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STORIE SUFI: "Safa" vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri

STORIE SUFI

          "Safa" vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri. Per questo se chiedete a uno se é un Sufi, non sentirete mai dire di sì, perché chi lo é, per modestia non lo dice.

"Suf" vuol dire anche lana. I Sufi dei primi secoli erano asceti che vivevano nei deserti vestiti di una lunga tunica di lana, loro unica proprietà, insieme al secchiello per l'acqua. Questa tunica era ovviamente logora e rattoppata. Queste toppe, cento come i nomi di Allah menzionati nel Corano, in epoca più tarda divennero colorate, fino a diventare il "costume" tipico del "Dervish" (poverello) del medioevo. I Dervisci sono coloro che riescono a danzare su se stessi per ore e ore

L'idiota nella grande città

Ci sono vari tipi di 'risvegli', di cui uno solo è corretto. L'uomo è addormentato, ma deve svegliarsi nel modo giusto. Questa è la storia di un ignorante che non ebbe il giusto risveglio.
Un giorno l'idiota arrivò in una grande città, restando sconcertato dalla folla che riempiva le strade.
Temendo che, se si fosse addormentato, non sarebbe riuscito, al risveglio, a ritrovare se stesso in mezzo a tutta quella gente, si legò una bonaccia alla caviglia, come segno di identificazione.
Un birbone, che aveva capito il senso del suo gesto, aspettò che si addormentasse per sfilargli la borraccia e legarla alla propria gamba. A sua volta, si mise a dormire sul pavimento del caravanserraglio.
L'idiota si svegliò per primo, vide la borraccia e subito pensò che quell'uomo doveva essere lui. Allora gli si scagliò contro, gridando: "Se tu sei me, allora, per l'amor del ciclo, io chi sono, e dove sono?".

Il grammatico e il derviscio

In una notte senza luna un derviscio, passando vicino a un pozzo prosciugato, sentì un grido: una voce cavernosa chiedeva aiuto. "Chi c'è laggiù?", chiese il derviscio, sporgendosi.
"Sono un grammatico e, poiché non conosco la strada, sono caduto inavvertitamente in questo profondo pozzo dove mi trovo ora, praticamente immobilizzato", rispose la voce.
"Tieniti, amico, vado a prendere una scala e corda", disse il derviscio.
"Un momento, prego", rispose il grammatico. "La tua sintassi e la tua pronuncia sono difettose; ti prego di correggerle".
"Se questo è così importante per tè, più importante dell'essenziale", gridò il derviscio, "allora è meglio che tu rimanga lì dove sei finché io non imparo a parlare correttamente".
E proseguì per la sua strada.

L'uccello indiano

Un mercante teneva un uccello in gabbia. Dovendo recarsi in India, paese originario dell'uccello, gli chiese se desiderava che gli riportasse qualcosa da quel paese. L'uccello chiese di ottenere la sua libertà, ma il mercante gliela negò. Allora lo pregò di recarsi in una certa giungla dell'India e di annunciare la sua cattività a tutti gli uccelli che vivevano in libertà.
È ciò che fece il mercante, ma aveva appena finito di parlare quando un uccello selvatico, simile in tutto al suo, cadde esangue ai piedi del ramo sul quale era appollaiato.
Il mercante pensò allora che doveva sicuramente trattarsi di un parente prossimo dell'uccello in gabbia, e fu addolorato di aver causato la sua morte.
Quando fu di ritorno, l'uccello gli chiese se portava buone notizie dall'India.
"Ahimè, no", disse il mercante, "temo che le notizie siano brutte! Uno dei tuoi parenti prossimi è stramazzato ai miei piedi quando ho parlato della tua cattività".
Aveva appena pronunciato queste parole, quando l'uccello indiano stramazzò a sua volta nella gabbia. ^ "La notizia della morte del suo parente ha ucciso anche lui", pensò il mercante. Era desolato; lo raccolse e andò a poggiarlo sul davanzale della finestra. All'istante, l'uccello torno’ in vita e volò sul ramo più vicino.
"Ora sai", disse l'uccello al mercante, "che ciò che per tè era una calamità, per me era una buona notizia. E nota come il messaggio, cioè come comportarmi per riacquistare la mia libertà, mi è stato trasmesso proprio da tè, mio carceriere". E volò via, finalmente libero.

L'uomo che camminava sull'acqua

 

Un giorno un derviscio dalla mentalità convenzionale, prodotto di un'austera scuola religiosa, stava passeggiando lungo un corso d'acqua, completamente assorto in problemi teologici e morali, perché quella era la forma che l'insegnamento sufi aveva assunto nella comunità cui apparteneva. Per lui la religione emotiva corrispondeva alla ricerca della Verità Suprema.
All'improvviso il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un forte grido: qualcuno stava ripetendo l'invocazione derviscia. "Non serve a niente", si disse, "perché quell'uomo pronuncia male le sillabe. Anziché salmodiare YA HU, dice U YA HU ...".
Il derviscio ritenne allora che fosse suo dovere - lui che aveva studiato con tanto zelo - correggere quel poveretto che sicuramente non aveva avuto l'opportunità di essere guidato nel modo giusto, e che probabilmente faceva solo del suo meglio per entrare in armonia con l'idea sottesa nei suoni.
Noleggiata una barca, remò in direzione dell'isola donde sembrava provenire la voce.
In una capanna di canne scorse, seduto per terra, un uomo vestito da derviscio che si dondolava al ritmo della ripetizione della formula iniziatica. "Amico mio", gli disse, "la tua pronuncia è sbagliata. Mi incombe dirtelo perché è meritevole dare consigli e altrettanto meritevole accettarli. Ecco come devi pronunciare". E glielo spiegò.
"Grazie", disse l'altro con umiltà.
Il primo derviscio risalì in barca, molto soddisfatto di aver compiuto una buona azione. Dopo tutto, non è detto che colui che riesce a ripetere correttamente la formula sacra possiede anche il potere di camminare sulle acque? Il derviscio non aveva mai visto nessuno compiere un simile prodigio, ma aveva sempre sperato, per qualche ragione, di riuscirci prima o poi.
Dalla capanna non arrivava più alcun suono; tuttavia, era convinto che la lezione aveva dato i suoi frutti.
Fu allora che udì un U YA pronunciato con esitazione: il derviscio dell'isola si era messo nuovamente a pronunciare la formula a modo suo ...
Mentre il primo derviscio era assorto nelle sue riflessioni, meditando sulla perversità degli uomini e sulla loro cocciutaggine nel perseverare nell'errore, i suoi occhi scorsero uno strano spettacolo: il derviscio della capanna aveva lasciato la sua isola e stava venendo verso di lui camminando sulla superficie dell'acqua ...
Stupefatto, smise di remare. L'altro lo raggiunse e si rivolse a lui con queste parole: "Fratello, perdonami se ti importuno, ma sono venuto a pregarti di insegnarmi ancora una volta il modo corretto di ripetere l'invocazione, perché ho difficoltà a ricordarlo".!!!!!!!!!

 FONTE. "Dervish