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Gatti: il loro cervello e' molto intelligente

Gatti: il loro cervello e’ molto intelligente

Il cervello felino come quello umano? Potrebbe anche essere vero. Ad ogni modo, gli schieramenti sono due: c’é chi ama i cani e c’é chi ama i gatti.

 

Ma sappiate che proprio questi ultimi hanno risalito la china superando di gran lunga il cane in quanto ad intelligenza. Infatti, il nostro cucciolo peloso pensa, sogna e ricorda ed è ammaestrabile per svolgere compiti complessi. Una sorta di legame simile a quello che una ricerca ha reso noto di recente tra il cervello umano e quello dei vermi. Un primato, dunque, che premia il felino, da anni sempre al secondo posto nell’indice di gradimento dopo il cane.

E non solo. Il cervello felino, secondo i moderni studi, sarebbe molto simile a quello umano per struttura e funzione.

È il New Scientist a tirare le somme su alcune ricerche ed esperimenti condotti su cani e gatti. E proprio questi ultimi hanno dimostrato di possedere un cervello con il doppio dei neuroni rispetto ai colleghi cani, sebbene più piccolo quanto a dimensioni.

Questa particolarità, inoltre, renderebbe molto più semplice la capacità di processare le informazioni, proprio come un potente tablet.

I gatti possiedono circa 200 milioni di recettori olfattivi, battendo nel numero il migliore amico dell’uomo. E che dire della loro capacità di prevedere gli attacchi di epilessia e i cambiamenti del tempo?

Osservateli quando si lavano e il giorno dopo pioverà! Le straordinarietà del gatto non finiscono qui. Secondo gli scienziati, infatti, avrebbero positivi effetti sull’essere umano. Basti pensare ai potenti effetti terapeutici delle fusa. È risaputo come l’amicizia e la vicinanza di un gatto faccia bene soprattutto alle persone sole e agli anziani.

Tuttavia, i risultati cui sono giunti gli studiosi vedono nelle fusa forti poteri curativi e di giovamento alle persone che soffrono di reumatismi.

Le fusa, infatti, vibrano tra 1,5 e 6 gigahertz, ossia la stessa frequenza utilizzata nelle terapie dell’artrite.

E poi come negare il forte rilassamento di cui si beneficia avendo un gatto che fa le fusa sulle proprie ginocchia in poltrona o accanto, nel letto?

Per quanti soffrono di pressione alta, invece, può rivelarsi utile semplicemente accarezzare il proprio micio per veder diminuire il ritmo cardiaco.

Tornando alla struttura del cervello felino, gli studi hanno dimostrato come sia più semplice aver dialogo con il micio anziché con il cane.

Pare infatti che l’uomo comprenda prima il linguaggio di un gatto riuscendo, dunque, ad intavolare una vera e propria conversazione. A loro volta, i felini hanno dimostrato di avere elevate doti di apprendimento. Capacità questa che si è rivelata utile ai portatori di handicap poiché in grado di svolgere persino incarichi domestici.

Infine, ma non per questo meno importante, avere un gatto per casa si rivelerebbe un valido rimedio contro lo stress, l’ansia ed i casi di depressione. E, nei casi di insonnia, la sua vicinanza costituisce uno dei più potenti sonniferi naturali.

Dunque, dimenticatevi del luogo comune per cui il gatto è poco simpatico, comunicativo e socievole. Proprio come ogni essere umano, i felini possiedono un carattere che va compreso e rispettato. E ora, se avete un gatto a portata di mano, tuffatevi nel suo pelo e lasciatevi cullare dalle sue fusa. Sempre che non siate allergici. Ma questo è un altro discorso!

 

Federica Vitale

 

Fonte:http://www.nextme.it/scienza/natura-e-ambiente/3643-gatti-cervello

Ecco le cure che i medici non farebbero mai su loro stessi !!!

Ecco le cure che i medici non farebbero mai su loro stessi !!!

Spesso i medici prescrivono cure che non farebbero mai per se stessi.Ecco le rivelazioni di illustri dottori sulle cure da evitare nonostante la prescrizione.

