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Sheref Mansy, lo scienziato che fa parlare le cellule

Boston-Trento, giugno 2014 - A vederlo in città sembra uno dei tanti studenti laureandi o con laurea di fresco pelo. Ed invece lui è un TEDFellow ovvero uno scienziato vero e proprio che, oltre a condurre la ricerca di cui vi parliamo in questa pagina, partecipa al programma TED Fellows che individua gli innovatori multidisciplinari che vogliono e possono cambiare il mondo (e che saranno al TEDGlobal 2014, dal 2 all’11 Ottobre 2014, a Rio de Janeiro, in Brasile).

 

Lo statunitense Sheref Mansy ha messo a punto una nuova tecnica che impiega cellule artificiali e che potrebbe aprire presto nuove frontiere per la cura delle infezioni batteriche, per esempio le infezioni polmonari di pazienti affetti da fibrosi cistica.

 

Siamo nel campo della biologia sintetica e della comunicazione chimica tra cellule. Crearne di artificiali perchè ciò avvenga al meglio ad interesse dell'individuo malato è l'idea di Mansy, arrivato in Italia nel 2009 al Centro di Biologia Integrata (CIBIO) dell’Università di Trento grazie al sostegno della Fondazione Armenise-Harvard.

 

Insieme al suo gruppo di ricerca, Mansy sta lavorando ad un progetto che permetterà di controllare il comportamento delle cellule naturali senza modificarle geneticamente, utilizzando le cellule artificiali per dire a quelle naturali cosa devono fare. «Utilizzando cellule artificiali possiamo utilizzare la parte della vita che ci serve e rimuovere le parti della vita che non vogliamo» afferma il giovane studioso che si è concentrato ad osservare come le cellule rispondano ai segnali, al fine di impartire loro delle istruzioni.

 

Finora era l’ingegneria genetica ad occuparsene: modificandole geneticamente possono acquisire nuove capacità. Ma nel momento in cui il contenuto genetico di una cellula vivente viene modificato, anche il suo comportamento cambia. La nuova strada del team di Sheref Mansy prevede invece l’uso di cellule artificiali, create per favorire la comunicazione chimica tra cellule e batteri.

 

«Con l’utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica – spiega Sheref Mansy –c’è la paura che le cellule possano evolversi fuori dal nostro controllo e anche alterare gli ecosistemi. Al contrario, avvalendoci di cellule artificiali, possiamo condizionarle a vivere per un periodo definito di tempo. Le cellule artificiali non hanno la capacità di riprodursi o di evolversi. Servono al loro scopo solo per un paio d’ore e poi smettono di funzionare. Non hanno altre possibilità».

 

Questa metodologia, messa a punto da Roberta Lentini (coautrice dello studio e dottoranda dell’Università di Trento), può aprire nuove opportunità nell’ingegnerizzare dei comportamenti cellulari senza utilizzare organismi geneticamente modificati. Infatti la notizia ha già attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Il progetto è stato ospitato sulla prestigiosa rivista Nature.

 

Sheref Mansy, ricercatore del CIBIO dell’Università di Trento, ha lavorato all’Ohio State University sulla biosintesi dei Fe-S clusters con J.A.Cowan. In seguito si è focalizzato sulla costruzione di sistemi di modelli proto cellulari con J.W.Szostak al Massachusetts General Hospital. Ha utilizzato il finanziamento del programma Armenise-Harvard career development award per costruire il suo laboratorio presso l’Università di Trento dove sta investigando sulla replica cellulare.

 

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Sheref S. Mansy, classe 1975, giovane e brillante ricercatore statunitense dell'Università di Denver in Colorado è in Italia per un programma quinquennale di studio dal 2009. Quando è arrivato al CIBIO, il Centro di biologia integrata dell'Università di Trento, la sua missione era quella di studiare l'origine della vita, lavorando alla sintesi di una cellula artificiale. Lo scienziato portava con sè una ricca "dote": complessivamente un milione di dollari, da spendere per fare ricerca.

 

Mansy, infatti, si era già distinto a livello internazionale per i suoi studi di biologia sintetica e per questi aveva ricevuto il consistente finanziamento messo a disposizione dalla Fondazione Armenise-Harvard per il programma Career Development Awards.

 

Ogni anno la Fondazione sostiene uno o due scienziati dotati di particolari capacità con l'obiettivo di contribuire a creare nuove aree di ricerca nel settore delle scienze biologiche nel nostro Paese, incentivando la mobilità internazionale e favorendo rapporti di collaborazione tra gli scienziati italiani e la Harvard Medical School di Boston.

 

La Fondazione aveva deciso di credere in Sheref Mansy così per portare avanti la sua attività di ricerca - vale a dire per pagare il suo stipendio e quello degli altri membri del suo gruppo e per sostenere le spese per le apparecchiature necessarie - deliberò un finanziamento di 200mila dollari l'anno per cinque anni. E proprio a Trento Mansy ha scelto di investire per proseguire la sua promettente carriera scientifica, convinto dalle ottime premesse del centro CIBIO e dall'attenzione che da qualche tempo l'Ateneo trentino riserva agli studi sulla biologia integrata.

 

L'attività di ricerca di Mansy si concentra proprio sulla replicazione cellulare: quella proprietà, affascinante e al tempo stesso ancora misteriosa, che costituisce il fondamentale presupposto della vita sulla Terra.

 

La biologia si è radicalmente trasformata negli ultimi dieci anni: la disponibilità delle sequenze di numerosi genomi e l’introduzione di metodi di analisi di complessità della cellula stanno rendendo sempre più reale il sogno fondante delle scienze della vita e la possibilità di raggiungere una comprensione totale - su base molecolare - dei meccanismi di funzionamento degli organismi. È in questo scenario che si colloca l’attività del CIBIO, il Centro Interdipartimentale per la Biologia Integrata attivato dall’Ateneo trentino mettendo in sinergia le competenze maturate nell’ambito dei dipartimenti di Fisica, Matematica, Informatica e Telecomunicazioni, Ingegneria dei Materiali e Tecnologie Industriali.

 

Al CIBIO si studiano i meccanismi fondamentali di funzionamento della cellula, le conseguenti applicazioni alla conoscenza delle malattie e alla loro cura, nonché alla emergente scienza del benessere. Tra le principali attività la costituzione di una piattaforma tecnologica per lo studio su base genomica di farmaci attualmente in uso per un loro possibile re-indirizzamento verso nuove patologie. Il Centro partecipa ad iniziative congiunte promosse dalle strutture ospedaliere e da altre istituzioni del sistema della ricerca trentino.

 

http://www.giornalesentire.it/article/sheref-mansy-armenise-harvard-universita-trento-cura-infezioni-batteriche-fibrosi-cistica-studio-su-nature.html

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