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La teoria dell'origine virale delle malattie

In origine la parola “virus” significava veleno e il termine “virulento” voleva dire velenoso. Oggi intendiamo per virus una entità submicroscopica e “virulento”, in generale, significa contagioso.

La medicina moderna utilizza il termine “virus” per indicare una microscopica forma di vita capace di infettare le cellule e a cui viene pertanto attribuita la responsabilità di molte delle nostre malattie.

Nell’immaginario popolare, il virus è una forma di vita in grado di parassitare ogni altra forma di vita, inclusi gli animali, le piante e i saprofiti (funghi e batteri).
Nella descrizione delle infezioni virali, ai virus vengono attribuiti comportamenti quali “iniettarsi”, “incubare”, “essere in latenza”, “invadere”, avere uno “stadio attivo”, “impadronirsi”, “riattivarsi”, “mascherarsi”, “infettare”, “assediare” ed essere “devastanti” e “mortali”.

La teoria medica convenzionale sostiene che i virus nascono da cellule morte che essi stessi hanno infettato. Il virus “si inietta” nella cellula e le “ordina” di riprodurlo, fino al momento in cui la cellula esplode per lo sforzo. I virus sono a questo punto liberi di cercare altre cellule in cui ripetere il processo, infettando così l’intero organismo.

Tuttavia i virologi ammettono che i virus, pur avendo natura peculiarmente organica, non possiedono metabolismo, non possono essere replicati in laboratorio, non possiedono alcuna caratteristica degli esseri viventi e, in realtà, non sono mai stati osservati vivi!!

I “virus vivi” sono sempre morti ...

Il termine “virus vivo” indica semplicemente quei virus creati dalla coltura di tessuti viventi in vitro (cioè in laboratorio), dai quali si possono ottenere trilioni di virus.

Ma proprio qui sta il punto: anche se alcune colture da laboratorio vengono tenute vive, nel corso del processo si verifica un massiccio ricambio cellulare ed è dalle cellule morenti che vengono ottenuti i “virus”. Essi sono comunque morti o inattivi, poiché non possiedono né metabolismo né vita e non sono altro che molecole di DNA e proteine.

I virus contengono acido nucleico e proteine, ma mancano di enzimi e non possiedono una vita propria poiché mancano dei prerequisiti fondamentali della vita, e cioè dei meccanismi di controllo metabolico (che perfino i batteri “inferiori” possiedono). Il Guyton’s Medical Textbook riconosce che i virus non hanno nessun sistema riproduttivo, nessuna capacità di locomozione, nessun metabolismo e non possono essere riprodotti in vitro come entità viventi.

Il legame con i mitocondri
Poiché i “virus” non sono vivi, essi non possono agire in nessuno dei modi che vengono loro attribuiti dalle autorità mediche, tranne che come unità funzionali del nostro normalemateriale genetico all’interno del nucleo cellulare o del nucleo mitocondriale interno alla cellula.

I mitocondri sono organismi viventi, uno dei molti diversi organelli (piccoli organi) presenti all’interno delle cellule del nostro corpo. I mitocondri hanno grosso modo la dimensione dei batteri e sia gli uni che gli altri possiedono un proprio DNA e un proprio metabolismo.

I mitocondri metabolizzano glucosio ricavandone molecole di ATP, che sono energia pronta per l’uso a cui il corpo può attingere quando ce n’è bisogno. Cosa ha a che fare questo con i “virus” in quanto tali? Tutto, come capirete fra un momento.

Chiunque abbia studiato citologia (struttura delle cellule) sa bene che la stragrande maggioranza delle forme di vita presenti all’interno della cellula è rappresentata dai mitocondri, i creatori della nostra energia.

I semplici protozoi monocellulari possiedono al proprio interno fino a mezzo milione di mitocondri. Le cellule umane ne hanno meno: dalle poche centinaia presenti nelle cellule sanguigne ai 30.000 e più delle cellule dei tessuti muscolari maggiori. Poiché l’intero corpo umano possiede dai 75 ai 100 trilioni di cellule, ciascuna delle quali contiene, mediamente, migliaia di mitocondri, devono esserci quadrilioni o quintilioni di mitocondri all’interno del nostro sistema.

Quando una cellula muore, essa viene rimpiazzata da una cellula figlia nata dal processo della mitosi, mentre la cellula esausta viene disintegrata dai lisosomi, i potenti enzimi intracellulari autodistruggenti e autodigerenti, che frammentano i componenti cellulari in particelle ultra-minute affinché il corpo possa prontamente riciclarle o espellerle come scarti.

Ogni giorno, da 300 milioni fino a oltre mezzo trilione di cellule del nostro corpo muoiono (a seconda del nostro livello di tossicità) e ognuna di esse contiene in media dai 5.000 ai 20.000 mitocondri. Quando le cellule muoiono esse vengono autodistrutte dai loro stessi lisosomi, ma i nuclei e i genomi dei mitocondri sono protetti assai meglio rispetto ad altri organelli e protoplasmi cellulari e spesso non si decompongono completamente.

Genomi e nuclei sono microscopici contenitori di informazioni genetiche, consistenti in DNA o RNA che agisce come centro di controllo e immagazzinamento del “progetto” stesso della cellula. In quanto tali essi sono per i mitocondri e le cellule ciò che il cervello è per il nostro corpo. Ogni cellula e ogni mitocondrio contengono questo materiale genetico che è la zona più protetta della cellula (grazie alla sua guaina proteica a doppi lipidi), proprio come il nostro sistema nervoso è la parte più vitale e protetta della nostra fisiologia (grazie alla colonna vertebrale e al cranio). Alla morte della cellula i mitocondri vengono frammentati dai lisosomi, ma non sempre in modo completo, a causa della loro doppia membrana protettiva. Ed è qui che la spiegazione diventa interessante.

