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Amare e Ritrovare la Perduta Biodiversita'

Amare e Ritrovare la Perduta Biodiversità

di Antonio D’Acunto

Oggi la Foresta Amazzonica  sta sparendo al ritmo di un ettaro ogni 18 secondi, 5000 ha al giorno,  un milione e 700 mila ha l'anno; continuando di questo passo,  molto prima che si concluda il XXI  Secolo, la Foresta Amazzonica, il principale Polmone di Verde del Pianeta, generatore del vitale, anche per il tecnologico uomo, Ossigeno,  i Suoi incommensurabili  habitat,  le  Sue infinite specie viventi, animali e vegetali,  le autoctone popolazioni  che da  tempo remotissimo si conservano e si riproducono, scomparirà del tutto.

Questo mio contributo – Amare e  Ritrovare   la Perduta  Biodiversità - è dedicato alla mia dolcissima, da me infinitamente amata, Ileana,  la Sposa Compagna della mia vita che ora non c’è più; è Lei che mi ha educato ad amare la Biodiversità,  le infinite Sue espressioni,  la immensa Sua bellezza, il Respiro Universale che l’Anima e dà Vita al Tutto. Qui,  dove  mi portava con la Sua voce, il Suo cammino, la Sua mano, La ritroverò.

Dovunque si guarda nel Mondo, la Biodiversità e la Natura che Le dà  vita  sono  violentemente aggredite: i violentatori sono i  grandi capitali e le  banche internazionali, le multinazionali del  turismo, le grandi compagnie delle fonti fossili, le nuove forme del colonialismo, i paesi ricchi,  vecchi e nuovi;  i governi purtroppo sono reazionari  come progressisti, conservatori come laburisti.

Obama ha autorizzato  le perforazioni per la ricerca di petrolio e gas nel “National Petroleum Reserve in Alaska (NPRA)”, per più di 48 mila chilometri quadratiIl “National Petroleum Reserve”, è in realtà una immensa area tuttora incontaminata,  patria di orsi, lupi,   falchi e  tantissime altre specie animali e vegetali  oltre che di un ambiente ancora preservato da fenomeni di antropizzazione.  Wikipedia descrive in maniera eccezionale il valore incommensurabile dell’area : Il nefasto  esecutore  della  progettata catastrofe  è la multinazionale del petrolio, la Shell. Domenica 19 settembre scorso  ha avviato la perforazione per il primo pozzo nel Chukchi Sea nel cuore dell’Artico.

La perforazione per ora è durata solo un giorno per motivi “naturali”, (la natura si è difesa attivando impreviste  isole  di ghiaccio)  e soprattutto per incapacità tecniche dell’Artic Challenger, la nave da contenimento costruita una decina di anni fa che dovrebbe raccogliere i rifiuti petroliferi in caso di incidente! E’ una immane lotta contro il tempo e contro interessi oltre  ogni immaginabile  limite quella della Campagna partita dagli USA Keep Shell out of the Arctic! e  la  recente petizione internazionale  di Green Peace su  www.savetheartic.org.

lI 23 agosto scorso dopo che nello scorso mese di giugno l'aveva  bloccato, Il governo federale australiano ha approvato  il progetto della  gigantesca miniera di carbone Alpha Coal, situata nello Stato del Queensland, con la conseguente costruzione di  uno dei porti carboniferi più grandi del mondo proprio al di sopra dell'ecosistema della Grande Barriera Corallina (Great Barrier Reef,) dando così avvio a un traffico di più di 8 miliardi di tonnellate di carbone, dai gravissimi  effetti tossici sul pianeta, e mettendo in questo modo a rischio la sopravvivenza dell'intero sito, l’ottava meraviglia del mondo,  dichiarato dalla Unesco  Patrimonio dell'umanità. La Grande Barriera Corallina è la più grande riserva marina al mondo, il più grande organismo vivente del Pianeta, racchiude un numero incredibile di forme di vita, tra cui 500 varietà di coralli dai fantastici colori, 1500 varietà di pesci e 4000 tipi di molluschi.

