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Il contadino che non ha studiato e sta rivoluzionando l'Agricoltura

Il contadino che non ha studiato sta rivoluzionando l'Agricoltura!!!

Pomodori senz’acqua ne pesticidi: questo metodo affascina i biologi

I metodi di Pascal Poot, lontani dall’agricoltura moderna, sono oltre ché iperproduttivi anche naturali e poco costosi.

Gli scienziati pensano di trovare delle risposte ai cambiamenti climatici.

Qui il terreno è così sassoso e il clima così arido che le querce vecchie di 50 anni sono più piccole di un uomo.

All’entrata della fattoria di pascal Poot, sulle alture di Lodève (Hérault) troneggia un vecchio cartello in cartone:

“conservatoria di pomodori”

Ogni estate, i pomodori gialli a pera e altri Neri di Crimea crescono qui in una pazza abbondanza. 

Senza irrigazione malgrado la siccità, senza tutore, senza cure e alcun pesticida ne concimi, le sue migliaia di piante

producono fino a 25 kg di pomodori ciascuna.

Il suo segreto? E’ nei semi che Pascal Poot semina davanti a me, con dei gesti che mischiano pazienza e nonchalance.

L’inverno sta per terminare nella regione, è venuto il tempo per Lui di affidare i suoi semi alla terra. Sono le prime semine dell’anno

L’uomo ha 52 anni ma sembra senza età. 

Questo figlio di agricoltori che ha lasciato la scuola a 7 anni si dichiara completamente autodidatta.

Ha allevato pecore e coltivato castagneti prima di specializzarsi nelle sementi. Oggi semina su del terriccio, dentro una serra,

quindi mette i vasetti su un enorme mucchio di letame fresco, per cui la temperatura nei giorni successivi arriverà a 70 gradi,

riscaldando la serra e permettendo la germinazione dei semi.

La tecnica del letto caldo è molto antica. Questo permetteva agli orticoltori del XIX secolo di raccogliere meloni in città

dalla fine della primavera. E questo permette a Pascal Poot di far germinare ogni anno migliaia di piante di pomodori,

zucchini, peperoni, poi li pianta in piena terra e non se ne occupa più fino alla raccolta.

Mentre semina, Pascal mi spiega i dettagli del suo metodo:

“La maggior parte delle piante che oggi chiamiamo “erbacce” erano piante che si mangiavano nel Medioevo,

come l’amaranto o il dente di cane. 

Mi son sempre detto che se loro sono così resistenti è perché nessuno se ne è più occupato da generazioni .

Tutti cercano di coltivare gli ortaggi proteggendoli il più possibile, io invece 

cerco di incoraggiarli a difendersi da soli.

Ho cominciato a piantare pomodori su un terreno pieno di sassi vent’anni fa, e all’epoca non c’era una goccia d’acqua.

Tutti pensano che facendo così le piante muoiono, ma questo non è vero in effetti tutte le piante sopravvivono.

All’inizio abbiamo pomodori piccoli, ridicoli. Bisogna raccogliere i semi dei frutti e seminarli l’anno seguente.

Allora si cominciano a vedere veri pomodori, possiamo raccoglierne 1 o 2 kg per pianta.

Meglio ancora se aspettiamo un anno o due. All’inizio mi hanno preso per matto ma alla fine, i vicini hanno visto che io avevo più pomodori

di loro e senza peronospora, allora la gente ha cominciato a parlarne e dei ricercatori sono venuti a vedere.”

 

 

“Alla fine degli anni 90, durante la lotta contro gli OGM, ci siamo detti che bisognava lavorare anche sulle alternative,

ed abbiamo cominciato a fare l’inventario degli agricoltori che si facevano le proprie sementi.

Ne abbiamo trovati tra 100 e 150 in Francia.

Ma il caso di Pascal Poot era unico. Il minimo che si può dire è che lui ha una grande indipendenza di spirito,

segue le sue regole, e per mia conoscenza nessuno fa come lui. 

Lui seleziona le sue sementi in un contesto molto difficile e di stress per le piante e ciò le rende estremamente tolleranti,

migliora le loro qualità gustative e fa si che i nutrienti sono più concentrati.

Oltre ciò lui coltiva diverse centinaia di varietà differenti, pochi agricoltori hanno una conoscenza così vasta”

I ricercatori cominciano solo ora a capire i meccanismi biologici che spiegano il successo del metodo di Pascal Poot

...assicura Véronique Chable, specialista in materia a l’INRA-Sad de Rennes che ha realizzato delle ricerche sulle selezioni

di Pascal Poot dopo il 2004

“Il principio base è di mettere le piante nelle condizioni in cui vogliamo che crescano. L’abbiamo dimenticato ma da molto tempo

fa parte del buon senso contadino, oggi si chiama ereditarietà dei caratteri acquisiti in altre parole c’è una trasmissione dello stress

e dei caratteri positivi delle piante per più generazioni.

Bisogna comprendere che il DNA è un supporto di memorizzazione plastico , non è solo la mutazione genetica

che causa il cambiamento , c’è anche l’adattamento , con geni che sono dormienti , ma che possono risvegliarsi .

La pianta produce dei semi dopo aver vissuto il suo ciclo, e conserva memoria di alcuni aspetti acquisiti

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Pascal Poot gestisce bene questo, le sue piante non sono molto differenti dalle altre a livello genetico ma hanno una capacità

di adattamento impressionante.”

Questa capacità di adattamento ha un valore commerciale. 