Secondo il Guyton’s Textbook of Medical Physiology un virus può definirsi come una parte minuta di materiale genetico (detto genoma) le cui dimensioni equivalgono a circa un miliardesimo di quelle della cellula. Il genoma è circondato da una protettura detta capside che è di solito una guaina proteica a doppi lipidi ed è composta di due membrane (quasi identiche alla membrana cellulare) che, per inciso, rappresentano l’ossatura stessa del nucleo mitocondriale.

Le foto dei “virus” scattate col microscopio elettronico mostrano che le loro membrane sono irregolari e frastagliate, a volte semplici porzioni di uno strato, a volte di uno strato e di parte del secondo, il che concorda con l’azione autodigerente dei lisosomi, nel momento in cui il loro lavoro di frammentazione delle scorie cellulari è ancora parziale e incompleto. Pertanto, questa descrizione di un “virus” è virtualmente identica a quella di ciò che resta dei genomi dei mitocondri cellulari.

In breve, i virus sono resti di materiale vivente e alcuni testi di fisiologia ipotizzano che essi siano il residuo di cellule esauste.

I lisosomi che disintegrano la cellula morta a volte non riescono a frammentare questi “virus”, circondati dalla membrana protettiva a doppi lipidi.

E’ sorprendente che i ricercatori non riescano a riconoscere questi corpi per ciò che sono in realtà: generico materiale mitocondriale esausto, soprattutto frammenti di DNA e RNA.

I “virus” non sono microrganismi

Anche se le autorità mediche attribuiscono erroneamente a questi inerti residui cellulari il carattere della vita e della malignità, i microbiologi riconoscono che i virus sono in realtà frammenti morti di DNA rivestiti di una membrana lipido-proteica, pur non riuscendo a comprendere la loro origine.

In realtà i genomi sono meccanismi di controllo, ma non microrganismi come l’establishment medico vorrebbe farci credere, e questi cosiddetti “virus” non sono altro che frammenti senza vita di generico materiale mitocondriale. Per questo motivo i virus non possono provocare malattie, a meno che non si accumulino come impurità che inquinino le cellule, i tessuti e la circolazione nel corso del ricambio cellulare.

I virus sono quindi genomi morti, provenienti da cellule disintegrate, la cui membrana cellulare non è stata completamente frammentata dai lisosomi. I genomi non presentano alcuna caratteristica di vita e sono semplici particelle di materiale acido nucleico, di norma riciclati attraverso la fagocitosi o espulsi come scorie.

Le fotografie dei presunti virus che “si iniettano” all’interno della cellula mostrano in realtà la cellula che letteralmente inghiotte il virus o scoria proteinacea. Si forma allora un’incavatura, detta invaginario, e il materiale organico viene circondato dalla sostanza cellulare che poi si richiude, formando uno “stomaco” improvvisato, in cui il virus scompare. Lo “stomaco” si riempie allora di potenti enzimi lisosomici che digeriscono il materiale organico, frammentandolo in amminoacidi o acidi grassi per il riciclaggio o l’eliminazione.

Questo processo è una caratteristica della fisiologia cellulare nota come fagocitosi (letteralmente “divorazione di cellule”); è un normale processo di ingestione cellulare e digestione enzimatica di batteri, scorie di tessuti e altre cellule erratiche.

I virus non sono altro che materiale organico inerte, completamente privo di qualsiasi caratteristica di vita e che nessuno ha mai visto in azione. Le fotografie che asseriscono di mostrare i virus in azione sono vere e proprie frodi: ciò che mostrano in realtà è un ordinario processo fisiologico di fagocitosi che avviene innumerevoli volte ogni giorno all’interno del corpo.

E’ da ricordare che secondo i testi di virologia e microbiologia i virus presentano le seguenti caratteristiche, che sono incompatibili con la vita:

1) I virus non possiedono metabolismo. Non possono elaborare il cibo o il nutrimento e dunque non possiedono strumenti per formare energia. Sono solo un contenitore, o schema di informazioni, come lo sono i genomi.

2) I virus non possiedono alcun tipo di capacità di movimento. Non hanno un sistema nervoso, né un apparato sensorio, né un’intelligenza che possa in qualche modo coordinare movimenti o“invasioni del corpo” di qualsiasi natura.

3) I virus non possono replicarsi: essi dipenderebbero interamente dalla “riproduzione obbligata”, vale a dire la riproduzione attraverso un organismo ospite, cosa assolutamente inaudita in ogni altro campo della biologia.

Riproduzione Obbligata
Nelle spiegazioni che i medici forniscono sulle cause delle infezioni virali, ci viene chiesto di credere alla riproduzione obbligata, in cui un organismo (la cellula) viene costretto a riprodurre un organismo alieno (il “virus”). Tuttavia non esiste in natura nessun esempio di esseri viventi che riproducano qualcosa di non appartenente alla propria specie.
Non dimentichiamo che il rapporto tra le dimensioni del virus e quelle della cellula è di circa un miliardesimo.
La spiegazione offerta dalla teoria virale delle malattie ci domanda di credere che il virus si inietti all’interno della cellula e le ordini di riprodurre il virus centinaia di migliaia di volte, finché la cellula esplode.

Ma anche nel momento in cui il virus “si riproduce” la sua massa complessiva rimane comunque meno di 1/100 dell’uno per cento della massa della cellula.
E’ come dire che se voi vi iniettaste mezzo grammo di una sostanza, essa potrebbe provocare una tale pressione interna da farvi esplodere!
Solo i microrganismi viventi sono in grado di agire e di riprodursi, e ciò avviene sotto il diretto controllo del nucleo, genoma o “cervello”. I cosiddetti “virus” non sono che residui di entità un tempo organicamente funzionanti, la cui struttura genetica ha con esse la stessa relazione che una testa ha col corpo; attribuire ai virus una qualsiasi attività è più o meno come attribuire delle azioni alla testa decapitata di un cadavere!