“Dal cielo appare come l’insieme di tanti anelli di sabbia fluttuanti nell’azzurro dell’Oceano. Al suo interno, la barriera corallina ospita placide e limpidissime lagune dove vivono farfalle variopinte e fiori profumati e dove si possono ammirare paesaggi  da favola fatti di spiagge deserte, sabbia bianchissima ed un mare dai colori abbacinanti”- Come si  può solo pensare a mettere a rischio di distruzione o di  profonda alterazione in pochi anni   tale “Meraviglia della Natura” formatasi in miliardi di anni! Eppure non si tratta più di lontana ipotesi, ma di immane sciagura in atto!,  ancora una volta realizzata e fatta da una multinazionale delle energie fossili, la Indiana GKV ed il potente sistema bancario mondiale, con la statunitense    Export-Import Bank; il governo dello Stato del Queensland  è conservatore, quello Federale è Laburista, lo scempio è fatto con il consenso di entrambi.

In Tanzania sono estremamente a rischio la Identità, la Cultura, la Esistenza stessa dei Masai, e l’incommensurabile Patrimonio  della Biodiversità, per flora e fauna, del  Parco dei Serengeti - dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco - della Riserva del Masai Mara, del Ngorongoro, del Maswa, dell’Ikorongo e Grumeti, della lalianda; sono a grave rischio per l’aggressione delle multinazionali dei safari della caccia “sportiva”; la cacciata dei Masai dalle terre  in cui hanno vissuto sin dalla Preistoria e di cui hanno preservato per innumerevoli migliaia di anni l’eccezionale habitat  è nelle trattative o meglio nella conclusione di  affari colossali  tra il presidente Kikwete e le predette  multinazionali, alcune direttamente legate ai ricchissimi  petrolsceicchi del Medio Oriente: gli interessi legati alla operazione? Variano i costi a seconda della Riseva Rungwa Game, Reserven& Masailand, Wembere South Forest Reserve, Selous  Game Reserve,  Ukwika/Lume, Umesule  Game Reserve…  e  l’eventuale regalo sul tipo ed il numero di animali da abbattere gratuitamente.

Mediamente, possiamo però affermare  che un safari da 21 giorni costa 70000 -  80.000 Euro (sì ottanta mila) a persona, da  28 giorni 1000000- 110000 Euro, esclusi volo, hotel, fucile, pallottole, spedizione preda, cameramen,veicoli per baiting, telefono, cambi di area,  …., cacciatore accompagnatore che costa  20000 – 25000 Euro  e le tasse sugli animali massacrati: un primo bufalo 2500 Euro, un secondo 2800, un terzo 3200, un coccodrillo 3000, una gazzella 2000, un leopardo 10000,  un leone 15 mila, un elefante 25000!! Il solo deposito prima dell’inizio del safari per la tassa di abbattimento è di 12000 Euro per 10 giorni, 40000 Euro per 21 giorni, 50000 Euro  per 28 giorni. Ma le specie che si  possono massacrare che stanno -  con i prezzi a fianco, e le fotografie insieme ai loro massacratori, immonde immagini - nei depliant di tante vergognose  pubblicità di tali safari sono infinite perché infinite sono le specie che la Natura aveva donato a tali terre.

Un massacro continuo , con giri di affari di miliardi di euro,  che non conosce crisi perché chi fa il massacro fa parte dei generatori e dei  gestori della crisi, degli spread,  dei mercati, della Economia e dello sfruttamento. I Masai sono l’ostacolo a tali affari e devono perciò  scomparire.

Ma  la Biodiversità del Serengeti, oltre alla violenza della caccia sportiva è a gravissimo rischio  anche per l’autostrada in fase di progetto esecutivo da Arusha a Musoma, sul Lago Vittoria: L'autostrada spezza  in due il Parco Naturale, rende  inaccessibile agli animali le acque del fiume Mara e blocca  le loro migrazioni da e per la riserva del Masai Mara in Kenia.

Un disastro immane che sconvolge equilibri naturali di centinaia di migliaia, o forse anche di milioni di anni. Secondo le simulazioni degli scienziati, se il progetto attuale è  realizzato, la sola popolazione degli gnu scende rapidamente dagli attuali 1,3 milioni a 300.000 unità. Il capitale investito  è stavolta cinese!

