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Categoria: "Cure Naturali"

CATARRO e PROBLEMI RESPIRATORI : come liberasi dal catarro, aiutarsi in caso di influenza e nei problemi virali delle vie respiratorie

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Prendere Acerola c500 una al giorno masticabile della longlife.

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Guarire corpo e mente con i Campi Magnetici. La fisica quantistica dimostra che Tesla aveva ragione

Oggi si pensa ai campi magnetici a livello medico solo come uno strumento diagnostico, ma la medicina, soprattutto in Germania ed Inghilterra, si sta nettamente orientando verso le nuove applicazioni terapeutiche che le scoperte della fisica quantistica stanno portando alla luce.

Lo stesso Tesla più di 100 anni fa ne era a conoscenza e le provò su sé stesso. Come riportato nel libro di Edoardo Segato, Tesla – Lo Scienziato Contro:

“Nel corso delle sue ricerche Tesla comprese il valore stimolante e terapeutico delle alte frequenze e dei relativi campi magnetici sull’uomo, ma non brevettò mai nessun metodo o apparecchio. Si limitò ad annunciarne la scoperta nel 1892-93 nelle conferenze che tenne tra Europa e America. Tesla espose tutta una serie di possibili soluzioni terapeutiche non invasive. Tra questi c’era un trattamento magnetico, oggi uno dei metodi più all’avanguardia. Sono in molti a sostenere che entro breve sarà accessibile per tutti una medicina molto diversa, più radicale e meno invasiva, “senza fili”, e soprattutto senza farmaci e senza aghi.

Tesla sviluppò infatti un modello di bobina di piccola taglia, definita anche “oscillatore terapeutico” che fu richiesto in molti ospedali da un elevato numero di specialisti e di medici che volevano sperimentarne gli effetti e indagarne l’interazione con il corpo umano dei campi magnetici.

 

Abbiamo già visto come Tesla stesso avesse già effettuato test medici con le sue innumerevoli apparecchiature. Dopo l’incendio del laboratorio di East Houston Street l’inventore scampò alla depressione grazie alle innumerevoli ore di scariche elettriche rigeneranti a cui si sottopose giornalmente.”

 

 

Per chi non ne ha mai sentito parlare può sembrare strano ma chi è del settore conosce molto bene questo argomento. Un mio amico sta lavorando ad un progetto contro la malaria, la cui sperimentazione sarà ultimata a breve ma già i risultati sono sorprendenti: in una gabbia di Faraday viene emessa una piccola forza elettromagnetica che in una o due sedute a seconda del grado di gravità, distrugge il plasmodio all’interno del globulo rosso. E’ meraviglioso, ma è incredibile che nessuno ne parli.

 

Il Dott. Piergiorgio Spaggiari, fisico e medico di Milano, già docente universitario e ricercatore del CNR, in un’intervista a Scienza&Conoscenza spiega:

 

 

 

“A partire dalla scoperta della Risonanza Magnetica Nucleare, oggi è dimostrato che immergendo un corpo umano all’interno di un campo magnetico ottenuto dalla somma di un campo magnetico permanente ed un campo magnetico variabile, le cellule dell’organismo ubbidiscono alle sollecitazioni del campo magnetico generato.

Il comportamento è analogo per tutti gli esseri viventi: vegetali, animali, uomo e donna. Si tratta di una grandissima scoperta, in quanto prima si riteneva che la medicina fosse unicamente basata su reazioni di tipo biochimico mentre così si è dimostrato che le cellule sono soggette anche a reazioni di tipo biofisico.

 

Per quanto riguarda la terapia, io utilizzo una macchina di Risonanza Ciclotronica sviluppata da alcuni fisici italiani ma basata su un principio scoperto da un fisico russo, Liboff, per cui una cellula dell’organismo umano è in grado di riassorbire ioni persi se immersa in un campo magnetico permanente ultra debole al quale viene sommato un campo magnetico variabile la cui frequenza è pari alla frequenza di rotazione dello ione che deve essere riassorbito. L’intensità dei campi è molto bassa, dell’ordine di grandezza del campo elettromagnetico terrestre.”

 

Quando incontrai il Dott. Spaggiari di persona mi disse come ad esempio si può curare una persona che soffre di osteoporosi semplicemente immergendola in un campo magnetico “alla frequenza dello ione calcio”. Come puoi intuire le implicazioni di queste scoperte, che si basano sulla nuova fisica quantistica, sono immense.