Quando siete davanti ad una diagnosi preoccupante, una procedura invasiva od un’operazione rischiosa, probabilmente la domanda più intelligente che vorreste porre al vostro medico è « Lei che farebbe?»

 

Dopo anni di esperienza , essi sanno meglio di chiunque altro quali trattamenti e cure vale la pena fare e quali è meglio evita. Nel seguito dottori di primo piano e ricercatori rivelano cio’ che personalmente eviterebbero; molti di loro sono controcorrente rispetto al sistema. I loro commenti vi sorprenderanno e vi illumineranno

UNO PSICHIATRA CHE NON ASSUMEREBBE MAI ANTIDEPRESSIVI

La Dott.ssa Joanna Moncrieff è senior lecturer in psichiatria al London University College ed autrice di «The Myth Of The Chemical Cure»[Il mito delle cure chimiche].

«Esercito la psichiatria da oltre 20 anni e nella mia esperienza gli antidepressivi non fanno nulla di buono. Non li prenderei mai in nessuna circostanza, nemmeno se pensassi al suicidio.

Tutta la ricerca mostra che – nel migliore dei casi – gli antidepressivi fanno sentire le persone un pochino meglio di un placebo, ma non significa che di fatto curino la depressione.

 

Dopo tutti questi anni di scannerizzazione del cervello, non abbiamo una sola prova che la depressione sia collegata ad un qualche squilibrio chimico nel cervello, dunque è discutibile tutta l’idea che noi possiamo trattarla con sostanze chimiche.

 

Io credo che la depressione è una reazione estrema alle nostre circostanze, ed il modo migliore per riprendersi è elaborare e lavorare sulla causa. A volte questo significa terapie che implicano dialogo, a volte significa modificare le circostanze come per esempio trovare un nuovo lavoro o guardare in faccia problemi relazionali.

 

Ovviamente ci sono alcune persone che sono depresse senza un motivo apparente, ma comunque non c’è evidenza che essi soffrano di una malattia cerebrale o che gli antidepressivi possano aiutarli. La cosa migliore resta cercare e trovare delle nuove cose che spezzino il cerchio di pensiero e comportamento.

 

Gli antidepressivi sono delle medicine psicoattive, che alterano la mente come fanno l’alcool o la cannabis ed io ho sempre pensato che se fossi depressa, vorrei conservare tutte le mie facoltà per uscire dallo stallo e non vorrei ritrovarmi ottenebrata da nessuna medicina, i cui effetti in realtà non comprendiamo».

IL DIETOLOGO CHE NON SEGUIREBBE UNA DIETA

Il dottor Ian Campbell è l’ideatore di Bodylibrium, un programma di dimagrimento.

 

L’evidenza è che le diete raramente funzionano a lungo termine.

Ho lavorato per decenni ad aiutare la gente a perdere peso e l’esperienza mi ha mostrato che è che l’unico modo per ottenere un successo sul lungo periodo

è chiedersi: «Perché? Perché mangiamo del cibo per consolarci? Perché preferiamo cibi grassi? Perché beviamo troppo alcol e perchè l’attività fisica non ci attira?anti alcolici?».

 

Quel che veramente aiuta la gente a perdere peso in modo efficace, sono le tecniche che si basano sul modificare il comportamento (simili alla terapia cognitivo -comportamentale), insieme all’impiego di “strategie”, come ad esempio tenere un diario giornaliero di cosa mangiamo e porsi obbiettivi realistici.

 

Le diete che incoraggiano degli approcci polarizzati, per esempio quelle a basso contenuto di carboidrati , le diete 5:2 o qualunque altro approccio riduzionista, avranno un successo molto limitato nel tempo e alla fine si recupererà il peso perduto».

CARDIOLOGI CHE RIFIUTANO LE STATINE

 

Professor Kevin Channer, cardiologo al Claremont Hospital di Sheffield

 

«Le statine hanno avuto un grande effetto nel ridurre il numero di attacchi cardiaci e infarti ed ora c’è una certa tendenza a dare a tutti queste pasticche che abbassano il colesterolo; ma io non le assumerei nemmeno una senza avere la prova che sono sotto forte rischio: ogni volta che si prende un farmaco, bisogna pensare ai rischi e benefici.