Naturalmente tutt’altra cosa sarebbe l’attuazione delle Conclusioni dellaI Conferenza Panafricana sulla Gestione del Turismo Sostenibile nei Parchi nazionali dell'Africa", come brillantemente riportato da Silvana Magali Rocco - Responsabile nazionale VAS Ecoturismo, nel recente Suo articolo del 24 Ottobre sul sito nazionale VAS.

In Honduras il disastro ecologico ed umanitario che si  sta abbattendo sulla Baia de Tela,  la Laguna de Los Micos, il Parco Nazionale Marino di Punta Sal,  il Giardino Botanico di Lancetilla ed il  Parco Nazionale di Pico Bonito, vede direttamente coinvolta “la Cooperazione Italiana”.

La Baia de Tela è un paradiso terrestre segnato da lagune, chilometri di bianche spiagge e barriere coralline; Il centro di Lancetilla si estende su un'area di 1.860 ettari dove nidificano 365 specie diverse di uccelli; il Parco Nazionale Marino di Punta Sal - oggi denominato Parco Jeanette Kawas assassinata per essersi opposta al suo saccheggio- è caratterizzato dalla integrazione di due diversi elementi forestali, il manglare e la foresta tropicale; la grande Laguna de Los Micos, oltre a numerosissime specie di uccelli migratori è  intensamente popolato da diverse varietà di scimmie. La laguna è riconosciuta “area protetta” con il numero 722 dalla Convenzione Internazionale per la Protezione delle Zone Umide (RAMSAR).

La  colossale valanga di cemento che si scaricherà nello splendido scenario naturale si chiamerà“Los Micos Beach & Golf Resort; tra i protagonisti il Banco Interamericano de Desarrollo (BID), la Banca Centroamericana di Integrazione Economica - BCIE e la Cooperazione Italiana per progetti e l’affidamento di parti dei lavori ad imprese  italiane; le popolazioni locali afrodiscendenti, che  vivono  principalmente di pesca e coltivazioni tropicali.  saranno cancellate in una maniera o in un’altra perché si oppongono “allo sviluppo”-

Più all’interno sempre con la partecipazione della “Cooperazione” e di imprese italiane  la realizzazione della centrale idroelettrica da 50 MW sul Río Cangrejal altera radicalmente gli equilibri e la biodiversità del Parco nazionale di Pico Bonito; a forte rischio sono le diverse tipologie forestali, le  incontaminate fonti d’acqua (cascate, torrenti e i fiumi Bonito e Quebrada) la ricchissima fauna costituita tra gli altri da giaguari, armadilli, scimmie urlatrici, tucani e le popolazioni locali ed indigene.

La “Cooperazione Italiana”  massacra ancora la  Biodiversità Naturale, Etnica  e Culturale in Columbia, nel cuore delle Ande e dell’Amazzonia Colombiana; lo fa ancora con la multinazionale ENEL che insieme alla multinazionale spagnola Endesa sta deviando, per realizzare un impianto idroelettrico da 400 MW,   il Rio Grande de la Magdalena: 7500 ettari della Reserva Forestal de la Amazonía  vengono totalmente cancellati. “Salva la Selva”, l’Associazione Ecologista che sta lottando contro tale disastro denuncia che «Tutto il territorio ha una grande ricchezza archeologica, culturale, sociale e storica” e che. per difendere il progetto Enel-Endesa dai “nemici” ovvero la pacifica opposizione delle comunità locali è  stato inviato nell'area il Batallón Energético n.12 "Jose Maria Tello", formato da 1.200 soldati,  dal governo colombiano e dalla stessa Emgesa.

Ancora Salva la Selva denuncia e sta lottando – appello su https://www.salvalaselva.org/mailalert/872/bancos-europeos-financian-destruccion-de-selva-y-rios-en-panama” -  contro la  distruzione -  con la realizazione di un enorme bacino artificiale -  della eccezionale  ricchezza culturale ed ecologica costituita dalla Selva degli indigeni Ngäbe nella catena montuosa dei Tabasarà nella provincia di Chitiqui a Panama, “ un paradiso per anfibi e rettili, molti dei quali esistono unicamente in questo luogo e sono in via d'estinzione; tra essi la rana azzurra del Tabasará, che vive esclusivamente sulle sponde del fiume - il Chiriquí Viejo- che verranno inondate dal bacino artificiale. Morti, feriti, arresti ed altri abusi ancora sono i consueti tristissimi saldi  delle manifestazioni contro i progetti idroelettrici ed estrattivi nel territorio Ngäbe-Buglé.