I virus sono dannosi solo se si accumulano come scorie

Il nostro sangue e i nostri tessuti possono venire saturati da questi materiali di scarto generati internamente, proprio come avviene con le sostanze inquinanti ingerite dall’esterno. L’intossicazione si verifica nel momento in cui queste scorie sovraccaricano il corpo al di là delle sue capacità di espellerle.E’ vero che i virus provocano malattie, ma solo in quanto scorie tossiche. In questo senso i “virus” sono sì responsabili di varie patologie, ma non certo in quanto agenti di contagio. Ricordiamo che batteri, germi e virus non comunicano tra loro né possono agire di concerto e sono del tutto incapaci di condurre operazioni congiunte come quelle di un esercito o di un gruppo di assalitori. Essi sono privi dell’intelligenza e delle risorse richieste per governare il processo patologico. Solo il corpo è in grado di dare inizio a un tale processo risanante, poiché il corpo è la sola entità intelligente unificata in grado di condurre quei processi fisiologici che vengono chiamati “malattie”.

Evitare le infezioni attraverso una vita sana

Il Boyd’s Medical Textbook afferma che molte persone sane avrebbero in incubazione il virus senza sviluppare le particolari patologie di cui il virus dovrebbe essere causa, e che questo influsso debilitante sarebbe in grado di sopraffare le funzioni protettive del corpo “permettendo ai virus di usurpare le attività biologiche all’interno della cellula”.

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Più specificamente, secondo la teoria medica, affinché un parassita o virus possa essere patogeno esso deve rispondere a tre criteri:
1) Deve essere biochimicamente attivo, cioè deve possedere una capacità metabolica per poter condurre un’azione;

2) Dovrebbe poter intossicare o infettare più cellule ospite di quanto il corpo di un animale o di un uomo sia in grado di proteggere o rigenerare. Ad esempio, potrete prendervi l’influenza solo se il virus uccide o infetta una porzione significativa delle vostre cellule polmonari; la poliomelite se il virus infetta un numero sufficiente delle vostre cellule nervose; o l’epatite se il virus assume il controllo di una larga porzione delle cellule del vostro fegato (le infezioni latenti sono invece quelle che coinvolgono una piccola percentuale delle nostre cellule, com’è il caso della tubercolosi, che molti di noi hanno senza neppure accorgersi di averla).

3) L’ospite deve essere geneticamente e immunologicamente permissivo. Deve accettare l’elemento patogeno e non deve esserne “immune”. In altre parole, deve “lasciar fare”.

Gli esseri umani sono sempre “infetti” di “virus” e batteri, poiché essi sono presenti nel nostro corpo in qualsiasi momento. Per questo motivo non si può affermare che essi “invadano” l’ospite.

Le malattie non sono infezioni; sono piuttosto processi di purificazione del corpo e non sono provocate da batteri o da “virus”.

Né i “virus” né i batteri possono causare la malattia/processo risanante. Il vero responsabile è lo stile di vita biologicamente scorretto dell’ammalato. Quando le abitudini debilitanti vengono abbandonate, non vi sarà ulteriore accumulo di scorie tossiche e il corpo non avrà più bisogno di mettere in moto i processi di guarigione/malattia. La buona salute ne sarà il naturale risultato.

I farmaci sono controproducenti
Per uccidere virus e batteri e dare al corpo la possibilità di rimettersi, i medici credono di dover somministrare dei farmaci. Credono anche che la medicina sia d’aiuto nella guarigione. I farmaci, in effetti, uccidono i batteri, ma sono altrettanto dannosi ad ogni altra forma di vita metabolica, cellule umane incluse.

L’utilizzo di farmaci e di medicine alle erbe ostacola gli sforzi di detossificazione che il corpo conduce, rappresentando per il sistema una minaccia addizionale oltre alle sostanze nocive che il corpo va espellendo attraverso il processo di malattia. Eliminare le nuove sostanze dannose che vengono ingerite assume la precedenza sull’eliminazione di quelle che stanno alla base della crisi risanante.

La prassi medica di uccidere i germi con farmaci, antibiotici, antinfiammatori o di sopprimerne l’attività con appositi sieri è la causa della crescente degenerazione della popolazione e di malattie iatrogeniche. Le malattie acute sono in grado di auto-limitarsi, commisuratamente allo sforzo necessario per liberare l’organismo dalle sostanze dannose. Il lavoro condotto dai batteri-spazzini durante il processo della malattia è al tempo stesso debilitante e fastidioso per l’ospite, ma è di vitale necessità per la preservazione della vita e della salute.

Quando il processo di detossificazione è stato completato, i sintomi della malattia scompaiono e l’organismo torna ad utilizzare le proprie energie per i compiti ordinari. La forza, allora, torna a fluire nelle estremità. Il corpo, benché indebolito dallo sforzo reso necessario per contrastare le sue condizioni di tossicità, riacquista le proprie energie e la vitalità funzionale e si riprende senza che sia necessario alcun trattamento. Quando la crisi risanante è stata completata, il recupero ha inizio.

L’illusione del contagio
La gente è stata educata ad essere terrorizzata dai batteri e dai virus e a credere implicitamente nell’idea del contagio: e cioè che specifiche entità patogene, aggressive e maligne, siano in grado di passare da un ospite all’altro. “Contagio”, nella definizione medica, è la trasmissione della malattia per contatto: una malattia infettiva può essere comunicata per contatto da una persona che ne è affetta o attraverso un oggetto che essa ha toccato. Il dizionario a questo proposito parla di “virus o altri agenti infettivi” o di “qualcosa che funga da tramite per la trasmissione della malattia con mezzi diretti o indiretti”.

Il “contagio”, tuttavia, è uno dei miti della medicina, poiché le scorie tossiche non possono essere trasmesse da un corpo all’altro attraverso il normale contatto. Le malattie contagiose sono un’invenzione, poiché nessuno può passare ad altri la sua malattia, non più di quanto possa trasmettere la propria salute. Qualcosa di simile al contagio sembra avvenire quando una persona in condizioni gravemente tossemiche viene messa a contatto con un’altra che si trovi in una situazione similare, attivando in questo modo una crisi risanante.