 

Le statine riducono le probabilità di attacco cardiaco o infarto, nella misura del 30%, dunque sì, c’è un vantaggio. Ma in termini reali è minimo. Statisticamente, quale uomo di 60 anni non fumatore ed in buona salute, il mio rischio di avere in un anno un attacco cardiaco o infarto è dell’1% . Assumendo una statina questo scenderebbe allo 0,70%, che è ancora molto basso. Ed ho passato la mia vita professionale a prescrivere statine, ne conosco gli effetti collaterali: dolori muscolari, debilitazione generale, mal di stomaco.

 

Alcuni sostengono che andrebbero date quando il rischio è all’1,5%, ma personalmente non prenderei in considerazione di prendere il farmaco se non ad un rischio del 3%. Tutti quelli che hanno avuto un attacco cardiaco od un infarto hanno un rischio del 3% e per costoro il rischio del dolore vale il prezzo del beneficio.

 

D’altro canto, però, assumerei – e li assumo – farmaci che abbassino la pressione; anche se i mie valori personali sono attualmente al limite e, quale cardiologo, so che invecchiando i valori pressori non potranno che salire e le ricerche dimostrano che più bassa è la pressione, più lunga è la vita.

 

Alcuni dei vecchi farmaci causavano effetti collaterali, ma ora io ne sto prendendo uno degli ultimi prodotti, che si chiama angiotensina, che blocca i ricettori e non sto avendo problemi».

SPECIALISTA DELLA PROSTATA CHE NON FA IL TEST PSA

Richard Ablin, professore di patologia presso l’University of Arizona College of Medicine.

 

«Quando nel 1970 scoprii il PSA, cioè l’antigene specifico per la prostata, ci rendemmo presto conto che ciò sarebbe stato di grande aiuto per i pazienti con cancro alla prostata. La proteina è specifica della ghiandola prostatica, non si trova infatti in quantità significative in nessun altro organo. Nel caso in cui un soggetto con cancro alla prostata l’avesse rimossa noi possiamo poi testare, grazie alla nostra scoperta, la PSA e verificare se è rimasto parte del cancro non individuato prima.

 

Purtroppo pero’ il test PSA inizio’ ad essere usato per la diagnosi del cancro alla prostata. Questo è stato un grosso errore: la PSA non è specifica per il cancro, è semplicemente una proteina prodotta dalla prostata; quindi trovarne un alto livello può significare semplicemente che un uomo ha la prostatite (una infezione) o una prostata ingrossata, qualcosa che da problemi ma è di ordine benigno. I livelli “normali” poi variano grandemente da soggetto a soggetto e non esiste una soglia oltre la quale possiamo diagnosticare il cancro in modo affidabile. Il test non può nemmeno fare la differenza tra un cancro prostatico a crescita lenta e uno aggressivo a crescita violenta. E’ come lanciare la monetina: la stessa efficacia.

 

Nonostante questo, è stato adottato come modo per diagnosticare il cancro alla prostata e, come risultato, milioni di uomini (maschi) sono stati curati eccessivamente e spesso con effetti collaterali altamente debilitanti quanto non necessari. Mi sottoporrei ad un test PSA solo dopo un trattamento per un cancro alla prostata o se fossi a rischio di una malattia per esempio causa famigliarità con essa e vi ricorrerei – a scopo diagnostico – in combinazione con altri test, tipo un esame rettale digitale».

IL CHIRURGO ORTOPEDICO CHE EVITA I RAGGI X

Chris Walker, chirurgo ortopedico al Liverpool Bone and Joint Centre.

 

«Troppo spesso, i pazienti vanno dal loro medico perché hanno dolori o sentono rigidità e vogliono che venga fatta qualcosa per questo.. I medici cosi li mandano a fare delle radiografie che possono ogni tanto mostrare dei guai, cosi finiscono col dire ai pazienti, che hanno l’artrite. Appena sentono questa diagnosi, i pazienti perdono il controllo e cominciano a diventare delle vittime. Prendono degli anti-infiammatori (che possono avere degli effetti collaterali gastrointestinali), si spaventano all’idea di fare attività fisica e la loro vita in genere si impoverisce in senso lato.