Due colossi bancari europei  “di sviluppo”  la  Deutsche Investitions und Entwicklungsgesellschaft GmbH (DEG) e la Netherlands Development Finance Company (FMO)  affiancano  la Banca Centroamericana d'Integrazione (BCIE) nel finanziamento di  questa catastrofica distruzione di cultura e biodiversità.

Ma ormai è  a rischio sempre più crescente l’intera Amazzonia: non è nota  nella sua estrema  drammaticità la ricerca dell'Istituto Brasiliano dell'Ambiente e dell'Uomo dell'Amazzonia (Imazon) condotta per via satellitare: “della  foresta nativa vera e propria ne rimane solo il 46,5 %,  a cui va aggiunto circa un 5% di vegetazione originale non forestale. Il resto, circa un 47 % è già stato occupato dall' uomo ed è prossimo alla irreversibilità”. Se facciamo partire il saccheggio e l’aggressione dagli anni 60  del secolo scorso, possiamo affermare che tale immane catastrofe è avvenuta in appena  mezzo secolo.

Oggi la Foresta Amazzonica  sta sparendo al ritmo di un ettaro ogni 18 secondi, 5000 ha al giorno,  un milione e 700 mila ha l'anno; continuando di questo passo,  molto prima che si concluda il XXI  Secolo, la Foresta Amazzonica, il principale Polmone di Verde del Pianeta, generatore del vitale, anche per il tecnologico uomo, Ossigeno,  i Suoi incommensurabili  habitat,  le  Sue infinite specie viventi, animali e vegetali,  le autoctone popolazioni  che da  tempo remotissimo si conservano e si riproducono,  scomparirà del tutto.

“Le strade sono i semi della distruzione delle foreste tropicali” afferma  Thomas Lovejoy, biologo americano. Enea Salati, uno dei più rispettati scienziati brasiliani, in un’intervista a New Scientist aggiunge “. la miglior cosa che si potrebbe fare per salvare l’Amazzonia è quella di bombardare le strade”. “Il Brasile di recente ha completato la BR-163, penetrata nel cuore dell’Amazzonia per circa 1.800 chilometri, dal Mato Grosso fino a Santarém in Pará. Un’altra, la BR-319, inizierà presto a tagliare la foresta per 900 chilometri. Tre altre piste sono in programma per attraversare le Ande, dall’Amazzonia all’Oceano Pacifico. Sono solo le ultime nate, o quelle che stanno nascendo, di un intreccio di piste per lo più non autorizzate, penetrate nella foresta amazzonica per circa 170 mila chilometri, realizzate per lo più da tagliatori di alberi illegali per l’esportazione di mogano e altri legni pregiati.”, ma anche per gli scavi minerari e l’occupazione intensiva attorno ai centri principali: laddove dominavano il kapok con i suoi 50 metri di altezza, infinite orchidee,  l’anaconda, il giaguaro, le scimmie, coccodrilli ed anaconde,  tucani, pappagalli, tanti rapaci, le tribù dei Murunahua, dei  Matsigenka, dei Kayapò oggi vi sono i  fazendeiros con i loro  affari e le loro monoculture, industrie minerarie, prime fra tutte quelle dell’oro,   con il pesantissimo fardello tossico, orrende espansioni urbane con il loro carico di sfruttamento, povertà e miseria.

