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Leucemia: legata all'intossicazione da metalli pesanti

Le nanoparticelle provengono dall’aria che respiriamo ma anche cibo e acqua sono a rischio. Il legame con la leucemia è evidente come ha scoperto un studio italiano svolto

da un team interdisciplinare composto da medici, biologi, farmacisti, bioingegneri e ambientalisti guidati dal Dr. Visani e dalla Dr.ssa Gatti (in foto)

I dati diffusi dall’OMS, in quello che è considerato il più dettagliato studio finora mai condotto sull’argomento, lasciano senza parole. Il 92% delle persone sul globo, cioè oltre 9 persone su 10, respirano aria troppo inquinata da nanoparticelle di metalli pesanti, aria che danneggia la loro salute respiro dopo respiro. I morti che ne conseguono sono milioni, uccisi da solfati, nitrati e carbone che penetrano in minuscoli corpuscoli nel nostro corpo, fino a ucciderlo. I danni peggiori li subiscono vecchi, bambini e donne gravide. Come riportato dall’Ansa l’aria peggiore di tutta l’Europa occidentale la respiriamo proprio qui in Italia, nessun angolo del nostro paese può vantare zone “verdi”, cioè aree pulite. In particolare la Pianura Padana raggiunge i livelli record presenti altrove ad esempio in Cina e India. L’inquinamento dell’aria è oggi il peggiore rischio ambientale per la salute, responsabile della morte di una persona su 9..


Cosa rende così dannosa l’aria che respiriamo?

 

 


Principalmente lo smog, i fumi industriali da combustione ad alte temperature che sono fonti di inquinamento da nanoparticelle. Anche i fumi prodotti dalle auto e aerei. Con il termine nanoparticella si identificano normalmente delle particelle formate da aggregati atomici o molecolari con un diametro compreso indicativamente fra 2 e 200 nm. Per dare un’idea dell’ordine di grandezza la doppia elica del DNA ha un diametro di circa 2 nm.

 

 


Le nanoparticelle presentano possibili pericoli, sia in senso medico che ambientale, la maggior parte dei quali sono dovuti alla grande superficie in rapporto al volume, che può rendere le particelle molto reattive. Le particelle in natura non rimangono in forma di nanoparticelle ma tendono rapidamente ad agglomerarsi lasciando così il regime nanometrico, mentre questo non accade con le nanoparticelle prodotte dall’uomo.

 

 

 

 


La nanotossicologia studia i potenziali rischi per la salute dovuti ai nanomateriali. La dimensione estremamente piccola dei nanomateriali significa che sono molto più assorbiti senza difficoltà dal corpo umano rispetto alle particelle di dimensioni più grandi. Oltre al fatto che le nanoparticelle non degradabili o lentamente degradabili possano accumularsi negli organi, un’altra preoccupazione è la loro potenziale interazione con i processi biologici all’interno del corpo.

 

 


E’ stato riscontrato che queste particelle, se ingerite, possono superare le barriere polmonari e arrivare al sangue, e quindi da qui passare al cervello (superando la barriera emato-encefalica) e allo sperma. Possono anche essere ingerite con cibo che è stato a contatto con un certo inquinamento ambientale.


Leucemia e Nanoparticelle di metalli pesanti

 

 


La presenza di particelle solide e inorganiche in pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (LMA) e la visualizzazione della loro interazione con componenti del sangue hanno indotto i ricercatori a ipotizzare una correlazione tra la LMA ed esposizioni ad un inquinamento particolato micro e nanodimensionato. Il contatto profondo con questi materiali non biocompatibili e a volte chimicamente tossici potrebbe contribuire al processo della malattia, entrare nelle cellule e interagire con il Dna.

 

 

 

 


La conferma arriva da un team interdisciplinare composto da medici, biologi, farmacisti, bioingegneri e ambientalisti coordinato dall’ematologo Giuseppe Visani, direttore del Centro trapianti Midollo Osseo dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro e dall’ingegnere biomedico Antonietta Morena Gatti del laboratorio Nanodiagnostics di Modena.

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L’LMA è una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo (definito appunto mieloide) e che progredisce velocemente (da qui il termine acuta). Nel midollo osseo sono presenti i precursori delle cellule del sangue, i quali dopo un percorso di maturazione si differenziano in globuli bianchi (tra cui i linfociti), rossi e piastrine. Se durante questo periodo di maturazione i precursori (tranne quelli dei linfociti) vanno incontro a una trasformazione tumorale, si parla di leucemia mieloide acuta.