 

Ecco perché, a meno che non ci siano sintomi allarmanti di artrite – come dolore costante o notturno – io eviterei di far fare delle radiografie.Con l’età la maggior parte di noi ha qualche problemino alle articolazioni: la cosa migliore da fare è fare del movimento. Le giunture amano il movimento, quello che le danneggia sono la corsa ed i salti ma camminare, nuotare ed andare in bicicletta riducono effettivamente il dolore e la rigidità e rallentano il manifestarsi dell’artrite. Mantenendosi attivi si perde peso, cosa che è di grandissimo aiuto, e non si finisce depressi perché si è troppo impegnati con la vita».

LO SPECIALISTA DI ASMA CHE VUOLE ELIMINARE GLI INALATORI

Mike Thomas, docente di ricerche nella prima assistenza e specialista in medicina della respirazione e cura dell’asma presso la University of Southampton.

 

«Molti diventano troppo dipendenti dagli inalatori “della salvezza” e finiscono nel panico se non ne hanno a portata di mano. L’uso quotidiano di questi strumenti, aumenta il rischio di attacchi gravi e gli effetti collaterali degli alti dosaggi di steroidi includono l’assottigliamento delle ossa, la facilità di ecchimosi ed un aumentato rischio di diabete e di pressione alta.

Pertanto, invece di far sì che le persone diventino sempre più dipendenti dagli inalatori, sto collaborando con il Governo in una ricerca che mostri come semplici esercizi di respirazione, combinati al controllo dell’ansia, possano migliorare il controllo dell’asma.

Una volta che i pazienti trovano che gli attacchi di asma diventano meno stressanti , ricorrono meno agli inalatori. Se avessi l’asma, vorrei imparare come gestirla autonomamente, mi interessa aiutare i pazienti a migliorare la qualità della vita e diminuire la quantità di farmaci che prendono».

LO SPECIALISTA DEL SONNO CHE NON PRENDEREBBE SONNIFERI

 

Dr Guy Meadows, specialista del sonno e fondatore della Scuola del Sonno

 

«I sonniferi indeboliscono la vostra fiducia nella vostra capacità naturale di addormentarvi e possono finire con il produrre dipendenza psico-fisica. Cominciate col pensare che: “se non prendo una pillola non mi addormenterò”. E così il corpo si aspetta di ricevere un sedativo. In cambio correte cosi il rischio di avere una insonnia a rimbalzo quando smettessi di prenderli , il che spiega perché così tante persone siano nei guai quando vogliono smettere.

 

Gli effetti collaterali includono: capogiri, mal di testa, perdite della memoria, senso di rimbambimento. Studi recenti mostrano anche, che i sonniferi sono associati ad un rischio di morte quattro volte maggiore, cosa che per me alla lunga supera il beneficio. La ricerca dice anche che i sonniferi forniscono solo dai 20 ai 30 minuti di sonno in più.

 

Inoltre il sonno fornito da questi medicamenti, non è né naturale né di ristoro e questo perché alterano l’“architettura del sonno” limitandone la profondità ed interferendo con il sonno REM, necessari per sentirci riposati al risveglio. In alcuni casi, come quando la carenza di sonno è la seria conseguenza di gravi traumi, sono i sonniferi a dare la possibilità di questo recupero fondamentale. Ma non è la condizione nella quale si ritrova la gran maggioranza della gente, per la quale i sonniferi diventano inutili ».

 

Fonte : http://www.dailymail.co.uk/health/article-2620866/From-psychiatrist-whod-never-anti-depressants-heart-doctor-steers-clear-statins-reveal-medical-treatments-experts-refuse-themselves.html

 

 

Sintesi e traduzione a cura di Cristina Bassi per thelivingspirits.net

MUSICA per Guarire… Corpo, Mente e Spirito! ECCO LE PROVE

Che la musicoterapia faccia bene è già cosa nota, compreso il governo della Bielorussia che se ne serve ufficialmente per migliorare lo stato di salute dei suoi bambini, dopo la catastrofe di Chernobyl; ma quanti di noi hanno avuto modo di vederne le prove scientifiche?