Ciò che accade in realtà
I batteri o i germi di questi individui vengono stimolati ad agire da quegli elementi devitalizzati su cui i batteri prosperano. Quando vengono trasferiti alle membrane mucose o ai tessuti di un’altra persona egualmente tossemica, è possibile che i batteri inizino immediatamente ad agire come fanno nell’organismo portatore, se vi è una quantità adeguata di prodotti della decomposizione su cui le colonie batteriche possano impiantarsi e prosperare.

Ma l’esistenza di un ambiente inquinato è prerequisito affinché tale azione batterica possa verificarsi.

Un individuo in salute, con un flusso sanguigno incontaminato e relativamente puro, non avrà quindi alcun motivo di temere le “malattie contagiose”.
Di norma, non è possibile trasmettere ad altri il proprio carico di tossicità, a meno che esso non venga estratto dal nostro corpo (come accade nelle donazioni di sangue) e poi iniettato ad un’altra persona (ad esempio con una trasfusione). In questo caso può verificarsi un contagio medicamente indotto o malattia iatrogenica, che non ha però nulla a che fare con quelli che si verificano nell’ambito dei naturali processi biologici della vita. E’ questa la reale spiegazione di ciò che chiamiamo “contagio”. Il germe attiva, affretta o sollecita il processo di malattia in coloro che sono già tossemici. Ma per coloro che non lo sono, il contagio non funziona e non può verificarsi finché il corpo si mantiene puro, poiché è la contaminazione del sistema che prepara l’organismo per le “epidemie”, a causa della nostra incapacità di mantenere fluidi e tessuti corporei puliti e non inquinati.

Le vere cause e i veri fattori del “contagio”
In realtà il cosiddetto “contagio” non esiste, poiché gli unici agenti in grado di produrre malattie sono le abitudini nocive come l’abuso di alcool, caffè, sigarette, farmaci, cibi-spazzatura, cibi raffinati, scarsità di riposo, mancanza di esercizio e di luce solare, ecc.

Sono le abitudini di vita sbagliate che generano le malattie che vediamo diffuse tra la popolazione. Non c’è nessun “insetto che gira”: è ciò che facciamo al nostro corpo che distrugge le sue necessità sistemiche.

La “predisposizione” rivisitata
Il concetto di “contagio” è strettamente correlato a quello egualmente erroneo di “predisposizione”: si crede infatti che un’”epidemia” risulti “contagiosa” solo se l’individuo vi è “predisposto”.

Questa affermazione medica è in realtà un’ammissione che non sono i germi a provocare le malattie. Se così fosse, chiunque venisse esposto ad essi si ammalerebbe della stessa malattia.

In realtà una persona “predisposta” è una persona che possiede un alto livello di tossicità dell’organismo, insieme alla vitalità sufficiente a condurre il processo di malattia/purificazione. Tali individui possono ammalarsi in qualsiasi momento, che vengano o no esposti al “contagio”.

Se individui sani riescono a conservare la loro salute anche nel bel mezzo di “malattie epidemiche”, risulta evidente che la teoria del contagio è sbagliata. La parte dell’organismo più sovraccarica di tossine è quella in cui si manifestano per primi i sintomi della malattia, ma l’effetto complessivo è sistemico, poiché tutti gli organi e le ghiandole del sistema subiscono danni a differenti livelli.

Quali sono le vere “epidemie”?
Inoltre, le malattie più comunemente diffuse non sono neppure contagiose. Oltre il 90% degli americani soffre di placche arteriose, ma questa non è considerata una malattia contagiosa (mentre l’AIDS, che viene considerato epidemico, interessa solo 1/10.000 della popolazione!!!). L’obesità è forse considerata contagiosa? Eppure affligge una persona su tre. E la costipazione? Affligge il 90% della nostra popolazione.

E i problemi alla vista, che affliggono due persone su tre, sono forse considerati contagiosi? Lo stesso si può dire delle patologie dentarie, della pressione sanguigna anomala, delle emicranie, dei problemi alla schiena, ecc., tutte patologie estremamente diffuse. Più di metà degli americani soffre di problemi cardiovascolari, ma sono forse considerati contagiosi? La malattia più temuta in assoluto è il cancro. E’ forse contagiosa? L’artrite colpisce più persone che non l’herpes. E’ forse contagiosa? E che dire dell’asma o dell’acne?

Prendiamo come esempio i raffreddori. Come mai i bambini prendono fino a otto raffreddori all’anno, mentre i genitori molti di meno? Come mai le persone che si trovano isolate negli osservatori al Polo Nord o Sud “si prendono” lo stesso il raffreddore durante la loro permanenza? Come mai negli anni 1965-67 i laboratori del National Institute of Health di Bethesda, nel Maryland, condussero sperimentazioni sulle influenze che non mostrarono alcuna prova che esse fossero dovute a contagio?

Ad alcuni volontari vennero iniettati ogni giorno i presunti “virus” dell’influenza, prelevati a coloro che ne soffrivano, ma nessuno di essi si ammalò. Ci furono più casi di influenza nel gruppo di controllo. Contemporaneamente, subito dopo la tradizionale Festa del Ringraziamento, il numero di ammalati in entrambi i gruppi ebbe un picco improvviso, come è lecito aspettarsi quando vengono consumati cibi e bevande eccessive durante una festività.

Anche le malattie veneree sono considerate contagiose. Ma in realtà i cosiddetti fattori di contagio (batteri) sono presenti in quanto effetto della malattia, senza esserne né la causa né il presupposto (il 20% di coloro che soffrono di malattie veneree non rivelano presenza né del gonococco né degli spirocheti che dovrebbero provocarla).