 

 


Lo studio, che prende in esame un campione di venti persone, tutte affette da questa forma tumorale e venti persone sane, ha dimostrato che nel sangue delle persone leucemiche la presenza di nanoparticelle in forma di metalli pesanti è significativamente più elevato, anche fino a cento volte maggiore.

 

 


Attraverso il microscopio elettronico sono state riscontrate nel sangue dei malati particelle composte da frammenti di lega di alluminio e fosforo, o aggregati a vario titolo e composizione di silicio, alluminio, ferro, cromo, nichel, titano o rame, presenti anche nella polvere urbana. Sotto la lente appaiono come sfere inorganiche indistruttibili, molte delle quali prodotto finale di un’alta combustione che possono essere rinvenute nei tessuti del paziente anche dopo molti anni dalla loro stessa morte.

 

 


Gli studi evidenziano che le particelle identificate vengono ricoperte da una specie di “anello di Saturno proteico” (protein-corona), cioè composto da proteine del sangue le quali, denaturandosi, attivano il sistema immunitario. Alla domanda sul perché si sia studiata proprio la leucemia mieloide acuta, Visani risponde: “perché si tratta di una forma frequente in Italia che colpisce persone di tutte le età. Ogni anno ci sono almeno 3000 nuovi casi”

 

 


La ricerca, fatta con il contributo del Dipartimento di Scienze biomolecolari dell’Università di Urbino, dell’Azienda ospedaliera Marche Nord, dell’Agenzia per la protezione ambientale delle Marche, con il sostegno dell’Ail Pesaro è stata pubblicata dalla rivista internazionale Leukemia Research.

 

 


In conclusione la documentazione di nanoparticelle metalliche identificate per forma, dimensione e composizione chimica nel sangue di pazienti con leucemia acuta mieloide apre nuove prospettive di ricerca sia in ambito di sviluppo dei tumori sia in senso terapeutico.

 

 

 

 


“Il nostro obiettivo“, ha detto la dottoressa Antonietta Gatti, compagna di Stefano Montanari famoso scienziato che ha trovato metalli pesanti in tutti i vaccini che ha analizzato, che collabora anche con il Dipartimento di Stato a Washington, “è togliere questi frammenti dal sangue e favorire la remissione delle patologie“.

 

 


https://www.dionidream.com/leucemia-metalli-pesanti/

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SE L'ITALIA BOCCIA L'OMEOPATIA COSA NE SARA' DELLA NATUROPATIA?

L’Italia non segue la Svizzera e boccia i farmaci omeopatici

 

  • I farmaci omeopatici sono un tema caldo in Italia. Il Governo si oppone alla proroga per rinnovare la registrazione dei prodotti. A rischio piccole e medie imprese. L’Italia non segue l’esempio di altri Paesi virtuosi, come la Svizzera, dove i farmaci vengono rimborsati dal 1998

Continua il braccio di ferro tra i sostenitori dei farmaci omeopatici e il governo. L’esecutivo non ha cambiato idea e non prorogherà il termine della presentazione dei dossier per rinnovare la registrazione dei prodotti in commercio da 30 anni. Il rischio è che ad andare in fumo saranno milioni di posti di lavoro, come conferma Giovanni Gorga presidente di Omeoimprese a Il Giornale: «Un crollo fra i 70 e i 90 milioni di euro su 300 di fatturato annuo, la scomparsa di piccole e medie aziende. Alcune centinaia di posti di lavoro salteranno. E dei 12mila medicinali attuali ne resteranno non più di 4-5 mila», è il quadro “nero” dipinto dal presidente.

Il nostro Paese non segue l’esempio di alcuni casi virtuosi, come quello della Svizzera dove i farmaci omeopatici sono pagati dal sistema sanitario nazionale.

Farmaci omeopatici: la Svizzera all’avanguardia

I farmaci omeopatici sono rimborsati in Svizzera già dal 1998. L’allora governo decise di includere all’interno dell’assicurazione sanitaria nazionali alcuni prodotti di medicina alternativa, compresi quelli omeopatici. Il rimborso era, tuttavia, provvisorio e ha cessato di avere effetto nel 2005. Negli anni successi, in seguito a un referendum, nel quale più di 2/3 degli elettori si sono espressi a favore dei farmaci omeopatici, ha reintrodotto i trattamenti omeopatici all’interno di quelli che possono essere rimborsati dal sistema.