Fabien Maman ci fa entrare nel suo laboratorio di esperto ricercatore: 123 foto a colori, scattate al microscopio, che dimostrano inequivocabilmente come il suono influisce sulla struttura fisica e sull’energia delle cellule.

Stabilisce inoltre le correlazioni fra le note musicali e i punti dell’agopuntura.

Il ricercatore, compositore e musicoterapeuta Fabien Maman insieme ad alcuni suoi collaboratori ha dimostrato inequivocabilmente come il suono influisca sulla struttura fisica ed emotiva, sull’energia delle cellule cancerose e non solo.

 

La musicoterapia viene ormai praticata da decenni ed è ormai riconosciuta a tutti gli effetti come una pratica curativa, sia a livello psicologico che fisico.

Cos’è la musicoterapia e come funziona?

 

L’idea che la musica possa curare i malanni del corpo e dello spirito non è moderna, bensì molto antica. Gli Egizi credevano che alcuni canti potessero curare l’infertilità, i dolori reumatici e le punture d’insetto mentre i Greci attribuivano alla musica prodotta dal flauto delle virtù antidolorifiche, nonché la capacità di far guarire dalla sciatica e dalla gotta.

La scienza ha dimostrato che queste idee hanno un fondamento medico, perché la musica è in grado di agire sul sistema neurovegetativo, un meccanismo che ha il compito, per esempio, di armonizzare il ritmo cardiaco e di regolare la pressione sanguigna. Oltre ad entrare in contatto diretto con le “chiavi” che azionano numerosi meccanismi fisiologici, la musica è un mezzo che permette all’essere umano di liberare ed esprimere le proprie emozioni, la propria vita interiore e la propria creatività.

 

Ma approfondiamo l’idea di Fabien Maman.

Nel suo libro “Quando la musica guarisce” ci mostra delle serie di foto fatte al microscopio e con la camera Kirlian scattate al laboratorio dell’Università parigina di Jessieu, dove furono fatti vari esperimenti con il suono e la voce su cellule ematiche umane di vario tipo tra cui anche cellule cancerose. A queste cellule venivano applicati vari suoni da una distanza di circa 30 centimetri e una ampiezza dai 30 ai 40 decibel per una durata di circa 21 minuti, scattando una foto ogni minuto. Il suono provocava sempre un cambiamento notevole nelle cellule e nei loro campi magnetici.

Tra i risultati interessanti vi è l’”esplosione” delle cellule cancerose causata dalla progressione del suono nella scala musicale. L’esplosione era dovuta all’espansione del suono che spingeva verso l’esterno la membrana cellulare con un movimento dal centro alla periferia.

Durante gli esperimenti è stato notato che in assenza di suono le cellule sul vetrino tendevano ad espandersi nel tentativo di aderire al supporto ma, a differenza della condizione di presenza di suono, la crescita cellulare era più limitata. Senza suono infatti il diametro esterno delle cellule era compreso tra i 10 e gli 11 millimetri, mentre con il suono esso oscillava tra gli 11 e i 19 millimetri. Sotto l’influsso del suono la cellula in pratica raddoppiava di volume; in assenza di suono invece essa non raggiungeva tali dimensioni neppure dopo 45 minuti in cui il diametro misurava solo 14 millimetri.

 

Qui a seguito mostriamo due serie di sequenze fotografiche di due relativi esperimenti eseguiti su cellule cancerose Hela per una durata di 21 minuti ciascuno. Il primo è stato effettuato senza suono. Il secondo è stato eseguito in presenza del suono di un gong carico di armonici (un colpo al minuto). Il suono ha prodotto lo stesso effetto di frequenze dissonanti causando la progressiva destabilizzazione della struttura delle cellule provocandone l’esplosione:

Cellule cancerose Hela in assenza di suono

 

Cellule cancerose Hela in presenza di suono

 

Le cellule sane sembrano assorbire, integrare e sincronizzarsi con il suono senza opporre resistenza, incanalando ogni stimolo sensoriale ed ogni percezione all’inerno del poprio io…Sembra le le cellule non trattengano l’energia della frequenza sonora come invece succede per le cellule cancerose.La parola chiave quindi, anche qui, è “risonanza”.

