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Categoria: "Notizie scottanti"

L'universo si sta espandendo a ritmi crescenti e nessuno sa perche'

L’universo si sta espandendo a ritmi crescenti e… nessuno sa perché

 

“Non è quello che ci aspettavamo” ha dichiarato Adam Riess, premio Nobel per la fisica nel 2011, per aver dimostrato l’accelerazione dell’espansione universale.

 

Ora, nel 2019, nuove osservazioni – compiute con il Telescopio Spaziale Hubble e basate sulle stelle variabili (Cefeidi) – hanno confermato che l’espansione universale sta accelerando con una precisione tale da eliminare ogni dubbio.

 

E’ uno dei tanti indizi che la teoria del Big Bang, la presunta esplosione iniziale che avrebbe segnato la nascita dell’universo non funziona…

 

Preoccupati per i problemi che ci assillano in terra,  oggi “nessuno alza gli  occhi al cielo“ come aveva previsto Giordano Bruno, né sospetta che gli attuali, celeri mutamenti dell’universo osservato siano collegati a quelli dei suoi osservatori e cioè noi tutti.

 

“Il piccolo è come il grande” diceva il leggendario Ermete Trismegisto e  conferma uno studio dell’Università di Princeton, pubblicato il 18 dicembre 2018.

 La gravità è collegabile in modo matematico alla dinamica delle particelle subatomiche

Le particelle subatomiche compongono tutti i corpi dell’universo, inclusi il Sole e le stelle, la Terra e quelli umani.

 Il vincolo tra il nostro corpo e la gravità ci ha obbligato a “lavorare con il sudore della fronte”. L’altro vincolo, quello tra l’inerzia, in particolare l’inerzia delle ossa del bacino che si devono dilatare in occasione del parto, ha obbligato le donne a “partorire con dolore”. 

Le due celebri condanne “divine” sono riconducibili alla gravità e all’inerzia, aspetti  congiunti della materia così detta “normale”, l’unico genere di materia che la scienza ha finora osservato, appena il 5% di tutta la massa esistente, secondo i calcoli attuali della scienza che cerca il restante 95% e non lo trova.

 Ora sappiamo pure che la dinamica delle particelle subatomiche è legata alla salute del corpo umano. Lo svela una diagnosi diffusa – la Risonanza Magnetica Nucleare – che studia la dinamica degli spin nucleari – minuscoli moti ruotanti – che animano tutto, soprattutto gli organismi.

Se la dinamica degli spin nucleari è una danza coerente c’è salute, se è incoerente, c’è malattia.

E… quali sono le cause della dinamica – coerente o incoerente – degli spin nucleari del nostro corpo?

Le cause sono state e sono tuttora “misteri”, perché siamo convinti che le forze universali agiscano solo fuori e non anche dentro il nostro corpo. Crediamo a un “sapere” che ignora le nostre relazioni intime e dirette con le due forze nucleari che la fisica chiama debole e forte, forze che operano in tutti i nuclei dell’universo, anche quelli che compongono i nostri corpi.

 Quasi tutti conoscono la forza nucleare forte, che comprime e confina, paralizza la dinamica delle particelle subnucleari (quark) e, invece, ignorano la corrente neutra debole che può liberarci dal confinamento nucleare semplicemente se noi, esseri umani, la usiamo. Il problema è il “sapere” comune ignora la sua esistenza oppure la relega ai miti e alle favole.

 Oggi assistiamo ai tanti successi della scienza ma anche ai suoi fallimenti, all’incapacità di rispondere alla domanda “che cos’è la Vita?” e di comprendere cosa sono le malattie e la morte contro cui lotta la medicina.

 “La Vita vi renderà liberi” dice Gesù, secondo i quattro Vangeli. Ebbene oggi crescono gli indizi che la Vita sia la forza che la fisica chiama “debole”- corrente neutra debole per essere precisi – corrente che non è davvero debole come fa supporre il nome, attribuito dai fisici.

 I nomi, si sa, sono scelte umane, e l’aggettivo “debole” deriva dal fatto che questa corrente è estremamente celere e, quindi, appare “debole” ai lenti strumenti artificiali, in genere composti di metalli. Tutti gli organismi, inclusi quelli umani, sono composti, invece di grosse molecole organiche che hanno un debole per la forza “debole”.

 “Gli uomini sono schiavi dei metalli” diceva Platone tanto tempo fa. E ora anche della plastica nonché di un”sapere” che ignora la reale natura della materia, dei nuclei atomici entro i quali è imprigionato, confinato, ben il 99% dell’intera massa atomica.

 Il 22 febbraio 2019 i fisici del MIT hanno calcolato per la prima volta la distribuzione della pressione dentro i protoni, le particelle nucleari che, alcuni decenni fa, erano considerate i “mattoni stabili” dell’universo.

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 Ora si sa che all’interno dei presunti “mattoni” c’è una danza piroettante che collega i moti delle singole particelle nucleari (quark) a quella degli elettroni, collega cioè i movimenti dei singoli ballerini a quelli dell’insieme. I calcoli, svolti dai fisici del Massachussets Institute of Technology (MIT), hanno dimostrato l’enorme pressione espansiva, esercitata dalla forza, chiamata “debole” al centro dei protoni.