Farmaci  omeopatici: gli studi a sostegno

Oltre al volere popolare, il governo elvetico ha valutato, attraverso studi appositi, l’efficacia e la sicurezza dei farmaci omeopatici. Il report è oggi una delle relazioni più complete mai fatte sull’argomento. Dagli studi clinici effettuati è emerso, per esempio, che l’omeopatia sarebbe più efficace dei farmaci convenzionali nella cura di infezioni delle vie respiratorie e delle allergie. Inoltre, il report ha dimostrato come gli studi clinici condotti sull’argomento (gli stessi che hanno confutato per anni l’efficacia dell’omeopatia) fossero condizionati da alcuni “vizi” di fondo. Tra questi, l’incapacità di capire la destinazione reale del prodotto: per quale disturbo andava utilizzato e verso quale tipologia di paziente.

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Farmaci omeopatici: il “no” dell’Italia

Malgrado studi ed esempi virtuosi di altri Paesi, l’Italia resta ferma al palo sui farmaci omeopatici. Il nodo da sciogliere è la presentazione dei dossier per la registrazione dei farmaci omeopatici. Le aziende dovrebbero consegnarlo entro il 30 giugno 2017 (come da scadenza nella Finanziaria 2015). Ma molte imprese sono in difficoltà e hanno chiesto un proroga di un anno, che finora non è stata concessa: «Abbiamo presentato emendamenti da gennaio per due volte, ma siamo stati regolarmente respinti. Il ministero della Sanità sostiene di averci concesso già molto tempo. Ma in Europa le aziende hanno avuto dieci anni di tempo per gestire questo processo. Ormai solo un decreto legge può salvarci», continua Gorga.

Oltre ai danni economici per le aziende omeopatiche che possono derivarne, c’è anche il rischio che molti consumatori abituali si rivolgeranno alla Rete per comprarli, in barba alla sicurezza.

Leggi anche: Prodotti omeopatici a rischio: il governo rifiuta la proroga alla registrazione

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ALBERT EINSTEIN: LA STORIA E LE FRASI DELL'UOMO CHE RIVOLUZIONO' LA FISICA

Albert Einstein: la storia e le frasi dell'uomo che rivoluzionò la fisica

Chi era Albert Einstein, lo scienziato eccentrico che ha rivoluzionato l'intero modo di pensare non solo nella fisica.

Scienziato curioso ed eccentrico, filosofo, fisico geniale e premio Nobel. Albert Einstein e, intimamente legata a lui la sua teoria della relatività, è uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo. A lui sono stati dedicati l'elemento chimico einsteinio, la Medaglia Albert Einstein, un premio, un asteroide, un cratere sulla luna, una unità di misura per l'energia raggiante e un numero infinito di istituti e università. Ma chi era Albert Einstein? E qual è stata la sua vera rivoluzione?

Se il premio Nobel per la fisica gli fu assegnato “per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico”, la sua fama è stata di contro sempre e indissolubilmente allacciata alla “teoria della relatività”: la teoria della relatività ristretta, in primo luogo, che precedette di circa dieci anni quella della relatività generale.

Il suo nome è legato a parecchie curiosità e ad altrettanti racconti. Quel che è certo è che Albert Einstein fu uno scienziato dal successo spropositato, di cui lui stesso era consapevole al punto di esprimere verbalmente il desiderio di mettere il proprio corpo a disposizione della scienza una volta morto.

Collezionò, nel corso della sua vita, parecchie lauree ad honorem in scienze, medicina e filosofia da molte università europee e americane. Durante gli anni '20 tenne lezioni in Europa, in America e in Estremo Oriente ed ebbe borse di studio o incarichi onorari nelle principali accademie scientifiche di tutto il mondo. Oltre al Nobel, ottenne numerosi premi in riconoscimento del suo lavoro, tra cui la Medaglia di Copley della Royal Society di Londra nel 1925 e la Medaglia di Franklin dell'Istituto Franklin nel 1935.

Albert Einstein, la storia
Nacque a Ulm, nel Württemberg, in Germania, il 14 marzo 1879, da una benestante famiglia ebraica. Il padre, Hermann Einstein, era proprietario di una piccola azienda che produceva macchinari elettrici. Poco tempo dopo, la famiglia si trasferì a Monaco, dove il padre aprì insieme con il fratello Jacob una piccola officina elettrotecnica. Qui Albert iniziò la sua scuola presso la Luitpold Gymnasium.