Lesula, la “scimmia dal volto umano” -  quanta tristezza ed interrogativi trasparano dalle immagini dei suoi occhi -  che vive tra i fra i due fiumi  Lomami e  Congo, che si nutre di frutti, germogli e fiori,  appena scoperta da un gruppo di scienziati americani e di alcuni istituti per la conservazione della fauna selvatica nella Repubblica Democratica del Congo, in Africa è già a rischio di estinzione; lei, piccola - come gli ominidi, i nostri antichissimi progenitori che abitarono negli suoi stessi luoghi -  lo  è come lo sono i  più Grandi della  stessa sua specie (tanto simile alla nostra ):  il  gorilla, lo scimpanzé,  il bonobo e come lo sono gli elefanti,  il bongo e l’okapi e  le altre mille volte mille specie di animali, di  fiori e di piante, e le Popolazioni e le Culture indigene  che vivono ed animano la immensa foresta, la seconda  più grande al mondo dopo quella dell’Amazzonia, grande  1.725.000 chilometri quadrati, appartenente a ben 7 paesi del Centro dell’Africa: la Repubblica Democratica del Congo, il Congo, il Gabon, il Camerun, la Repubblica  Centrafricana, la Guinea Equatoriale e il piccolissimo enclave di Cabinda in Angola-

Non toccare la mia foresta, ce l’ho nella pelle” è oggi la nuova canzone delle popolazioni indigene, la voce della foresta, contro la violenta sua scomparsa, della quale ancora una volta l’Italia è fortemente responsabile per il nefasto ruolo che ha nel mercato internazionale del legname e dei suoi prodotti: l’Italia è il  primo paese importatore di prodotti legnosi dal bacino del Congo, il primo mercato europeo per il legno camerunense ed  uno dei principali mercati per il ramino. Anche questa catastrofica distruzione della Biodiversità fa parte dell’indicatore del benessere del nostro e degli altri “Paesi Civili”: Il PIL, il Prodotto Interno Lordo.

Tutto quanto finora denunciato diviene  sempre più una unica, unitaria micidiale  strategia mondiale dei potenti e degli sfruttatori: è la strategia del  “land grab”, cioe del  “ furto di terra”. Multinazionali, grandi affaristi, operatori “del libero mercato” interessati a “creare ricchezza negli investimenti e circolazione di moneta” ,  Paesi  ricchi o meglio con grandi potenzialità finanziarie, “comprano o  fittano (per 99 anni!)   terreni disponibili in altri Paesi, per attivare in proprio enormi produzioni, principalmente  per i biocombustibili, materie prime, monoculture alimentari.

I  terreni disponibili da sfruttare e svendere da parte  di regimi e governanti corrotti  sono soprattutto immensi  spazi incontaminati, foreste, praterie, sacrari della Cultura e della Vita di autoctone popolazioni e di infinità  biodiversità, che così vengono cancellate in nome della “globalizzazione”, della “uscita dalla crisi”,  dello “sviluppo”, dell “aiuto ai Paesi poveri”,  della “sicurezza alimentare”, della necessità di sostituire per il mantenimento del sistema e del potere in paesi lontani dalla stessa produzione all’oro nero (il petrolio) in esaurimento il nuovo oro dello sfruttamento violento della terra.

Dalla interessantissima “Tesi di Laurea”  - land grabbing di Rossi Chiara (prof. Alessandro Volpi Università di Pisa) emerge  che  “la caccia al tesoro diplomatica alla ricerca di terre agricole fertili” da parte della Cina, dell’India, del Giappone, della Malesia e della Corea del Sud in Asia, della Giordania, del Kuwait, del Qatar, dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti nel Medio Oriente ha attivato un percorso già ad altissimo livello di drammaticità in paesi come l’Uganda, il Brasile, la Cambogia, il Sudan, il Pakistan e molti altri soprattutto in Africa, ma anche in America latina, nell’Europa dell’Est e nell’Estremo oriente asiatico”.

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La stella alpina, la genziana, il ranuncolo, il miosotis, il rododendro  e tutto il resto della incomparabile flora alpina, i minuscoli praticelli nelle minuscole conchette, come i solitari ciuffi   naturalmente  protetti in anguste nicchie, e le variopinte distese del caldo luglio, sono a forte rischio  non solo per i cambiamenti climatici ma, ancor  di più nell’immediato,  dalla distruttiva azione di  ruspe apripiste, impianti di risalita, cannonate di innevamento fuori stagione;

i fenicotteri  dalle belle piume rosa dello stagno di  Mistras a Cabras in Sardegna, lasciati senza tutela, sono massacrati dalla violenza della caccia;