Le cellule sane si sono rivelate flessibili e in grado di ricevere, assorbire e restituire l’energia mentre quelle cancerose sono apparse rigide e fisse nella loro struttura. Qui a seguito vediamo una serie di scatti fotografici eseguiti nell’arco di 14 minuti (una ogni minuto) durante un esperimento con lo xilofono su una cellula cancerosa Hela.

Cellula cancerosa Hela durante l’esperimento eseguito con lo xilofono

Qui sotto vediamo una serie di scatti fotografici eseguiti nell’arco di 9 minuti (una ogni minuto) durante un esperimento con la voce su una cellula cancerosa Hela.

La voce umana con la sua potenza, trasmette emozioni che vengono ricevute ed incamerate… Le vibrazioni che si propagano, si è visto che vanno direttamente a colpire qualcosa si più potente e forte: la coscienza, nel profondo delle sue emozioni.

Cellula cancerosa Hela durante l’esperimento con la voce

I maggiori effetti benefici si sono avuti con la voce umana perché in essa vi è un elemento in più che non si può trovare in nessun altro strumento. (i mantra recitati durante il nostro MASSAGGIO-MESSAGGIO ! )

Ossia l’ aspetto fisico e la colorazione emotiva, la sensazione profonda e armoniosa di un benessere non sono spirituale ma anche fisico ed emotivo!

La voce umana porta con sé la sua risonanza spirituale.

 

http://www.amrita-edizioni.com/137_quando-la-musica-guarisce.html

 

http://www.visionealchemica.com

DISINTOSSICANTE : alga clorella

La clorella (Chlorella), o alga clorella, è una microalga unicellulare che vive nelle acque dolci. E’ considerata un’alga utile per disintossicare l’organismo dato che favorisce l’espulsione delle scorie e contrasta l’accumulo di metalli pesanti.

L’assunzione di integratori naturali a base di alga clorella può essere d’aiuto per ridurre gli stati infiammatori e le reazioni allergiche causate dall’accumulo di metalli pesanti nell’organismo. La clorella è una fonte di proteine, vitamine e sali minerali.

Proprietà e benefici della clorella

In particolare l’alga clorella contiene vitamina A, vitamina C, vitamine del gruppo B e vitamina E che nel loro complesso favoriscono il corretto metabolismo dell’organismo, sono benefiche per la vista e aiutano a contrastare l’invecchiamento precoce e l’azione dei radicali liberi.

La clorella è utile per rafforzare le difese immunitarie dell’organismo e per aiutarlo a depurarsi, in particolare dai metalli pesanti. Il suo contenuto di clorellina conferisce all’alga clorella un’attività antibiotica. La clorella è ricca di clorofilla ed è considerata uno degli alimenti ricostituenti più indicati per supportare il sistema immunitario.

L’alga clorella, insieme al coriandolo (foglie fresche), viene utilizzata soprattutto per rimuovere gli accumuli di metalli pesanti in modo naturale dal nostro organismo. Potrete chiedere maggiori informazioni al vostro erborista di fiducia riguardo all’utilizzo della clorella per contrastare i metalli pesanti in eccesso, in modo che vi possa indicare la terapia corretta da seguire.

Gli effetti disintossicanti della clorella sono così potenti da risultare efficaci nella depurazione delle acque inquinate. La clorella però non è soltanto un rimedio naturale per disintossicarsi. Infatti aiuta a rafforzare il sistema immunitario e a prevenire le infezioni batteriche e virali, compreso il raffreddore.

Aiuta nella depurazione del sangue, del fegato e dell’intestino. Nell’intestino contribuisce alla formazione di una flora batterica buona. Non solo. Alla clorella vengono attribuite altre proprietà benefiche.