Ancora dopo gli Einstein si trasferirono in Italia, ma Albert continuò la sua formazione a Aarau, in Svizzera e nel 1896 entrò nella Politecnico Federale Politecnico di Zurigo per essere addestrato come insegnante di fisica e matematica. Nel 1901, anno in cui conseguì il diploma, acquisì la cittadinanza svizzera e, non trovando un posto di insegnamento, accettò una posizione di assistente tecnico all’Ufficio Brevetti svizzero. Nel 1905 si laureò.

 

1905: l’annus mirabilis di Albert Einstein

Fu il 1905 il cosiddetto “annus mirabilis”, quello in cui ci fu una svolta nella vita di Einstein e nella storia della fisica. In pochi mesi, pubblicò sei lavori:

·         un articolo che spiegava l'effetto fotoelettrico in base alla composizione della radiazione elettromagnetica di quanti discreti di energia (poi denominati fotoni), secondo il concetto di quanto che era stato ipotizzato nel 1900 da Max Planck. Questo studio gli valse il Premio Nobel per la fisica del 1921

·         la tesi di dottorato sul tema "Nuova determinazione delle dimensioni molecolari", che è poi diventato lo scritto di Einstein più citato nella letteratura scientifica degli anni ‘70

·         un articolo sul moto brownianona prima memoria, in data 30 giugno, dal titolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper (Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento) che aveva come oggetto l'interazione tra corpi carichi in movimento e il campo elettromagnetico vista da diversi osservatori in stati di moto differenti. È la teoria nota successivamente con il nome di Relatività ristretta (o speciale)

·         un'altra memoria sulla relatività ristretta che conteneva la nota formula E=mc²

·         un altro articolo sul moto browniano

 

L’anno dopo, nel 1906, Einstein ottenne il dottorato e cominciò a insegnare a Berna. Nel 1911 si trasferì a Praga e nel 1914 fu nominato direttore dell'Istituto di Fisica dell'Università di Berlino, dove rimase fino al 1933. Divorziò dalla sua prima moglie Mileva e sposò in seconde nozze la cugina Elsa. Furono questi gli anni in cui effettuò alcune ricerche sulla meccanica statistica e sulla teoria della radiazione.

Albert Einstein: la teoria della relatività generale
Era il 1915 quando Einstein formulò la teoria della relatività generale, secondo cui lo spazio e il tempo non sono concetti separati ma fanno parte di uno stessa dimensione: lo spaziotempo. Secondo Einstein la forza di gravità non è l’interazione di due corpi in funzione delle loro masse, come diceva Newton, ma l’effetto di una massa che curva lo spaziotempo stesso.

Per questo quando un’astronave si trova in prossimità di un grosso corpo celeste viene attratto come da una grossa calamita.

 

Come c’era da aspettarsi alla sua pubblicazione, la teoria venne accolta scetticamente da parte della comunità scientifica. Ma la prima dimostrazione arrivò con l’eclissi totale di sole del 1919: alcuni scienziati videro nel buio una stella che secondo loro doveva essere oscurata dal sole perché era posizionata dietro di esso, ma la grande massa del sole incurvando lo spaziotempo permetteva alla luce della stella di compiere una traiettoria deformata quindi visibile dalla terra. Le osservazioni ebbero luogo il 29 maggio del 1919 a Sobral, in Brasile, e nell'isola di Príncipe, nello Stato di São Tomé e Príncipe e passarono alla storia come l’esperimento Einstein- Eddington.

Nel 1917 mostrò il legame tra la legge di Bohr e la formula di Planck dell'irraggiamento del corpo nero ed introdusse la nozione di emissione stimolata, che sarebbe poi stata applicata alla concezione del laser.

“Max Planck non capiva nulla di fisica, perché durante l'eclissi del 1919 è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito la teoria, avrebbe fatto come me, e sarebbe andato a letto” (Archivio Einstein)

Da quel momento, degli esperimenti sempre più precisi hanno confermato le predizioni della teoria, prevalentemente nell'ambito dell'astronomia (precessione del perielio di Mercurio e lenti gravitazionali).