il ferro di cavallo di Blasius, piccolo pipistrello, rischia l’estinzione per l’uso indiscriminato di sostanze tossiche contro gli insetti, di cui si nutre;

la lucertola azzurra dei Faraglioni di Capri, come già recentemente avvenuto per la lucertola di Pianosa e “la campestre” di Santo Stefano, rischia l’estinzione perché preda ambitissima dei collezionisti di rettili,  tedeschi e olandesi al primo posto;

del ceppo originario dell’orso bruno alpino ne rimangono tre o quattro vecchi esemplari, tutti sul gruppo dolomitico del Brenta, e  da anni ormai non si riproducono più;

anche  il maestoso  orso bruno marsicano,  presente nel piccolo lembo d'Italia centrale del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sta scomparendo per bracconaggio, avvelenamento, incidenti stradali e invasione dei suoi spazi vitali da mandrie di animali domestici, come denuncia l'Associazione ambientalista "I Lupi dell'Appennino";

“In Italia vivono” ormai, non più “di  800-1.000 lupi  sulle Alpi Orientali e in quelle Centrali, e lungo gli Appennini. Di essi ogni anno almeno 100 vengono uccisi da bocconi avvelenati o vengono impallinati dai bracconieri, o finiscono in trappole o lacci, altri vengono feriti da automobilisti incoscienti”, ci ricorda il progetto lupo del WWF;

Ormai all’estinzione sono la foca monaca, specie della quale nei nostri mari ne saranno rimaste soltanto quattro o cinque, il pelobate fosco, un rospetto che si riproduce solo nelle pozzanghere della Valpadana e la lontra ormai residuale  nel bellissimo, ancora integro percorso,  per  significativa parte del fiume Sele in Campania;

Il grifone, il capovaccaio, l’aquila di Bonelli, il gipeto, il forapaglie comune e la bigia padovana sono le specie della lista rossa di rischio di imminente estinzione stilata dalla LIPU-Birdlife Italia in collaborazione con il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin dell’Università La Sapienza di Roma; Ancora più drammaticamente, dai dati dalla Lipu  è emerso  “che ben un terzo degli uccelli nidificanti in Italia rischia l’estinzione, tra questi l’avifauna agricola, è tra le più minacciate. Perdita di habitat, cambiamenti climatici, inquinamento luminoso, acustico, ambientale, architettonico, caccia di frodo: tanti sono i fattori che interferiscono con le popolazioni di uccelli da portare sul banco degli imputati”

Il Ribes sardoum Martelli, la Polygala sinisica Arrigoni, la Lamyropsis microcephala (Moris) Dittrich et Greuter, la Anchusa littorea Moris, il Centranthus amazonum Fridl. et A. Raynal, l’Aquilegia nuragica Arrigoni et Nardi, il Dianthus morisianus Vals, l’Aquilegia barbaricina Arrigoni et Nardi, l’Astragalus maritimus Moris, l’Astragalus verrucosus Moris,  sono le dieci piante endemiche esclusive della Sardegna a maggior rischio di estinzione.

Per la infinità dei colori che le fanno vita, per l’armonia delle forme e dei movimenti, per la moltitudine delle specie che le popolano, le farfalle sono il trionfo della Natura;  “a causa della distruzione e della trasformazione degli habitat, a causa dell’agricoltura intensiva, dell’inquinamento atmosferico e dei pesticidi, oltre che dei cambiamenti climatici e del mercato del collezionismo”, anche tale meraviglia tra le meraviglie della Natura “continua a diminuire: negli ultimi 10 anni, il 31% delle farfalle europee ha subito un sensibile declino mentre il 10% è seriamente minacciato. In Italia sono oltre 270 le specie presenti e 21 sono a rischio di estinzione”  “meno farfalle nei nostri prati, meno farfalle nelle nostre città” Sono i dati drammatici forniti dal WWf questa estate nella campagna a difesa delle farfalle.