 

Durante la mia visita, molti hanno chiamato Pascal per ordinare delle sementi.

L’agricoltore vende i suoi semi a molte aziende bio, come Germinance. Kevin Sperandio, artigiano sementiere di Germinance, ci spiega:

“Il fatto che le sementi di Pascal Poot si siano adattate a un territorio difficile fa si che hanno una capacità di adattamento enorme,

valida per tutte le regioni e per tutti i climi.

Non non abbiamo i mezzi di fare questo genere di test ma sono sicura che se facessimo un confronto tra una varietà ibrida,

quella di Pascal Poot e un seme bio classico sarebbero quelle del conservatore dei pomodori che otterrebbero i migliori risultati”

Una parte dei semi sono venduti illegalmente, perchè non sono iscritti nel catalogo ufficiale delle specie e varietà vegetali

del GNIS(raggruppamento nazionale interprofessionale delle sementi e delle piante)

“Una delle mie migliori varietà è laGregori Altaï. 

Ma non è iscritta nel catalogo, forse perché non è abbastanza regolare. Molte varietà sono come questa. L’autunno scorso,

la sementiera Sementi del Paese a un controllo di repressione frodi ha trovato 90 infrazioni nel loro catalogo

, il principio stabilisce che siamo autorizzati a vendere i semi che danno frutti tutti uguali e danno gli stessi risultati in ogni luogo.

Per me questo è il contrario della vita, che riposa sull’adattamento permanente. 

Questo porta a produrre dei cloni ma vediamo sempre più che questi cloni sono come zombi...”

 

Alla domanda su questi controlli, un rappresentante di GNIS spiega:

“Il nostro obiettivo è quello di fornire una protezione per l’utente e il consumatore.

Il settore francese delle sementi è molto importante, ma ha bisogno di un’organizzazione e di un sistema di certificazione”.

 

Tuttavia la standardizzazione della frutta e dei semi si fa spesso a scapito del gusto e delle qualità nutrizionali .

E potrebbe , in futuro , danneggiare gli agricoltori , diceVeronique Chable

“Il lavoro di selezione dei semi dimostra che siamo in grado di far crescere la pianta in condizioni molto particolari . Ma l’agricoltura moderna ha perso di vista che tutto questo si basa sulla capacità di adattamento. In un contesto di rapidi cambiamenti climatici e ambientali il mondo agricolo avrà bisogno di questo . Dovremo preservare non solo i semi , ma anche la conoscenza degli agricoltori , le due cose vanno insieme”.

Per condividere questa conoscenza , ho chiesto a Pascal di spiegare come si selezionano e raccolgono i suoi semi. 

 

Ecco i suoi consigli:

"Bisogna raccogliere il frutto più tardi possibile, appena prima del primo gelo così avrà vissuto non solo la siccità estiva ,

ma anche le piogge autunnali.

 

Il pomodoro è molto speciale . Quando si apre un pomodoro , i semi sono in una specie di gelatina, come un bianco d’uovo .

Questa gelatina impedisce ai semi da germogliare all’interno del frutto , che è caldo e umido . 

I semi non germoglieranno fino a quando la gelatina non sarà marcita e fermentata.

È necessario dunque far fermentare i semi . 

Per questo bisogna aprire il pomodoro , togliere i semi e lasciarli per alcune ore nel loro succo ,

per esempio in una ciotola e ci sarà poi una fermentazione lattica.

Dobbiamo monitorare la fermentazione come il latte sul fuoco , può durare tra 6 e 24 ore ,

ma non deve formarsi della muffa. Poi se prendendo un seme col dito si stacca bene dalla gelatina allora è pronto.

Si mette il tutto in un colino da tè ,si lava con l’acqua e si mette ad asciugare. così si ottiene una percentuale

di germinazione tra il 98 % e il 100 %

 

Il peperone è diverso , basta lavare i semi , asciugarli su un setaccio fine e conservare.

Per il peperoncino è lo stesso ma occorre fare attenzione perché i semi sono molto piccanti ,

e questo passa anche attraverso i guanti . Una volta che ho raccolto i semi di peperoncini Espelette senza guanti

, ho dovuto passare la notte con le mani in acqua ghiacciata !"

 

Fonte: https://pantagruel2020.wordpress.com/2016/05/18/pascal-poot-un-francese-che-coltiva-ortaggi-senzacqua/

http://ilnuovomondodanielereale.blogspot.it/2016/05/il-contadino-non-studiato-che-sta.html

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Medicina naturale e medicina tradizionale: quando l'unione fa la forza

È triste cronaca recente il caso del piccolo morto per otite perchè "curato" solo con omeopatia, e ci riporta alla memoria una delle ultime vicende accadute proprio a Torino, quella della signora morta di tumore dopo essere stata curata esclusivamente con "cure" alternative. Inevitabilmente, nel leggere storie di questo tipo, si creano dubbi, pregiudizi e fantasie e diventa necessario approfondire il discorso. Premetto che non trovo utile entrare nelle singole storie (nessuno di noi, se non chi è direttamente coinvolto, ne conosce i risvolti), per cui mi attengo a chiarire alcuni concetti fondamentali per chiunque segua o voglia curarsi affiancando percorsi naturali alle cure tradizionali.