La sua pressione “debole” si è così dimostrata molto, molto superiore a quella compressiva cioè confinante esercitata dalla forza, che i fisici chiamano “forte” e che si manifesta sul bordo esterno.

 Finora pochi forti hanno dominato tanti deboli.

 Combinando insieme queste due scoperte, cioè riconoscendo che la forza confinante grandi sorprese in cielo e in terra indicano che i rapporti tra le due forze nucleari – debole e forte – possono cambiare e  la debole che espande e la forte che comprime –  con la coscienza delle proprie relazioni con le forze universali con la disponibilità ad ammettere di “non sapere” ed esprimere la volontà di “conoscere se stessi” come già suggeriva Socrate 2500 anni fa.

 Se le tre forze universali – elettromagnetica, debole e forte – sono ciò che noi, esseri umani, percepiamo come psiche, eros e thanatos, cioè aspetti cruciali e comuni a tutti, possiamo capire perché siamo tutti vittime e artefici dell’illusione, incantati dalle immagini in cielo e in terra, ma incapaci di riconoscere ciò che le anima, cioè di rispondere alla domanda: “che cos’è la Vita?” 

 Ora le grandi sorprese in cielo e in terra, ci mostrano che la forza “debole” è superiore a quella “forte” dentro i protoni, quindi dentro i nostri corpi.

 La “debole” anima tutto, il piccolo corpo umano e il grande universo osservato che non ha limiti di energia, né ha bisogno di combustibili.

 C’è un’energia inesauribile in ognuno dei trilioni di protoni che compongono il nostro corpo.  L’energia è fornita dai due movimenti “opposti”:

  1. quello centrifugo chiamato “debole“, quello che si manifesta dentro, è invisibile ma sensibile, anzi sentito come unione o meglio ancora come comunione con il tutto;

 quello centripeto chiamato “forte” che confina il 99% della massa di ogni corpo nei minuscoli nuclei, li imprigiona in volumi minimi, quindi li paralizza e così provoca malattie. Non solo: il campo “forte” anche separa, divide il 99% della massa dal restante 1% composto di elettroni che assorbono ed emettono fotoni (i quanti del campo elettromagnetico).

 

I fotoni,copiosissimi e velocissimi, creano il velo dell’illusione – ovvero il campo elettromagnetico – che le scienze scambiano per realtà.

“Creando” il campo elettromagnetico, il “forte” “divide e impera”, isola ogni atomo da tutti gli altri e nasconde la Luce “debole” che ha energia molto superiore a quella chiamata forte.

 

L’accelerazione dell’espansione universale è un effetto delle osservazioni astronomiche limitate alla luce elettromagnetica, quindi agli effetti apparenti dell’1%.

 

La Luce debole sta mutando il 99% della massa di ogni corpo, celeste e terrestre, i protoni ovvero i presunti “mattoni”.

 Non è la fine del mondo, ma solo della babele che ha reso questo mondo un inferno.

 E’ il RISVEGLIO dell’Intelligenza Organica che è rimasta sopita, ignorata per millenni, la rivelazione de IL GIOCO COSMICO DELL’UOMO che consente all’umanità di ritrovare il suo ruolo sovrano.

 Il ruolo è quello degli umani, protagonisti di infiniti mondi intelligenti, immortali che si tuffano in questo mondo, in questa matrix per… “gioco”, per imparare a “discernere il grano dal loglio”, distinguere ciò che è vivo dalla mentalità meccanicista dominante che ha esaltato i “limiti” e nascosto l’Intelligenza Organica priva di limiti.

 Miliardi di galassie ruotano a velocità vertiginose senza mai fare benzina, miliardi di specie viventi, nascono, crescono e muoiono sulla Terra da miliardi di anni, contengono il messaggio genetico ovvero il DNA che, sin dal concepimento di un individuo, contiene il progetto del suo futuro, progetto che oggi possiamo comprendere e anche cambiare. Dipende dalla nostra volontà…

Se vogliamo un mondo giusto felice e prospero, dobbiamo usare l’infinita risorsa: la Forza “debole” che ora  accelera l’espansione dell’universo e gli spin nucleari del nostro corpo, la Forza Intelligente che ci anima e ci guarisce dalla vera malattia che ha afflitto la storia umana: la paura di “limiti” inesistenti.

 www.giulianaconforto.it

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Infezione del tratto urinario

Infezione del tratto urinario

Le infezioni delle vie urinarie, note anche con la sigla IVU, si verificano quando i batteri, penetrando attraverso l'uretra (il condotto che trasporta l'urina dalla vescica all'esterno) proliferano e si moltiplicano nelle vie urinarie. Sono disturbi piuttosto frequenti. Nonostante possano svilupparsi in tutti i soggetti, senza distinzioni di sesso ed età, si verificano con frequenza maggiore nelle donne.