Il ministro dello “Sviluppo” Passera intende con il Piano Energetico Nazionale perforare ogni angolo d’Italia e del suo mare per succhiare  le poche gocce di petrolio o gas presenti nel sottosuolo aggredendo aree e mari ancora fortemente  incontaminati e protetti dal Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano alla Val d’Agri, dalle Tremiti alle Egadi e Pantelleria, da Carpignano Sesia a Rivara; una operazione semplicemente catastrofica per la biodiversità e per  le popolazioni locali, che va nell’esclusivo interesse delle multinazionali degli idrocarburi.

la Regione Valle d’Aosta  prevede  di ampliare del 40%, alberghi, bar e ristoranti, compresi quelli che sorgono in zone tutelate, e di  trasformare la ricettività turistica in seconde case;

la Regione Campania intende approvare quella che abbiamo definito la “legge regionale sulle norme di Cancellazione della tutela del Paesaggio in Campania” creando le premesse per una ulteriore aggressione per le aree  di maggior pregio paesaggistico ed ambientale, come la costiera sorrentino - amalfitana - protetta già con difficoltà dal PUT - , le Isole, l’Area Flegrea,  Aree archeologiche come Velia, sia ad alto rischio per le popolazioni residenti, come la zona rossa del Vesuvio, sia per il Suolo Agricolo;

la Giunta Comunale di Napoli con la vendita dei preziosissimi suoli della bonifica vicini al mare del meraviglioso golfo di Pozzuoli   cancella il sogno  (elettorale) del Giardino del Mediterraneo  e della Sua Biodiversità a Bagnoli e della Green Belt, la Cintura Verde attorno alla Città;

il “ripristino sentieristica” luogo il Fiume Argentino” nel Parco Nazionale del Pollino prevede la realizzazione di ben 11 ponti e di una strada lungo il fiume con  conseguenze devastanti per l’habitat fluviale, situato in area SIC e ZPS, Riserva naturale dello Stato gestita dal CFS, e facente parte di Rete protetta Natura 2000”, come ci ricorda la sezione di Crotone di Italia Nostra.

A rischio  di selvaggia cementificazione sono gli habitat ed il paesaggio  del Col Cavalier, di Vallina e della Piana Castrodardo in provincia di Belluno;

bandiere nere della Carovana delle Alpi di Legambiente vanno al comune di Castione della Presolana (Bg) che ha adottato un PGT con 300.000 mc di aree edificabili,  a Foppolo che “investe” in seconde case al comune di Acceglio (Cn) per il danno ambientale ed idraulico arrecato al torrente e alla borgata storica di Chiappera e a Casalborgone (To) per aver dato la possibilità di organizzare attività con veicoli fuoristrada in un Sito di interesse comunitario (Bosco del Vaj e Bosc Grand), al Friuli Venezia Giulia  per il progetto alla società Edipower di potenziamento della centrale idroelettrica di Somplago che devasterebbe il lago naturale di Cavazzo, alla stessa  Regione per l’ipotesi di realizzare un’arena da 5mila posti per lo sci di fondo sul Monte Zoncolan, già ampiamente sfruttato. al comune di Sant’anna D’Alfaedo (VR).

Si possono fare innumerevoli ricerche come le precedenti, ma tutte portano purtroppo alla stessa tristissima conclusione: in Italia, come nella gran del Mondo,  con l’aggravante della sempre più residuale  disponibilità nel nostro Paese, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Sicilia, compreso il Cuore Verde della Toscana e dell’Umbria, la direzione in cui ci si muove è una ed una sola: la  Natura con la sua Biodiversità e l’agricoltura che scompaiono per far posto al “cemento”, ai “piani di valorizzazione e di sviluppo”, alla “crescita” e come dice  il Presidente Nazionale dei VAS Guido Pollice, “li ci si trovano  sempre la “ragione” e poi gli “interessi”, e poi i “soggetti, istituzionali e non”,  ed infine le strade concrete, comprese le forze dell’ordine, per attuare gli scempi, il saccheggio, la devastazione.

Per la gran parte della Terra siamo dunque in una fase avanzata di un  processo di cancellazione - per opera di una parte dominante, non solo economicamente ma anche culturalmente  della specie umana - del Pensiero Universale e delle Finalità proprie della Natura con la totale scomparsa dei suoi habitat e delle sue infinite manifestazioni e forme di vita, dalla immensa bellezza e ricchezza di suoni, voci, forme, espressioni, luci, colori, valori,  realizzate in un tempo infinito dalla Sua Arte, dalla  Sua Architettura, dalla Sua Ingegneria, dalla Sua Tecnica, dalla Sua Economia.