Ad esempio la clorella contribuisce a migliorare la capacità di concentrazione, a regolare la pressione e i livelli di glucosio nel sangue, ad aumentare il livello di energia e a equilibrare il colesterolo. Infine, la clorella ha effetto alcalinizzante sul nostro organismo ed è ricca di antiossidanti.

 

Dove trovare la clorella

Potrete trovare la clorella in erboristeria e nei negozi di prodotti naturali. Noterete che la clorella è disponibile sia in polvere che sotto forma di capsule e tavolette. Seguite le istruzioni di assunzione in base alla tipologia di prodotto che avete acquistato e ai consigli dell’erborista. Ad esempio, potrete aggiungere la clorella in polvere ad un bicchiere d’acqua, a un succo o a un frullato per poterla assumere con le bevande.

Controindicazioni

La clorella è molto utile nei trattamenti depurativi ma non dovrebbe essere assunta per un periodo superiore ad 1 o 2 mesi consecutivi. Tutto dipende dalle proprie condizioni di salute e da come l’organismo ha reagito al detox dai metalli pesanti. Il medico e l’erborista sapranno fornirvi maggiori informazioni al riguardo. Ad esempio, si potrà interrompere l'assunzione per un certo periodo e poi riprenerla.

L’assunzione della clorella è sconsigliata in caso di immunodeficienza e di malattie autoimmuni. La clorella può contenere iodio: attenzione dunque per chi soffre di allergie a questa sostanza o di problemi alla tiroide.

Marta Albè

 

www.greenme.it

 

Trovata Proteina capace di rigenerare il CUORE dopo un'infarto

La scoperta di cui vi parliamo è destinata a far parlare di se per molto tempo! E’ una speranza per molti ed una vittoria di tutti.

E’ presente già da qualche giorno nel web e sui siti della più grande testate giornalistiche ma nessuno ne ha parlato bene in Tv Forse perchè scomoda alle case farmaceutiche e alle medicine che potrebbero passare in un secondo piano…

 

I ricercatori della Stanford University School of Medicine hanno scoperto una proteina denominata follistatina-like (FTSL1) la quale è capace di stimolare la produzione di nuove cellule cardiache, promuovendo la rigenerazione dei tessuti del cuore anche dopo aver subito un infarto.

 

I ricercatori impegnati in questo studio epocale, hanno deciso di reintrodurre la proteina nel tessuto cardiaco danneggiato (in questo caso erano topi e maiali che aveva subito un attacco di cuore), hanno utilizzato del collagene quindi materiale naturale, il quale era stato che era modificato per imitare alcune proprietà meccaniche dell’epicardio.

Come troviamo scritto anche sul sito TGcom24

 

“Negli individui sani infatti, presentato tale la proteina “miracolosa” nell’ epicardio, la membrana che circonda la parete del cuore.

 

In seguito a infarto, invece, se ne perdono completamente le tracce. Utilizzando una sorta di cerotto bio-ingegnerizzato, che imita il tessuto dell’epicardio e funziona come una “riserva” di proteina FSTL1 negli animali infartuati, i ricercatori hanno osservato la crescita delle cellule del muscolo del cuore, nonché il miglioramento delle funzioni cardiache. Che tradotto significa sopravvivenza.“

 

La speranza che si accende nei tenti malati sta proprio ne fatto che tale procedura possa essere utilizzata in pazienti i quali hanno subito un attacco di cuore provocandone gravi danni a livello cardiaco.

 

Questo passo avanti per la ricerca potrebbe rappresentare il superamento di certi ostacoli e il miglioramento della vita di coloro che hanno avuto questo problema. Potrebbero tornare ad avere una vita più sana e normale.

 

Come ha detto la prof.ssa PilarRuiz-Lozano della Stanford University:

“Questa scoperta apre la porta a un trattamento completamente rivoluzionario perché non vi è attualmente alcun trattamento efficace per invertire le cicatrici nel cuore dopo gli attacchi di cuore.”

 

 

RIFERIMENTI:http://med.stanford.edu/news/all-news/2015/09/delivering-missing-protein-heals-damaged-hearts-in-animals.html

 

http://jedasupport.altervista.org/blog/curiosita/scoperta-la-proteina-che-rigenera-cuore/