La Marina degli Stati Uniti condusse esperimenti in cui si evidenziava che le cosiddette “persone infette” non potevano infettare chi era definito “in salute”. In Giappone prostitute “infettate” hanno avuto relazioni sessuali con molti militari senza che nessuno di essi contraesse la malattia.
Allo stesso modo molti individui presentano “infezioni” nella zona genitale senza mai aver avuto contatti con nessuno (ad esempio nei casi che riguardano i bambini). Il concetto di “contagio” è medicamente indimostrato, nonostante le apparenze del contrario.

Conclusione
Le cosiddette “malattie contagiose” come l’AIDS, le malattie veneree, il piede dell’atleta, non sono più contagiose di qualsiasi altra malattia. Ma ad alcuni interessi commerciali è utile che la gente creda che lo siano.

Fondamentalmente, l’accettazione della teoria del contagio presuppone l’accettazione della teoria dei germi come causa delle malattie: e cioè che specifici batteri o “virus” possano produrre i sintomi di malattie specifiche. Questa teoria è stata più volte dimostrata erronea in campo scientifico, e perfino Pasteur ammise la sua insostenibilità.

Nonostante ciò, la teoria dei germi e la teoria del contagio continuano ad essere propagandate dal moderno sistema medico, il cui prestigio, i cui profitti e il cui potere dipendono largamente dalla fiducia in questa assurda teoria.

In sostanza, la popolazione crede a ciò che l’establishment medico vuole che creda. La teoria del contagio serve a tenere alta la domanda di farmaci e di cure mediche e ospedaliere.

Se conducete una vita sana, probabilmente non vi ammalerete mai. Le malattie sono provocate solo da abitudini di vita improprie.

Non dimenticate che solo le industrie mediche, ospedaliere e farmacologiche sostengono che la salute si possa recuperare somministrando farmaci velenosi.

Questo è probabilmente uno dei più spaventosi semi delle malattie “contagiose”.
In conclusione, se i germi hanno un qualche ruolo nel provocare malattie, esso non è un ruolo primario, ma solo secondario, in subordine a quei fattori che abbassano la nostra resistenza o mettono a rischio la nostra salute. Una vita sana è, in ogni caso, la migliore assicurazione contro qualsiasi malattia.

Estratto da Exposing the Myth of the Germ Theory

a cura del College of Practical Homeopathy, 2005

Traduzione di Gianluca Freda

Fonte: pensierolaterale.blog.com
Pubblicato anche qui https://www.disinformazione.it/teoria_virale_malattie.htm

Via https://crepanelmuro.blogspot.it/2017/07/la-teoria-dellorigine-virale-delle.html

http://compressamente.blogspot.gr/2017/07/la-teoria-dellorigine-virale-delle.html?m=1&_utm_source=1-2-2

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Ecco come si trasforma profondamente il cervello durante il digiuno anche solo di 16 ore

Se prendiamo in considerazione l’evoluzione dell’umanità, in passato non si mangiava in continuazione perché il cibo non era sempre presente, e questi digiuni involontari 
aiutavano l’organismo rendendolo più resistente. Il nostro organismo nel corso della nostra evoluzione si è straordinariamente adattato a questa situazione durante milioni di anni.

 

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Il Dott. Mark Mattson, è l’attuale capo del Laboratorio di Neuroscienze presso il National Institute on Aging, professore di neuroscienze presso la Johns Hopkins University, ed è uno dei più importanti ricercatori nel campo dei meccanismi cellulari e molecolari alla base di molteplici malattie neurodegenerative, come il Parkinson e il morbo di Alzheimer.
 
In un suo discorso divenuto famoso al TEDtalk afferma:
 
 
“Perché la dieta normale è composta da tre pasti giornalieri più spuntini vari? Non si tratta di un modo sano di nutrirsi, questa è la mia opinione, ma penso che ci siano molte prove a favore di questo mio ragionamento. C’è moltissima pressione su questo modello nutrizionale, e moltissimo denaro in gioco. L’industria alimentare guadagna se oggi salto la colazione? No! Anzi, perde una piccola parte del suo guadagno. Se la gente digiuna, l’industria alimentare non fa soldi. Che dire delle industrie farmaceutiche? E se le persone praticano periodicamente il digiuno intermittente, diventando più sane, l’industria farmaceutica può fare soldi sulle persone sane?”
 
I punti cruciali della ricerca scientifica
 
Mark e il suo team hanno pubblicato diversi articoli che dimostrano come il digiuno due volte alla settimana potrebbe ridurre significativamente il rischio di sviluppare sia il morbo di Parkinson che l’Alzheimer.
 
 
“È noto da tempo che i cambiamenti nella dieta abbiano effetti sul cervello. Anche i bambini che soffrono di crisi epilettiche sembrano avere meno problemi quando sono sottoposti a restrizione calorica o digiuni. Si ritiene che il digiuno protegga il cervello dai segnali sovreccitanti cui incorrono le persone che soffrono di epilessia”. (Alcuni bambini affetti da epilessia hanno tratto beneficio da una dieta specifica a basso contenuto di carboidrati ed alto contenuto di grassi sani.)
 
Infatti la sovralimentazione può ostacolare l’attività dell’ipotalamo, che svolge un ruolo fondamentale per il controllo del bilancio energetico del nostro organismo.
 
Uno studio sul digiuno intermittente, ovvero il digiunare per poco tempo ma spesso, ha dimostrato che è in grado di migliorare l’apprendimento e la memoria, e può ridurre il rischio di degenerazione delle funzioni cerebrali.
 
Molti studi sul digiuno dimostrano una maggiore capacità di combattere le malattie croniche da parte degli individui osservati ed una maggiore longevità.
 
 
“La restrizione calorica, ovvero mangiare meno, allunga la vita e ritarda le malattie croniche legate all’età in una varietà di specie, tra cui ratti, topi, pesci, mosche e vermi. Il meccanismo o meccanismi attraverso i quali ciò si verifica non sono ancora chiari”.
 