 

Che cosa sono le infezioni del tratto urinario?

Generalmente questo tipo di infezioni interessa le vie urinarie basse, ovvero l'uretra e la vescica. Se non vengono opportunamente trattate possono però diffondersi all'apparato urinario superiore ovvero agli ureteri (i condotti che trasportano l'urina dai reni alla vescica) e ai reni. Si possono quindi avere:

 

  • infezione della vescica: detta cistite, è il tipo di infezione delle vie urinarie più comune;
  • infezione dell'uretra, nota con il nome di uretrite;
  • infezione dell'uretere, ovvero l'ureterite;
  • infezione del rene, ovvero la pielonefrite: è una patologia molto grave che richiede intervento immediato. Se non trattata può condurre alla perdita della funzionalità renale
  •  
  • Quali sono le cause delle infezioni del tratto urinario?
  •  

Negli adulti la maggior parte delle infezioni delle vie urinarie è causata dal batterio Escherichia coli (batterio normalmente presente nell'intestino che, attraverso la cute dei genitali e dell'ano, può penetrare nell'uretra). Altri batteri che causano queste infezioni sono microrganismi che popolano il tratto intestinale quali ProteusKlebsiellaEnterobacterEnterococcus faecalisPseudomonas

Le donne sono più suscettibili a questo tipo di infezioni perché lo sbocco dell'uretra è vicino ad ano e vagina, due aree normalmente popolate da batteri, e perché la maggiore brevità dell'uretra rispetto a quella maschile rende più agevole la colonizzazione delle vie urinarie da parte dei batteri.

Altri fattori favoriscono l'insorgenza di queste infezioni:

  • l'uso di dispositivi intra-uterini;
  • l'uso del catetere;
  • l'uso di presidi per l' incontinenza urinaria e fecale.
  •  

Quali sono i sintomi delle infezioni del tratto urinario?

sintomi di cistite e uretrite - ovvero le infezioni delle basse vie urinarie - comprendono:

sintomi delle infezioni delle alte vie urinarie includono:

 

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Si possono associare i sintomi delle infezioni del basso tratto urinario, già sopramenzionati.

 

Come prevenire le infezioni del tratto urinario?

Alcune condotte possono ridurre il rischio di incorrere in un'infezione delle vie urinarie:

 

  • Evitare prodottiche possono irritare l'uretra;
  • Eseguire una corretta igiene intima prima e dopo i rapporti sessuali;
  •  
  • L'igiene intima nelle donne deve essere condotta dall'avanti verso dietro per evitare che i batteri presenti nelle feci possano penetrare attraverso l'uretra;
  •  
  • Bere molta acqua;
  • Urinare frequentemente;
  • Urinare dopo i rapporti sessuali;
  •  
  • Nei neonatie nei pazienti portatori di presidi per l'incontinenza urinaria e fecale, cambiare spesso i pannolini;
  • Non indossare indumenti intimi strettio in tessuto sintetico;
  • Regolarizzare l'intestino;
  •  

Diagnosi 

La diagnosi delle infezioni delle vie urinarie si basa sull'analisi delle urine e dell'urinocoltura. È possibile eseguire anche un antibiogramma al fine di determinare l'antibiotico più sensibile da utilizzare per il trattamento del batterio che è stato isolato, quale responsabile dell'infezione.

 

Trattamenti 

Il trattamento delle infezioni delle vie urinarie nella maggior parte dei casi si basa sulla somministrazione di farmaci antibatterici (non antibiotici)


Il tipo di farmaco utilizzato e la durata del trattamento dipende dal batterio responsabile dell'infezione e dalla storia clinica del paziente che il medico dovra’ stabilire dopo le analisi.

https://www.my-personaltrainer.it/salute/infezioni-urinarie.html

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Tecnologie: troppo tempo davanti allo schermo gia' a 12 mesi

Tecnologie: troppo tempo davanti allo schermo già a 12 mesi

Tecnologie: l'abitudine di restare troppo davanti a tv e cellulari inizia prima di quanto credessimo ed è legata ad alcune costanti socio-demografiche.

Dipendenza da smartphone: non è mai troppo presto per prevenire.   |

  Incollati allo schermo ancora prima di aver imparato a camminare: il tempo medio che i bambini trascorrono in compagnia delle tecnologie che abbiamo in casa, davanti allo schermo di tv e cellulari, cresce esponenzialmente nei primi anni di vita, passando dai 53 minuti a 12 mesi di età fino a quasi 150 minuti a 3 anni. È il quadro che emerge da una ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics, secondo la quale gli interventi per limitare questo modo di ammazzare il tempo risulterebbero più efficaci se adottati in tenerissima età, prima che l'abitudine si consolidi.

 

Lo studio individua inoltre alcuni fattori familiari e demografici correlati a un rischio maggiore di "dipendenza da tecnologia", : lo schermo-babysitter sembra essere più diffuso nelle situazioni in cui mancano forme di intrattenimento alternative.

