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VOGLIO IMPARARE AD AMARE

Voglio imparare ad amare

(Giovanni 20)

di Alessandro Deho'

 Voglio imparare ad amare, come se questo fosse “il primo giorno della settimana” o il primo giorno della mia vita o anche l’ultimo. Voglio perché se non imparo muoio. Voglio imparare ad amare perché se non inizio ad amare, la mia vita non comincerà mai, perché comincia solo chi ama. Perché la vita è mossa solo da chi ha il cuore che batte per un volto.

Voglio imparare ad amare come fosse l’ultimo giorno della mia vita perché so già che quando sarò ad un passo dal mio ultimo respiro, se avrò la grazia di essere ancora cosciente, vedrò in quel momento svanire tutto dietro di me, ma proprio tutto. Tutto tranne l’amore. E mi sorprenderò a sorridere di me accorgendomi che l’amore si è mosso spesso senza il mio permesso, per fortuna.

Voglio imparare ad amare perché se non inizio adesso, subito, se non ricomincio come uno che non ha mai iniziato, rischio di non capire nulla della vita e della morte, della fede e della Resurrezione. Solo chi ama comprende.

Voglio imparare ad amare, come Maria Maddalena nel Vangelo che si “reca al sepolcro al mattino, quando era ancora buio”. Che non riesce a stare a letto, che la notte senza amore è troppo vuota, che almeno un cadavere su cui piangere è meglio del freddo che entra dentro le ossa.

Voglio imparare ad amare come la Maddalena anche se questo significa imparare a fare cose inutili. Inutili come andare di notte a un sepolcro. E sento che quando imparerò a sentire che nella vita le cose che contano davvero sono proprio quelle in-utili (le cose essenziali non portano nessun guadagno) io inizierò a risorgere. Nessun utile nell’alba e nel tramonto, in questo dolore per un “no”, nessun utile a stare sveglio di notte, a camminare per i boschi, nessun utile a fermarsi, a lasciar passare l’altro, a sfilarsi fuori senza rancore da ogni competizione, a lasciar passare il tempo. Nessun utile nel dire candidamente “ho sbagliato” oppure “non vi servo più”. Nessun utile nel piangere, non serve a niente, per questo è bellissimo. Come andare di notte incontro a un cadavere amato.

Voglio imparare ad amare, come la Maddalena, che forse ha tanto peccato (dicono) ma che per aver tanto amato adesso danza la gioia con Lui.

Voglio imparare ad amare come Maria Maddalena che riesce a dire “hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno posto”, che è una frase che solo chi è innamorato può permettersi di pensare. Perché imparare ad amare è sapere che l’Amore non svanisce, al massimo viene portato via. E allora lo cerchi perché sai che è vero che esiste, perché lo hai respirato, perché ti manca. Imparare ad amare è dire che non sappiamo dove stia l’amore perché l’amore non rimane, l’amore non si lascia catturare da un libro, da una religione, da una Chiesa, l’amore è la ricerca stessa dell’amore. Impara ad amare solo chi non smette di cercare.

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Voglio imparare ad amare come Maria Maddalena che “stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva”. Voglio imparare ad amare anche se questo significa “rimanere all’esterno” per sempre cioè portarsi per sempre dentro il cuore il peso di un vuoto incolmabile, perché chi ama lo sa, si consegna all’incompiutezza. Non è vero che noi amando ci completiamo, noi amando comprendiamo e sentiamo la ferita della nostra eterna imperfezione. Ci vuole coraggio per chiedere di imparare ad amare.

Voglio amare come la Maddalena, voglio provare a imparare, anche se amare significa imparare il linguaggio segreto delle lacrime, e poi presidiare i sepolcri, perché amare è cammino da funambolo sempre sospeso su una corda tirata tra l’Adesso e il Non Ancora. Voglio imparare ad amare anche se questo significa accarezzare la morte che come bestia feroce non sempre si lascia ammansire. Perché o si ama da morire oppure non si ama per nulla.

Voglio imparare ad amare come amava Maria Maddalena che arriva fino al termine del Vangelo per un motivo, un motivo solamente: farsi chiamare per nome. E allora e solo allora comprende che solo chi ci ama può pronunciare il nostro nome senza sciuparlo. I primi discepoli dopo esser stati chiamati per nome, molto dopo, hanno imparato l’amore, Maria, che è donna e che è più raffinata e che nella vita aveva già sofferto troppo, attende di comprendere di essere davvero amata prima di lasciare che l’amato pronunci il suo nome. Voglio imparare ad amare, prima di pronunciare qualsiasi nome. Fosse anche prima di pronunciare parole come “porta”, “acqua” o “finestra”, prima di pronunciare qualsiasi suono vorrei ricordarmi d’amare. Perché le cose risorgono se chiamate per nome da un cuore che ama.

E qui mi accorgo che mentre sto imparando ad amare sto imparando a risorgere, e a far risorgere.

Voglio imparare ad amare come ha amato Maria Maddalena che chiama Gesù “Rabbunì” mio maestro, perché ha capito che l’unico modo per vedere la realtà, che è molto più di quello che percepiamo, bisogna imparare a guardare il mondo come lo guardava Gesù. Vedere luce e dilatarla, indicare la bellezza che resiste in ogni corpo, in ogni storia, in ogni condizione. Che c’è bellezza capace di trasfigurare la vita dentro ogni esperienza, oltre la malattia, oltre l’errore, oltre la lebbra, oltre la religione…

Voglio imparare ad amare come amava Maria, slegando. Lasciando andare. Senza trattenere. Perché alla fine è quello che ha dovuto capire Abramo slegando Isacco, che il volto di Dio non era per nulla come il volto che si era fatto di Lui. E poi doveva accettare Abramo che Isacco facesse un’esperienza diversa di Dio, personale, la sua. Ecco credo che Maria Maddalena abbia imparato ad amare quando ha trovato il coraggio di accettare che lei non avrebbe avuto l’esclusiva su Gesù, nemmeno sull’amore. Slegare Gesù è accettare che l’esperienza dell’Amore sia sempre unica e irripetibile, anche quando non ci piace. Unica e irripetibile come la luce che Gesù scopriva in fondo agli occhi di ogni uomo.

WWW.ALESSANDRODEHO'.COM

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