Albert Einstein, il Nobel e gli ultimi anni
Nel 1921 ottenne il Premio Nobel per la Fisica per il suo lavoro risalente al 1905 sulla spiegazione dell'effetto fotoelettrico. In quegli anni cominciò a dedicarsi anche alla ricerca di teorie di campo unificate e in seguito, nel 1927, venne invitato dal governo italiano a partecipare al Congresso internazionale dei Fisici, che si svolgeva a Como in occasione del centenario dalla morte di Alessandro Volta, ma fu l’unico a declinare l'invito per la sua opposizione al regime di Mussolini.

 

Con l’ascesa di Hitler, nel 1933 venne promulgata la "Legge della Restaurazione del Servizio Civile", per la quale tutti i professori universitari di origine ebraica furono licenziati. Einstein decise così di trasferirsi negli Stati Uniti. Qui gli venne offerta una cattedra all’Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey.

Il 17 aprile del 1955 fu colpito da un’emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell'aorta addominale. Ricoverato all'ospedale di Princeton, morì il giorno dopo a 76 anni.

Prima di morire, espresse la volontà di mettere il proprio corpo a disposizione della scienza e Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l'autopsia, rimosse il cervello e lo conservò a casa propria immerso nella formalina in un barattolo sottovuoto per molti anni. Il resto del corpo fu cremato. Una parte del cervello oggi è esposta al Mutter Museum di Philadelphia.

 

10 curiosità su Albert Einstein
·         Iniziò a parlare tardissimo

·         Era appassionato di vela e di musica classica

·         Si definiva un agnostico più che un ateo

·         Suonava il violino

·         Gli fu offerto il titolo di Presidente di Israele, ma rifiutò

·         Nel 1930 brevettò un frigorifero che non fu messo in commercio

·         Fu uno dei 5mila firmatari della petizione per richiedere alla Germania la revoca del bando contro gli omosessuali

·         Fu sospettato di essere una spia sovietica dal Direttore dell'FBI, J. Edgar Hoover

·         Gli occhi e le rughe di Einstein ispirarono la fisionomia del personaggio Yoda di Star Wars

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·         La linguaccia, fu Arthur Sasse l’autore della foto più conosciuta di Albert Einstein, immagine probabilmente immortalata dopo una sua festa di compleanno.  La foto non gli dispiacque affatto, tanto che due anni dopo ne acquistò nove copie da inviare agli amici e nel retro di una di queste, indirizzata a Howard K. Smith, scrisse: 

“Questo gesto vi piace, perché si rivolge a tutta l’umanità. Un civile può permettersi di fare ciò che non oserebbe un diplomatico. Il vostro fedele e riconoscente ascoltatore, A. Einstein’ 53 ”

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10 lezioni di vita dalle frasi celebri di Albert Einstein

 

Albert Einstein non è stato soltanto un importante scienziato che ha rivoluzionato il campo della fisica, ma si è distinto per la sua passione per la filosofia e ci ha lascito in eredità numerose frasi rimaste nella memoria e altrettanti pensieri da cui possiamo trarre alcune importanti lezioni di vita. 

Scopriamo gli insegnamenti sulla vita tratti da 10 delle frasi più celebri di Albert Einstein.

1) Successo e valore

Che cosa significa avere successo nella vita? Dovremmo riflettere su questa domanda apparentemente semplice e su quali sono i nostri veri obiettivi nella vita. Il vero successo non dovrebbe coincidere con la fama e con l’accumulo di denaro ma con la capacità di diventare persone migliori dal punto di vista interiore.

“Non cercare di diventare una persona di successo, tenta di diventare una persona di valore” (Albert Einstein)

2) Presente, passato e futuro

È inutile preoccuparsi per ciò che è successo in passato, dato che non lo possiamo cambiare. Forse però possiamo imparare qualcosa dal passato per vivere meglio oggi e in futuro, senza smettere mai di porci delle domande e di metterci in discussione.

“Impara dal passato, vivi nel presente, spera nel futuro. L’importante è non smettere mai di farsi delle domande”. (Albert Einstein)

3) La razza umana

Tutti noi apparteniamo alla razza umana. Tra gli uomini e le donne che popolano la Terra non esistono distinzioni di razza né razze superiori o razze inferiori. Tenendo ben presenti queste parole l’umanità potrebbe imparare a non ricadere in errori atroci già commessi in passato.

“Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana”. (Albert Einstein)

4) Ognuno è un genio

Facciamo attenzione prima di esprimere giudizi sulle altre persone e non solo. Queste parole di Albert Einstein ci ricordano anche che ognuno di noi ha delle capacità che possono essere diverse da quelle degli altri e che tale ricchezza di abilità fa parte del progresso dell’umanità.

“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”. (Albert Einstein)

5) L’universo e la stupidità umana

Albert Einstein sapeva esprimersi con sottile ironia per scuotere le coscienze. L’umanità nella sua visione sembra essere dotata sia di elementi geniali che di punti deboli da migliorare. Ecco che allora l’uomo, se solo sapesse usare fino in fondo la propria intelligenza, avrebbe già scoperto tutti i misteri dell’universo.

“Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi”. (Albert Einstein)

6) Cambiamo il nostro pensiero

Se vogliamo cambiare il mondo, dobbiamo prima di tutto cambiare i nostri pensieri. La motivazione è molto semplice, dato che le nostre azioni sono guidate proprio da ciò che pensiamo e che in seguito mettiamo in atto. Se desideriamo diventare portavoce del cambiamento, pensiamo e agiamo fuori dal coro.

“Il mondo é il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare”. (Albert Einstein)

7) Rimanere bambini

Ricontattare la nostra dimensione infantile per rinascere e riscoprire la bellezza di osservare la vita con gli occhi di un bambino. La purezza dei piccoli permette di ricercare fino in fondo la verità e la bellezza nel nostro mondo.

“Lo studio e la ricerca della verità e della bellezza rappresentano una sfera di attività in cui ci è permesso rimanere bambini per tutta la vita”. (Albert Einstein)

8) Niente è impossibile

Quanti ostacoli incontriamo quando vogliamo dare inizio a un nuovo progetto o quando ci appassioniamo a qualcosa di diverso dal solito? Alcuni di noi si saranno sentiti ostacolati dalle altre persone, che si esprimono in modo contrario forse per via della loro incapacità di agire. In questo caso, proseguiamo per la nostra strada.

“Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo”. (Albert Einstein)

9) Felicità

Le emozioni che ci bloccano rubano tempo alle emozioni che ci rendono felici, se non sappiamo gestirle. Allora dovremmo imparare a riconoscerle tutte e ad utilizzarle per trasformare la nostra vita. Anche la rabbia e la tristezza possono aiutarci a vivere meglio in seguito quando le abbiamo riconosciute, gestite e affrontate.

“Per ogni minuto che passi arrabbiato, perdi 60 secondi di felicità”. (Albert Einstein)

10) Sogni e rimpianti

Che cosa significa invecchiare? Secondo Albert Einstein, si diventa vecchi quando si perdono o si accantonano i propri sogni, che vengono superati dai rimpianti. Non smettere di sognare è forse la prima regola per non invecchiare mai, almeno dal punto di vista del famoso scienziato.

"Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni". (Albert Einstein)

Marta Albè

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Emisferi cerebrali : utilizzi piu' il destro o il sinistro ?

Gli emisferi cerebrali

 

I due emisferi cerebrali sono simmetrici ma non identici.

Le simmetrie riguardano, ad esempio, il controllo dei movimenti delle due metà del corpo: i muscoli della metà sinistra sono controllati dalla corteccia motoria dell'emisfero destro, quelli della metà destra dall'emisfero sinistro. Anche i messaggi sensoriali (tatto, udito) vengono decodificati dall'emisfero opposto rispetto alla metà del corpo da cui provengono.

Le asimmetrie riguardano numerose altre funzioni come il linguaggio: i centri del linguaggio sono infatti nell'emisfero sinistro che è più voluminoso del destro, privo di questa funzione. Il destro, però, controlla altri funzioni, ad esempio alcuni aspetti delle funzioni musicali, della percezione visiva ecc.

I due emisferi sono associati tra di loro da un ponte di fibre nervose noto come corpo calloso: nella figura qui sotto è possibile riconoscere queste fibre (evidenziate in giallo) sia nella sezione "sagittale" in cui i due emisferi sono divisi in due metà, dalla fronte all'occipite lungo la linea mediana, sia nella sezione coronale in cui il cervello è tagliato in due da "orecchio a orecchio". Le fibre del corpo calloso consentono ai due emisferi di scambiarsi informazioni in tempi brevissimi cosicché il sinistro sa cosa fa il destro e viceversa.