 

TROPPO PER TUTTI (O QUASI). La ricerca ha preso in esame le abitudini di quasi 4000 bambini nati nello Stato di New York tra il 2008 e il 2010. Le loro madri hanno compilato questionari sul tempo trascorso dai figli davanti allo schermo a 12, 18, 24, 30 e 36 mesi di età, e in seguito a 7 e 8 anni. Gli scienziati hanno poi raccolto informazioni sul livello di istruzione dei genitori e sulla composizione del nucleo familiare.

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L'87% dei piccoli trascorreva davanti allo schermo una quantità di tempo superiore ai limiti indicati dall'American Academy of Pediatrics, che raccomanda di evitare l'esposizione a tv e cellulari nei bambini di età inferiore ai 18 mesi, di introdurre gradualmente questo stimolo entro i 24 mesi e limitare il passatempo a non più di un'ora tra i 2 e i 5 anni di età. Anche se il tempo trascorso davanti allo schermo tendeva ad aumentare con la crescita del bambino, attorno ai 7-8 anni scendeva a 1,5 ore: secondo gli esperti, il merito è delle attività scolastiche o extrascolastiche, che tengono impegnati e favoriscono la socializzazione.

Perché i bambini piccoli rimangono incollati a YouTube?

FATTORI DI RISCHIO. Il team ha poi diviso i bambini in due gruppi, in base a come il tempo di esposizione digitale era cresciuto dagli 1 ai 3 anni di età. Nel primo gruppo, quello con l'incremento più lieve, il tempo medio era cresciuto da quasi 51 minuti al giorno a un'ora e 47 minuti al giorno. Il 73% dei bambini rientrava in questa categoria. Per i bambini del secondo gruppo, il 27% del totale, l'esposizione a tv e cellulari era passata da una media di 37 minuti al giorno a circa 4 ore al giorno. I figli di genitori con un grado di istruzione più elevato e le figlie femmine avevano minori probabilità di trovarsi nel secondo gruppo, mentre i primi figli vi erano inclusi con probabilità maggiori.

Infine i ricercatori hanno suddiviso il campione in percentili (un metodo statistico per confrontare una misura con i valori normali della popolazione) basati sul tempo totale trascorso davanti allo schermo. I bambini ricadevano più spesso nel decimo percentile - quello per il tempo maggiore davanti allo schermo - se i genitori avevano al massimo un diploma o un titolo equivalente, o se i piccoli erano i primi figli delle loro madri. Anche i gemelli e i bambini educati a casa (indipendentemente da chi fosse caregiver) correvano un rischio maggiore di trovarsi in questo gruppo.

 

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le multinazionali alimentari e i "trucchi sulle etichette"

 le multinazionali alimentari e i "trucchi sulle etichette"

08/10/2019 -

L’elenco degli ingredienti nei prodotti alimentari è studiato per informare i consumatori circa il contenuto del prodotto stesso. La realtà:
l’elenco degli ingredienti è usato dai produttori alimentari per imbrogliare i consumatori sul fatto che siano più sani di quello che in verità sono. Questo articolo esplora i più comuni trucchi usati dalle aziende alimentari per ingannare i consumatori.

 

 

L’articolo contiene anche utili informazioni per aiutare i consumatori a leggere le etichette dei prodotti con il giusto scetticismo.

 

 

INGANNARE I CONSUMATORI: TRUCCHI DEL COMMERCIO ALIMENTARE

 

Se la scheda nutrizionale informativa presente nella confezione del prodotto alimentare elenca tutte le sostanze contenute nel prodotto, come possono ingannare i consumatori?

 

Ecco alcuni dei modi più comuni: uno dei trucchi più comuni è quello di distribuire gli zuccheri presenti tra molti ingredienti così che le quantità di zuccheri non compaiano nei primi tre dell’elenco.

 

Per esempio un’azienda può usare una combinazione di saccarosio,fruttosio,sciroppo di cereali, sciroppo di grano, zucchero di canna non raffinato,destrosio e altri zuccheri per essere sicura che nessuno di essi sia presente in quantità sufficiente da arrivare nelle prime posizioni dell’elenco degli ingredienti(ricordate che gli ingredienti sono elencati in ordine di proporzione nel prodotto, con i più presenti elencati per primi).

 

Questo inganna i consumatori sul fatto che il prodotto non è fatto in realtà principalmente da zucchero mentre i principali ingredienti potrebbero essere differenti tipologie di zucchero.

 

E’ un modo per spostare artificialmente lo zucchero più in giù nella lista degli ingredienti, non informando sul contenuto reale di zucchero presente nell’intero prodotto.

 

Un altro trucco consiste nel gonfiare l’elenco con minuscole quantità di ridondanti ingredienti.

 

Si può vederlo nei prodotti per la cura personale e nello shampoo, dove le aziende dichiarano di fornire shampoo alle erbe che in realtà hanno un contenuto di erbe quasi inesistente.

 

Nei prodotti alimentari le aziende gonfiano la lista degli ingredienti con “salutari” bacche, erbe o super-cibi che, molto spesso, sono presenti solo in minuscole quantità.

