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Viaggio verso il SACRO - Un bellissimo racconto di Bernard Rouch.

… Viaggio verso il sacro, verso ciò che è oltre l’ordinario.

 

Il sacro prende tante forme. La simbologia in Egitto esprime la dimensione del sacro in molti modi…

 

La nostra parte ombra rappresenta una importante opportunità per progredire. L’ombra mette in risalto la luce, e viceversa.

 

Dietro l’appparente dualità c’è l’unità, scopo della vita spirituale…

 

L’anima del mondo è un altro concetto sacro molto importante: è una matrice divina nella quale è immersa l’umanità.

 

Sophia rappresenta la saggezza, e nel Cristianesimo è stata associata allo Spirito Santo.

 

Noi abbiamo scisso noi stessi dalla matrice divina che ci circonda continuamente, come una foglia che si taglia via dal ramo.

 

Basta raccoglierci con la preghiera, la meditazione o lo strumento che più ci è affine, per collegarci con una profonda saggezza interiore, che ci accomuna tutti, dove si trovano quelli che Jung chiamava i Grandi Archetipi.

 

Il Sacro è quella parte che ci collega con l’alto e il basso e non ci fa più sentire divisi da tutto ciò che è intorno a noi… quindi è attraverso il Sacro che uniamo ombra e luce, femminile e maschile…

 

“Viaggio verso il sacro” è una famosa rappresentazione tibetana che rappresenta le tappe da affrontare nel percorso spirituale. Esso ci mostra il “viaggio” di un monaco e narra dei suoi incontri.

 

1. Il monaco va fuori di casa. Riguarda la struttura mentale, l’andare fuori dalle proprie certezze, dai dogmi, per fare esperienza in prima persona. Per uscire ci sono due strumenti. Il primo è l’ascia: per saper dividere ciò che è buono da ciò che non lo è, collegandoci attraverso l’anima del mondo. Come? Con il secondo strumento: il gancio, che è la curiosità.

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2. Il monaco cerca l’elefante. Dobbiamo cercare l’elefante, che è la Coscienza. L’elefante va di qua e di là perché accanto vi è una piccola scimmia che lo distrae… la scimmia oggi sono le tante distrazioni (tv, computer, pensieri…) che mettono alla prova i nostri intenti. Vogliamo fare qualcosa ma la “scimmia” ci porta infine a fare qualcos’altro.

 

3. Incontro con il fuoco. Durante questo percorso, dopo un entusiasmo iniziale, mostriamo il nostro carattere attraverso la capacità di essere costanti. “Costanza” è una parola che non è più di moda… Essa è rappresentata dal fuoco, che brucia e purifica, ma alla fine porta ottimi frutti, cioè intuizioni e rivelazioni.

 

4. Una macchia bianca cresce sull’elefante. Cercando l’elefante-coscienza, alla fine sviluppiamo una maggiore intelligenza. Allora iniziamo a guardarci, ad avere coscienza di quello che facciamo. Sviluppiamo la capacità di accorgerci che siamo attori e spettatori allo stesso tempo.

 

5. La testa dell’elefante diventa bianca, e il monaco tiene l’animale con un gancio. L’elefante chiede: “Chi sei tu, che mi stai tirando con un gancio?” Siamo noi che guardiamo noi stessi. Ci osserviamo. Ma ora c’è anche un nuovo animale: il coniglio. Il coniglio è la noia (“Ancora una meditazione?! Ancora devo auto-osservarmi?!”). Adesso che ci guardiamo, ci stufiamo di noi stessi perché non c’è più l’eccitazione della scoperta. Adesso bisogna semplicemente fare pratica. E questo significa diventare adulti.

 

6. Il monaco si avvicina di più all’elefante, e comincia a usare l’ascia. Con l’ascia della pratica, egli effettua delle scelte. Dice: “Questo voglio viverlo, e questo no. Questo va bene, e questo no. Non voglio ripetere le stesse esperienze di prima, ora sono adulto!” E il coniglio e la scimmia cominciano a diventare bianchi anch’essi.

 

7. A questo livello, il monaco passa davanti agli animali. Comincia a capire che la sua vita può essere decisa da lui. La domanda fondamentale qui è: che direzione devo prendere? Per avere la risposta deve collegarsi con l’anima interiore. Si tratta di comprendere qual è il proprio compito di vita. C’è una responsabilità più grande. C’è anche una conchiglia che ha delle spirali, che rappresentano la salita verso il centro, dove tutto ha un senso.

 

8. A questo punto la scimmia e l’elefante sono sempre più bianchi. La scimmia, inoltre, è docile e in fondo alla coda. non è più lei a guidare la mia vita. Non mi distrae, se non quando scelgo in prima persona di prendermi delle distrazioni.

 

9. Nel passo successivo, il monaco lascia il gancio con cui teneva l’elefante, e butta via l’ascia. Il monaco ora si trova in mezzo tra l’elefante e la scimmia. Sceglie quando essere serio, o quando essere bambino.

 

10. Infine, la scimmia, diventata bianca, va a mangiare i frutti dell’albero. Significa che possiamo distrarci completamente, senza perdere il filo della coscienza.

Conferenza di Bernard Rouch.

http://www.youtube.com/watch?v=twlpiLhfLvc#t=154

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