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Gli insetti, il piatto del futuro?

Dimenticate la la bistecca di bue al sangue e la carne alla tartara con patatine. Tra poco piu' di trenta anni mangeremo bistecche di locuste accompagnate da un bollito di orzo o un ragu' di carne di sintesi alle fave di soia, con, per finire, un “supreme” di limone cucinata alle alghe. Bio, sia chiaro... per il gusto occorrera' ripassare. A leggere e ascoltare le centinaia di esperti che in questi ultimi anni si sono dedicati all'alimentazione del futuro, si perde subito l'appetito.
La carne non ci sara' piu': verso il 2050 saremo tutti vegetariani. Grossomodo. Questione di realismo. Dopo la Fao (organizzazione Onu per l'alimentazione e l'agricoltura), il Stockolm International Water Institute e' recentemente intervenuto in merito, ed ha formalizzato che e' troppo alto il livello di terre coltivate e il consumo di acqua. Perche', per nutrire le bestie occorre coltivare i loro alimenti e questo significa una emissione colossale di gas con il conseguente effetto serra. Per cui sara' bene che gli amanti della bistecca alla fiorentina se ne facciano una ragione: pare che l'eccesso di carne -soprattutto rosse- faccia male alle arterie. E non vale la pena gettarsi sui pesci non d'allevamento: rischiano l'estinzione.
Restano solo gli insetti, locuste, termiti, scarafaggi, cavallette e altri lombrichi che una larga parte dell'umanita' consuma gia' quotidianamente. I nostri grandi cuochi hanno ancora qualche anno per imparare e cominciare a renderli gustosi... Poca o niente carne quindi, ma niente ci impedira' nei confronti dei cereali, frutta e legumi tra i piu' vari, o uova o prodotti caseari. Il tutto grazie alla biotecnologia moderna.
E questo non vuole necessariamente dire che bisognera' ricorrere ai sementi OGM. Puo' darsi che l'agro-ecologia conoscera' una stagione d'oro, consentendo di sfruttare nel modo piu' naturale al mondo le migliori condizioni delle colture localmente molto variegate e sconvolte dal riscaldamento climatico: bisognera' inventare dei nuovi metodi, per le micro-alghe, per esempio: imparare a selezionare le specie di riso -o di grano- adattate al cambiamento climatico e, quindi, private del loro glutine allergizzante; arricchire gli alimenti con degli acidi grassi (composti chimichi vegetali o antiossidanti considerati benefici, come gli omega-3 o gli stanoli); oppure, a monte, le piante che producono questi componenti cosi' preziosi.
La salute e' nel nostro piatto e, nel 2050, noi potremo cucinare i nostri medicinali per prevenire cancro, malattie cardio-vascolari, diabete e altri rischi di obesita' che ci minacciano! Alcuni preconizzano una alimentazione individualizzata, adatta alla propria carta genetica, come fanno i ricercatori del programma europeo Food4me, ma la convivialita' dei pasti tra commensali rischia di risentirne.
Con un tale programma, l'industria agroalimentare ha ancora molti bei giorni davanti a se'. Essa dovra' certamente trovare spazio per le alternative, come lo “slow food” (mangiare lentamente, in opposizione al “fast food”), ai circuiti “a chilometro zero” (come l'agricoltura urbana), e anche a dei concorrenti di taglia media, capaci di lavorare i prodotti piu' locali e meno standardizzati. Ma essa e' la migliore in grado di integrare questi nuovi ingredienti in modo controllato e accettabile per i consumatori. Perche' non e' sicuro che nel 2050 questi ultimi gia' sensibili ai rischi sanitari, avvaloreranno delle bistecche alle locuste senza essere totalmente sicuri che qualcuno, almeno, abbia verificato la loro innocuita'.
Salute, ambiente... Gli esperti in alimentazione dimenticano intanto un criterio primordiale: il piacere. Quello nato dal gusto, ma anche dalla convivialita' dei pasti. Nessuno, per dovere, degustera' degli insetti o non mangera' sano. “Colpevolizzare la popolazione perche' mangia male, non funziona -dicono Sylvie Berthier e Valerie Pean della “mission Agrobioscience”-. Non si cambia alimentazione per decreto. Per lungo tempo, il pomodoro e' stato da noi un piatto di ornamento...”. Quindi gli insetti... Agli esperti il compito di accattivare i consumatori con dei nuovi prodotti adatti all'alimentazione di domani.

(articolo di Catherine Bernard, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 05/11/2012)

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