 

La presenza alla fine dell’elenco degli ingredienti della “spirulina” è praticamente insignificante. Non c’è abbastanza spirulina in quel prodotto che possa produrre reali effetti sulla vostra salute.

 

Questo trucco è chiamato “etichetta imbottita” ed è comunemente usata dai produttori di “junk-food – cibo spazzatura” che vogliono saltare sul carro dei prodotti biologici senza in realtà produrre cibi salutari.

 

 

 

NASCONDERE GLI INGREDIENTI DANNOSI

 

Un terzo trucco consiste nel nascondere ingredienti dannosi dietro nomi dal suono innocente, che fanno credere al consumatore che siano sani.

 

L’estremamente cancerogeno “nitrito di sodio” (conservante E250), per esempio, suona perfettamente innocente, ma è ben documentato che è causa di tumori al cervello, cancro al pancreas, cancro al colon e molti altri tipi di cancro.

 

“Carminio” suona come un innocente colorante per alimenti, ma in realtà è fatto con le carcasse frantumate di scarafaggi rossi della cocciniglia.

 

Naturalmente nessuno mangerebbe yogurt alle fragole se sull’etichetta ci fosse indicato “colorante rosso per alimenti a base di insetti“.

 

Allo stesso modo, “estratto di lievito” suona come un ingrediente salutare, ma in realtà è un trucco usato per nascondere il “glutammato monosodico” (MSG, un esaltatore chimico di sapore, per dare gusto ai cibi eccessivamente elaborati)senza avere l’obbligo di indicarlo nell’etichetta.

 

Molti ingredienti contengono “glutammato monosodico” nascosto. Praticamente tutti gli ingredienti idrolizzati contengono alcune quantità di “glutammato monosodico” nascosto.

 

 

 

NON ESSERE INGANNATI DAL NOME DEL PRODOTTO

 

Sapete che il nome del prodotto alimentare non ha nulla a che fare con ciò che c’è dentro?

 

Aziende alimentari fanno prodotti come “Guacamole Dip” (salsa di avocado) che non contiene avocado! sono fatti, invece, con “olio di soia idrogenata” ecolorante chimico verde.

 

Ma ingenui consumatori comprano questi prodotti, pensando di prendere salsa di avocado, in realtà stanno comprando colorante verde, squisito dietetico veleno.

 

I nomi dei cibi possono includere parole che descrivono ingredienti che nel cibo non ci sono per niente.

 

Un cracker al formaggio, per esempio, non deve necessariamente contenere del formaggio. Qualcosa di “cremoso” non deve contenere la creama. Un prodotto alla frutta, non ha bisogno di contenere nemmeno una singola molecola di frutta.

 

Non fatevi ingannare dai nomi dei prodotti stampati sulla confezione. Questi nomi sono ideati per vendere i prodotti, non per descrivere gli ingredienti contenuti in essi.

 

 

 

LA LISTA DEGLI INGREDIENTI NON INCLUDE GLI INQUINANTI

 

Non c’è la necessità, nell’elenco degli ingredienti, di includere i nome degli inquinanti chimici, metalli pesanti,bisphenol-A, PCBs (bifenile policlorurato),perclorato o altre sostanze tossiche trovate nei cibi. Come risultato abbiamo che la lista degli ingredienti non elenca quello che in realtà c’è nel cibo, elenca soltanto quello che i produtori vogliono che tu creda che ci sia nel cibo.

 

Richieste per elencare gli ingredienti nei cibi furono prodotte da uno sforzo congiunto tra il governo e l’industria privata.

 

All’inizio, le aziende alimentari non volevano fosse obbligatorio indicare tutti gli ingredienti. Chiesero che gli ingredienti fossero considerati “proprietà riservata” e che elencarli, svelando così i loro segreti modi di produzione, avrebbe distrutto i loro affari.

 

E’ un’assurdità, naturalmente, poiché le aziende alimentari volevano soltanto tenere all’oscuro i consumatori su quello che in realtà c’è nei loro prodotti.

 

 

E’ per questo che non è ancora stato richiesto di elencare i vari inquinanti chimici, pesticidi, metalli pesanti e altre sostanze che hanno un notevole e diretto impatto sulla salute dei consumatori (per anni, le aziende alimentari hanno combattuto duramente contro l’elenco degli “acidi grassi”, ed è solo dopo una protesta di massa delle associazioni di consumatori che la FDA alla fine ha obbligato le aziende ad includere nell’etichetta gli “acidi grassi).

 

 

 

 

MANIPOLARE LA QUANTITÀ DELLE PORZIONI

 

Le aziende alimentari hanno capito anche come manipolare la porzione del cibo al fine di far apparire i loro prodotti privi di ingredienti nocivi come gli acidi grassi.

 

La FDA ha creato un sotterfugio per riportare gli acidi grassi nell’etichetta: Per ogni cibo che contiene fino a 0,5 grammi di acidi grassi è permesso dichiarare sull’etichetta come cibo a contenuto ZERO di acidi grassi. Questa è la logica della FDA dove 0,5 = 0.