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Qualche tempo fa fece molto scalpore l’articolo MBST: Nuova tecnologia cura osteoporosi e artrosi con campi magnetici! in cui si affermava: “Cura l’osteoporosi e l’artrosi senza inserire protesi. Rigenera i tessuti cartilaginei, aiuta nella ricomposizione delle fratture. Non solo. Evita l’assunzione di farmaci antidolorifici e antiinfiammatori necessari dopo l’inserimento delle protesi e dimezza i tempi della riabilitazione, fatta solo se strettamente necessaria. Non si tratta di una pozione magica ma della tecnologia MBST®, ossia terapia a risonanza magnetica nucleare. La tecnologia, sviluppata in Germania 15 anni fa, utilizzata in 300 centri riabilitativi tedeschi e in paesi come Austria, Inghilterra, Turchia, Israele è semi sconosciuta in Italia.” Alla luce di quello che abbiamo detto finora è chiaro che non è magia, ma è la nuova medicina.

 

Basta fare una ricerca su internet e scoprire che ci sono tantissimi centri in Italia che fanno uso dellamagnetoterapia, di cui al momento i principali campi di applicazione sono:

Patologia dell’apparato muscolo scheletrico

Osteoporosi

Reumatologia (tutte le affezioni di natura infiammatoria)

Patologia vascolare, flebopatie ed arteriopatie

Dermatologia

Chirurgia (azione cicatrizzante)

Neurologia

Ginecologia

Oncologia

 

Il Prof. Carlo Ventura, direttore del laboratorio di biologia molecolare e bioingegneria delle cellule staminali presso l’istituto di cardiologia dell’università di Bologna, in stretta collaborazione con Università della California, afferma che le cellule, come tutto l’universo, vibrano e, facendo ascoltare le giuste frequenze alle cellule staminali, queste ultime possono essere istruite per divenire cellule specifiche dei nostri organi. Il campo magnetico può dunque innescare la guarigione. Nell’articolo Le frequenze che guariscono – L’antica medicina del futuro ho descritto come in passato fossero stati molti coloro che hanno realizzato generatori di frequenze (e quindi campi magnetici) ad uso medico riuscendo anche a curare il cancro con incredibile successo.

 

Più persone sono al corrente di queste informazioni vitali per la nostra salute, più facilmente questa nuova conoscenza potrà prendere piede nella classe medica. Questa è la medicina del futuro che tutti noi vogliamo per il nostro presente.

 

http://www.dionidream.com/guarire-campi-magnetici-tesla-fisica-quantistica/

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L’Infermiere e il Reiki: quando l’energia aiuta ad assistere

È una delle medicine complementari oggi più in vigore in Italia e nel mondo.

Il Reiki è tra le cure complementari più diffuse ed utilizzate tra gli Infermieri. Essa è una disciplina molto antica che si basa sul cosiddetto “tocco terapeutico”. Il Collegio Ipasvi di Genova ha fatto da apripista in Italia per lo studio di tale tecnica, che da qualche tempo viene insegnata in varie parti della nostra Nazione. Vediamo di cosa si tratta.

 

corso reiki

Alcuni Infermieri diventati esperti di Primo Livello Reiki

Gli Infermieri da sempre sono affascinati dalle cosiddette “cure complementari”. Il Reiki è una di queste.

 

Il Reiki fa parte delle Healing Touch ed è una delle medicine complementari più studiate scientificamente e clinicamente a livello internazionale. Il National Center For Comlemantary and Integrative Health (NCCAM), l’ente americano che studia e censisce le medicine non convenzionali, nel 2006 ha definito il Reiki come “un metodo di guarigione alternativo in cui l’operatore posiziona o avvicina delicatamente le proprie mani al corpo della persona con l’obiettivo di facilitarne la guarigione”.

 

Da oltre 30 anni medici, paramedici e operatori collaborano per testare con rigore scientifico questa tecnica messa a punto dal giapponese Mikao Usui agli inizi del novecento, e diffusasi ben presto in tutto il mondo.

 

Uno dei primi studi conosciuti sul Reiki è datato 1985, condotto dagli americani Braund e Schlitz, e indagava gli effetti della cura sullo stress. Da allora gli studi si sono moltiplicati, con rigore scientifico sempre maggiore, in particolare per quello che riguarda la gestione del dolore, gli effetti collaterali in pazienti trattati con farmaci chemioterapici, gli effetti su alcuni valori ematici (in particolare la neutropenia), sulle patologie cardiache (nel dettaglio sulle aritmie) sulla guarigione delle ferite, sull’ansia e sulla depressione.