Devo dire in tutta onestà che mi diventa difficile parlarvi di tutto ciò che la Natura ci offre per stare bene, cosa che faccio ormai tutte le settimane da 4 anni con la mia rubrica, senza sottolineare quanto sia differente seguire protocolli naturali seri supportati da professionisti competenti rispetto a cialtronerie e false illusioni. Prima di tutto dovrebbe entrare nel linguaggio comune che tutto ciò che riguarda la medicina naturale è "complementare", perché si può ben comprendere come la parola "alternativo" nel suo significato ci rimandi ad un'idea di "scelta", quindi per molti quella di usare solo prodotti naturali e non medicine. E qui si genera già confusione: infatti la medicina allopatica offre indagini, diagnosi, cure, interventi che innegabilmente curano e la maggior parte delle volte guariscono, e tutti gli studi in continua evoluzione lo dimostrano. La medicina complementare invece, è basata sulla prevenzione, il trattamento e la promozione della salute ottimale attraverso l’uso di metodi terapeutici e modalità che incoraggiano il processo di autoguarigione e non sono invasivi. Addirittura nel 2010 l'OMS ha sancito che, "se praticata correttamente, può contribuire a proteggere e migliorare la salute e il benessere dei cittadini".

 

Ed ecco il nodo: la pratica corretta! Non sono certo di esempio i casi citati, per dimostrare che le cure naturali sono inefficaci e, tra l'altro, il modo in cui vengono riportati destabilizza chi invece ne fa uso in modo corretto. Infatti non c'entrano le cure ma le persone: chi dice di essere esperto e non lo è, o chi per fragilità o ignoranza gli si affida, senza utilizzare quel buon senso personale che sarebbe implicito in ogni cosa. In ogni lavoro ci sono professionisti seri e no, e se milioni di italiani utilizzano rimedi verdi e si affidano alle terapie non convenzionali migliorando la loro qualità di vita forse è davvero il caso di fermarsi e chiedersi il perché. Sarà perché sono seguiti da medici e terapeuti validi? O perché, seguendo percorsi di questo tipo, si attiva quella consapevolezza che permette di distinguere ciò che ci fa stare meglio da ciò che ci danneggia? Oppure per non ricorrere subito a farmaci quando davvero non occorrono?

Certo è che seguire queste vie non significa che se si ha un'infezione non si prende l'antibiotico o se si ha un tumore non si segue il protocollo medico oncologico. Significa, come capita ormai sempre più frequentemente, cercare un supporto, consigli per gestire meglio gli effetti collaterali delle cure senza esagerare con i farmaci, ma soprattutto per ottenere ascolto. Troppo facile cadere nel tranello degli animi semplici e suggestionabili che vengono abbindolati dagli stregoni, quelle sono altre storie, non è medicina complementare, la cui esperienza dai tempi più antichi ci ha portato fino a qui. Le statistiche confermano, tra l'altro, che chi si riferisce a queste vie è un'utenza colta, informata e attenta al proprio corpo e alle proprie emozioni.

 

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Ma torniamo un attimo indietro e proviamo a ricordare com'era la figura del medico di una volta, e come visitava: non lo ricordiamo un po' dottore e un pò confessore, con l'intento di sviscerare in profondità un'anamnesi utile non solo per la diagnosi, ma per la cura e per il sostegno dell'ammalato? Oggi il medico conosce praticamente tutto del nostro corpo, grazie a macchinari straordinari che lo scannerizzano millimetro per millimetro, e a tutto ciò che la scienza studia e scopre (e infatti la vita si è allungata), ma anche tutto questo ha un limite: non arriva all'anima, e purtroppo per "guarire" e per vivere bene deve essere in buona salute anche "lei". Tutti ormai abbiamo accettato la disumanizzazione dei rapporti sia a livello privato che lavorativo e, volenti o nolenti, ci conviviamo, siamo figli dei tempi e occorre viversela così. Però quando si sta male no, nessuno è disposto ad entrare in un meccanismo in cui si è numeri, in cui i protocolli sono tutti uguali, e visto che noi non lo siamo, abbiamo piacere di essere ascoltati, di fare domande per avere risposte e, anche quando non ci può essere garantita la guarigione, cerchiamo aiuto, forza e speranza per gestire sentenze crude. Vogliamo poter essere considerati e compresi, conoscere per scegliere, perchè in definitiva poi chi deve affrontare tutto siamo noi.

 

Ovviamente in un momento storico in cui ci può operare un robot, pensate che cosa straordinaria, ci sta provare a gestire la cefalea femminile con l'agopuntura e la moxibustione come avviene al Sant'Anna di Torino per esempio, oppure nei casi di autismo affiancare alle cure tradizionali la Pet Therapy, che aiuta il bambino ad uscire da quella sua realtà non reale, come a sempre a Torino un convegno straordinario tenuto alla Città della Salute ha dimostrato con enorme risonanza. E quanto altro... Ma ciò che è da considerare davvero è l'immensa possibilità, grazie alle

cure complementari, di quella mano tesa che è l'ascolto, e vi assicuro che non è acqua fresca, ma una vera e propria cura, non in sostituzione, ma in accompagnamento a tutti gli strumenti tecnici tradizionali fondamentali per guarire. Detto questo, dalla prossima settimana mi sarà di nuovo " limpido e cristallino" proporvi suggerimenti green per vivere al meglio!
www.monicapiani.it

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/06/05/news/medicina_naturale_e_medicina_tradizionale_quando_l_unione_fa_la_forza-167294368/

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Ecco come mio figlio nato sano e' diventato autistico dopo 22 mesi

Federica, la mamma non riusciva più a vivere con il sospetto che potessero essere stati i vaccini la causa del disastro (“se qualcuno mi avesse avvertito che il benessere dell’intestino è così importante e delle ripercussioni sul sistema nervoso, avrei evitato di proseguire con le vaccinazioni”). Ha contattato altre famiglie con bimbi autistici, ha divorato libri, ha incontrato medici. Ha fatto fare esami approfonditi su Nicola, tutto per squarciare il velo.