 

Ma la matematica confusa non è il solo trucco giocato dalla FDA per proteggere gli interessi commerciali delle industrie che dichiara di controllare. Sfruttando questo trucco degli 0,5 grammi, le aziende arbitrariamente riducono le porzioni dei loro cibi a livelli ridicoli – giusto per tenere gli acidi grassi sotto gli 0,5 grammi per porzione. Così loro dichiarano in grande sulla confezione “ZERO Acidi Grassi“.

 

In realtà il prodotto può essere pieno di acidi grassi (trovati in olii idrogenati), ma la porzione è stata ridotta ad un peso che può essere appropriato solo per nutrire uno scoiattolo, non un essere umano.

 

La prossima volta che prendete un prodotto da drogheria, controllate il “Numero di porzioni” indicato sulla scheda nutrizionale informativa. Troverete probabilmente dei numeri talmente alti che non hanno nulla a che fare con la realtà.

 

Un produttore di biscotti, per esempio, può dichiarare che un biscotto è “un’intera porzione di biscotti“. Ma voi conoscete qualcuno che, in realtà, mangia un solo biscotto?

 

Se un biscotto contiene 0,5 grammi di acidi grassi, significa che l’intero pacco di 30 biscotti contiene 15 grammi totali(naturalmente la moltiplicazione è resa più difficoltosa dal fatto che gli olii idrogenati nuociono al cervello).

 

Pensate: 30 biscotti x 0,5 grammi per biscotto in realtà corrispondono a 15 grammi. Tu prendi un pacco di biscotti che contiene 15 grammi di acidi grassi (che è una dose enorme di veleno dietetico) mentre loro ne dichiarano ZERO grammi.

 

Questo è solo un altro esempio di come le aziende alimentari usano la scheda nutrizionale informativa e l’elenco degli ingredienti per ingannare e non per informare i consumatori.

 

 

 

CONSIGLI PER LEGGERE GLI INGREDIENTI DELLE TABELLE

 

 

1) Ricordare che gli ingredienti sono elencati in ordine della loro proporzione nel prodotto. Questo significa che i primi 3 ingredienti contano molto di più di qualsiasi altro. I primi 3 ingredienti sono quelli che tu principalmente stai mangiando.

 

 

 

2) Se l’elenco degli ingredienti contiene lunghe parole, apparentemente chimiche, che tu non riesci neppure a pronunciare, evita il prodotto. Probabilmente contiene vari chimici tossici. Perché vuoi mangiarli? Assumi ingredienti che conosci.

 

 

 

3) Non farti ingannare da fantastici nomi di erbe o altri ingredienti che appaiono molto in giù nella lista. Alcuni produttori di alimenti che includono “goji bacche” (bacche di Lycium) verso la fine dell’elenco le usano solo come trovata pubblicitaria da apporre sull’etichetta. La reale quantità di goji bacche nel prodotto è probabilmente minuscola.

 

 

 

4) Ricorda che l’elenco degli ingredienti non ha l’obbligo di elencare inquinanti chimici. I cibi possono essere contaminati cone pesticidi, solventi, acrilamidi, PFOA (Acido di Perfluorooctanoic), perclorati (combustibili per razzi) e altri tossici chimici senza l’obbligo di elencarli in etichetta. Il miglior modo di limitare l’ingestione di tossici chimici è comprare biologico, o cibi freschi poco trattati.

 

 

 

5) Cercare parole come “germogliato” o “naturale” che indica cibi di alta qualità. Chicchi e semi germogliati sono più sani di quelli non germogliati. Ingredienti naturali sono generalmente più sani di quelli trattati o cotti. I chicchi interi sono più sani di quelli arricchiti.

 

 

 

6) Non fatevi ingannare dalla parola “grano” quando deriva da farina. Tutta la farina derivata dal grano può essere chiamata “farina di grano”, anche se è stata trattata, sbiancata e privata dei suoi nutrienti. Solo la farina di grano “chicco intero” è il tipo di farina sana (molti consumatori, sbagliando, credono che prodotti di “farina di grano” derivino dal chicco intero. Infatti questo è falso. I produttori alimentari ingannano i consumatori con questo trucchetto.

 

 

 

7) Non fatevi ingannare nel credere che i prodotti integrali siano più sani dei prodotti naturali. Lo zucchero bruno è solo una trovata pubblicitaria – è zucchero bianco con colorante marrone e aroma aggiunto. Le uova integrali non sono diverse da quelle bianche (eccetto che per il fatto che i loro gusci appaiono bruni). Il pane integrale può non essere più sano del pane bianco, a meno che non sia fatto con chicchi di grano interi. Non fatevi ingannare dai cibi “integrali”. Sono delle trovate pubblicitarie dei giganti della produzione alimentare per ingannare i consumatori nel pagare di più per i prodotti fabbricati da loro.

