella creazione, conservazione, e sviluppo di tutte le cose è la norma secondo la quale gli uomini devono regolare la propria vita. E' nell'adeguamento al TAO o DAO che consiste la virtù (DE) dellìuomo: DE è la partecipazione individuale al TAO o DAO che si estrinseca nel perseguire il "WU WEI" (non agire), che da forza al DAO o al TAO .
"Ciò che è molle nel mondo supera ciò che è più duro.
Ciò che non esiste permea ciò che non ha spazi intermedi"


Il WU WEI, nella vita dell'uomo, deve essere inteso come la scelta di non intervenire e di assecondare il flusso naturale delle cose e l'originario ordine cosmico, senza turbarlo o tenta-re di modificarlo: l'uomo, senza l'agire esteriore, passionale ed egoistico , si deve abbandonare disinteressatamente al corso naturale del TAO o DAO . In questo adequamento di sé alla natura, l'uomo risponderà alla sua vocazione ultima e giungerà così al compimento della perfezione. Il significato del "Non Agire"
In campo etico si concretizza in modestia , altruismo, umiltà mitezza tolleranza e amore per la tranquillità. Con questo comportamento, la stessa ingiustizia non viene vinta dalla giustizia, ma dalla bontà; infatti così è scritto:


" Con coloro che sono buoni sono buono,
Con coloro che non sono buoni sono buono,
così tutti diventano buoni"


I concetti della filosofia mistica del "Doadjing" si ritrovano arricchiti e approfonditi in due altri fondamentali testi della scuola e della religione taoista: il più importante, lo "Zhuangzi" (opera che porta il nome dello stesso autore, maestro Zhuang, vissuto nel IV secolo A.C.) espone il principio della trasforma-zione
Degli esseri, essenziale per il successivo sviluppo del Taoismo;
di minor rilievo risulta il secondo testo , il "Liezi", opera compilatoria attribuita a un certo maestro Lie, da cui il nome dell libro stesso.
Si comprende quindi che il Taoismo è contrario all'azione e alla conquista materiale . La passività è considerata un'auspicabile qualità, l'ottusità è morte, la duttilità è vita.
L'energie dell'universo sono classificati in due grandi gruppi: YIN e YANG, il primo ricettivo pieno di acqua fa riferimento alla Luna, cioè all'energia femminile; il secondo attivo, fuoco, con riferimento al sole, energia maschile.
Legge e ordine sono gli dei analoghi sia per l'avvocato che per il poliziotto, ostacoli per il TAO. Infatti se la legge aumenta, aumenta anche il crimine. Il taoista dunque si presenta come un anarchico pacifista che rifiuta le leggi e le forme di governo
come nemici del TAO.
Ogni cosa è parte di qualsiasi altra cosa, (il fiume non è lo stesso di ieri, quello dove ci si bagna oggi).