 

 

La tabella qui sotto indica alcune delle differenze che esistono tra i due emisferi. Alcune di queste differenze riguardano il linguaggio, altre funzioni di tipo spazio-temporale.

 

 

Utilizzando le tecniche di "Brain imaging", come  la PET che mette in evidenza quali aree dell'emisfero sinistro sono più attive in un determinato momento, è possibile vedere quali aree dell'emisfero sinistro sono più attive quando parliamo, ascoltiamo il linguaggio, leggiamo o scriviamo, La figura qui sotto indica che parlare -produzione di parole- dipende dall'area di Broca nel lobo frontale; ascoltare le parole dipende dall'area di Wernicke nel lobo temporale; vedere le parole coinvolge il lobo occipitale mentre leggere le parole dipende dal lobo frontale e parietale, sempre di sinistra.

 

 

Altre aree della corteccia temporale intervengono nelle capacità linguistiche: ad esempio, riconoscere visivamente alcuni stimoli visivi e nominarli dipende da memorie linguistiche depositate in parti specifiche, come indica la figura qui sotto:

 

 

L'esercizio di una facoltà implica spesso la maggiore espansione dell'area della corteccia da cui essa dipende. Come abbiamo appena visto, ascoltare le parole dipende dal lobo temporale sinistro. La corteccia uditiva (temporale) dell'emisfero sinistro è infatti più espansa rispetto a quella omologa dell'emisfero destro. La maggiore espansione riguarda sia la corteccia primaria (dove pervengono tutti i suoni) che quella secondaria (dove vengono decodificate alcune caratteristiche sonore). Nella parte superiore della figura qui sotto (B) si vede, dal basso, la corteccia uditiva primaria sinistra (in rosso) e quella secondaria sinistra (in blu): soprattutto l'area secondaria è più voluminosa a sinistra che a destra (in verde). Nella parte inferiore della stessa figura (C) si vede la corteccia temporale di un musicista esperto (in alto) e di una persona normale (in basso): notate le maggiori dimensioni del lobo temporale del musicista, sia che si guardino gli emisferi dall'alto che di lato.

 

 

Anche i calcoli matematici hanno luogo nell'emisfero sinistro. In questa immagine tratta da una ricerca di Butterworth, è possibile osservare in A le aree dell'emisfero sinistro che si attivano quando vengono effettuati calcoli precisi o approssimativi. Le valutazioni per approssimazione coinvolgono le aree parietali del cervello (che controllano movimenti delle dita utilizzati dai bambini per fare i primi calcoli o l'uso del pallottoliere), i calcoli esatti coinvolgono invece le aree frontali dell'emisfero sinistro implicate anche nel linguaggio. In sostanza, l’intelligenza matematica si basa su due “moduli” diversi, uno concreto, l’altro astratto, così come si verifica per l’intelligenza musicale.

 

 

Le differenze tra i due emisferi riguardano anche altre attività cognitive, ad esempio la memoria: ad esempio, le memorie procedurali (allacciarsi le scarpe, andare in bicicletta), quelle semantiche (basate su significati linguistici) o quelle legate a situazioni (autobiografiche) coinvolgono soprattutto l'emisfero sinistro, quelle visive, spazio-temporali, spaziali ed emotive, l'emisfero destro.

 

 

I due emisferi si comportano in modo diverso rispetto ai messaggi visivi. Ogni campo visivo è suddiviso in due metà, destra e sinistra, e si connette con l’area visiva dell’emisfero opposto in modo tale che ciò che è a destra nel campo visivo viene letto dall’emisfero sinistro e viceversa. Nella figura qui sotto si vede come il lato sinistro di ogni occhio (che percepisce ciò che è alla sua destra -la metà rossa della barra che indica il campo visivo) invii il suo messaggio solo all'emisfero sinistro (le fibre visive che provengono dal lato sinistro delle retine dei due occhi sono state sottolineate in rosso per farvele notare più facilmente). I messaggi visivi finiscono nella corteccia occipitale dove sono le aree visive (C e D, aree in rosso indicate con V1 e V2), I due emisferi si scambiano poi le informazioni attraverso le fibre del corpo calloso che uniscono tra di loro le due metà del cervello: così, in condizioni normali, il cervello “fonde” tra di loro i due campi visivi ricostruendo la pienezza dell’immagine.