 

 

 

8) Attenzione all’inganno delle piccole porzioni. I produttori alimentari usano questo trucco per ridurre il numero di calorie, grammi di zuccheri o grammi di acidi grassi che i consumatori credono siano contenuti nei loro prodotti. Molte porzioni sono arbitrarie e non hanno un fondamento reale.

Fonte: www.lospillo.net

 

 

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il rapporto cellule-ossigeno ha vinto il Nobel per la medicina

Perché il rapporto cellule-ossigeno ha vinto il Nobel per la medicina

Gli studi su questo meccanismo fondamentale per l'esistenza aprono scenari su cure antitumorali. Le ricerche dei premi Nobel per la medicina 2019

 

William Kaelin, sir Peter Ratcliffe e Gregg Semenza. Scienziati diversi per background, formazione scientifica, nazionalità. Accomunati però da due particolari: studi seminali sul metabolismo cellulare, e un premio Nobel per la medicina appena assegnato dall’Accademia delle scienze svedese per “la scoperta di come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno”. Vediamo insieme quali ricerche hanno portato questi tre medici sul podio più alto nel mondo della scienza, e quali conseguenze hanno avuto, e potranno avere in futuro, le loro ricerche.

Perché l’ossigeno?

L’ossigeno, non serve ricordarlo, è uno degli elementi essenziali per la vita. A livello cellulare è il carburante che alimenta i mitocondri, e permette le reazioni chimiche trasformano il cibo in energia con cui alimentare tutti i processi del nostro organismo. È per questo che le cellule devono sempre sapere quanto ossigeno hanno a disposizione, in modo da regolare i propri processi metabolici, e in particolare la respirazione, in base alla presenza/assenza di questo elemento.

Fin qui, si tratta di conoscenze note da tempo, che sono fruttate, nel tempo, già ben due premi Nobel: il primo nel 1931, quando la medaglia è stata consegnata a Otto Warburg, scopritore dell’enzima che permette la respirazione cellulare, cioè la trasformazione (attraverso reazioni chimiche a cui partecipa anche l’ossigeno) dei nutrienti in Atp, il carburante delle cellule.

Il secondo è arrivato pochi anni più tardi: nel 1938, per l’esattezza, quando Corneille Heymans si è visto assegnare il premio Nobel per la medicina per aver scoperto che esistono delle strutture specializzate, dette corpi caritodei, poste nei pressi delle arterie carotidi (quelle del collo), responsabili di monitorare il livello di ossigeno presente nel sangue, e di segnalarlo al cervello perché regoli il ritmo della respirazione. A metà dello scorso secolo, dunque, sapevamo già molto sui processi con cui il nostro corpo reagisce alla presenza, e all’assenza, dell’ossigeno. Ma mancava ancora un tassello: una caratterizzazione di come questi processi vengono regolati a livello molecolare. Ed è qui che entrano in gioco le ricerche dei premi Nobel per la medicina del 2019.

Come reagiamo all’ipossia

Nel nostro organismo le cellule devono agire di concerto per adattarsi a un’improvvisa scarsità di ossigeno. Può avvenire per cause ambientali, come può capitare durante una gita in alta quota, o in caso di attività, come lo sport, che alterano le nostre esigenze di ossigenazione. Tutti casi in cui l’organismo deve produrre un’azione concertata per aumentare la ventilazione (respirando più in fretta), e quindi la disponibilità di ossigeno.

Al contempo, la scarsità di ossigeno può interessare solamente alcuni tessuti del nostro corpo. Può capitare per mille motivi, alcuni fisiologici, altri patologici come in caso di ferite, infezioni o tumori, che bloccano l’apporto di sangue a un tessuto o a un gruppo di cellule. In questo caso, la risposta che viene messa in atto è ancora più complessa, e comprende fenomeni come l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni, l’infiammazione (che produce ipossia), e altre alterazioni nel metabolismo di cellule e tessuti. In entrambi i casi, comunque, alla base dei processi di adattamento alla scarsità di ossigeno vi sono, ovviamente, i nostri geni, e le modifiche che le cellule possono apportare alla loro espressione quando si trovano ad affrontare una penuria del prezioso ossigeno.

Arriva Hif

Negli anni ’80 gli scienziati sapevano da tempo che una delle reazioni del nostro organismo in caso di ipossia è un aumento dell’eritropoiesi, cioè della produzione di globuli rossi. E sapevano anche che a guidare questo processo sono un ormone, chiamato eritropoietina, o Epo (erythropoietin hormone), e il gene che attiva e disattiva la sua produzione. Quel che mancava era però una spiegazione dei processi molecolari che spingono ad aumentare la secrezione di Epo negli organi preposti, ovvero i reni.

Lavorando nei laboratori della Johns Hopkins University, Gregg Semenza decise di cercare i meccanismi genetici che permettono di reagire alla mancanza di ossigeno, e utilizzando topi transgenici dimostrò che esistono specifiche porzioni di Dna situate nei pressi del gene Epo che reagiscono ai livelli di ossigeno disponibili nelle cellule, e attivano la produzione dell’ormone (e quindi l’eritropoiesi) in caso di ipossia.