LE FORME DEL TAOISMO RELIGIOSO
Nell’ antica Cina fiorirono tre grandi religioni. La più antica fu la Taoista, segue il confucianesimo, dottrina austera del "fare la cosa giusta", di grande fascino per molti intellettuali, in particolare per i mandarini del servizio civile imperiale, ma di scarso interesse per il cinese comune e il buddismo, dottrina più affermata nel mondo essendo alla portata di tutti. Furono i buddiisti a trarre ispirazione dai testi Taoisti per rivestire in forma cinese gli astratti pensieri dell'India, Quindi nel II° secolo dopo Cristo esse divennero due dottrine che si completavano a vicenda.
L'antiritualismo del buddismo originale indiano non fu sempre seguito tanto è vero che molte sette misero in atto una serie di pratiche magiche interessate anche alla pratica di piacere ai demoni e al raggiungimento di "una buona fortuna"
Questa branche buddiste tendevano a fondersi con gli aspetti più popolari del Taoismo, la religione della gran parte dell'antico popolo cinese.
Ma il Taoismo era molto più di una pratica magica popolare e poteva affascinare tutti. Infatti non offriva solo l'emozione delle cerimonie che commuovevano i più umili, ma insegnava anche un'elevata filosofia della "strada verso il cielo" a coloro che erano in grado di capire le sue scritture e gli astrusi commentari. La più sacra e basilare tra le scritture era ed è il TAO-TE-KING, libro del TAO.
I contenuti del pensiero taoista, fondamentalmente individua-listico, non appena iniziarono a diffondersi in più ampi strati della popolazione, si mescolarono a elementi dello sciamanesimo, presenti nella religiosità popolare cinese e a dottrine del Buddismo; si sviluppò così una vera e propria religiosità taoista di ampio seguito, che rimarrà sempre legata all'originaria religione taoista , professato in circoli di un certo tenore culturale.
Il prolungamento della vita e l'immortalità del corpo diventano il fine a cui tende il credente taoista attraverso pratiche dietetiche, ginniche, sessuali, alchemiche e meditative. In questa prospettiva , la concezione della natura taoista, si fonde con la religiosità popolare, dando vita a complesse costruzioni mitologiche e metafisiche: il DAO o TAO prende forma in svariate figure divine, ad esempio in YUHUANGDI, Supremo Signore del cielo e padre di nove figlie, che governa il mondo insieme ai cinque sovrani divini dei punti cardinali (dal momento che in Cina viene considerato anche il Centro). I saggi che hanno raggiunto l'immortalità (XIEN REN) rientrano tra le numerose divinità di questo Pantheon popolare, in cui trovano ovviamente posto gli spiriti che presiedono alle forze naturali.
Lo scopo principale della religione taoista, che consiste nel raggiungere l'immortalità fisica, portò in auge un certo momento i "maestri delle ricette", che tentavano la strada delle pratiche magiche: la comparsa di questi personaggi, contemporaneamente all'esigenza di vita ritirata conforme al principio del WU WEI (non azione) condusse alla fondazione di comunità monastiche e sacerdotali che si incaricarono di organizzare e dirigere i semplici fedeli con riti comunitari.
Merita un cenno, tra le molte sette taoiste, quella dei Maestri Celesti. Maestri Celesti (Tianshi) è il titolo che era attribuito ai capi ereditari di questa setta e che fu usato per la prima volta da Zhang Lu (III secolo d.C.), celebre sacerdote, guaritore e capo della setta a sfondo politico-religioso dei Cinque moggi di riso;
Zhang Lu discendeva inoltre da Zhang Daoling (I° secolo d.C.)
Considerato da qualcuno come il fondatore del Taoismo religioso.
I Maestri Celesti, vertice di una gerarchia sacerdotale, risiedettero sul "Monte del Drago e della Tigre" nella regione del Giangsu fino al 1927: attualmente il 64° TIANSHI vive nella Repubblica nazionalista di Taiwan, dove ha sede anche la Sede
La Società taoista nazionale, fondata nel 1965,
Gli scritti Taoisti riguardanti sacrifici , templi, esorcismo, geomantica e pratiche varie costituiscono i più di 1500 testi del
DAO Zang, il cosiddetto Canone taoista, redatto a partire dall'VIII secolo a imitazione del Canone buddista, e pubblicato per la prima volta nel 1444- 1447
Nella letteratura e nell'arte, come anche nella fisica, chimica, medicina e scienze naturali, il Taoismo ha lasciato un’ impronta indelebile, divenendo un elemento fondamentale non solo della religiosità, ma dell'intera cultura e civiltà cinese.
Nella versione originale cinese sono impiegati solo 5000 ideogrammi e anche nelle lingue occidentali sono più complesse le traduzioni che variano di lunghezza fra le 4 e le 10.000 parole. Malgrado la brevità il, il TAO-TE-KING esprime dottrine complesse che sono derivati da moltissimi trattati esplicativi. Già nel VII sec, d.C. ne circolavano non meno di 4500.

Ricerca   di  Alessandro D’Angelo,  alioscias@yahoo.it

 

 

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La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di la di ogni misura.


E' la nostra luce, non il nostro buio che ci spaventa.


Ci domandiamo: Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?


In realtà, chi sei tu per non esserlo?
Tu sei un figlio dell'Universo.


Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo!


Non c'è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.


E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente,
diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.


Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri. 

( Nelson Mandela)

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