Il digiuno intermittente e l’esercizio fisico aumentano il numero di mitocondri nei neuroni, ovvero il nostro cervello ha più energia. Inoltre, il digiuno migliora la funzione cognitiva, aumenta i fattori neurotrofici, aumenta la resistenza allo stresse riduce le infiammazioni.
 
 
“L’assenza di cibo è una sfida per il tuo cervello, il quale risponde ai cambiamenti che si verificano durante il digiuno, imitando i cambiamenti che si verificano durante l’esercizio fisico. Entrambi aumentano la produzione di proteine nel cervello (fattori neurotrofici), che a sua volta promuove la crescita di neuroni, la connessione tra i neuroni, e la forza delle sinapsi…”
 
La premessa di base, presentata alla riunione annuale della Society for Neuroscience, è che il digiuno e l’esercizio fisico aiutano il cervello ad adattarsi e a migliorare il flusso di energia dei neuroni. In particolare, il digiuno e l’esercizio fisico sembrano aumentare la produzione di una proteina chiamata fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), pensato per essere la chiave nella crescita e la divisione dei mitocondri.
 
 
Il digiuno può anche stimolare la produzione di nuove cellule nervose dalle cellule staminali presenti nell’ippocampo ed anche la produzione di chetoni che sono una fonte di energia più assimilabile del glucosio per il cervello.
 
 
“Il digiuno intermittente ripara il danno a strutture cellulari quali il DNA”
 
Uno studio pubblicato dai ricercatori della University of Southern in California ha mostrato che i cicli di digiuno prolungato proteggono dai danni al sistema immunitario e, inoltre, inducono la rigenerazione dello stesso. Il digiuno uccide le cellule immunitarie vecchie e danneggiate inducendo il corpo a produrne di nuove completamente sane.
 
I pazienti a digiuno per lunghi periodi di tempo hanno abbassato in modo significativo la loro conta dei globuli bianchi (leucociti). Nei topi, i cicli di digiuno includono, oltre alla riduzione del grasso viscerale e sottocutaneo, anche una maggior produzione di cellule progenitrici, staminali e del sangue (emopoiesi). Il risultato è un complessivo ringiovanimento del sistema cellulare di ossa, muscoli, sistema immunitario ma anche del cervello. Nell’ippocampo degli animali più anziani si è verificata anche una notevole neurogenesi, accompagnata da migliori prestazioni cognitive.
 
 
“Non potevamo prevedere che il digiuno prolungato avrebbe avuto un effetto così notevole nel promuovere la rigenerazione a base di cellule staminali del sistema emopoietico. Quando si rischia di morire di fame, il sistema tenta di risparmiare energia ed una delle cose che può fare per risparmiare energia è quella di riciclare le cellule immunitarie non necessarie, in particolare quelle danneggiate. Il numero di globuli bianchi scende con il digiuno prolungato; quando poi si inizia a ri-alimentarsi, le cellule del sangue tornano ai loro valori iniziali”. Valter Longo, uno dei massimi esperti del digiuno
 
Una revisione di diversi studi scientifici in materia di digiuno è stata pubblicata nel The American Journal of Clinical Nutrition ha concluso che il digiuno è un modo efficace per ridurre il rischio di malattiecardiovascolari e cancro. È inoltre emerso un potenziale significativo nel trattamento del diabete.
 
 
Ecco tre modi in cui puoi praticare il digiuno intermittente
 
Prima di intraprendere un digiuno, assicurati di fare alcune ricerche. Personalmente, ho digiunato per anni, quindi ora è facile.
 
#1 Ecco uno dei modi consigliati per praticare il digiuno intermittente, testato dal presentatore della BBC Michael Mosley per invertire il suo diabete, colesterolo alto e altri problemi associati alla sua obesità (M.Mosley ha studiato medicina a Londra è un medico, ma negli ultimi 25 anni ha lavorato come documentarista ed è anche un premiato giornalista scientifico). Il suo piano consiglia di mangiare per 5 giorni in modo normale, e gli altri 2 giorni della settimana in modo 4 volte meno con abbondanza di acqua e tisane. Quindi puoi mangiare frutta, frullati, verdure, l’importante è non superare 600 calorie.
 
#2 Un giorno alla settimana, in cui sei meno attivo e meno stressato, puoi fare come ultimo pasto il pranzo e poi mangiare il giorno dopo a colazione, in questo modo hai fatto un digiuno completo di almeno 16 ore.
 
#3 Per 2 giorni di fila a settimana limita l’assunzione di cibo tra le ore 11.00 fino alle 19.00, ovvero mangia solamente in questa fascia oraria non mangiando niente al di fuori di questo arco di tempo. Non imbrogliare mangiando oltremisura..
 
La scienza e la medicina stanno riconoscendo che la dieta è il principale fattore, il più importante in assoluto, per restare in salute.
 

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Tonico ringiovanente : Ashwagandha, proprieta', modo d'uso e controindicazioni

L’Ashwagandha (Withania somnifera) è un’erba ayurvedica originaria dell’India che è stata usata per più di 2500 anni per la sua preziosa caratteristica di adattogeno. Ha una vasta gamma di benefici per la salute, comprese le sue capacità di combattere il cancro e il diabete, e ridurre infiammazione, artrite, asma, ipertensione, stress e reumatismi. E’ stata tradizionalmente usata anche per bronchite, febbre, nausea, diabete, leucoderma, per migliorare la funzione cognitiva.

I guaritori antichi la usavano come tonico ringiovanente, che aveva la capacità di ridare forza a un corpo emaciato. E’ nota per dare forza e vigore e per aumentare la resistenza. Essendo un’erba adattogena è in grado di aiutare il corpo ad aumentare la resistenza alle malattie. E’ stata menzionata diffusamente nei testi medici della medicina tradizionale cinese oltre che in quelli dell’Ayurveda (antica medicina indiana).