Negli stessi anni, anche Sir Peter John Ratcliffe aveva iniziato a interessarsi dell’eritropoietina in qualità di specialista di nefrologia. E di pari passo con le ricerche di Semenza, anche lui aveva effettuato importanti scoperte sulla regolazione genetica della sua produzione. Non ultimo, il fatto che i meccanismi genetici che regolano l’attività del gene Epo non sono presenti solamente nei tessuti dei reni, ma in tutte le cellule dell’organismo. A dimostrare che si tratta di un meccanismo genetico responsabile di una vasta gamma di risposte alla mancanza di ossigeno, e non solamente della produzione di eritropoietina.

Il lavoro di entrambi culminò con la scoperta, annunciata da Semenza in un articolo del 1992, di un complesso proteico che si lega alle porzioni di Dna identificate in precedenza. Semenza decise di battezzare questo complesso di proteine Hif, o hypoxia-inducible factor, e dopo una serie di ulteriori ricerche ed esperimenti riuscì a caratterizzarlo con precisione, dimostrando che è composto da due sotto unità prodotte, a loro volta, da due geni differenti: Hif-1α, sensibile alla presenza di ossigeno, e Arent (o Aryl Hydrocarbon Receptor Nuclear Translocator), che non reagisce alla presenza di ossigeno.

Manca il gene Vhl

Mentre i primi due neo premi Nobel mettevano in luce i meccanismi con cui le cellule rispondono alla disponibilità di ossigeno, William Kaelin era impegnato in un campo all’apparenza molto distante: lo studio della sindrome di Von Hippel-Lindau, una malattia ereditaria molto rara che aumenta notevolmente il rischio di sviluppare alcune forme di tumore.

In che modo le sue ricerche si sono incrociate con quelle di Ratcliffe e Semenza? A quel punto si conosceva ormai il ruolo di Hif-1α nella regolazione della produzione di eritropoietina, e si sapeva che la sua azione dipende dalla concentrazione in cui è presente all’interno della cellula. In condizioni normali, infatti, una proteina nota come ubiquitina si lega a Hif-1α e segnala alla cellula che questo complesso deve essere eliminato. Quando invece la cellula si trova in condizioni di ipossia l’ubiquitina non si lega a Hif-1α, i livelli di Hif aumentano e la cellula produce più eritropoietina. Quel che ancora non si conosceva era il meccanismo con cui l’ubiquitina si lega, o meno, a Hif-1α, e come questo potesse dipendere dai livelli di ossigeno.

Il contributo di Kaelin in effetti è stato proprio questo: studiando la sindrome di Von Hippel-Lindau riuscì a dimostrare che il gene che risulta compromesso nei pazienti che ne soffrono, conosciuto come gene Vhl, ha un’azione protettiva nei confronti dei tumori. E che la presenza di una versione compromessa di Vhl è collegata a un aumento dell’attività dei geni che normalmente vengono trascritti quando le cellule si trovano in condizioni di ipossiaVhl doveva quindi essere collegato ai meccanismi che regolano la risposta cellulare all’ossigeno.

E infatti, in breve tempo altri gruppi di ricerca dimostrarono che il gene e la proteina che codifica sono parte di un complesso meccanismo che regola il legame tra l’ubiquitina e Hif-1α. L’ultima tappa della nostra storia arriva quindi nel 2001, anno in cui Kaelin e Ratcliffe pubblicano simultaneamente, ma indipendentemente, una nuova scoperta: in condizioni di ossigenazione normale alcuni gruppi chimici conosciuti come idrossile (espresso con la formula -OH) vengono collegati a due porzioni di HIF-1α, e questa modifica permette a Vhl di riconoscerlo, legarvisi, e dare il via alla sua degradazione grazie al contributo di un enzima noto come prolina idrossilasi, che per funzionare ha bisogno di ossigeno.

Ossigeno: una scoperta da Nobel

Le ricerche dei tre nuovi premi Nobel hanno quindi permesso di comprendere appieno i meccanismi con cui le cellule individuano la presenza o assenza di ossigeno, e danno il via a fenomeni come la produzione di nuovi vasi sanguigni e di globuli rossi. Negli ultimi decenni è stato inoltre dimostrato che i meccanismi di rilevazione dell’ossigeno sono coinvolti in moltissimi processi fisiologici, che vanno dall’attività del sistema immunitario, al corretto sviluppo fetale.

Come scoperto da Kaelin, rappresentano inoltre un fattore importante anche nello sviluppo di molti tipi di tumori, in cui il meccanismo viene hackerato per indurre la crescita di nuovi vasi sanguigni che andranno ad irrorare la neoplasia in formazione, e rappresentano quindi un importante bersaglio che in futuro potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali. Tutte scoperte che, senza il lavoro pionieristico di SemenzaRatcliffe e Kaelin non sarebbero mai state possibili.

https://www.wired.it/scienza/medicina/2019/10/07/cellule-ossigeno-nobel-medicina-2019/?utm_source=wired&utm_medium=NL&utm_campaign=default

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