 

Cosa hanno rivelato quegli esami?

“Abbiamo svolto un’indagine sul sistema immunitario di Nicola, il test si chiama “tipizzazione linfocitaria”, e lì abbiamo capito che nostro figlio soffre di un’immunodeficienza importante (ha avuto una risposta anomala dopo il vaccino anti morbillo) oltre a essere allergico alle proteine dell’uovo”….che sono nei vaccini…

 

LEGGI TUTTO:

 

 

Ecco come Nicola, un bambino sano e vivace precoce in tutto, nato il 4 novembre 2010 e diventato autistico 22 mesi dopo. Ecco la storia che ogni genitore dovrebbe leggere.

Di Gioia Locati per ilgiornale.it :

Lo spartiacque nella vita di Nicola, nato il 4 novembre 2010 e diventato autistico 22 mesi dopo, è una lama conficcata nel petto dei suoi genitori.

Fino a 22 mesi Nicola era un bimbo sano e vivace. Precoce in tutto. Così lo descrive la mamma, Federica Santi, 36 anni, ex insegnante, musicista e scrittrice:

 

“A tredici mesi, Nicola, sgambettava come un leprotto. A 20 parlava e cantava, manifestava il suo talento artistico in ogni occasione: sapeva dipingere, era affettuoso, baciava il fratellino nel pancione”. Poi, intorno ai 22 mesi, subito dopo la nascita del fratellino, ha avuto un arresto dello sviluppo, e in poche settimane, ha smesso di parlare, di mangiare di gusto, di dormire un sonno filato.

Così quella “diagnosi che pare non concedere via d’uscita” rischia di scuotere dalle fondamenta la vita di una famiglia. Ce lo racconta, lei, Federica, nel libro “Non vivo in una bolla”.

Cinquantadue pagine che scorrono d’un fiato. Si coglie lo sguardo attento e disincantato su una malattia neurologica dalle mille sfaccettature, sempre più frequente (in Italia l’incidenza è di 6-10 bambini su 10.000, con un rapporto fra maschi e femmine di 4 a 1. Cliccate qui). Si sfatano i luoghi comuni: “Quante volte Nicola mi ha mandato il suo messaggio: Mamma io non vivo in una bolla, quando ci guarda dritti negli occhi e grida ‘sono stanco’ oppure ‘sono arrabbiato’.

 

Nicola è sempre con noi ci ascolta e ci osserva di continuo”. O quando, a dispetto di ciò che sostengono i medici (“dall’autismo non se ne esce”), mamma Federica è convinta del contrario. Perché lei lo ha già visto migliorare il suo Nicola, quando gli ha cambiato l’alimentazione, “togliendo glutine e caseina ha ripreso a parlare”. E poi affiancandolo nel suo cammino di disintossicazione da metalli e farmaci seguendo i principi dell’isoterapia (Cease therapy). “È una strada lunga – spiega la mamma – che abbiamo deciso di percorrere fino in fondo motivati da piccole e importanti conquiste”.

 

L’unico campanello d’allarme

Racconta Federica: “Abbiamo sottovalutato, sia noi che la pediatra, i disturbi gastrointestinali che hanno accompagnato Nicola dai due mesi in poi e che si sono manifestati subito dopo la prima vaccinazione esavalente (antitetanica, antiepatite B, antipolio, anti-difterica, anti haemophilus, anti pertosse) più l’anti pneumococcica, ma anche dopo i richiami e le successive vaccinazioni, fino a cronicizzarsi: quel vomito a getto non poteva essere confuso con un semplice rigurgito”. E ancora: “All’epoca eravamo del tutto inconsapevoli della stretta collaborazione fra cervello, stomaco e intestino. Già, l’intestino è il secondo cervello. Ce lo dicono adesso i medici (non ancora tutti, però). Noi eravamo inconsapevoli e siamo andati avanti” (a mangiare male e a non dare importanza ai frequenti episodi di vomito e diarrea di Nicola).

 

La ricerca delle cause

“Signora, non si concentri sulle cause della malattia ma sui progressi che d’ora in poi potremo fare”. (Ho sentito anch’io pronunciare queste parole a pochi mesi dalla mia diagnosi di cancro. Su di me, come su Federica, quel concetto è rimbalzato via come un pungiball: non tutti i malati riescono a soffocare l’anima, molti hanno bisogno di capire perchè sono arrivati a quel punto. Si strappa un velo per vedere meglio. Lo dovevo alle mie figlie, esattamente come Federica lo deve ai suoi, Nicola ed Enrico).

 

“Di fatto i progressi sono poca cosa” ci spiega Federica. “La sanità pubblica mette a disposizione strutture per terapie riabilitative che non risolvono il male alla radice. E nessuno di loro ci ha mai suggerito ‘una strada parallela’.”

 

Federica non riusciva più a vivere con il sospetto che potessero essere stati i vaccini la causa del disastro (“se qualcuno mi avesse avvertito che il benessere dell’intestino è così importante e delle ripercussioni sul sistema nervoso, avrei evitato di proseguire con le vaccinazioni”). Ha contattato altre famiglie con bimbi autistici, ha divorato libri, ha incontrato medici. Ha fatto fare esami approfonditi su Nicola, tutto per squarciare il velo.