Oggi numerosi studi attestano le proprietà medicinalidell’Ashwagandha e l’assenza di tossicità nei costituenti chimici della pianta.

15 Benefici dell’Ashwagandha
1. Fertilità maschile e testosterone. Un basso numero di spermatozoi è una causa comune di infertilità. In uno studio sono stati  dati a 46 uomini che soffrono di infertilità un placebo, ad altri 46 sono stati somministrati 225mg di radice di ashwagandha al giorno per 3 mesi. L’ashwagandha è stata standardizzata per almeno il 5% con anolide. La concentrazione dello sperma è migliorato del 167% contro il 29% nel gruppo placebo; la motilità dello sperma è migliorato del 57% rispetto al 9% nel gruppo placebo; il volume del seme è migliorato del 53% contro il 20% nel gruppo placebo. Il testosterone è aumentato del 17% nel gruppo trattato con ashwagandha, ma solo del 4% nel gruppo placebo; l’ormone luteinizzante è aumentato del 34% nel gruppo trattato con ashwagandha, ma solo dell’8% nel gruppo placebo. In un secondo studio, a 180 uomini affetti da infertilità sono stati dati 5g di ashwagandha al giorno per 3 mesi. La concentrazione dello sperma, la motilità e i danni dei radicali liberi erano nettamente migliorati. Il testosterone e l’ormone luteinizzante salirono; l’ormone follicolo stimolante e la prolattina erano scesi: tutti  cambiamenti ormonali positivi per la fertilità. Gli autori hanno concluso che l’ashwagandha “può essere utilizzata come alternativa alla  terapia per il trattamento di infertilità maschile”. Un terzo studio ha mostrato che 5 g di polvere di radice di ashwagandha hanno migliorato numero di spermatozoi e la loro motilità. E ancora una volta hanno influenzato positivamente gli ormoni, aumentando il testosterone e l’ormone luteinizzante e riducendo l’ormone follicolo-stimolante e la prolattina. L’ashwagandha ha anche restituito i livelli di antiossidanti seminali alla normalità).

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2. Sessualità femminile (libido, orgasmo, eccitazione). In uno studio sulle donne con disfunzione sessuale femminile e con disturbo del desiderio sessuale, frigidità, disturbi dell’orgasmo o disturbi dell’eccitazione, a 50 di loro è stato somministrato un placebo, mentre alle altre 50 è stato dato un estratto di radice di ashwagandha standardizzato per almeno il 5% con anolide. La dose è stata di 300mg due volte al giorno per 8 settimane. L’indice della Funzione Sessuale Femminile (FSFI) è migliorato significativamente nel gruppo che ha assunto l’ashwagandha. Nel gruppo placebo i punteggi FSFI è salito da 13,57 a 20,06; nel gruppo di ashwagandha i punteggi salirono da 13,63 a 23,86. L’FSFI misura il desiderio, l’eccitazione, la lubrificazione, il dolore, l’orgasmo e la soddisfazione. L’Ashwagandha ha migliorato questi parametri significativamente più del placebo. I punteggi nella scala Distress sessuale, che misura la preoccupazione e l’angoscia per il sesso, erano migliorati significativamente più nel gruppo ashwagandha.

3. Massa muscolare e resistenza fisica. L’Ashwagandha promuove la massa muscolare e migliora significativamente la forza e la tolleranza allo sforzo riducendo il grasso l’aumento del peso corporeo come dimostrato da diverse ricerche. In uno studio, a 57 uomini è stato dato un estratto placebo o 300 mg di radice di ashwagandha due volte al giorno per 8 settimane. Durante le 8 settimane, hanno fatto un programma di allenamento di resistenza. Dopo questo periodo la resistenza del corpo era significativamente migliorata nel gruppo che aveva assunto ashwagandha. Il gruppo di ashwagandha ha ottenuto un aumento della massa muscolare: i muscoli del braccio sono aumentati di 5,3 centimetri nel gruppo placebo, e di  8,6 centimetri nel gruppo a base di ashwagandha; i muscoli del torace erano 1,4 centimetri più grandi nel gruppo placebo, ma 3,3 centimetri più grandi nel gruppo a base di erbe. Il tempo di recupero muscolare è migliorato nel gruppo che aveva assunto ashwagandha rispetto a quello placebo. I livelli di testosterone sono aumentati significativamente nel gruppo ashwagandha. Un altro studio in doppio cieco ha precisato che l’ashwagandha potrebbe migliorare la resistenza e la qualità della vita. 49 persone sane hanno preso un placebo o 600mg al giorno di estratto di radice di ashwagandha, standardizzato per il 5% con anolidi per 12 settimane. Sono poi stati sottoposti a un test per misurare il loro consumo di ossigeno al picco di sforzo fisico (V02max). V02max è un indicatore di resistenza cardiorespiratoria. Il gruppo che aveva assunto l’ashwagandha aveva significativamente aumentato la resistenza cardiorespiratoria rispetto al gruppo placebo. Hanno anche avuto punteggi significativamente migliori su un questionario sulla qualità della vita.

4. Ansia, Depressione e disturbi dell’umore. La ricerca ha dimostrato che l’Ashwagandha riduce l’ansia, la depressione e migliora l’umore. Infatti una revisione sistematica di 5 studi controllati ha trovato che l’ashwagandha migliora significativamente l’ansia. Riduce lo stress e gli effetti dello stress sul sistema cardiovascolare, come la pressione sanguigna elevata. In uno studio con 64 persone con ansia e un alto senso di stress hanno ricevuto un placebo o 300 mg di estratto di radice di ashwagandha due volte al giorno per 60 giorni. I risultati hanno mostrato che lo stress percepito è sceso del 44% nel gruppo ashwagandha contro un calo del solo 5 % nel gruppo placebo. I livelli del cortisolo surrenalico, l’ormone dello stress, sono scesi di quasi il 28% nel gruppo che aveva assunto la radice, e solo dell’8% nel gruppo placebo. Gli effetti dell’Ashwagandha sulla depressione sono stati studiati dall’Institute of Medical Sciences che ne ha confermato i benefici

https://www.dionidream.com/ashwagandha/

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Cern, scoperta la particella XI : aiuta a capire cosa unisce la materia

Una particella simile non si era mai vista, né esiste in natura: ha un nome complicatissimo, ma può essere abbreviato in Xi, ed è stata prodotta da uno degli esperimenti in corso nel più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. A renderla così speciale è il fatto che potrebbe diventare la chiave per scoprire uno dei segreti più affascinanti della materia, ossia di che cosa è fatta la 'collà che la tiene unita.