 

 

Ognuno dei due emisferi percepisce una parte del campo visivo, prima che le due parti o "emicampi" vengano fusi tra di loro in un'immagine globale. Se si mostra la figura qui sotto per un tempo brevissimo, ogni emisfero percepisce quella parte del messaggio che è più portato a decodificare con le sue competenze: se perciò si chiede a una persona di descrivere verbalmente l'immagine qui sotto la descriverà come un'immagine maschile in quanto è stata percepita dall'emisfero sinistro (vedi sopra) che è specializzato nel linguaggio. Se invece si chiede a una persona di riconoscere visivamente tra vari volti quello che ha visto, riconoscerà l'immagine femminile in quanto è stata percepita dall'emisfero destro, specializzato nel riconoscimento dei volti umani.

 

 

I due emisferi comunicano tra di loro attraverso il corpo calloso, l'area indicata qui sotto in "grigio tratteggiato" tra i due emisferi. Se il corpo calloso viene sezionato, si ha un "cervello diviso" in cui ognuno dei due emisferi percepisce e descrive una parte di realtà. Ad esempio, poiché le fibre nervose che conducono le informazioni tattili si incrociano al di sotto del corpo calloso, in modo che la metà destra del corpo informi l’emisfero sinistro e viceversa, nel caso di cervello diviso ogni emisfero riceve le informazioni tattili dalla metà opposta del corpo ma ignora cosa avvenga dalla sua propria parte, in quanto l’emisfero sinistro non invia informazioni al destro e quest’ultimo al sinistro.

 

 

Se nella figura qui sotto fissiamo la linea tratteggiata che divide in due parti la parola LUIGINA, le lettere LUI vengono viste dalla parte destra della retina e percepite dall’emisfero destro, le lettere GINA vengono invece viste dalla parte sinistra della retina e percepite dall’emisfero sinistro. Tuttavia, siccome i nostri due emisferi sono uniti dal copro calloso e comunicano tra di loro, le due mezze immagini vengono fuse tra di loro cosicché possiamo leggere la parola LUIGINA. Questo, però, non avviene in una persona col cervello diviso: se le si chiede cosa ha letto, dirà di aver letto GINA in quanto queste lettere pervengono all’emisfero sinistro, sede del linguaggio e in grado di riferire ciò che ha detto. La parte LUI del messaggio non viene invece espressa dall’emisfero destro in quanto esso non è in grado di parlare. Ciò non significa, però, che l’emisfero destro non si renda conto di ciò che ha percepito in quanto la persona col cervello diviso selezionerà l’immagine di un uomo (Lui) tra una serie di fotografie se le si chiede di indicare visivamente ciò che ha visto (l’emisfero destro non è in grado di parlare, di leggere e scrivere ma può identificare immagini).

 

 

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Si chiama ‘Culle per la vita’ ed è un sostegno per tutte quelle madri in difficoltà che non possono tenere i loro bambini. Se vi trovate in questa situazione, non abbandonateli per strada, ma lasciateli in queste culle speciali.

“Devo partorire oppure ho già partorito il mio bambino ma non posso tenerlo, chi può aiutarmi?” Risponde proprio a questa domanda il servizio Culle per la vita, ormai presente in tante città italiane.

Ancora troppo spesso sentiamo la triste cronaca di bambini abbandonati nei cassonetti dell’immondizia o lasciati per strada, per questo motivo è importante sapere alcune cose.

In ospedale si può partorire in modo del tutto anonimo e si può non riconoscere il bambino. Nel caso non lo si possa tenere, non bisogna abbandonarlo dove capita perché può essere accolto in culle speciali e sicure.

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E’ una versione moderna della medievale Ruota degli esposti, ovvero una struttura che permette di lasciare in anonimato i neonati che non si possono tenere con sè.

Innanzitutto bisogna cercare la culla più vicina nella propria città, nella struttura è presente un pulsante posto a lato della finestra dove, dopo l’apertura, è possibile appoggiare il neonato delicatamente.

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Il personale presente se ne prenderà immediatamente cura, affidandolo prima ai medici per il controllo sanitario e poi avviando le pratiche per l’adozione.

“La culla per la vita è un’estrema possibilità di accoglienza e di vita che deve servire ad evitare un estremo gesto di rifiuto”, si legge sul sito.

Ci sono già tante strutture presenti da Nord a Sud che hanno già salvato tante vite, dando la possibilità a questi neonati di continuare a vivere.

Per consultare l’elenco delle Culle per la vita clicca qui

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Dominella Trunfio

Greenme.it

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