 

Cosa hanno rivelato quegli esami?

“Abbiamo svolto un’indagine sul sistema immunitario di Nicola, il test si chiama “tipizzazione linfocitaria”, e lì abbiamo capito che nostro figlio soffre di un’immunodeficienza importante (ha avuto una risposta anomala dopo il vaccino anti morbillo) oltre a essere allergico alle proteine dell’uovo”.

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La reazione

“…Uno degli aspetti che mi ha fatto imbestialire è stato aver incontrato terapisti specializzati nell’autismo immobilizzati nelle loro certezze. Ed è stato a causa di questo atteggiamento di chiusura e dei risultati marginali sulla riabilitazione che ci siamo sentiti soli”. Da qui la decisione: Federica ha portato via il suo piccolo dai centri rieducativi. “Non mi restava nessuna traccia delle magre rassicurazioni e dei tentativi di solidarietà. Ho scelto un pediatra specializzato, Eugenio Serravalle, che mi ascolta con infinita pazienza, anche per ore, su Skype e che mi consiglia sempre bene.

Un esempio? I rush cutanei sono scomparsi, i disturbi intestinali quasi risolti. E Nicola ha ripreso a parlare”.

 

Niente scuola, niente sussidio

“Considero una scoperta preziosa quella che un bambino, per quanto piccolo, riesca sempre a comunicare le proprie preferenze, i propri disagi, le proprie simpatie e antipatie. Soltanto a un anno dalla diagnosi sono riuscita ad ascoltare realmente i miei figli – scrive Federica – Fino ad allora i miei pensieri erano saturi di paure e suggerimenti ricevuti. Quando si avvicinava la data dell’inizio della scuola Nicola piangeva e gridava lunghissimi ‘no, scuola, no’, il mio cuore di madre piangeva ma era un cuore troppo impaurito, ero convinta che mio figlio dovesse assolutamente andare a scuola ‘per integrarsi nella società e per imparare dai suoi coetanei’ come mi era stato suggerito. L’ottimo suggerimento si sarebbe scontrato con la realtà: Nicola, alla materna, si sentiva emarginato, non riusciva ad andare in bagno nei momenti giusti, non partecipava alle recite, stava sempre da solo e le maestre lo consideravano un handicappato senza speranza”.

 

“Abbiamo scelto per Nicola l’educazione parentale prevista dalla legge ma abbiamo pagato per questo: ci è stata tolta l’indennità di frequenza di 280 euro al mese (è concessa soltanto a chi frequenta una scuola statale). Ci è stata anche negata la pensione di accompagnamento anche se gli spetterebbe di diritto per la legge 104, per questo ci siamo rivolti a un avvocato.

 

Così è, ma non torneremo indietro, Nicola sta guadagnando in serenità, i suoi occhi riconoscenti non hanno prezzo. Quanto a noi stiamo imparando a non sprecare il tempo in ciò che gli altri pensano, siamo piuttosto concentrati sui messaggi e sui segnali che i nostri figli ci inviano. Abbiamo sostituito la domanda ‘perché è capitato a me?’ con un’altra domanda: ‘Cosa stiamo imparando da questa esperienza?’ Ed è avvenuta la magia: stiamo maturando tutti insieme”.

Si conclude la storia di un bambino speciale (come ama definirlo la sua mamma) e si accendono tante domande.

 

Vaccini-autismo, se ne può parlare?

La maggior parte degli studi esclude una correlazione diretta tra vaccinazioni e autismo, per questo molte figure istituzionali, dall’ISS alle Asl, incaricate di promuovere le vaccinazioni (e premiate con incentivi per gli obbiettivi raggiunti) affermano che questo dibattito non ha ragione di esistere.

Però abbiamo visto qui che sui vaccini non sono stati mai fatti studi adeguati che ci assicurino della loro innocuità. L’atteggiamento scientifico corretto sarebbe sospendere il giudizio fino alla prova dei fatti.

 

Da un lato, Gabriel Levi, direttore di Neuropsichiatria infantile all’università La Sapienza di Roma, interpellato dal Fatto Quotidiano nel 2012, quando il tribunale di Rimini riconobbe il danno vaccinale su un bimbo affetto di autismo, dichiarò: “Allo stato attuale delle conoscenze non esiste alcuna causa accertata, diretta, esclusiva e sufficiente per l’autismo. Esistono fattori di varia natura, che possono concorrere a determinare una vulnerabilità neurologica”.

 

Dall’altro, Luc Montagnier, premio Nobel per aver contribuito a scoprire il virus dell’Aids, ha dichiarato nel film Vaxxed, fra l’altro di imminente arrivo nelle sale italiane, che “l’interazione tra vaccini e autismo è un problema mondiale. Non solamente qui in Europa ma anche in Asia e in Africa”. Montagnier si riferisce alla frode autodichiarata da un ricercatore dei CDC (ne abbiamo parlato qui) che, in studi scientifici, ha volutamente nascosto dei dati importanti sui bambini colpiti da autismo per assolvere i vaccini.

 

Prosegue Montagnier: “Questa frode, ovviamente, è di alto grado, secondo la mia opinione, nell’etica della medicina e della scienza. I CDC, nel passato, hanno fatto lavori molto importanti per la scoperta dell’AIDS. Così io sono molto deluso nel vedere come i CDC trattano l’autismo”.

 

Infine, ci domandiamo:

1 Le malattie dello spettro autistico sono assai frequenti, l’incidenza in Italia è di 6-10 bambini ogni 10.000 (Negli Usa il rapporto è 1 su 68).