Questo significherebbe capire una delle forze più incredibili della natura, la forza forte che agisce nel mondo dell'infinitamente piccolo. L'annuncio della sua scoperta arriva da Venezia, dove è in corso la conferenza della Società Europea di Fisica. In via di pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters, la scoperta della particella si deve all'esperimento chiamato Lhcb, coordinato fino al 30 giugno dal britannico Guy Wilkinson e attualmente dall'italiano Giovanni Passaleva.

L'acceleratore Lhc è riuscito solo adesso a produrre una particella come Xi, mai vista finora, grazie alle straordinarie energie alle quali sta lavorando e che gli permettono di produrre una quantità di dati senza precedenti. Molto probabilmente la particella Xi potrebbe essere solo la prima di una lunga serie di scoperte destinate a chiarire tanti aspetti ancora poco chiari della fisica. La nuova particella appartiene alla famiglia dei barioni, la stessa di cui fanno parte i protoni e i neutroni che costituiscono la materia visibile, e come tutti i barioni è composta da tre quark. Tuttavia nei barioni finora noti si trova al massimo un solo quark pesante, mentre la particella Xi di quark pesanti ne ha due. È l'unica particella mai osservata ad avere questa caratteristica.

La prima immagine, suggerita da Wilkinson, è quella di un sistema planetario in miniatura: «in contrasto con gli altri barioni finora noti, in cui i tre quark eseguono una elaborata danza l'uno attorno all'altro, ci aspettiamo che il barione con due quark pesanti agisca come un sistema planetario». In questo sistema planetario in miniatura, ha aggiunto «i due quark pesanti giocano il ruolo di stelle che orbitano l'una attorno all'altra, mentre il quark più leggero orbita intorno al sistema binario».

Per Passaleva «trovare un barione con due quark pesanti è di grande interesse perché può fornire uno strumento unico per approfondire la cromodinamica quantistica», ossia il campo di ricerca che studia come l'intensità delle forze si riduce quando le distanze tra le particelle diventano molto piccole e che si chiama così in riferimento alle otto cariche che prendono il nome dai tre colori che descrivono i quark: rossi, gialli e blu. È un campo di ricerca molto importante, nato grazie alle ricerche inaugurate 1963 fa dal fisico Nicola Cabibbo con il teorema che porta il suo nome, l'Angolo di Cabibbo, e che ha gettato le basi per comprendere come i mattoni della materia, i quark, si mescolano dando origine alle particelle elementari.

http://www.ilmessaggero.it/tecnologia/scienza/cern_particella_xi_materia-2546883.html

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I seri rischi per la salute delle nanoparticelle presenti in molti prodotti di uso comune

Dalle padelle, ai vaccini, ai cosmetici, ai molti cibi confezionati del supermercato fino ad arrivare ai materiali di costruzione e vernici usate nelle nostre case, le nanoparticelle stanno invadendo la nostra vita, ma quali sono i rischi?

di Davide Santagati, estratto dalla sua tesi di laurea per il corso di Ingegneria Civile del Politecnico di Torino

Il presente articolo ha lo scopo di evidenziare le potenziali pericolosità nascoste nel mondo nanotecnologico che tanto si sta affermando nella nostra società. Dagli studi di molti ricercatori,  si lascia ai lettori le proprie riflessioni su ciò che prospetta questa tecnologia nel futuro con un piccolo esempio applicativo di oggi nel settore edile.

Non ho mai avuto l’occasione di approfondire questo argomento e dal momento in cui lo fatto sono rimasto veramente colpito. Immaginate la Terra a confronto con una pallina da tennis. Ecco, ora avete il confronto tra un metro e un nano-metro, ovvero un miliardesimo di metro.


Fino a poco tempo fa, le nanotecnologie, erano un argomento quasi di fantascienza. Oggi ormai fanno già parte della nostra vita quotidiana ed in futuro troveranno sempre più applicazioni. Possiamo dunque affermare che queste sono alla base di una terza rivoluzione industriale nel corso del XXI secolo.

Nanoscienze e nanotecnologie comportano la capacità di vedere e controllare singoli atomi e molecole. Tutto sulla Terra è costituita da atomi, il cibo che mangiamo, gli abiti che indossiamo, i palazzi e le case in cui viviamo, e il nostro corpo. Immaginate dunque le potenzialità di queste nanoparticelle e le infinite applicazioni che possono svolgere.



Come affermò uno dei grandi del passato “temo quel giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”, ed è proprio questo ciò che si nasconde dietro, una meraviglia spettacolare o uno scenario inquietante?

Il messaggio che vorrei trasmettere è che questo può sicuramente avere dei lati positivi, la possibilità di operare su questa scala permetterebbe ad esempio di andare a curare grosse malattie nel campo della nanomedicida o creare dei super materiali per catturare grandi quantità energia in un piccolissimo spazio, ma ciò, in mano all’uomo è come una bomba atomica, avremo non solo il rischio dell’estinzione del genere umano (ecofagia) ma addirittura il totale controllo, così come da sempre accade alla luce invisibile dei giorni nostri.

https://www.dionidream.com/nanoparticelle-rischi-salute/

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