 

Gran parte di queste ricerche, insieme alle molte altre condotte su Reiki, sono raccolte da PubMed, la banca dati biomedica online sviluppata dal National Center for Biotechnology Information (NCBI) presso la National Library of Medicine (NLM). Il valore scientifico delle informazioni è garantito dalla selezione manuale dei contenuti condotta da qualificati comitati scientifici.

 

Sono più di 2000 le pubblicazioni che, inserendo “Reiki” come parola chiave nella ricerca, compaiono tra i risultati; e il numero cresce, ogni anno, sempre di più.
Alla ricerca scientifica è seguito l’inserimento di Reiki negli ospedali: negli Stati Uniti per esempio, tra i primi ad inserire i trattamenti Reiki nelle carte dei servizi in diversi ospedali, l’insegnamento di Reiki è previsto nella formazione infermieristica nell’ambito delle Complementary and Alternative Medicine (CAM).

 

È opportuno qui chiarire che non si tratta di un sistema terapeutico da usare per guarire specifiche patologie, ma di una tecnica di supporto alla medicina allopatica al fine di ridurre l’utilizzo dei farmaci per una migliore compliance dell’utente.

Esso, infatti, può essere affiancato alle terapie convenzionali senza rischio di controindicazioni o interazioni con qualsiasi altro tipo di farmaco o trattamento.

 

Come funziona il Reiki?

Attraverso il “tocco”, l’operatore Reiki entra dapprima in contatto con il campo energetico della persona e si armonizza, in modo che il ricevente non viva questo tocco come un’invasione; a questo punto inizia il passaggio di “energia”: l’operatore, opportunamente istruito, si connette alla fonte energetica e diventa un canale, un catalizzatore di energia, che viene convogliata verso il ricevente attraverso le mani.

 

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L’operatore è quindi un tramite, un canale: non rischia di andare in riserva di “energia personale ” e nemmeno di prendere disequilibri dal ricevente, come per esempio avviene nella pranoterapia.

 

Nella visione orientale, il corpo si ammala laddove l’energia al suo interno non scorre in maniera fluida: una situazione traumatica, specie se ripetuta nel tempo o di elevata intensità, porta una stasi oppure un mancato arrivo di energia in quelli che comunemente vengono chiamati “organi bersaglio“; e come avviene per la scarsa o mancata circolazione sanguigna, in breve tempo l’organo si ammala, producendo tutta una serie di sintomi che, se trascurati, portano alla malattia cronica o addirittura alla situazione non reversibile.

Inducendo uno stato di rilassamento e migliorando la circolazione energetica, Reikipotenzia l’effetto del farmaco riducendo il dosaggio.

 

Cosa c’entra il Reiki con gli infermieri?

In un rapporto tecnico dell’OMS del 1996 si legge: “gli infermieri di tutto il mondo sono divenuti sempre più consapevoli del fatto che ampi gruppi di popolazione in ogni paese stanno usando approcci tradizionali (che fanno riferimento alle varie etnie e culture, Nds) e complementari per mantenere o recuperare la propria salute. In molti luoghi gli infermieri sono stati innovatori di questo movimento.

 

Nei paesi industrializzati si stima che circa la metà della popolazione ricorra regolarmente ad approcci sanitari complementari. Nei paesi in transizione e in quelli in via di sviluppo la percentuale è addirittura superiore.

 

Alcuni di questi approcci complementari possono far parte di un piano terapeutico con il paziente se sono appropriati e accettabili.

 

Il tocco terapeutico, l’uso di infusi, il massaggio ed altri approcci complementari possono favorire l’assistenza infermieristica. Il personale infermieristico deve essere preparato a guidare i clienti nella scelta tra i differenti approcci assistenziali, complementari e tradizionali. La formazione dovrebbe mettere gli infermieri in condizione di capire i diversi approcci, la loro compatibilità con altre forme di cura e la loro accettabilità in seno alla tradizione culturale. Gli infermieri condividono la responsabilità di essere aperti e consapevoli circa tutto ciò che attiene all’assistenza sanitaria in cui lavorano” (OMS, Ginevra 1996).