2 Ci sono diversi studi che dimostrano tossicità neurologiche da parte dell’alluminio presente nei vaccini come adiuvante. Come mai si continua a lasciare l’alluminio nei vaccini?

3 Dopo aver fatto la tipizzazione linfocitaria è emerso che Nicola ha un sistema immunitario alterato ed ė allergico alle proteine dell’uovo.

4 Nel foglietto illustrativo del vaccino anti morbillo è riportato che il vaccino è “controindicato per chi presenta alterazioni del sistema immunitario ed è allergico alle uova”. (MA SE VENGONO FATTI A TUTTI….)

5 Come si può a sapere se un bambino di 13 mesi, l’età in cui in genere si fa il vaccino anti morbillo, presenta le condizioni del punto 3 e 4? Non sarebbe più conveniente e soprattutto più salutare far precedere la vaccinazione da un test di questo tipo?

Tratto da: informasalus.it

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5 milioni di italiani sono amanti delle cure alternative

Omeopatia, fitoterapia, trattamenti manuali, agopuntura, sono queste le tre maggiori «cure» alternative a cui ricorre l’8,2 per cento degli italiani (dati Istat). Una bella fetta di popolazione, dunque, anche se il fenomeno è in calo (dal 2000 al 2005 la media si aggirava intorno al 13 per cento) secondo le ultime rilevazioni disponibili. Per l’omeopatia in particolare il 2016 è stato un «anno nero», con perdite per oltre 15 milioni di euro. Il mercato italiano, che è il terzo in Ue dopo Francia e Germania, nel 2016 ha registrato per la prima volta dopo anni di crescita un calo del 7,4% dei prodotti venduti e del 4,8% del fatturato, quest’ultimo passato dai 300 milioni annui del 2015 ai 285 del 2016. 


 

Quasi cinque milioni le persone che hanno scelto di ricorrere ad almeno un rimedio o terapia di tipo non tradizionale. La più diffusa è l’omeopatia (4,1%), seguita dai trattamenti manuali (3,6%), dalla fitoterapia (1,9 per cento) e dall’agopuntura (1% della popolazione). E sono le donne giovanissime le maggiori utilizzatrici, tra loro 9,6% ne ha utilizzato almeno una nei tre anni. Tra i 25 anni e i 54 anni la percentuale scende al 6,9 %. La scelta medica omeopatica è fatta in modo esclusivo dal 17% degli utilizzatori di rimedi omeopatici, mentre il 73,5% la associa ai farmaci convenzionali.  

 

Anche per quanto riguarda i bambini numeri in calo. Se nel 2005 circa l’8,2% della popolazione fino a 14 anni era curato con rimedi omeopatici, nel 2013 la quota è scesa al 6,1%. Affascinato dall’omeopatia è il nord del paese e in particolare la provincia di Bolzano, dove vi ricorre il 17% della popolazione, mentre al sud troviamo la metà della media nazionale. E sono le persone di status socio-economico più elevato a preferire le terapie non convenzionali. 

 

Le cure alternative hanno testimonial eccellenti, come Josefa Idem che si cura con l’omeopatia e che ha raccontato di avere iniziato a curarsi con l’arnica per una brutta bronchite dopo che i cicli di antibiotici avevano fallito. «Funzionò. L’anno dopo ho vinto le Olimpiadi». 

Circa 20 mila medici italiani prescrivono almeno una volta all’anno medicinali omeopatici. E sono circa 4 mila i medici che la esercitano con regolarità. E al nord il loro numero è in crescita, soprattutto in Lombardia dove negli ultimi sette anni, il numero di medici iscritti nei registri delle medicine non convenzionali dell’Ordine è cresciuto del 180%. 

 

Il metodo omeopatico si basa sulla capacità di ottenere una preparazione alchemica che da veleno si trasformi in farmaco. Con un complicato meccanismo di diluizione e dinamizzazione (scuotimento). Una diluizione tale che spesso fa sì che nella «pillola» non si trovi nemmeno una molecola della sostanza attiva. In pratica si assumono, dicono i critici, «zuccherini».  

 

Le terapie «non convenzionali» che fanno concorrenza o integrano l’omeopatia sono la fitoterapia e l’agopuntura, ma anche la medicina antroposofica (basata sullo studio del paziente dal punto di vista fisico, spirituale e psichico) e ayurvedica (quella tradizionale indiana), l’omotossicologia e la medicina osteopatica. L’omotossicologia è invece una corrente dell’omeopatia, da cui si differenzia perchè rifiuta l’integralismo terapeutico utilizzando anche la medicina convenzionale. 

 

In Toscana nel 2011 è nato anche un ospedale, a Pitigliano, che prevede l’utilizzo della medicina ufficiale in maniera integrata con le medicine complementari normate dalla Regione Toscana (agopuntura, omeopatia). Vengono trattate patologie respiratorie, gastrointestinali, dermatologiche, allergie, asma, malattie reumatiche, gli esiti di traumi e di ictus, il dolore cronico. E vengono utilizzate per contenere gli effetti collaterali della chemioterapia in oncologia e nelle cure palliative. 

http://www.lastampa.it/2017/05/28/italia/cronache/quei-milioni-di-amanti-delle-cure-alternative-mt9Kqh7IBnKkOUyZUDl8PJ/pagina.html

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TI DICONO CHE ESPORSI AL SOLE PROVOCA IL CANCRO. MA E' ESATTAMENTE IL CONTRARIO

Carole Baggerly, direttrice e la fondatrice del Grassroots Health, è tra i più importanti ricercatori al mondo sulla vitamina D.
La sua passione per la vitamina D è nata da un’esperienza personale dato che è sopravvissuta al cancro al seno grazie alla vitamina D.