Eppure non ne abbiamo Coscienza o almeno non nella misura necessaria; perché se così non fosse,  non potremmo, almeno per quella parte cosciente,  non agire per arrestare ed invertire tale processo. Perché non ne abbiamo Coscienza? Non siamo indotti ad avere tale  coscienza dal Pensare il Nostro Essere, quale Essere estraneo al Mondo della Natura e della Biodiversità:  una Identità anzi con loro in conflitto permanente, in una guerra di conquista, di rapina, di spoliazione: più Natura e Biodiversità si dissolvono, paradossalmente più cresce la estraneità e la guerra di conquista alle ultime “risorse comuni” di tutte le forme e specie viventi del Pianeta.

Lo stesso, naturalmente importantissimo, crescente allarme del rischio di catastrofe per l’intero Pianeta per l’effetto serra ed i mutamenti climatici, nascono dalla preoccupazione della  Vita e del mantenimento della “Economia” di tale parte dominante della Umanità; se la guerra contro la Natura e la Biodiversità non avesse la contraddizione della possibile ricaduta mortale sulla Umanità e la sua parte dominante, tutto potrebbe continuare fino a fare della Terra il Pianeta ad una sola Dimensione, quella dell’Uomo e della Sua Economia dominante e contestualmente della sua infinita Solitudine e Tristezza. Il Sole allora donerà inutilmente i suoi raggi al nostro Pianeta perché non vengono più da Essa raccolti per trasformarli in Vita con la meraviglia della sintesi clorofilliana: il verde non c’è più.

Manca, è vero, una Coscienza Globale della Biodiversità Perduta e di quella a rischio, ma nel Mondo  infiniti sono sensibilità ed amore verso di Essa e verso la Natura, fondamenti del  passaggio a tale Coscienza. Riflettere e contribuire sul come attuare questo passaggio assume decisiva valenza: la ricerca e la diffusione del quadro globale delle infinite aggressioni che la Biodiversità e la Natura ad essa connessa hanno subito e stanno subendo nel Mondo rendono la immagine diretta e la dimensione della violenza globale fatta alla Terra e, rapportata al passato ed al futuro,  l’accelerazione fortemente in atto di tale violenza: sicuramente la mancata conoscenza della violenza globale che la Terra subisce è tra le ragioni dell’assenza di una Coscienza Globale della catastrofe in atto per la Biodiversità e la Natura; quanto da me ricercato e riportato in questo contributo è infinitesima parte della violenza in atto e l’impatto con tante immagini incontrate nella piccola ricerca è semplicemente sconvolgente.

La realizzazione di  quanti più possibili  Luoghi della Civiltà del Sole e della Biodiversità, con le  Mappe della violenza che La Biodiversità e la Natura subiscono o sono a rischio di subire localmente e in ogni parte del Mondo è sicuramente un passaggio fondamentale per una Coscienza Globale che agisca per arrestare la catastrofe in atto; il Sole irradia la Biodiversità, la Biodiversità vive dell’ infinito dono che il Sole Le dà; l’Uomo nella Civiltà del Sole e della Biodiversità vive anche Egli  di questo infinito dono.

Esprimono ciò  in maniera spesso sublime già tante infinite Realtà,  dalle Identità Etniche ed Associative  della America Latina, del Cuore dell’Africa, del SudEst dell’Asia, della lontana Australia, alle grandi Associazioni internazionali, nazionali e territoriali; un immenso Mondo, che spesso però appare piccolo, marginale e diviene  perdente perché non riesce a coniugare e sinergizzare l’insieme della Sua Forza Globale: la realizzazione di una Rete Internazionale di    tutto quanto è presente  ed agisce nel Mondo  in  difesa della Biodiversità e della Natura dovrebbe costituire per tutti la più urgente tra le infinite  necessità: lo Spirito Universale della Vita del nostro Pianeta è l’Anima di tale Rete.

di Antonio D’Acunto

www.savetheartic.org.

Napoli, 5 novembre 2012

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