 

Gli insegnamenti impartiti nei giorni scorsi presso il Collegio Infermieri di Genova derivano dalla scuola Reiki giapponese; al termine del seminario, a tutti i partecipanti è stato consegnato un “Attestato di Primo Livello Reiki – Shoden” secondo gli insegnamenti impartiti dall’Associazione Italiana Reiki (AIRE), oltre al l’attestato per i crediti ECM.

 

In autunno, sempre presso il collegio genovese, una nuova edizione e nuove opportunità per i colleghi di incontrare, conoscere e fare propria questa meravigliosa disciplina.

La disciplina si sta diffondendo radicalmente in tutta Italia e sempre più Infermieri, anche se spesso non ufficialmente, la studiano e la pratica.

FONTE : http://www.nurse24.it/infermieristica-e-reiki/

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IL REGGISENO NON AIUTA IL SENO, AL CONTRARIO, LO FA CADERE

Emblema della femminilità, il reggiseno è un elemento che non può mancare all’interno della variegata lingerie di una donna. Da semplice indumento volto a coprire, nascondere o sostenere il seno, il reggiseno è diventato un cavallo di battaglia per la moda, che lo ha trasformato in un accessorio chic, elegante o sexy.

 

E mentre per noi l’unica preoccupazione è saperlo slacciare con una mano sola, per le donne sono costrette a scendere a patti con taglie, coppe, ferretti e imbottiture.


Secondo i ricercatori, il reggiseno è un falso bisogno, perché dal punto di vista medico, fisiologico e anatomico il seno non trae benefici dall’essere provato dalla sua pesantezza: IL REGGISENO porta i tessuti di sostegno a non svilupparsi e quindi a degradarsi prima.

 

Uno studio francese tenutasi al Centre hospitalier di Besançon ha messo in evidenza che il seno senza coppe sembra mantenersi sodo più a lungo.

 

Il professore Jean- Denis Rouillon, dell’Università di Franche-Comte de Besancon, Francia, ha affermato con totale sicurezza che i reggiseni non offrono nessun beneficio e che, al contrario, fanno male al seno di chi li usa.

 

Tali conclusioni si basano su alcuni studi realizzati nell’arco di quindici anni, durante i quali l’Università di Besancon, nell’est della Francia, ha portato avanti delle ricerche osservando e verificando una serie di cambiamenti nel seno di centotrenta donne che, volontariamente, si sono sottoposte a tale ricerca. Le volontarie avevano un’età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni.

 

Durante le prime fasi della ricerca, l’equipe medica osservò che il seno delle donne che non utilizzavano il reggiseno rimaneva molto più sodo e presentava meno smagliature rispetto a quello delle donne che lo indossavano tutti i giorni.

 

Tra le conclusioni a cui giunse il gruppo di ricercatori che presero parte a questa ricerca risalta, soprattutto, quella che dimostra che l’uso di questo popolare indumento intimo femminile non evita il cedimento del seno con il passare degli anni e, anzi, accelera tale processo. Il professore Rouillon sostiene che dal punto di vista medico, fisiologico e anatomico, il reggiseno non apporta nessun tipo di beneficio al seno, privato in questo modo della gravità. Accade l’opposto, poiché tende a diventare molto più flaccido.

 

Il professore è fermo nel sostenere l’ipotesi che con l’uso del reggiseno i muscoli incaricati di sostenere il seno perdono la propria funzione e, in questo modo, si perde la tonicità del busto. Afferma anche che le donne che non usano mai il reggiseno hanno i capezzoli più alti rispetto alle donne che lo usano regolarmente.

 

Il professore puntualizza con enfasi che anche se lo studio è durato molti anni e ne hanno preso parte centinaia di donne, non è rappresentativo della popolazione mondiale. Tuttavia, è certo che tale studio conferma che smettendo di usare il reggiseno non vi è nessun cambiamento riguardo l’aspetto del seno, ma anzi che vi è un notevole miglioramento al riguardo.

 

Grazie ad alcuni studi precedentemente condotti nell’Università di Portsmouth, in Inghilterra, è stato dimostrato che la maggioranza delle donne danneggia il proprio seno indossando la taglia sbagliata del reggiseno.

 

http://healthopportunity.it/benessere/scopri-se-e-necessario-indossare-un-reggiseno/?_utm_source=1-2-2

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NERVO SCIATICO E VITAMINA B12: CHE LEGAME C’È?

Il cosiddetto nervo sciatico è considerato il nervo più lungo del corpo, che parte dai fianchi per scendere giù per entrambe le gambe.