La vitamina D ha dimostrato la sua efficacia su molte malattie, tra cui malattie cardiache e il diabete, e può anche ridurre il dolore cronico [1] . E quando si tratta di cancro, la vitamina D è il suo peggior nemico! Le teorie che collegano la carenza di vitamina D al cancro sono stati testate e confermate in più di 200 studi epidemiologici, e la comprensione della sua base fisiologica nasce da più di 2.500 studi di laboratorio.
La vitamina D riduce del 77% il rischio di ogni tipo di cancro

Uno studio particolarmente degno di nota è stato completato da Joan Lappe e Robert Heaney, nel 2007 [2]. Un gruppo di donne in menopausa ha assunto un integratore di vitamina D per raggiungere i livelli ematici di 40 ng/ml. I risultati hanno mostrato che queste donne hanno avuto una riduzione del 77% in termini di incidenza di tutti i tipi di tumori dopo soli quattro anni [3]. 40 ng/ml di vitamina D è un livello relativamente medio, il livello ottimale di vitamina D è da 50 a 100 ng/ml. Ottenere tali risultati con soli 40 ng/ml sottolinea quanto sia potente e importante la vitamina D per il funzionamento ottimale del vostro corpo.
Possiamo prevenire del 90% il cancro al seno solo con la vitamina D?

La vitamina D ha effetti potenti quando si tratta di cancro al seno, proprio per questo motivo è stato descritto come una “sindrome da carenza da vitamina D”. Naturalmente, altri fattori nello stile di vita sono altrettanto importanti nella prevenzione del cancro:

Alimentazione (zuccheri e farine raffinate aumentano il rischio di cancro al seno)
Uso di cosmetici con ingredienti sintetici (in particolare i parabeni presenti nei deodoranti e creme)
Indossare un reggiseno stretto e/o per molto tempo
Dormire con la luce accesa

Dalle analisi di Carole Baggerly emerge che il 90% del cancro al seno ordinario è legato alla carenza di vitamina D, la quale è al 100% prevenibile!
La vitamina D può disintegrare le cellule tumorali del seno

Il Dr. Cedric F. Garland della University of California di San Diego è l’epidemiologo che ha collegato la carenza di vitamina D al cancro. Secondo Garland, in quasi tutte le forme di cancro al seno, la vitamina D influisce sulla struttura delle cellule epiteliali. Queste cellule sono tenute insieme da una sostanza simile a colla chiamata E-caderina, che fornisce la struttura alla cellula. L’E-caderina è costituita principalmente da vitamina D e calcio. [4]

Se non si dispone di adeguate dosi di vitamina D, la struttura si sfascia e quelle cellule fanno ciò che sono programmate di fare per sopravvivere – vanno avanti e si moltiplicano. Se questo processo di crescita (proliferazione cellulare) va fuori controllo, si può trasformare in cancro.


Se il cancro al seno è in corso, l’aggiunta di vitamina D può aiutare a far regredire le cellule tumorali agendo sull’E-caderina. Una volta rallentata la crescita del cancro, il sistema immunitario può cominciare a smaltire gli avanzi delle cellule tumorali.
L’ottimizzazione della vitamina D riduce il rischio di parto prematuro del 50%

Oltre a prevenire il cancro, la vitamina D offre molti vantaggi per quanto riguarda le donne incinte. Purtroppo, l’80% per cento delle donne in gravidanza sono carenti di vitamina D.


Carol Wagner e Bruce Hollis hanno studiato gli effetti dei livelli di vitamina D sulle donne in gravidanza, con risultati fenomenali. I ricercatori hanno dato 4.000 IU di vitamina D ad un gruppo di donne in stato di gravidanza, riducendo l’incidenza di parti prematuri del 50% per cento. Inoltre è risaputo anche che la vitamina D migliora una serie di problemi della gravidanza, tra cui il rischio di avere un bambino sotto peso.

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Come scoprire il proprio valore di vitamina D

Il fattore più importante è il vostro livello ematico di vitamina D. Non importa quanto tempo passiate al sole, o quanta vitamina D3 assumiate: se il livello è basso, allora sei a rischio. L’unico modo per determinare il livello di vitamina D è quello di fare gli esami del sangue su base regolare. Il valore da analizzare si chiama 25(OH)D.

Si consiglia di verificare il livello ogni 3-6 mesi, perché ci vogliono almeno tre mesi prima che si stabilizzi dopo un cambiamento di esposizione al sole o dopo la supplementazione.

La maggior parte delle persone hanno un livello di vitamina D inferiore a 30 ng/ml che è un valore basso. Per avere una prevenzione del cancro al seno il valore deve essere almeno superiore a 40 ng/ml. Per avere un’azione terapeutica per trattare un cancro o una malattia pesante ci servono valori pari a 80 ng/ml.
Aumentare la vitamina D con il sole

Il modo migliore per ottimizzare il livello di vitamina D è attraverso l’esposizione al sole che elimina virtualmente il rischio di sovradosaggio. Come guida molto generale, è necessario esporre circa il 40 per cento di tutto il corpo al sole per circa 20 minuti tra le ore 10 e le 14 del pomeriggio, quando il sole è allo zenit. Sembra che non ci sia alcun rischio di tossicità dalla vitamina D proveniente da esposizione ai raggi ultravioletti B. [5]

Se stai usando un integratore orale, studi recenti suggeriscono che gli adulti hanno bisogno di circa 8.000 UI di vitamina D3 per via orale giornalmente, al fine di ottenere livelli sierici al di sopra del 40 ng/ml. Tuttavia, ricordate che se assumete per via orale vitamina D, è anche necessario aumentare la vostra vitamina K2, sia attraverso le scelte alimentari che tramite supplemento. L’Istituto di Medicina Conservativa ha concluso che l’assunzione fino a 10.000 UI al giorno non ha alcun rischio di effetti avversi.

Il rapporto ideale o ottimale tra la vitamina D e la vitamina K2 è ancora da chiarire. La Dott.ssa Kate Rheaume-Bleue, autrice di Vitamina K2 e il paradosso del calcio. Come una vitamina sconosciuta può salvarti la vita, suggerisce che 150-200 microgrammi di K2 al giorno soddisferanno le esigenze di vitamina K2 della persona “media” in buona salute, se non stai assumendo un supplemento di vitamina D. Tiene a mente che la vitamina K2 è presente anche nelle verdure fermentate e nei cibi fermentati come natto e miso.
Il ruolo della vitamina D nella prevenzione delle malattie

Prove sempre più numerose dimostrano che la vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie e nel mantenimento di una salute ottimale. Ci sono circa 30.000 geni nel nostro corpo, e la vitamina D ne influenza 3.000, così come i recettori della vitamina D si trovano in tutto il corpo.

Secondo uno studio su larga scala, i livelli ottimali di vitamina D possono ridurre drasticamente il rischio di cancro del 60%. Mantenere i livelli ottimali può aiutare a prevenire almeno 16 diversi tipi di cancro, tra cui pancreas, polmone, ovaie, prostata e tumori della pelle. [6]


Riferimenti
[1]GrassrootsHealth
[2] Am J Clin Nutr June 2007
[3] GrassrootsHealth
[4] New York Times September 4, 2010
[5]Mercola
[6]Vitamin D could lower cancer risks, researchers find

 

Disclaimer: Questo articolo ha solo fine illustrativo e non sostituisce il parere del medico. Non è destinato a fornire consigli medici, diagnosi.


https://www.dionidream.com/vitamina-d-cancro-al-seno/

http://terrarealtime.blogspot.it/2017/06/ti-dicono-che-esporsi-al-sole-provoca.html?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed:+TerraRealTime+(TERRA+REAL+TIME)

Però oltre ad associare alla vitamina D la vitamina K io ricordo che è anche essenziale il Magnesio per assimilare correttamente la D (anche nel caso della sola esposizione al sole estivo)
Riguardo alla K bene ricordare che esiste anche la K1 (presente in molti alimenti vegetali) e che l'organismo (se sano) disponendo della K1 potrebbe autoprodurre la K2.
La K2 oltre che nei cibi fermentati citati nell'articolo sta (anzi, stava) in molti alimenti come carne, uova latte ma questo SOLO se l'animale è nutrito in modo naturale (a erba o nel caso delle galline mangiando anche insetti trovati sul terreno) ecco quindi che negli ultimi 70 anni una volta rinchiusi gli animali nelle stalle (quindi anche loro in carenza di vitamina D !) e sostituita l'alimentazione erbivora con mangimi industriali abbiamo visto sparire del tutto la vitamina K2 dalle nostre tavole (morale: mangia bio)
Bene ricordare che forti dosi di vitamina D (maggiori di 10000 UI) se assunte in concomitanza a forti dosi di calcio possono essere dannose questo perchè la vitamina D rende molto biodisponibile il calcio (si possono quindi avere calcificazioni, specie se non si prende la K e il magnesio)
Magnesio, vitamina K e Calcio sono tutti cofattori della vitamina D ma se si assume tanta vitamina D evitare (almeno quel giorno) di assumere troppo calcio.
La quantità di vitamina D da assumere può essere soggettiva, peso, età, colore della pelle e altri fattori genetici possono far variare la dose ottimale da assumere quindi non si può assolutamente dare un indicazione sul dosaggio valida per tutti.
Se si assumono più di 2000/3000 UI giornalieri per lunghi periodi di tempo sarebbe consigliabile monitorare il livello di vitamina D tramite un esame del sangue (costoso, tra i 25 e 35 euro) che si chiama D25-OH (in linea di massima la popolazione italiana è tutta carente o gravemente carente e ben pochi arrivano a 30 ng/ml)
Sono sorpreso che ancora di dica: "bastano tot minuti di sole su gambe e braccia per fare il pieno di vitamina D" questa cosa è una leggenda metropolitana, nata da delle IPOT£SI formulate da alcuni studiosi negli anni 50 e mai verificate.
Questo perchè conta:
1) la latitudine (piu sei vicino all'equatore piu il sole è potente e "efficace" - anche la stagione conta parecchio, il sole invernale è un altra cosa.
2) l'età: un bambino a parità di tempo produce (esposto al sole) più vitamina D di un anziano che avrà bisogno di un tempo di esposizione maggiore
3) la razza: una persona di colore può necessitare di un tempo di esposizione al sole fino a 8 volte maggiore rispetto a un bianco per produrre la stessa quantità di vitamina D (e qui esistono studi ben precisi)
Per chi si vuole documentare in modo serio è disponibile un ottimo sito (pieno di riscontri scientifici) cercate su google: VitaminDWiki

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