 

La sua infiammazione o di altri problemi legati ad esso possono avere numerose cause; una di queste potrebbe essere una carenza di vitamina B12, che può manifestarsi come un dolore alla parte inferiore e posteriore del corpo, così come una fastidiosa sofferenza alla parte posterioer delle gambe, specie al polpaccio, ovvero nel retro del nervo tibiale.

 

La cobalamina o vitamina B12, infatti, ha un ruolo importante nella produzione di mielina, un complesso sistema di proteine varie che vanno a comporre uno strato di pellicola grassa attorno ai nervi, con una funzione né più né meno simile a quella di un rivestimento plastico isolante attorno a dei cavi elettrici.

 

Se questo rivestimento si impoverisce a causa di una carenza di vitamina B12, il dolore si fa sentire.

 

 

 

Carenza di B12 e sciatica

 

Un calo nelle riserve di vitamina B12 si può inoltre manifestare in un rallentamento delle informazioni elettriche lungo i tratti nervosi e una deficienza nella rigenerazione delle cellule e dei rivestimenti nervosi.

 

Come si identifica una potenziale carenza di B12 riflessa nel nervo sciatico? Può prendere la forma di un forte bruciore costante, che si acutizza nel camminare o durante i movimenti di piegamento dell’area interessata dal dolore, che talvolta può raggiungere livelli debilitanti.

 

Questi sintomi potrebbero essere collegati anche a una forma non grave di ernia discale, ma se una visita non confermasse questa diagnosi, ecco che la probabilità di una carenza di vitamina B 12 aumenterebbe, così come il bisogno di uno screening che tolga ogni dubbio.

 

Altri sintomi minori sono debolezza alle gambe, perdita di potenza nella corsa, disturbi alla minzione, specie in forma di lieve incontinenza.

 

 

 

Studi scientifici sul legame tra carenza di vitamina B12 e nervo sciatico

 

Attorno all’anno 2000 furono portati avanti esperimenti a doppio cieco con controllo del placebo, in cui, in numerosi casi di dolore al nervo sciatico, ai volontari con età compresa tra i 18 e i 65 anni veniva somministrata vitamina B12 per via inframuscolare.

 

A cosa si è arrivati? I progressi in termini di riduzione del dolore al nervo sciatico e di riabilitazione furono sensibilmente migliori nei gruppi ai quali venne somministrata regolarmente vitamina B12 per via intramuscolare. Questo avvenne anche in pazienti senza evidenti sintomi di carenze alimentari nello specifico vitaminiche.

 

Ciò starebbe a indicare che nel caso di una carenza vitaminica uno dei primi sintomi sarebbe proprio un dolore al nervo sciatico, poiché una delle prime conseguenze di carenza di vitamina B12 sarebbe il deperimento del tessuto protettivo dei nervi.

 

 

 

Dolore al nervo sciatico: cosa fare?

 

In caso di seri disturbi, è necessario rivolgersi al medico, effettuare i test di routine, non solo gli screening per vagliare le riserve vitaminiche ma anche degli esami per testare la potenza e i riflessi muscolari, in modo da notare eventuali cali ingiustificati.

 

Normalmente, nel caso venisse evidenziata una carenza di vitamina B12, il medico rettifica la dieta e somministra integratori vitaminici di B12; ad ogni modo aspettate che sia il medico a prescriverli ed evitate diagnosi e rimedi fai da te.

 

Mentre porteremo avanti la cura rinvigorente a base di integratore di vitamina B12, per alleviare il dolore al nervo sciatico niente di meglio di un trattamento quotidiano a base di ghiaccio, da porre per una ventina di minuti sulla parte dolorante. Il ghiaccio non si mette mai direttamente sulla pelle ma si appoggia ad essa tramite un panno.

 

Nonostante paia innaturale, un massaggio delicato, anche in caso di dolore, aiuta il flusso sanguigno, l’irrorazione dei tessuti nervosi e quindi il rilascio di endorfine con funzione di antidolorifico endogeno; è anche possibile, se il dolore lo consente, un esercizio fisico di routine, non eccessivamente impegnativo, come potrebbe essere una ciclette effettuata in modo leggero, può aiutare.

Di

http://www.cure-naturali.it/principi-nutritivi/2101/nervo-sciatico-e-vitamina-b12-legame/7244/a?utm_source=cure_operatori

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